IL CULTO DELL'ARREDO

IL CULTO DELL'ARREDO

mercoledì 19 marzo 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)
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  • Giovanni Battista Cimaroli (1687 - 1771)
Veduta della chiusa di Dolo sul canale del Brenta, 1745-1750
    Lotto 25

    Giovanni Battista Cimaroli (1687 - 1771)
    Veduta della chiusa di Dolo sul canale del Brenta, 1745-1750
    Olio su tela
    137 x 127,5 cm

    Elementi distintivi: sul telaio, due etichette della Harari & Johns Ltd, Londra, con dati dell’opera

    Provenienza: Richard Boyle, terzo conte di Burlington (?); Gooden & Fox, Londra, 1952; Peter Bell, Yorkshire; Harari & Johns Ltd., Londra; Martyn Cook, Sydney, 1986; Christie's, Londra (8.12.2004, l. 89, (stima £200.000-300.000); Cesare Lampronti, Roma, 2006; Veneto Banca SpA in LCA

    Bibliografia: W. G. Constable, "Canaletto", London, 1962, II, p. 355, n. 371 (come versione non autografa dell'analogo dipinto di Canaletto, all'Ashmolean Museum); W. G. Constable - J.G. Links, "Canaletto. Giovanni Antonio Canal 1697-1768", Oxford, 1976, II, p. 381, n. 371 (come versione non autografa dell'analogo dipinto di Canaletto, all'Ashmolean Museum); R. Nagy, "The Inspired Spirit: Three Centuries of European Painting", catalogo della mostra (Martyn Cook Antiques), Paddington (Australia), 1986, pp. 56-57, n. 25 (come Cimaroli); W. G. Constable - J.G. Links, "Canaletto. Giovanni Antonio Canal 1697-1768", Oxford, 1989, II, p. 381, n. 371 (come versione non autografa dell'analogo dipinto di Canaletto, all'Ashmolean Museum); C. Whistler, "L'aspetto mutevole della "Veduta di Dolo sul Brenta" di Oxford", in "Arte Veneta", Milano, 2003, n. 60, pp. 188-190, ill. 8 (come Cimaroli); A. Derstine, "Views of Dolo by Canaletto, Bellotto, Cimaroli and Guardi", in "The Burlington Magazine", CXLIV, 1219, 2004, p. 680, nota n. 37 (come Cimaroli); C. Beddington, scheda di catalogo, "A View of the Mills at Dolo on the Brenta; A View on the Brenta Canal, possibly at Dolo in Sotheby's. Old Master Paintings", New York, 27.03.2004, l. 116;M. Moschetta, a cura di, "Vedute e capricci di Venezia nel corso del Settecento e dell'Ottocento", Roma, 2005, pp. 20-23, n. 6 (come Cimaroli); F. Spadotto, "Giovan Battista Cimaroli", catalogo ragionato dei dipinti, Rovigo, 2011, n.101, pp. 282-283 (come Cimaroli); F. Spadotto, "Francesco Zuccarelli in Inghilterra, Sommacampagna", 2016, p. 39, fig. 33 (come Cimaroli).
    Esposizioni: M. Moschetta, a cura di, Vedute e capricci di Venezia nel corso del Settecento e dell'Ottocento, autunno 2005, Galleria Cesare Lampronti, Roma
    Certificati: Fotocertificato datato 21 febbraio 2006 e scheda critica firmati da Cesare Lampronti

    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: Stato di conservazione. Superficie: 80% (ridipinture)

    L'opera, tra i capolavori di Giovanni Battista Cimaroli (Spadotto 2011, p. 282) e tra le restituzioni critiche più importanti per la formazione del suo catalogo, rappresenta una veduta di Dolo, importante centro agricolo e di villeggiatura sul canale del Brenta, tra Venezia e Padova, amato dai possidenti veneti per i molti svaghi che offriva, tra cui le riserve di caccia. La chiusa è osservata in direzione di Venezia: sulla sinistra, infatti, si distingue il campanile di San Rocco.
    Cimaroli - brillantemente definito da Bozena Anna Kowalczyk «painter of river-side scenes on the Brenta par excellence» ("Bernardo Bellotto and the capitals of Europe", catalogo della mostra a cura di E. P. Bowron, Milano, 2001, p. 80) - compare sulla grande scena delle arti nel 1725, impegnato nella realizzazione di alcuni sfondi di paesaggio nei Tombeaux de Princes, una serie di 24 dipinti allegorici sulla recente storia inglese, in particolare sulla Rivoluzione gloriosa, commissionata dall'impresario teatrale e mercante d'arte irlandese Owen Mc Swiney (1676-1754), per conto di Charles Lennox (1701-1750), duca di Richmond, Lennox e Aubigny, e che vede lavorare assieme a Cimaroli, tra gli altri, Canaletto, Pittoni, Ricci, Piazzetta, Balestra, Creti e Monti. L'artista mostra presto di vedere il paesaggio con occhi molto vicini a quelli dei classicisti - uno spazio scenico, quieto, in cui la natura mostra una perfezione arcadica, vivente ma quasi atemporale - tuttavia con la capacità di tradurlo in qualcosa di familiare, che annulla la distanza tra l'immagine e l'osservatore. Questo approccio, che vede il declinarsi di grandi modelli nel dialetto pittorico lombardo-veneto ed in una sensibilità estremamente personale, spiega molto bene anche il rapporto apparentemente ingenuo, quasi fiabesco, tra figure e paesaggio nei dipinti di Cimaroli, effetto raggiunto con eccezionale evidenza nelle quattro vedute dedicate dall'artista alla chiusa di Dolo sul Brenta, di cui quella in asta è la più complessa e celebre.
    Modello della composizione è l'analoga e disputata veduta realizzata da Canaletto nel 1741, oggi conservata allo Ashmolean Museum di Oxford (W. G. Constable, Canaletto, London, 1962, II, p. 355, n. 371), replicata anche da Bellotto (Kozakiewicz, Bernardo Bellotto, ed. it., Milano, 1972, II, p. 26, n. 29) e Francesco Guardi (in tre versioni, conservate rispettivamente nel Museo Calouste Gulbenkian di Lisbona, nel Detroit Institute of Arts e già nella collezione Worms a Parigi: A. Morassi, Guardi. L'opera completa di Antonio e Francesco Guardi, Venezia, 1973, I, nn. 669-671, II, figg. 625-627; Derstine 2004, figg. 37-39, pp. 681-682).
    Rispetto a Canaletto, nella nostra tela Cimaroli riduce gli elementi realistici nella descrizione delle architetture, che si stagliano su un cielo molto più alto e ampio, e accentua la presenza dei personaggi, introducendo in particolare la figura di un gentiluomo a cavallo in primo piano, identificato in Richard Boyle (1694-1753), terzo conte di Burlington, divulgatore dei principi dell'architettura classica in Inghilterra e celeberrimo mecenate (venne soprannominato "Apollo delle Arti", e Georg Friedrich Händel gli dedicò tre opere - "Il pastor fido", "Teseo" e "Amadigi di Gaula" - mentre era suo ospite a Londra presso la Burlington House, oggi sede, tra l'altro, della Royal Academy of Arts).
    L'identificazione è stata indirizzata dalle iniziali "R.B." in oro sul collare del cane (Nagy, pp. 56-57, n. 25) - che Lord Burlington ricorda con affetto nel suo diario e - e rafforzata dall'esame della fisionomia, in particolare il naso lineare e allungato e i capelli ricci e cinerini, forse una parrucca, testimoniati anche in altri ritratti (per esempio, National Portrait Gallery, invv. NPG 2495, NPG 4818), così dando al paesaggio una connotazione anche «"ritrattistica", ovvero collocando il committente all'interno della composizione» (Spadotto 2011, p. 282). La postura e l'abbigliamento del personaggio a cavallo sono stati interpretati da Federica Spadotto, curatore del catalogo ragionato di Cimaroli, come una invenzione commerciale per offrire un autoritratto "in ambiente" ai ricchi collezionisti inglesi in visita in Italia (cfr. le figure di cavaliere in altre tre tele - Spadotto catt. 79, 80, 92a - analoghe a quella nell'opera in asta), e da questo punto di vista l'addizione del cane da compagnia - secondo lo specialista Giovanni Boffano con ogni probabilità un mastiff inglese originario - acquisterebbe un significato ancora più forte per l'identificazione del ritrattato. Proprio con riguardo al lavoro in asta, la studiosa sottolinea che: «I più "narcisti" - se così si possono definire - inserivano addirittura la propria effigie all'interno dei dipinti, come avviene in un esemplare cimaroliano raffigurante la Veduta della chiusa del Dolo sul canale della Brenta (fig. 33), in cui il committente sfila in primo piano accompagnato dal proprio cane» (Spadotto 2016, p. 33).
    Boyle visitò Venezia nell'autunno del 1714 ed è stato ipotizzato che avesse commissionato l'opera a Cimaroli in quella occasione (Nagy 1986, pp. 56-57, n. 25). Tuttavia, una datazione così precoce appare incompatibile sia con la carriera di Cimaroli, che a Venezia era giunto solo nel 1713 (Spadotto 2011, p. 282), sia con con il modello, che risale, come abbiamo visto, alle escursioni di Canaletto e del nipote Bernardo Bellotto lungo il Brenta nel 1741 (sulla scorta di varie ipotesi cronologiche già formulate da Links e nonostante il precario stato conservativo: cfr. Kowalczyk 2001, pp. 80-82, n. 12; Derstine 2004, pp. 675-680; Whistler 2003, pp. 185-190, ill. 7).
    La datazione si può porre dunque tra il 1745 e il 1750 «quando lo stile del Cimaroli ammorbidisce la rigorosa trasposizione del dato realistico stemperandolo attraverso un fraseggio pittorico morbido e sciolto» (Spadotto 2011, p. 282).
    Marco Horak, pur concordando con una datazione agli anni quaranta, proposta per la prima volta da Whistler (2003, p. 189), Derstine (2004, p. 682) e Beddington (2004), osserva opportunamente che la stella di Cimaroli era già alta oltremanica nel 1725, come testimonia una lettera scritta il 14 luglio di quell'anno dal pittore veronese Alessandro Marchesini (1664-1738) al collezionista lucchese Stefano Conti nella quale si menziona un «virtuosissimo pittore paesista» le cui opere «sono in grandissima stima qui, e in Londra, che presentemente opera per questi Signori inglesi ed è pittore di molto prezzo, ma una maniera assai terminata». E a questo proposito va ricordata anche la datazione proposta da Watson per il modello canalettiano intorno al 1728 per alcuni elementi topografici (F. J. B. Watson, "Canaletto", Londra, 1954, p. 16, tav. IV), contestati da Derstine (2001, p. 679, n. 27).
    Della veduta si conoscono altre tre versioni: due pressoché identiche nel taglio orizzontale al modello canalettiano (una, già attribuita da Links a Canaletto con una datazione intorno al 1740-1741 e conservata alla Staatsgalerie di Dresda, restituita a Cimaroli da Charles Beddington e Anna Bozena Kowalczyk - cfr- Derstine 2004, p. 681 -, contro l'opinione di Whistler 2003, p. 188, che invece la considera di mano di Canaletto; l'altra dalla collezione De Chauvin, riprodotta in Spadotto 2011, cat. 102), di cui la seconda pendant di una diversa veduta del Brenta (Spadotto 2011, cat. 102a), ed una terza, a sviluppo verticale, in cui la chiusa di Dolo è estrapolata dall'abitato e ambientata in campagna (Spadotto 2011, cat. 103), confermando la larga fortuna del soggetto nel collezionismo settecentesco.
    Come osserva Charles Beddington, nella scheda di catalogo dell'asta Sotheby's in cui sono apparse le due vedute ex collezione Chauvin il 27 maggio 2004 (lotto 116), ripreso da Derstine 2004, p. 681, "è ancora incerto come Cimaroli abbia avuto accesso al dipinto di Canaletto oggi allo Ashmolean, se, come generalmente si ritiene, questa è un'opera dell'autore e non un'altra versione di Cimaroli. (...) Nondimeno il grande successo che la composizione ha ottenuto, anche decenni più tardi, è una evidenza in favore della attribuzione della sua invenzione a Canaletto".
    Anna Bozena Kowalczyk ha avanzato l'ipotesi che anche il dipinto di Oxford sia di Cimaroli (2001, n. 12, p. 80), reputando la analoga veduta di Bellotto prototipo della fortunata serie: Charles Beddington ritiene improbabile che l'invenzione della composizione possa essere attribuita a Cimaroli o al giovane Bellotto, di cui data la analoga veduta intorno al 1743 (Beddington 2004). Va notato, infine, che nella tela di Francesco Guardi ora al Detroit Museum of Fine Arts, pur essendo in generale diversi e per lo più appena abbozzati i personaggi, compare, un po' arretrato, un gentiluomo a cavallo in postura assai simile a quello nell'opera di Veneto Banca.

    Ringraziamo Charles Beddington (comunicazione del 27 maggio 2021), Marco Horak (comunicazione del 31 maggio 2021), Bozena Anna Kowalczyk (comunicazione del 29 maggio 2021), Giuseppe Pavanello (comunicazione del 27 maggio 2021) e Dario Succi (comunicazione del 28 maggio 2021) per aver confermato l'attribuzione su base fotografica e Giovanni Boffano per il suggerimento in merito alla razza del cane ritratto (comunicazione del 18 gennaio 2022).

  • Italia (XIX secolo)
Colonnetta
    Lotto 26

    Italia (XIX secolo)
    Colonnetta
    Alabastro
    99,4 x 29,8 cm

    Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma

    Stato di conservazione. Supporto: 85% (un foro nel capitello; scalfiture nel basamento ed altre minori)
    Stato di conservazione. Superficie: 70%

  • Francia (II metà del XX secolo), (?)
Passatoia Savonnerie a campo vuoto
    Lotto 27

    Francia (II metà del XX secolo), (?)
    Passatoia Savonnerie a campo vuoto
    Lana su armatura di cotone
    978 x 131 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90%

    Lunga passatoia a fondo marrone, senza disegno centrale, con bordura di tipo classico francese. Produzione tarda per ambienti d’albergo, scale

  • Monogrammista FES, Germania (XIX secolo), (?)
Ritratto maschile
    Lotto 28

    Monogrammista FES, Germania (XIX secolo), (?)
    Ritratto maschile
    Smalto su metallo
    15,3 x 12,2 x 1,2 cm (la placca)
    17,7 x 14 x 0,8 cm (la cornice)

    Firma: monogrammi « F » ed « ES » ai margini inferiori

    Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (una scheggiatura maggiore in corrispondenza del pendaglio)
    Stato di conservazione. Superficie: 85%

    Con cornice originale in metallo

  • Lorenzo Gignous (1862 - 1958)
Fiume con pescatore
    Lotto 29

    Lorenzo Gignous (1862 - 1958)
    Fiume con pescatore
    Olio su cartone
    47,7 x 32 cm (luce)

    Firma: “L Gignous” al recto
    Elementi distintivi: al recto sul vetro etichetta Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
    Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
Lampadario monumentale
    Lotto 30

    Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
    Lampadario monumentale
    Vetro soffiato di Murano, metallo, parti elettriche
    469 x 385 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    «L'oggetto riprende in modo fedele il lampadario del '700, ma con il vetro lattescente introdotto nell'800» (Rosa Barovier Mentasti, comunicazione orale del 24 novembre 2020). La altezza del corpo illuminante a partire dal soffitto è di 603 cm.
    Il lampadario monumentale è stato acquistato da Veneto Banca per € 180.000.

    Nota bene: l'oggetto va ritirato a cura e spese dell'acquirente, incluso smontaggio dalla rete elettrica, presso Villa Spineda Gasparini Loredan, Venegazzù (Volpago del Montello).

  • Luigi Serena (1855 - 1911)
Lo stallo, 1887-1888
    Lotto 31

    Luigi Serena (1855 - 1911)
    Lo stallo, 1887-1888
    Olio su tela
    104 x 148 cm

    Firma: “L Serena” al recto
    Data: “1888” al recto
    Altre iscrizioni: “premiato a PARIGI III MEDALIA” al recto
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Jahresausstellung 1890, Monaco n. 2729; al verso della cornice, “126.B”
    Provenienza: Nobile G. Tommaseo-Ponzetta, Venezia (fino al 1957); Banca Popolare di Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: G. Secrétant, "Luigi Serena", Milano, 1911, tav. I, pp. 6-7 (ill.) e 20; Aa. Vv., "Luigi Serena", Treviso, 1985, pp. 23-24, 26, 48, 84 (ill.); E. Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, I, p. 213; A. Lanaro, "Serena, Luig"i, in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, II, p. 2021; O. Stefani, "Luigi Serena. 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, pp. 69-71 (ill.), 74, 90; D. Gasparini e L. De Bortoli, "Storia di una banca di territorio. Dalla Popolare di Montebelluna a Veneto Banca. 1877-2007", Treviso, 2008, pp. 235-237; E. Manzato, "Omaggio a Luigi Serena", Montebelluna, 2019, pp. 4, 5, 13 (ill.), 14
    Esposizioni: Exposition Universelle de Paris, 1889 (III premio)
    Jahresausstellung, Monaco, 1890
    Mostra dei dipinti di Luigi Serena, Treviso, 1911
    II Mostra Provinciale d'Arte Contemporanea e Retrospettiva di Luigi Serena, Treviso, 1954
    Premio Biennale Luigi Serena, Montebelluna, 1964
    "Omaggio a Luigi Serena (1855-1911)", Agenzia Generali, Villa Romivo, Montebelluna, 2019




    Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (ridipinture)

    Luigi Serena, pittore d'elezione della borghesia trevigiana a cavallo tra '800 e '900, non ebbe allievi diretti, ma fu ammirato dagli artisti più giovani per il suo spirito bohémien e antiborghese, anche quale riferimento morale, diventando una pietra miliare nell'orizzonte artistico della Marca. Saranno proprio gli artisti dell'avanguardia, in testa Arturo Martini, a promuovere la mostra postuma di Serena poco dopo la sua morte nel 1911. Pur operando prevalentemente in provincia, l'artista partecipò con successo alle più importanti esposizioni del tempo: a Venezia (1881), Milano (1883), Torino (1884), Firenze (1886), Parigi (1888) e Monaco (1890). Fu tra gli invitati alla Biennale veneziana del 1897 (Eugenio Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, p. 213).
    "El Stalo", nota anche come "Un Stalo" e "Lo stallo", è una delle principali opere di Luigi Serena. Datata 1888, ma realizzata tra il 1887 e il 1888 - Paolo Rizzi precisa la data nel 1887, rilevandone la mano ancora ferma e il pennello minuto e sottile ("La stagione del verismo a Venezia e nel Veneto", in "Luigi Serena", Treviso, 1985, pp. 26 e 48) -, l'opera venne esposta alla Fiera internazionale di Parigi del 1889, riscuotendo il terzo premio ex aequo con Angelo Dall'Oca Bianca, Pietro Fragiacomo e Telemaco Signorini, nonché l'ammirazione di Giovanni Boldini, insignito nella stessa esposizione della massima onorificenza (Stefani 2006, p. 182). E di nuovo a Monaco di Baviera nell'anno successivo, 1890, a testimonianza dell'interesse internazionale allora fiorente intorno all'artista.
    Nella prima pubblicazione monografica dedicata a Serena, il discorso pronunciato in occasione della "Esposizione postuma delle opere di Luigi Serena", Gilberto Secrétant ricorda come il pittore "passando un giorno davanti ad uno stallaggio che già mille volte aveva visto, ma non mai illuminato così come era in quel momento, poteva afferrare quella novella luce inattesa che rischiarava e disvelava un ambiente e una vita e ricavarne un dei suoi quadri più belli, El Stalo, che gli otteneva più tardi, nell'89, il premio e un grande successo a Parigi, affermando il Boldini raramente il pennello moderno esser giunto a tanta plastica evidenza nel riprodurre i cavalli, a tanta verità e potenza nel dipingere i giuochi di sole e d'ombra" (Secrétant 1911, pp. 6-7). Secrétant ne elogia l'attenzione alla vita ultima, quella degli "umili animali domestici", e dei "vecchi angoli caratteristici che più non sono, aspetti della città per sempre distrutti" (pp. 20). Ottorino Stefani dedica all'opera un capitolo - "Un quadro insolito" - nella sua monografia del 2006, elogiandone il vitale realismo: "Dalla penombra densa, si direbbe persino carica di un torpore caldo untuoso, emergono a poco a poco le sagome di alcuni cavalli. Mentre quelli sullo sfondo sono dipinti con svariate tonalità brune quello vicino al ragazzo è realizzato con una gamma cangiante di bellissimi grigi. Si potrebbe osservare che la posa del ragazzo è un po' manierata ed artificiosa. Tuttavia essa si inserisce perfettamente nel ritmo generale della composizione, in quanto stabilisce l'equilibrio delle varie zone cromatiche che scandiscono atmosfera crepuscolare all'interno dello "stalo (...) Il ritmo della pennellata asseconda il ritmo delle varie zone atmosferiche e delle varie qualità materiche di cui son fatte le cose (vesti, fieno, legno, paglia, ecc). Il motivo tematico, ancora una volta, è solo un pretesto per creare, attraverso una tecnica che sfrutta i mezzi toni iniziali quasi trasparenti, alla maniera di Millet, un mondo che possiede il dono della schiettezza e della semplicità. Una semplicità raggiunta per mezzo di pennellate stese sulla tela con impulsiva scorrevolezza e delicata armonia, badando alla resa atmosferica, un po' tetra, dell'insieme e lasciando come sospesi nella penombra forme e oggetti che compongono l'ambiente rustico dentro cui la vita si svolge con un ritmo lento e silenzioso. Più che una indagine o un'inchiesta di tipo sociale, il dipinto raffigura un momento di perfetta integrazione tra l'intuizione soggettiva dell'artista, che viene colpito da un'impressione reale, e una serie di immagini e di cose che vivono in una stalla non fittizia ma carica di una sua concretezza fisica e di una storia interna, la quale lascia i segni sui muri scrostati e sui legni consunti. Si potrebbe parlare di un "realismo estetico" attuato con un rigore metodologico degna dei grandi realisti francesi, (pensiamo a Courbet) anche se le intenzioni descrittive del Serena non approdano mai a risultati di polemica sociale di stampo marxista. Il dipinto costituisce una delle tappe fondamentali della vicenda pittorica del Serena. (Ottorino Stefani, "Il realismo di Luigi Serena tra nostalgie veneziane e racconti trevisani", in Serena, 1985, passim da p. 24).
    A proposito del realismo di Serena, rileva acutamente Paolo Rizzi una dimensione di concretezza sentimentale, che colloca il dipinto «dentro, come pochi altri quadri della pittura veneta dell'Ottocento» ad una situazione sociale che si fa stato d'animo: «Si intuisce la miseria di un popolo, ma anche la sua forza di sopportazione, dietro la quale sta una civile mitezza d'animo». Per Rizzi, l'opera è collocata in un punto chiave, l'apice di Serena prima della caduta: «Che succede più tardi a Serena? Difficile dirlo: le testimonianze parlano di un progressivo ritiro dalla scena pittorica veneziana e veneta, causato anche dalla malattia e da disgrazie familiari. L'uomo, evidentemente, non ha la capacità di adeguarsi ai tempi, come farà un Tito. I quadri che possono essere collocati dopo la fase acuta dell'artrosi (intorno al 1888) sono più duri e incerti, d'un timbro meno raffinato, più credente luministico; ma soprattutto echeggiano uno sforzo patetico di affrontare la poetica simbolistica» (in "Luigi Serena", Treviso, 1985, p. 48).
    Diversa la interpretazione di Stefani, che vede ne "Lo Stalo" la testimonianza della ripresa creativa di Serena dopo la malattia che lo aveva bloccato a letto per molti mesi tra il 1886 e il 1887 e impedito di partecipare alla grande Esposizione veneziana del 1887, un vero e proprio anticipo della prima Biennale del 1895 (Stefani, in "Serena", 1985, p. 23). Stefani data il dipinto al 1887 e 1888, segnalando il raggiungimento di una "tecnica insolitamente unitaria tutta risolta in vibranti impasti materici e con una particolare attenzione ai valori atmosferici d'ambiente" (Stefani 2006, p. 74), che caratterizza anche un altro suo capolavoro, "La pappa scotta".
    Di più: quasi anticipando gli esiti del piacere materico e formale della pittura proprio della ricerca astratta, Stefani legge ne "lo Stalo" un «magma sostanziale di fresca e ridente naturalezza, di attrazione sensuale persino goduta dal pittore con un sano e robusto piacere visivo e tattile, che si manifesta nell'evidente consistenza plastica e cromatica delle cose ed in una sorta di fervore inventivo che illumina dall'interno la materia pittorica» (Stefani 2006, p. 90).
    Come ricorda Eugenio Manzato, nella presentazione alla recente monografica montebellunese, "El Stalo" è il capolavoro della ricerca di Serena negli effetti luminosi, con i colpi di luce provenienti dalle aperture rivolte all'esterno, la liquida tonalità bruna degli elementi strutturali ambientali, le macchie chiare del manto degli animali e della brocca e il finissimo brano pittorico - rosso grigio e blu - dell'abbigliamento del mozzo: un vero e proprio "fermo immagine" che restituisce la realtà di un mondo semplice e quotidiano. Per il suo rilievo culturale, nel 2019 l'opera è stata richiesta in prestito permanente dal Comune di Montebelluna per esporlo nelle proprie sale.

  • Europa (XX secolo)
Coppia di candelabri a cinque luci
    Lotto 32

    Europa (XX secolo)
    Coppia di candelabri a cinque luci
    Bronzo dorato, legno impiallicciato
    40 x 17,8 x 18 cm (ogni candelabro)
    17,6 x 1,8 cm (candela media)

    Elementi distintivi: Elementi distintivi: sotto le basi, tre etichette (cue della Banca Popolare di Intra) con riferimenti inventariali
    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (depositi)

  • Azerbaijan (II quarto del XX secolo)
Tappeto Shirwan
    Lotto 33

    Azerbaijan (II quarto del XX secolo)
    Tappeto Shirwan
    Vello in lana su ordito in lana e trama in cotone
    196 x 121 cm

    Elementi distintivi: due etichette anonime e numero in vernice direttamente sul rovescio del tappeto
    Provenienza: mercato londinese (?); Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 70%
    Stato di conservazione. Superficie: 30% (usura diffusa e dipintura delle parti corrose)

    Tipico Shirwan, con due medaglioni centrali esagonali, alternati a ottagoni contenenti stelle. Bordura a fondo rosso con motivi pseudo-cufici policromi.

  • Primo Conti (1900 - 1988)
Composizione astratta, 1973
    Lotto 34

    Primo Conti (1900 - 1988)
    Composizione astratta, 1973
    Litografia e serigrafia su carta
    33,3 x 24,2 cm

    Firma: “Primo Conti” a matita al recto
    Data: “1973” a matita al recto
    Altre iscrizioni: tiratura “61/100” a matita al recto
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta anonima con dati dell'opera; etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
    Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Kirman
    Lotto 35

    Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
    Tappeto Kirman
    Vello in lana su armatura in cotone
    398 x 319 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)

    Bel medaglione floreale di forma ovale accompagnato da due pendenti sempre a motivo riccamente floreale come tipico nei tappeti di Kirman.

  • François Boucher (1703 - 1770)
La nascita di Adone, 1726 circa
    Lotto 36

    François Boucher (1703 - 1770)
    La nascita di Adone, 1726 circa
    Olio su tela
    64,4 x 81,3 cm

    Firma: iniziali "f.b." sull'urna


    Elementi distintivi: al verso, a stampo l'indicazione di inventario "45 G"; una etichetta con riferimento inventariale ed alcune indicazioni a gesso relative ad un passaggio d'asta
    Provenienza: Ange-Laurent de La Live de Jully (1725-1779) (vendita del 5-14 maggio 1770, l. 92) ?; Louis-François Metra (1738-1804) (?); Pieter Locquet (1700-1782) (vendita del 22 settembre 1783, l. 58); Laurente Grimod de la Reynière (1733-1792) (vendita del 3 aprile 1793, l. 24); Le Rouge; Vendita anonima, 15 dicembre 1834, l. 27; Henri Didier (1823-1868) (vendita del 15-17 giugno 1868, l. 39); Pauline-Léontine-Elisabeth-Désirée Mesnage dite Mademoiselle Denain (1823-1892) (vendita del 6-7 aprile 1893, l. 2); Matthieu Goudchaux, Parigi (1810-); Semenzato, Milano (4 maggio 1989, l. 75 a-b); Beni Artistici Italiani Spa (Gruppo Cragnotti), fino al 1995; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: "Almanach des Beaux-Arts", 1762, pp. 188, 190, n. 20 (?); La Live - Mariette, "Catalogue historique du Cabinet de peinture et sculpture francaise de M. de La Live", 1764 (?); A. de La Fizelière, "Catalogue de Tableaux de l'Ecole francaise, tiré de collections d'amateurs, par Ph. Burty", in "Gazette des Beaux-Art"s, t. VIII, Parigi, 1860, p. 61; W. Bürger, "Exposition de tableaux de l'Ecole francaise ancienne tirés de collection d'amateurs (suite et fin)", in "Gazette des Beaux-Arts", Parigi, 1860, pp. 255-277 (1 settembre) e pp. 333-358 (15 settembre), 1860, p. 342; L. Duvaux, "Livre-Journal de Lazare Duvaux (1748-1758)", vol. I-II, Parigi, 1873, p. CLXXX; Ed. e J. de Goncourt, "L'Art du XVIIIe siècle", Parigi, 1880, vol. I-II, 3a edizione, pp. 138, 190; P. Mantz, "François Boucher, Lemoyne et Natoire", Parigi, 1880, pp. 67, 117; A. Michel, "François Boucher", in "Les Artistes célèbres", Parigi, 1889, p. 12; G. Kahn, "Boucher. Biographie critique", Parigi, 1904, pp. 19, 27; A. Michel, a cura di, "François Boucher. Catalogue par L. Soullié e Ch. Masson", Parigi, 1906, n. 210; P. de Nolhac, "François Boucher. Catalogue par Georges Pannier", Parigi, 1907, pp. 8, 14, cat. p. 109; P. de Nolhac, "Boucher, premier peintre du Roi", Parigi, 1925, pp. 21 e 32; G. Isnard, "Faux et imitations dans l'art", t. II, p. 120; A. Ananoff, con la collaborazione di D. Wildestein, "François Boucher", vol. I-II, Losanna-Parigi, 1976, vol. I, n. 38, pp. 174-176 (con immagini di altra versione); A. Ananoff - D. Wildenstein," L'opera completa di Boucher", Milano, 1980, pp. 87-88, cat. 38 (con immagine di altra versione); Christie's, "Ven House Sale", Londra, 22 giugno 1999, scheda del lotto 650 (con riferimento ad altre opere); Christie's, "Old Masters", New York, 15 ottobre 2020, scheda del lotto 59 (con riferimento ad altre opere)
    Esposizioni: Tableaux et dessins de l'école française du XVIIIe siècle, tirès de collections d'amateurs, Galerie Martinet, Parigi, 1860, n. 86 quater (prestito di H. Didier, come Lemoyne); De Watteau à Proud'hon, Gazette des Beaux-Arts, Parigi, 1956, n. 7



    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 75% (reintelatura e reintelaiatura)
    Stato di conservazione. Superficie: Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e integrazioni)

    L'opera, in pendant con la successiva, è dedicata alla storia di Adone, narrata da Ovidio nelle "Metamorfosi" (Libro X, versi 532-860).
    Teia, re della Assiria, vantava la straordinaria bellezza di sua figlia Mirra (o Smirna), celebrandola come superiore ad Afrodite. La dea, per vendetta, portò Mirra a desiderare il proprio padre e a giacere per dodici notti con lui fino a quando Teia scoprì l'inganno e cercò di ucciderla. Afrodite, presa da pietà, ne favorì la fuga, mutandola in un albero: le lacrime di Mirra si trasformarono allora nella profumata resina che porta il suo nome.
    La tela in esame rappresenta la nascita di Adone, frutto di questa relazione incestuosa. Il bambino è appena nato: al dolore della madre - il tronco dell'albero è straziato e nell'alto fusto si riconosce un volto contratto in uno spasmo - si oppone la serenità delle ninfe, le quattro giovani donne a destra della scena. Afrodite, in piedi appoggiata all'albero, già stupita per la bellezza del bambino, lo consegna a Persefone, regina del mondo sotterraneo, che appare qui inginocchiata con il piccolo in braccio, in modo che possa nasconderlo e prendersi cura di lui. La bellezza di Adone, ormai cresciuto, suscita una disputa tra Afrodite e Persefone, entrambe follemente innamorate, che Zeus compone, stabilendo che il ragazzo trascorra un terzo dell'anno con ognuna delle due dee e il restante terzo dove preferisce, e il giovane sceglie Afrodite. La decisione di Zeus distingue così tre grandi cicli della natura, il tempo del riposo nello scuro inverno e il tempo della luce nella primavera, a cui segue la pienezza della vita e dell'amore nell'estate. La storia continua nella seconda tela, che rappresenta la morte di Adone a seguito di una ferita di caccia, nonostante il soccorso di Afrodite, scesa dal cielo su un carro d'oro trainato da cigni.
    Di questa fortunata invenzione Boucher realizzò diverse versioni, che sono state spesso confuse, contribuendo a rendere molto complesso e incerto il tema attributivo. La versione in formato orizzontale più nota è il pendant acquistato da António de Medeiros e Almeida (1895-1986) in un'asta al Palais Galliera, Parigi, il 22 novembre 1972, reso noto agli studi da Hermann Voss nel 1953 ("François Boucher’s Early Development", in "The Burlington Magazine", vol. 95, n. 600, Marzo 1953, pp. 80 – 93, in particolare p. 86 e ill. 47 e 48) ed oggi esposto alla Casa-Museu Medeiros e Almeida a Lisbona, come proveniente dalla collezione La Live de Jully (Samantha Coleman Aller, scheda consultata il 26 gennaio 2022 nel sito del Museo). Una identificazione, tuttavia, non possibile, per ragioni di misure. Infatti, nella documentazione della vendita La Live de Jully, i dipinti risultano avere una dimensione di "H. 2 pieds; L. 2 pieds 6 p.", ossia di 2 piedi di base per 2,5 di altezza, il che, essendo il piede francese pari a 32,5 cm, significa 65x81,25 cm, la dimensione dei dipinti di Veneto Banca. La vicenda è complicata dalla presenza di due incisioni realizzate da Gérard Jean-Baptiste Scotin e Michel Guillaume Aubert a partire dalle opere La Live de Jully, annunciate sul "Mercure de France" nell'Aprile del 1733 (Pierrette Jean-Richard, "L’Oeuvre gravé de François Boucher", 1978, n. 191, 1585 e 1586), che richiamano nei particolari i dipinti portoghesi, segnalando l'esistenza di almeno due prototipi orizzontali leggermente diversi (si veda per esempio, nella "Nascita" di Adone incisa, l'accenno al carro di Afrodite sul margine sinistro). Una ulteriore complicazione bibliografica ricorre per il fatto che il pendant è catalogato da Ananoff e Wildenstein con le misure delle opere di Veneto Banca e con le immagini di un altro pendant (probabilmente Medeiros e Almeida, come suggerisce lo sviluppo verso il centro della composizione del tronco a sinistra nella "Morte di Adone").
    Alastair Laing, sulla base di una nota manoscritta nel catalogo della vendita del 1770, già conservata nella biblioteca Doucet, segnala che il pendant La Live de Jully venne comprato dal banchiere e giornalista francese Louis-François Metra (1738-1804) per la Zarina Caterina: disperso senza tracce in Russia, il pendant non sembra dunque identificabile né con la versione di Veneto Banca né con la versione Medeiros e Almeida.
    Secondo lo specialista, la provenienza dei dipinti di Veneto Banca è, invece, tracciabile «dal 1783, quando essi compaiono nella vendita della collezione di Pieter Locquet, ad Amsterdam, il 22 settembre 1783 (lotti 57 e 58), dalla quale ritornarono in Francia, nella collezione del finanziere e patrono dell'architettura Laurent Grimod de la Reynière (1734 – 1793), padre del celebre gastronomo Alexandre Laurent Grimod de la Reynière. Rovinato dalla Rivoluzione, egli li mise in asta il 3 aprile 1793 (l. 24) dove furono acquistati dal mercante Le Rouge». La loro storia successiva è correttamente descritta da Alexandre Ananoff e Daniel Wildenstein nel loro catalogo dell'opera di François Boucher, 1976 (n. 38 e 39, pp. 174-176), fino alla collezione di Matthieu Goudchaux a Parigi. Nel 1985, secondo una lettera inviata dal pittore-restauratore Marco Grassi al Prof. Laing, le opere erano in una collezione privata a Lugano, e sono apparse in asta pochi anni dopo a Milano presso Semenzato (4 maggio 1989, l. 75 a-b), a cui probabilmente appartenevano. Infatti, Veneto Banca è entrata in possesso delle opere in una negoziazione con il Gruppo Cragnotti, divenuto azionista di maggioranza di Semenzato nel 1992.
    Un altro punto cruciale nella complessa ricostruzione storica consiste nella datazione delle opere. Secondo Alaistair Laing, l'annuncio sul "Mercure de France" delle incisioni del 'pendant La Live de Jully' nell'aprile 1733, suggerisce una datazione per queste composizioni a non prima del 1732, benché Ananoff e Wildenstein ne anticipino la datazione al 1730, «apparentemente senza sapere che nella versione della Banca de "La nascita di Adone" la base dell'urna poggiata sul terreno era iscritta "F.B. 1730" quando apparve nell'asta Semenzato nel 1989», «una aggiunta tarda, tesa a supportare l'idea che Boucher abbia dipinto le opere in Italia e che poi è stata rimossa» (comunicazione del 22 maggio 2022). Laing propone, per i dipinti di Veneto Banca, una datazione intorno al 1726, in consonanza con altre due opere di tema ovidiano, una versione - questa volta verticale - de "La morte di Adone" (di cui si conoscono due esemplari: il primo, Ananoff-Wildenstein 1976, n. 87, recentemente battuto da Christie's New York il 15 ottobre 2020, ed il secondo apparso da Collin du Bocage presso l'Hôtel Drouot, il 21 maggio 2021) ed un dipinto con Selene/Diana che piange Endimione morto, in cui le figure sono assai simili a Venere e Adone nell'analogo dipinto di Veneto Banca. Fondamentale per la datazione è proprio la prima versione della "Morte di Adone" "verticale", pressoché delle stesse dimensioni (79.3x63,5 cm) dei dipinti di Veneto Banca: essa, infatti, venne dipinta da Boucher come pendant per la tela con "Venere e Marte" di Carle van Loo oggi al Museum of Fine Arts, Houston (inv. BF.1978.24), che sappiamo risalire al 1726 dalla "Vie de Carle van Loo" di Michel François André-Bardon, presentata alla Académie Royale nel 1765. La versione verticale della "Morte di Adone" deve essere stata dipinta nello stesso anno o poco dopo, e così la coppia di dipinti di Veneto Banca. In quella fase della sua carriera, Boucher aveva bisogno di denaro, ed era portato a ripetere i suoi dipinti di successo, ma non era nella posizione di impiegare assistenti di studio che potessero dipingerli per lui. Il Prof. Laing reputa pertanto il pendant di Veneto Banca autografo dell'artista.
    In una ideale cronologia delle esperienze di Boucher con il mito di Adone, certamente l'invenzione risale alla versione verticale, dove il formato consente di accentuare l'importanza delle figure secondo le regole del "Grand Style", mentre le opere di Veneto Banca, il cui sviluppo orizzonte privilegia l'aspetto scenografico, sembrano occupare una posizione precedente rispetto ai dipinti, di maggiori dimensioni e più rifiniti, della Casa-Museu Medeiros e Almeida. In favore di una datazione precoce del pendant in asta si osservano anche il trattamento pittorico e la cromia molto vicini al capolavoro di analogo soggetto del maestro di Boucher, François Lemoyne (1688-1737), datato "1729" (Nationalmuseum, Stockholm, inv. NM 854). Non a caso, anche con riguardo al pendant in esame, forse a partire dalla esposizione presso Martinet del 1860 (in cui le opere comparivano come Lemoyne), Burger annotava, che «Burty restituait à Boucher quatre prétendues tableaux de F. Lemoyne et celà au grand contentement du propriétaire» (p. 342). E secondo Duvaux, 1873, la restituzione è stata guidata non da un fatto stilistico ma dalla scoperta del monogramma dell'artista sull'urna (p. XLXXX). Per Isnard, nelle due tele di Veneto Banca Boucher intenzionalmente falsifica il suo maestro non avendo ancora sviluppato un proprio stile. Benché il pendant in asta sia definitivamente da datare prima del soggiorno italiano dell'artista (1727-1731), iniziato come libero studente della Academie de France a Roma insieme a Carle van Loo - Boucher era di due anni più giovane di Van Loo, ed i loro primi lavori vennero spesso confusi - si riscontrano in esse, come nei dipinti "verticali", alcuni elementi veneti, forse da ascrivere al documentato passaggio di Sebastiano Ricci a Parigi nel dicembre 1716 (quando il suo ospite, il collezionista Pierre Crozat, lo introdusse a Watteau), in quelli che Pierre Rosenberg ha definito "i misteriosi inizi del giovane Boucher". Sebastiano, nel dicembre 1720, divenne membro della Academie de France e solo nel 1978 è stato restituito a Boucher il "Sacrificio di Gedeone", un dipinto del Louvre, a lungo creduto del maestro bellunese. Questa ricchezza di suggestioni è efficacemente sintetizzata da Mantz: «Questa pittura cristallizzata che ha fatto scambiare alcuni Lemoyne per dei Watteau, queste tinte laccate della Scuola di Venezia, che Boucher non tarda a prendere per sempre ... tutto, in queste due tele, ha il tocco di Lemoyne» (1880, pp. 67, 117).
    Come si comprende la storia collezionistica e la fortuna bibliografica delle tele rimangono molto complesse e di non univoca interpretazione per la sovrapposizione di fonti ed opere, ma la attribuzione delle opere a Boucher è confermata in punto di ideazione e stile.

    L'opera, come il pendant, è conservata in una cornice rococò.

    Siamo grati al Prof. Alaister Laing (+) per aver confermato la attribuzione dell'opera a Francois Boucher su base fotografica e per il prezioso supporto dato nella schedatura.

  • François Boucher (1703 - 1770)
La morte di Adone, 1726 circa
    Lotto 37

    François Boucher (1703 - 1770)
    La morte di Adone, 1726 circa
    Olio su tela
    64,3 x 81,6 cm

    Elementi distintivi: al verso, a stampo l'indicazione di inventario "44 G"; una etichetta con riferimento ad un sequestro, una con riferimento ad un numero di inventario ed una terza non leggibile
    Provenienza: Ange-Laurent de La Live de Jully (1725-1779) (vendita del 5-14 maggio 1770, l. 92) ?; Louis-François Metra (1738-1804) (?); Pieter Locquet (1700-1782) (vendita del 22 settembre 1783, l. 57); Laurente Grimod de la Reynière (1733-1792) (vendita del 3 aprile 1793, l. 24); Le Rouge; Vendita anonima, 15 dicembre 1834, l. 27; Henri Didier (1823-1868) (vendita del 15-17 giugno 1868, l. 40); Pauline-Léontine-Elisabeth-Désirée Mesnage dite Mademoiselle Denain (1823-1892) (vendita del 6-7 aprile 1893, l. 3); Matthieu Goudchaux, Parigi (1810-); Semenzato, Milano (4 maggio 1989, l. 75 a-b); Beni Artistici Italiani Spa (Gruppo Cragnotti), fino al 1995; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: "Almanach des Beaux-Arts", 1762, pp. 188, 190, n. 20 (?); La Live - Mariette, "Catalogue historique du Cabinet de peinture et sculpture francaise de M. de La Live", 1764 (?); A. de La Fizelière, "Catalogue de Tableaux de l'Ecole francaise, tiré de collections d'amateurs, par Ph. Burty", in Gazette des Beaux-Arts, t. VIII, Parigi, 1860, p. 61; W. Bürger, "Exposition de tableaux de l'Ecole francaise ancienne tirés de collection d'amateurs (suite et fin)", in "Gazette des Beaux-Arts", Parigi, 1860, pp. 255-277 (1 settembre) e pp. 333-358 (15 settembre), 1860, p. 342; L. Duvaux, "Livre-Journal de Lazare Duvaux (1748-1758)", vol. I-II, Parigi, 1873, p. CLXXX; Ed. e J. de Goncourt, "L'Art du XVIIIe siècle", Parigi, 1880, vol. I-II, 3a edizione, pp. 138, 190; P. Mantz, "François Boucher, Lemoyne et Natoire", Parigi, 1880, pp. 67, 117; A. Michel, "François Boucher", in "Les Artistes célèbres", Parigi, 1889, p. 12; G. Kahn, "Boucher. Biographie critique, Parigi, 1904, pp. 19, 27; A. Michel, a cura di, "François Boucher. Catalogue par L. Soullié e Ch. Masson", Parigi, 1906, n. 206; P. de Nolhac, "François Boucher. Catalogue par Georges Pannier", Parigi, 1907, p. 8, cat. p. 109; P. de Nolhac, "Boucher, premier peintre du Roi", Parigi, 1925, pp. 21 e 32; A. Ananoff, con la collaborazione di D. Wildestein, "François Boucher", vol. I-II, Losanna-Parigi, 1976, vol. I, n. 39, pp. 175-176 (con immagine di altra versione); A. Ananoff - D. Wildenstein, "L'opera completa di Boucher", Milano, 1980, p. 88, cat. 39 (con immagine di altra versione); Christie's, "Ven House Sale", Londra, 22 giugno 1999, scheda del lotto 650 (con riferimento ad altre opere); Christie's, "Old Masters", New York, 15 ottobre 2020, scheda del lotto 59 (con riferimento ad altre opere)
    Esposizioni: Esposizioni: Tableaux et dessins de l'école française principalement du XVIIIe siècle, tirès des collections d'amateurs, Galerie Martinet, Parigi, 1860, 86 quinquies; Parigi 1956, 8

    Vincoli: Il lotto è dotato di attestato di libera circolazione rilasciato il 29 luglio 2021.

    Stato di conservazione. Supporto: 75% (reintelatura e reintelaiatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e integrazioni)

    L'opera, in pendant con la precedente, è dedicata alla storia di Adone, narrata da Ovidio nelle "Metamorfosi" (Libro X, versi 532-860).
    Teia, re della Assiria, vantava la straordinaria bellezza di sua figlia Mirra (o Smirna), celebrandola come superiore ad Afrodite. La dea, per vendetta, portò Mirra a desiderare il proprio padre e a giacere per dodici notti con lui fino a quando Teia scoprì l'inganno e cercò di ucciderla. Afrodite, presa da pietà, ne favorì la fuga, mutandola in un albero: le lacrime di Mirra si trasformarono allora nella profumata resina che porta il suo nome. La prima tela del pendant rappresenta la nascita di Adone, frutto di questa relazione incestuosa. Ma la storia continua. La bellezza di Adone, ormai cresciuto, suscita una disputa tra Afrodite e Persefone, entrambe follemente innamorate, che Zeus compone, stabilendo che il ragazzo trascorra un terzo dell'anno con ognuna delle due dee e il restante terzo dove preferisce, e il giovane sceglie Afrodite. La decisione di Zeus distingue così tre grandi cicli della natura, il tempo del riposo nello scuro inverno e il tempo della luce nella primavera, a cui segue la pienezza della vita e dell'amore nell'estate.
    In un giorno di caccia - ecco il soggetto della tela in esame - il giovane viene aggredito da un cinghiale e ferito a morte. Afrodite, scesa dal cielo su un carro d'oro trainato da cigni, seduta su una nuvola, avvicina una mano al volto dell'amato, che ormai giace senza forze, tra gli amorini piangenti, i cani e le prede della caccia appena interrotta. Secondo alcune tradizioni, il cinghiale sarebbe stato inviato da Artemisia, dea della caccia, per proteggere la castità dei giovani dall'influenza dell'amore: e difatti uno dei putti spegne la fiaccola a terra. Secondo altre, sarebbe una vendetta di Ares, amante di Afrodite. Bione di Smirne, poeta ellenistico, sviluppa il tema in un "Canto in morte di Adone": racconta, pare per primo, che le lacrime di Afrodite e le gocce di sangue di Adone, divennero fiori, rose e anemoni rossi, questi ultimi dipinti al centro della composizione.
    Di questa fortunata invenzione Boucher realizzò diverse versioni, che sono state spesso confuse, contribuendo a rendere molto complesso e incerto il tema attributivo. La versione in formato orizzontale più nota è il pendant acquistato da António de Medeiros e Almeida (1895-1986) in un'asta al Palais Galliera, Parigi, il 22 novembre 1972, reso noto agli studi da Hermann Voss nel 1953 ("François Boucher’s Early Development", in "The Burlington Magazine", vol. 95, n. 600, Marzo 1953, pp. 80 – 93, in particolare p. 86 e ill. 47 e 48) ed oggi esposto alla Casa-Museu Medeiros e Almeida a Lisbona, come proveniente dalla collezione La Live de Jully (Samantha Coleman Aller, scheda consultata il 26 gennaio 2022 nel sito del Museo). Una identificazione, tuttavia, non possibile, per ragioni di misure. Infatti, nella documentazione della vendita La Live de Jully, i dipinti risultano avere una dimensione di "H. 2 pieds; L. 2 pieds 6 p.", ossia di 2 piedi di base per 2,5 di altezza, il che, essendo il piede francese pari a 32,5 cm, significa 65x81,25 cm, la dimensione dei dipinti di Veneto Banca. La vicenda è complicata dalla presenza di due incisioni realizzate da Gérard Jean-Baptiste Scotin e Michel Guillaume Aubert a partire dalle opere La Live de Jully, annunciate sul "Mercure de France" nell'Aprile del 1733 (Pierrette Jean-Richard, "L’Oeuvre gravé de François Boucher", 1978, n. 191, 1585 e 1586), che richiamano nei particolari i dipinti portoghesi, segnalando l'esistenza di almeno due prototipi orizzontali leggermente diversi (si veda per esempio, nella "Nascita di Adone" incisa, l'accenno al carro di Afrodite sul margine sinistro). Una ulteriore complicazione bibliografica ricorre per il fatto che il pendant è catalogato da Ananoff e Wildenstein con le misure delle opere di Veneto Banca e con le immagini di un altro pendant (probabilmente Medeiros e Almeida, come suggerisce lo sviluppo verso il centro della composizione del tronco a sinistra nella "Morte di Adone").
    Alastair Laing, sulla base di una nota manoscritta nel catalogo della vendita del 1770, già conservata nella biblioteca Doucet, segnala che il pendant La Live de Jully venne comprato dal banchiere e giornalista francese Louis-François Metra (1738-1804) per la Zarina Caterina: disperso senza tracce in Russia, il "pendant" non sembra dunque identificabile né con la versione di Veneto Banca né con la versione Medeiros e Almeida.
    Secondo lo specialista, la provenienza dei dipinti di Veneto Banca è, invece, tracciabile «dal 1783, quando essi compaiono nella vendita della collezione di Pieter Locquet, ad Amsterdam, il 22 settembre 1783 (lotti 57 e 58), dalla quale ritornarono in Francia, nella collezione del finanziere e patrono dell'architettura Laurent Grimod de la Reynière (1734 – 1793), padre del celebre gastronomo Alexandre Laurent Grimod de la Reynière. Rovinato dalla Rivoluzione, egli li mise in asta il 3 aprile 1793 (l. 24) dove furono acquistati dal mercante Le Rouge». La loro storia successiva è correttamente descritta da Alexandre Ananoff e Daniel Wildenstein nel loro catalogo dell'opera di François Boucher, 1976 (n. 38 e 39, pp. 174-176), fino alla collezione di Matthieu Goudchaux a Parigi. Nel 1985, secondo una lettera inviata dal pittore-restauratore Marco Grassi al Prof. Laing, le opere erano in una collezione privata a Lugano, e sono apparse in asta pochi anni dopo a Milano presso Semenzato (4 maggio 1989, l. 75 a-b), a cui probabilmente appartenevano. Infatti, Veneto Banca è entrata in possesso delle opere in una negoziazione con il Gruppo Cragnotti, divenuto azionista di maggioranza di Semenzato nel 1992.
    Un altro punto cruciale nella complessa ricostruzione storica consiste nella datazione delle opere. Secondo Alaistair Laing, l'annuncio sul "Mercure de France" delle incisioni del "pendant La Live de Jully" nell'aprile 1733, suggerisce una datazione per queste composizioni a non prima del 1732, benché Ananoff e Wildenstein ne anticipino la datazione al 1730, «apparentemente senza sapere che nella versione della Banca de "La nascita di Adone" la base dell'urna poggiata sul terreno era iscritta "F.B. 1730" quando apparve nell'asta Semenzato nel 1989», «una aggiunta tarda, tesa a supportare l'idea che Boucher abbia dipinto le opere in Italia e che poi è stata rimossa» (comunicazione del 22 maggio 2022). Laing propone, per i dipinti di Veneto Banca, una datazione intorno al 1726, in consonanza con altre due opere di tema ovidiano, una versione - questa volta verticale - de "La morte di Adone" (di cui si conoscono due esemplari: il primo, Ananoff-Wildenstein 1976, n. 87, recentemente battuto da Christie's New York il 15 ottobre 2020, ed il secondo apparso da Collin du Bocage presso l'Hôtel Drouot, il 21 maggio 2021) ed un dipinto con "Selene/Diana che piange Endimione morto", in cui le figure sono assai simili a Venere e Adone nell'analogo dipinto di Veneto Banca. Fondamentale per la datazione è proprio la prima versione della Morte di Adone "verticale", pressoché delle stesse dimensioni (79.3x63,5 cm) dei dipinti di Veneto Banca: essa, infatti, venne dipinta da Boucher come pendant per la tela con "Venere e Marte "di Carle van Loo oggi al Museum of Fine Arts, Houston (inv. BF.1978.24), che sappiamo risalire al 1726 dalla "Vie de Carle van Loo" di Michel François André-Bardon, presentata alla Académie Royale nel 1765. La versione verticale della "Morte di Adone" deve essere stata dipinta nello stesso anno o poco dopo, e così la coppia di dipinti di Veneto Banca. In quella fase della sua carriera, Boucher aveva bisogno di denaro, ed era portato a ripetere i suoi dipinti di successo, ma non era nella posizione di impiegare assistenti di studio che potessero dipingerli per lui. Il Prof. Laing reputa pertanto il pendant di Veneto Banca autografo dell'artista.
    In una ideale cronologia delle esperienze di Boucher con il mito di Adone, certamente l'invenzione risale alla versione verticale, dove il formato consente di accentuare l'importanza delle figure secondo le regole del "Grand Style", mentre le opere di Veneto Banca, il cui sviluppo orizzonte privilegia l'aspetto scenografico, sembrano occupare una posizione precedente rispetto ai dipinti, di maggiori dimensioni e più rifiniti, della Casa-Museu Medeiros e Almeida. In favore di una datazione precoce del pendant in asta si osservano anche il trattamento pittorico e la cromia molto vicini al capolavoro di analogo soggetto del maestro di Boucher, François Lemoyne (1688-1737), datato "1729" (Nationalmuseum, Stockholm, inv. NM 854). Non a caso, anche con riguardo al pendant in esame, forse a partire dalla esposizione presso Martinet del 1860 (in cui le opere comparivano come Lemoyne), Burger annotava, che «Burty restituait à Boucher quatre prétendues tableaux de F. Lemoyne et celà au grand contentement du propriétaire» (p. 342). E secondo Duvaux, 1873, la restituzione è stata guidata non da un fatto stilistico ma dalla scoperta del monogramma dell'artista sull'urna (p. XLXXX). Per Isnard, nelle due tele di Veneto Banca Boucher intenzionalmente falsifica il suo maestro non avendo ancora sviluppato un proprio stile. Benché il pendant in asta sia definitivamente da datare prima del soggiorno italiano dell'artista (1727-1731), iniziato come libero studente della Academie de France a Roma insieme a Carle van Loo - Boucher era di due anni più giovane di Van Loo, ed i loro primi lavori vennero spesso confusi - si riscontrano in esse, come nei dipinti "verticali", alcuni elementi veneti, forse da ascrivere al documentato passaggio di Sebastiano Ricci a Parigi nel dicembre 1716 (quando il suo ospite, il collezionista Pierre Crozat, lo introdusse a Watteau), in quelli che Pierre Rosenberg ha definito "i misteriosi inizi del giovane Boucher". Sebastiano, nel dicembre 1720, divenne membro della Academie de France e solo nel 1978 è stato restituito a Boucher il "Sacrificio di Gedeone", un dipinto del Louvre, a lungo creduto del maestro bellunese. Questa ricchezza di suggestioni è efficacemente sintetizzata da Mantz: «Questa pittura cristallizzata che ha fatto scambiare alcuni Lemoyne per dei Watteau, queste tinte laccate della Scuola di Venezia, che Boucher non tarda a prendere per sempre ... tutto, in queste due tele, ha il tocco di Lemoyne» (1880, pp. 67, 117).
    Come si comprende la storia collezionistica e la fortuna bibliografica delle tele rimangono molto complesse e di non univoca interpretazione per la sovrapposizione di fonti ed opere, ma la attribuzione delle opere a Boucher è confermata in punto di ideazione e stile.

    L'opera, come il pendant, è conservata in una cornice rococò.

    Siamo grati al Prof. Alaister Laing (+) per aver confermato la attribuzione dell'opera a Francois Boucher su base fotografica e per il prezioso supporto dato nella schedatura.

  • Felice Casorati (1883 - 1963)
Il bacio di Giuda
    Lotto 38

    Felice Casorati (1883 - 1963)
    Il bacio di Giuda
    Incisione su tavella di gesso su carta da spolvero
    47,6 x 32,2 cm

    Firma: al recto, “F. C.” a gessetto al recto
    Altre iscrizioni: tiratura “48/60”; “Il bacio di Giuda” a gessetto al recto
    Elementi distintivi: timbro a secco dello "ATELIER CASORATI" al recto; sul verso, etichetta anonima con dati dell'opera; etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario

    Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: Luigi Carluccio, "Felice Casorati. Opera grafica", Milano 1966, p. 81 n. 27; "Felice Casorati. Opera grafica", introduzione di Giorgio Trentin, Cesuna 1988, n. 54
    Esposizioni: "Felice Casorati. Opera Grafica", Casuna, Galleria Stamperia Tuttagrafica, giugno 1988

    Stato di conservazione. Supporto: 70% (strappi)
    Stato di conservazione. Superficie: 85%

    Nel 1966 da Luigi De Tullio, Milano, sono stati stampati 60 esemplari numerati da 1 a 60, più 5 esemplari contrassegnati dalle lettere A, B, C, D, E. Le stampe sono numerate a mano e convalidate con timbro a secco «Atelier Casorati».

  • Persia settentrionale (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
Tappeto Varamin
    Lotto 39

    Persia settentrionale (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
    Tappeto Varamin
    Vello in lana su armatura in cotone, con nodo asimmetrico
    314 x 214 cm

    Elementi distintivi: etichetta Galleria Martinazzo, Montebelluna
    Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Esemplare prodotto nella regione di Varamin, con disegno a piccoli vasi detto Zil-i-sultan, a fondo bianco più tipico dei tappeti persiani di Abadeh.

  • Italia (XX secolo)
Libreria a sei ante
    Lotto 40

    Italia (XX secolo)
    Libreria a sei ante
    Abete (struttura); noce e aceto (impiallacciatura); capitelli argentati; metalli (maniglieria)
    275 x 308 x 55 cm

    Provenienza: Alda antiquariato srl, Orvieto, 2002; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 85% (recupero di legni antichi inframmezzati a legni moderni)
    Stato di conservazione. Superficie: 60% (numerosi sollevamenti e rotture, nonché alcune cadute, dell’impiallacciatura; danni da urto e cadute dell’argentatura)

    Il lotto è composto dalla sola libreria e non include i volumi visibili nell'immagine, relativa alla libreria in uso.

    Nota bene: il mobile è conservato, e va ritirato, presso l'ex Centro Direzionale di Veneto Banca a Montebelluna.

  • Enrico Benetta (1977)
Senza titolo (Cinema Italia-Eden, Montebelluna)
    Lotto 41

    Enrico Benetta (1977)
    Senza titolo (Cinema Italia-Eden, Montebelluna)
    Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
    155 x 105 cm

    Firma: “EBenetta” sul verso

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Nell'opera l'artista ha elaborato l'immagine del Cinema Italia-Eden, a Montebelluna.

  • India (I quarto del XX secolo)
Tappeto Agra
    Lotto 42

    India (I quarto del XX secolo)
    Tappeto Agra
    Lana su cotone con nodo asimmetrico aperto a sinistra
    572 x 345 cm

    Provenienza: Carla Cingi, Modena; Veneto Banca SpA in LCA

    Certificati: Scheda di Raffaele Verolino, non datata

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (integrazioni localizzate, per esempio sul campo rosso nella parte inferiore; usura delle cimose)

    Numerosi abraches, visibili soprattutto nella bordura, che mostrano l’integrazione dei cambi di lana in tessitura. L’impianto decorativo riprende quello degli antichi tappeti caucasici detti a draghi, qui stilizzati nelle foglie disposte a griglia. È possibile che l’esemplare sia stato prodotto in una prigione britannica in India, durante il periodo coloniale.

  • Luigi Nono (1850 - 1918)
Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, 1874
    Lotto 43

    Luigi Nono (1850 - 1918)
    Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, 1874
    Olio su tela
    102 x 66 cm

    Firma: “L. IX” al recto
    Data: “1874” al recto
    Altre iscrizioni: “Coro di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia” sul telaio
    Elementi distintivi: sul telaio, tre etichette di corniceria “Pietro Biasutti”, Venezia

    Provenienza: Senatore Alessandro Rossi, Schio (?); Casa d'aste Il Ponte, Milano, asta 29 maggio 2003, lotto 977; collezione privata, Meduna di Livenza, Treviso; Galleria Nuova Arcadia, Padova (fino al 2009); Veneto Banca SpA in LCA

    Bibliografia: "Memorie della Società Veneta Promotrice di Belle Arti", anno X (1874), Venezia, 1875, p. 28 n. 99; "Esposizione delle opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera. Anno 1874", n. 274; Camillo Boito, "Scultura e pittura d'oggi. Ricerche", Milano, 1877, pp. 124-125; Pompeo Molmenti, "Mostra del pittore Luigi Nono", in "Quarta esposizione internazionale d'arte della città di Venezia", Venezia, 1901, pp. 142-143; Pompeo Gherardo Molmenti, "Luigi Nono", in "Il Secolo XX", vol. 1, marzo 1919; Arturo Lancellotti, "Centenario di Nono", in "Gazzettino" Sera Venezia, 12 ottobre 1950; Mario Nono, "Luigi Nono nell'Arte e nella vita", Firenze, 1990, pp. 21-22; Nico Stringa, scheda, in Giuseppe Pavanello, Nico Stringa, a cura di, "Ottocento veneto. Il trionfo del colore", Treviso, 2004, p. 266 -267 n. 70 (ill.); Paolo Serafini, "Il pittore Luigi Nono (1850-1918). Catalogo ragionato dei dipinti e dei disegni", Torino, 2006, p. 29 n. 55 e p. 267 (in commento alla scheda di catalogo)
    Esposizioni: Società Veneta Promotrice di Belle Arti, Venezia, 1874; Esposizione delle opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera. Anno 1874, Milano, 1874; Ottocento veneto. Il trionfo del colore, a cura di Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, Treviso, Fondazione Cassamarca, 15 ottobre 2004 – 27 febbraio 2005

    Stato di conservazione. Supporto: 75 % (due lacerazioni ricomposte)
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (abrasioni da contatto)

    L'opera, esposta nel 1874 sia alla Promotrice di Venezia che all'Accademia di Brera a Milano, appartiene alla produzione giovanile di Luigi Nono, che appena tre anni prima aveva completato gli studi all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Come già "Le sorgenti del Gorgazzo", dipinto con il quale aveva esordito a Brera nel 1873, anche "Il Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari" mostra chiaramente l'artista orientato, sulla scia della lezione di Ciardi e dei Macchiaioli, verso quella fedele rappresentazione del vero che lo farà imporre tra i principali esponenti della stagione realista in Veneto. La tela viene esposta insieme a "Prima della processione", dipinto attualmente di ubicazione ignota, probabilmente concepito come pendant, sebbene non ne conosciamo le dimensioni. In entrambe le opere protagonista è la chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, oggetto di numerosi quadri di pittori di area veneziana. Se in "Prima della processione" l’attenzione è centrata nella vestizione delle due dimesse figure e lo spazio della cappella Corner appare come lo sfondo in cui si collocano casualmente gli strumenti della cerimonia, nell’opera in oggetto è l’ambiente del coro quattrocentesco, meticolosamente descritto, con i suoi stalli di legno intagliati e l’organo di Giovan Battista Piaggia, il vero protagonista della composizione. La solennità dell’insieme è accentuata dalla visione dal basso e dall’effetto di luce che, scendendo dalla finestra, accende i profili dell’organo e degli stalli. Un contesto maestoso dove le figure hanno il ruolo di comparse, sia quelle del fondo, viste solo parzialmente, sia le due femminili in primo piano in atto di leggere un libro, finemente abbigliate e notevoli per la resa pittorica e luministica, contribuendo così a dare alla scena quel marcato accento di quotidiana verità che l’artista svilupperà poi nella sua produzione successiva. Nell'esposizione braidense le due opere richiamavano l'attenzione di Camillo Boito che, in un articolo del 1874 su "Nuova Antologia", poi ripubblicato nel 1877 nel volume "Pittura e scultura d'oggi", dopo aver sottolineato l'impegno realista del giovane artista, teso al «veder giusto» e al «riprodurre esatto», sottolineava una certa durezza nella trattazione delle figure, riscattata tuttavia dal meticoloso disegno dell'architettura interna: «Nella sua veduta di una Cappella, nel suo Coro della Chiesa dei Frari a Venezia, le figure che si vestono per la processione sono più pesanti che non l'altare con i pilastri e le statue, le macchiette sono più legnose che non il legno degli stalli gotici e dorati, i quali, disegnati perfettamente, mostrano con verità da far strabiliare, i loro lustri e il sudicio e le ragnatele e la polvere; ma l'organo in alto e le colonne e le volte delle navate schiacciano il resto, perché il pittore non ha voluto lasciare indietro e annebbiare nulla di ciò che stava di contro al suo sguardo inquisitore» (Boito 1877). Sulla base di questa recensione, nel catalogo generale dell'artista, Paolo Serafini ha posto dubbi sulla reale identificazione di questo dipinto con l'opera esposta nel 1874, data invece per certa da Nico Stringa nel catalogo della mostra "Ottocento veneto. Il trionfo del colore", da lui curata nel 2005 a Treviso insieme a Giuseppe Pavanello. A sostegno delle sue perplessità Serafini sottolinea che Boito nella descrizione del quadro tralascia di citare le due figure in primo piano ponendo l'accento solo sulle macchiette del fondo: «le macchiette del fondo sono pittoricamente le più felici, mentre sono proprio le due figure in primo piano ad essere le meno riuscite e più legnose» (Serafini 2006, p. 29 n. 55). Altri scrupoli nell’includere l’opera nel catalogo generale derivano poi, secondo Serafini, dal fatto che sia Pompeo Molmenti sia Arturo Lancellotti citano questo quadro come una piccola tela (Molmenti 1919; Lancellotti 1950), e che non esistono disegni preparatori della composizione. Allo stesso tempo tuttavia lo studioso sottolinea sia la qualità generale del dipinto, sia la mancanza di altre opere di Nono conosciute raffiguranti questo soggetto, sia la rispondenza tra la figura di vecchio sullo sfondo e il "Ritratto di vecchio" eseguito da Nono tempo prima (ripr. in Serafini 2006, pp. 12-13, n. 10) e conclude ritenendo che al momento attuale degli studi l'identificazione possa essere presentata come una valida proposta.
    Proprio sulla base dell’indubbia qualità di esecuzione e sul considerare l’opera una tela di piccole dimensioni - se paragonata alle misure dei dipinti che normalmente affollavano in quegli anni le esposizioni pubbliche, - e, quindi, perfettamente rispondente alle descrizioni di Molmenti e di Lancellotti, in questa sede si ritiene di appoggiare l’identificazione proposta da Nico Stringa, pur nell’assenza di disegni preparatori o bozzetti.
    Come lo stesso Serafini sottolinea, pur derivandone l'ipotesi dell'esistenza di più versioni, «La storia collezionistica del dipinto è documentata da una lettera di Luigi Nono alla fidanzata Rina Priuli, senza data perché consegnata a mano dal fratello Lorenzo Priuli, ma certamente della fine del 1887 o degli inizi del 1888: "la persona viaggiante sulle nuvole, lo seppi stamane da fonte attendibilissima - 35 minuti di ritardo - è il senatore Rossi di Schio, il quale possiede un mio Coro dei Frari e una Convalescenza» (Serafini 2006, p. 29).

    Sabrina Spinazzé

  • Persia nord occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
    Lotto 44

    Persia nord occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
    Tappeto Goravan
    Vello in lana su armatura in cotone, con nodo simmetrico
    361 x 253 cm

    Elementi distintivi: Etichetta “A.H.” al verso, con riferimento a provenienza iraniana
    Provenienza: “A.H.”, Iran; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (danni ad una finitura laterale, shirazi, e alle frange)
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (usura, depositi)

  • Pittore marchigiano (I quarto del XVI secolo)
Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Lotto 45

    Pittore marchigiano (I quarto del XVI secolo)
    Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Olio su tavola
    39,4 x 29,8 cm

    Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
    Provenienza: Luigi Vittorio Roncoroni, Parma; Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA

    Certificati: expertise di Stefano Trojani del 1985 (come anonimo allievo di Antonio da Fabriano, in copia)

    Stato di conservazione. Supporto: 60% (parchettatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 50% (cadute di colore circoscritte, per esempio nella regione del libro; due ampie fessurazioni verticali risarcite; danni da urto; ridipinture)

    Il dipinto deriva dalla Madonna Solly, dipinta da Raffaello verso la fine del 1504, e si deve quindi datare a non prima del 1505. Il modello raffaellesco era assai famoso e fu plagiato molte volte da importanti pittori, come per esempio il perugino Eusebio di San Giorgio (1470 ca. - post 1550). L'autore della nostra tavola mostra una formazione quattrocentesca, ma si misura con una matrice raffaellesca, il che rende l'attribuzione molto difficile. Alessandro Delpriori avvicina l'opera a Girolamo di Matteo da Gualdo (1470-1520 circa), figlio e emulo del celebre pittore-notaio di Gualdo Tadino, pur ritenendo più prudente una attribuzione a maglie larghe («pittore marchigiano del XVI secolo», comunicazione del 21 settembre 2021). In precedenza era stata formulata, da M. Rossetti, una attribuzione a Antonio di Agostino di Ser Giovanni da Fabriano (1410-1490), chiaramente da rigettare per la dipendenza delle figure dal modello raffaellesco.

    Ringraziamo Alessandro Delpriori per il prezioso supporto nella catalogazione dell'opera.

  • Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Senneh
    Lotto 46

    Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
    Tappeto Senneh
    Vello in lana su armatura in cotone con nodo simmetrico
    200 x 142 cm

    Elementi distintivi: etichetta della Galeria Martinazzo, Montebelluna

    Provenienza: Galeria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (depositi)

    Il campo presenta il caratteristico motivo herati molto fitto dei tappeti Senneh. Si noti l’inserimento di quattro piccole figurine antropomorfe. Tale impianto geometrico contrasta con la bordura decorata a rose di tipo occidentale, cosiddette gol farang, o rosa francese.

  • Enrico Benetta (1977)
Senza titolo (ex Cimitero di Santa Maria in Colle, Montebelluna)
    Lotto 47

    Enrico Benetta (1977)
    Senza titolo (ex Cimitero di Santa Maria in Colle, Montebelluna)
    Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
    155 x 105 cm

    Firma: “EBenetta”, “EB” sul verso

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Nell'opera l'artista ha elaborato l'immagine dell'ex Cimitero di Santa Maria in Colle, a Montebelluna, in particolare l'arco di ingresso.

  • Leonard van der Vinne (1659 - 1713), ambito di
Scrittoio da centro, ultimo quarto del XVII secolo
    Lotto 48

    Leonard van der Vinne (1659 - 1713), ambito di
    Scrittoio da centro, ultimo quarto del XVII secolo
    Legno ebanizzato, lastronato in palissandro e intarsiato in legno chiaro pirografato; interni in legno di pino e intelaiatura in pioppo
    93 x 156,6 x 78,2 cm

    Provenienza: Pietro Cantore, Modena, 2010; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (piano con fessurazioni rinforzato nella parte inferiore; fessurazioni lungo le linee di incollaggio delle gambe)
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (fessurazioni e sollevamenti, con piccole carenze, nelle parti intarsiate; piccoli danni da urto, in particolare ai piedi)

    Intarsiatore ed ebanista, il maestro fiammingo Leonard van der Vinne si specializzò nelle tecniche di intarsio, contribuendo a diffondere il gusto per i motivi floreali intarsiati in legno esotico, avorio e madreperla in tutta Europa. Si trasferì in Italia per lavorare nella manifattura dei Medici dal 1659 fino alla sua morte nel 1713. Nell'ultima fase della sua carriera, Van der Vinne collaborò spesso con altri artisti per costruire oggetti intarsiati con pannelli di pietra dura noti come pietre dure.
    Lo scrittorio da centro toscano proposto in asta è assai prossimo alla produzione di Van der Vinne.
    La datazione all'ultimo quarto del XVII secolo è stata proposta in sede d'asta, confermando la precedente datazione proposta da Pietro Cantore nel 2010.

Lotti dal 25 al 48 di 258
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IL CULTO DELL'ARREDO

258 lotti per arredare grandi dimore. Dai dipinti di Francesco Guardi, alla cerchia di Canaletto, da Pietro Fragiacomo, Guglielmo Ciardi Giovanni Battista Cimaroli, a Luigi Nono e François Boucher, alle sculture - tra cui "Tobiolo e il pesce", il capolavoro dell'età matura di Arturo Martini - ai mobili, che descrivono l'apice del gusto Veneto, toscano, romano e bolognese, Barocco e Rococò, fino ai tappeti, dai Savonnerie ai famosi Agra, realizzati per la ricca clientela britannica quando l'India era il diamante più prezioso dell'Impero, ai lampadari monumentali della tradizione veneziana del Settecento. Un'asta di straordinaria ricchezza, che contiene, per tutti i tipi di beni, anche oggetti con prezzi di partenza accessibili anche al pubblico che si avvicina per la prima volta all'arredamento di grande qualità. La prossima tornata d'asta si tiene il 19 Marzo 2025 alle ore 17.00 IT.

Sessioni

  • 19 marzo 2025 ore 17:00 SESSIONE UNICA (1 - 258)

Esposizione

L'asta include 258 lotti, collocati quasi tutti a Vicenza (Spazio Bonino, Via Vecchia Ferriera 70), tranne pochi - specificati nel regolamento d'asta - conservati a Villa Gasparini Spineda Loredan (Venegazzù), presso l'ex Centro Direzionale di Veneto Banca (Montebelluna) e la sede Bonino a Roma (Via Filippo Civinini 21-37, 00197).

Per avere una visione completa dell’asta e del suo funzionamento si consultino, oltre al catalogo digitale dei lotti, le Regole della Vendita.

Pagamenti e Spedizioni

Pagamenti, Commissioni e conseguenze dell’inadempienza.

1. L’acquirente è obbligato al saldo della somma dovuta, pari al prezzo di aggiudicazione più la commissione di intermediazione a carico dell’Acquirente.

2. Conformemente al tariffario in vigore presso la Casa di Vendite, depositato in copia conforme presso la Questura di Roma, alla vendita sono applicate, a carico dell’acquirente, le seguenti commissioni, computate sul prezzo di aggiudicazione di ogni singolo lotto: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 40% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 31,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 28,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 21,80% + IVA. Per i clienti titolari di Bonino Club Card, che seguono le regole della promozione Winter 2024 2025, tutte le commissioni sono ridotte come segue: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 35% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 26,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 23,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 16,80% + IVA. In ogni caso è applicata una commissione minima di € 20 + IVA per lotto.

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Il ritiro dei Lotti e le conseguenze del tardivo, o mancato, ritiro. Esportazioni

1. Il Lotto potrà essere ritirato, ad avvenuto saldo e previo appuntamento, ove è conservato, secondo le istruzioni della Casa di Vendite, a cura e spese dell’acquirente.

2. Per quanto concerne i lotti esposti presso l’ex Centro Direzionale di Veneto Banca, ora Intesa Sanpaolo, in Via Feltrina Sud, 250, Montebelluna e presso Villa Spineda Gasparini Loredan in Volpago del Montello, è a cura e spese dell’acquirente, in occasione del ritiro, anche il distacco dei lotti dalla rete elettrica e dai punti di fissaggio a muro e soffitti con ripristino degli stessi, da eseguirsi a regola d’arte.

3. I lotti non ritirati entro 60 giorni dalla seduta di aggiudicazione saranno trasferiti in deposito presso adeguata struttura di stoccaggio a lungo termine, con oneri di trasporto e stoccaggio a carico del proprietario (d’ora in poi il “Proprietario”). Qualora il costo di trasporto e stoccaggio raggiunga la metà del prezzo di aggiudicazione, la Casa d’aste lo comunicherà via email al Proprietario. Se il Proprietario non provvederà al saldo dei predetti costi e al ritiro del Lotto entro 7 giorni, la Casa di Vendite sarà libera di rimettere in asta il Lotto ad offerta libera, pubblicandolo sul sito www.goforarts.com per 7 giorni: il Lotto sarà aggiudicato alla migliore offerta pervenuta ed il prezzo di aggiudicazione sarà trattenuto dalla Casa di Vendite nella misura corrispondente ai predetti costi; l’eventuale residuo economico sarà messo a disposizione del Proprietario; in caso di incasso inferiore ai citati costi o di assenza di offerte per il Lotto la proprietà del lotto sarà trasferita alla Casa di Vendite, a saldo di quanto dovuto dal Proprietario.

4. Si ricorda che l’esportazione di opere d’arte e oggetti d’antichità dall’Italia, così come la movimentazione di beni vincolati dal Ministero della Cultura ed organi corrispondenti nelle regioni a statuto speciale, è soggetta ad autorizzazione e/o verifica da parte degli organi di tutela. Dal momento dell’acquisto, che si perfeziona con il pagamento, l’acquirente, divenuto proprietario, è l’unico responsabile delle attività di ritiro, movimentazione, ed eventuale esportazione dei lotti, ed è tenuto a svolgere autonomamente tutte le verifiche necessarie ed a prendere tutte le decisioni ed eseguire tutte le attività conseguenti nel rispetto delle leggi italiane. 



Condizioni di vendita

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Commissioni

Chi partecipa all'asta dichiara di aver letto e compreso il Regolamento di vendita, come integrato dagli Aggiornamenti. Conformemente al tariffario in vigore presso la Casa di Vendite, depositato in copia conforme presso la Questura di Roma, alla vendita sono applicate, a carico dell’acquirente, le seguenti commissioni, computate sul prezzo di aggiudicazione di ogni singolo lotto: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 40% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 31,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 28,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 21,80% + IVA. Per i clienti titolari di Bonino Club Card, che seguono le regole della promozione Winter 2024-2025, tutte le commissioni sono ridotte come segue: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 35% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 26,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 23,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 16,80% + IVA. In ogni caso è applicata una commissione minima di € 20 + IVA per lotto. Il pagamento deve avvenire tramite bonifico bancario entro 35 giorni naturali dalla seduta d'asta. Le penali per il tardivo pagamento sono pari al 30% dell'importo dovuto. L'importo dovuto per il tardivo ritiro corrisponde a tutte le spese sostenute dalla casa d'aste per ritirare il lotto nei modi posti dalle Regole della Vendita a carico dell'acquirente, per movimentarlo e per stoccarlo adeguatamente, inclusa protezione assicurativa, fino al ritiro da parte dello stesso o alla sua vendita forzata.

Altre Informazioni

Come ci si registra per l’asta

1. Può proporre offerta qualunque persona maggiorenne, debitamente registrata presso la Casa di Vendite (d’ora in poi “Offerente”).

2. Per registrarsi, l’Offerente dovrà compilare la modulistica relativa ai dati anagrafici ed alla privacy, nonché – se intende offrire per oltre € 10.000 nel corso dell’anno – la modulistica antiriciclaggio. Dovrà inoltre comunicare alla Casa di Vendite:

a) se cittadino italiano privato, copia di un valido documento di identificazione (Passaporto / Carta di Identità) e del codice fiscale;

b) se professionista/azienda italiani, visura camerale aggiornata, codice identificativo per la fatturazione elettronica e copia di un valido documento di identificazione (Passaporto / Carta di Identità) del professionista / dell’amministratore dell’azienda;

c) se cittadino straniero privato, copia di un valido documento di identificazione (Passaporto / ID), rilasciato da autorità straniera riconosciuta dalle Autorità italiane;

d) se professionista o azienda stranieri, copia del certificato di registrazione del professionista o dell’azienda presso archivio pubblico competente e copia fotostatica di un valido documento di identificazione (Passaporto / Carta di Identità) del professionista / dell’amministratore dell’azienda, rilasciati da autorità straniera riconosciuta dalle Autorità italiane.

Rilanci

  • da 0 a 200 rilancio di 10
  • da 200 a 300 rilancio di 15
  • da 300 a 400 rilancio di 20
  • da 400 a 500 rilancio di 25
  • da 500 a 1000 rilancio di 50
  • da 1000 a 2000 rilancio di 100
  • da 2000 a 3000 rilancio di 150
  • da 3000 a 4000 rilancio di 200
  • da 4000 a 5000 rilancio di 250
  • da 5000 a 10000 rilancio di 500
  • da 10000 a 20000 rilancio di 1000
  • da 20000 a 30000 rilancio di 1500
  • da 30000 a 40000 rilancio di 2000
  • da 40000 a 50000 rilancio di 2500
  • da 50000 a 100000 rilancio di 5000
  • da 100000 a 200000 rilancio di 10000
  • da 200000 a 400000 rilancio di 20000
  • da 400000 a 800000 rilancio di 40000
  • da 800000 a 1000000 rilancio di 50000
  • da 1000000 in avanti rilancio di 50000