Lotto 31 | Luigi Serena (1855 - 1911) Lo stallo, 1887-1888

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mercoledì 19 marzo 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)

Luigi Serena (1855 - 1911) Lo stallo, 1887-1888

Luigi Serena (1855 - 1911)
Lo stallo, 1887-1888
Olio su tela
104 x 148 cm

Firma: “L Serena” al recto
Data: “1888” al recto
Altre iscrizioni: “premiato a PARIGI III MEDALIA” al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Jahresausstellung 1890, Monaco n. 2729; al verso della cornice, “126.B”
Provenienza: Nobile G. Tommaseo-Ponzetta, Venezia (fino al 1957); Banca Popolare di Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: G. Secrétant, "Luigi Serena", Milano, 1911, tav. I, pp. 6-7 (ill.) e 20; Aa. Vv., "Luigi Serena", Treviso, 1985, pp. 23-24, 26, 48, 84 (ill.); E. Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, I, p. 213; A. Lanaro, "Serena, Luig"i, in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, II, p. 2021; O. Stefani, "Luigi Serena. 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, pp. 69-71 (ill.), 74, 90; D. Gasparini e L. De Bortoli, "Storia di una banca di territorio. Dalla Popolare di Montebelluna a Veneto Banca. 1877-2007", Treviso, 2008, pp. 235-237; E. Manzato, "Omaggio a Luigi Serena", Montebelluna, 2019, pp. 4, 5, 13 (ill.), 14
Esposizioni: Exposition Universelle de Paris, 1889 (III premio)
Jahresausstellung, Monaco, 1890
Mostra dei dipinti di Luigi Serena, Treviso, 1911
II Mostra Provinciale d'Arte Contemporanea e Retrospettiva di Luigi Serena, Treviso, 1954
Premio Biennale Luigi Serena, Montebelluna, 1964
"Omaggio a Luigi Serena (1855-1911)", Agenzia Generali, Villa Romivo, Montebelluna, 2019




Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (ridipinture)

Luigi Serena, pittore d'elezione della borghesia trevigiana a cavallo tra '800 e '900, non ebbe allievi diretti, ma fu ammirato dagli artisti più giovani per il suo spirito bohémien e antiborghese, anche quale riferimento morale, diventando una pietra miliare nell'orizzonte artistico della Marca. Saranno proprio gli artisti dell'avanguardia, in testa Arturo Martini, a promuovere la mostra postuma di Serena poco dopo la sua morte nel 1911. Pur operando prevalentemente in provincia, l'artista partecipò con successo alle più importanti esposizioni del tempo: a Venezia (1881), Milano (1883), Torino (1884), Firenze (1886), Parigi (1888) e Monaco (1890). Fu tra gli invitati alla Biennale veneziana del 1897 (Eugenio Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, p. 213).
"El Stalo", nota anche come "Un Stalo" e "Lo stallo", è una delle principali opere di Luigi Serena. Datata 1888, ma realizzata tra il 1887 e il 1888 - Paolo Rizzi precisa la data nel 1887, rilevandone la mano ancora ferma e il pennello minuto e sottile ("La stagione del verismo a Venezia e nel Veneto", in "Luigi Serena", Treviso, 1985, pp. 26 e 48) -, l'opera venne esposta alla Fiera internazionale di Parigi del 1889, riscuotendo il terzo premio ex aequo con Angelo Dall'Oca Bianca, Pietro Fragiacomo e Telemaco Signorini, nonché l'ammirazione di Giovanni Boldini, insignito nella stessa esposizione della massima onorificenza (Stefani 2006, p. 182). E di nuovo a Monaco di Baviera nell'anno successivo, 1890, a testimonianza dell'interesse internazionale allora fiorente intorno all'artista.
Nella prima pubblicazione monografica dedicata a Serena, il discorso pronunciato in occasione della "Esposizione postuma delle opere di Luigi Serena", Gilberto Secrétant ricorda come il pittore "passando un giorno davanti ad uno stallaggio che già mille volte aveva visto, ma non mai illuminato così come era in quel momento, poteva afferrare quella novella luce inattesa che rischiarava e disvelava un ambiente e una vita e ricavarne un dei suoi quadri più belli, El Stalo, che gli otteneva più tardi, nell'89, il premio e un grande successo a Parigi, affermando il Boldini raramente il pennello moderno esser giunto a tanta plastica evidenza nel riprodurre i cavalli, a tanta verità e potenza nel dipingere i giuochi di sole e d'ombra" (Secrétant 1911, pp. 6-7). Secrétant ne elogia l'attenzione alla vita ultima, quella degli "umili animali domestici", e dei "vecchi angoli caratteristici che più non sono, aspetti della città per sempre distrutti" (pp. 20). Ottorino Stefani dedica all'opera un capitolo - "Un quadro insolito" - nella sua monografia del 2006, elogiandone il vitale realismo: "Dalla penombra densa, si direbbe persino carica di un torpore caldo untuoso, emergono a poco a poco le sagome di alcuni cavalli. Mentre quelli sullo sfondo sono dipinti con svariate tonalità brune quello vicino al ragazzo è realizzato con una gamma cangiante di bellissimi grigi. Si potrebbe osservare che la posa del ragazzo è un po' manierata ed artificiosa. Tuttavia essa si inserisce perfettamente nel ritmo generale della composizione, in quanto stabilisce l'equilibrio delle varie zone cromatiche che scandiscono atmosfera crepuscolare all'interno dello "stalo (...) Il ritmo della pennellata asseconda il ritmo delle varie zone atmosferiche e delle varie qualità materiche di cui son fatte le cose (vesti, fieno, legno, paglia, ecc). Il motivo tematico, ancora una volta, è solo un pretesto per creare, attraverso una tecnica che sfrutta i mezzi toni iniziali quasi trasparenti, alla maniera di Millet, un mondo che possiede il dono della schiettezza e della semplicità. Una semplicità raggiunta per mezzo di pennellate stese sulla tela con impulsiva scorrevolezza e delicata armonia, badando alla resa atmosferica, un po' tetra, dell'insieme e lasciando come sospesi nella penombra forme e oggetti che compongono l'ambiente rustico dentro cui la vita si svolge con un ritmo lento e silenzioso. Più che una indagine o un'inchiesta di tipo sociale, il dipinto raffigura un momento di perfetta integrazione tra l'intuizione soggettiva dell'artista, che viene colpito da un'impressione reale, e una serie di immagini e di cose che vivono in una stalla non fittizia ma carica di una sua concretezza fisica e di una storia interna, la quale lascia i segni sui muri scrostati e sui legni consunti. Si potrebbe parlare di un "realismo estetico" attuato con un rigore metodologico degna dei grandi realisti francesi, (pensiamo a Courbet) anche se le intenzioni descrittive del Serena non approdano mai a risultati di polemica sociale di stampo marxista. Il dipinto costituisce una delle tappe fondamentali della vicenda pittorica del Serena. (Ottorino Stefani, "Il realismo di Luigi Serena tra nostalgie veneziane e racconti trevisani", in Serena, 1985, passim da p. 24).
A proposito del realismo di Serena, rileva acutamente Paolo Rizzi una dimensione di concretezza sentimentale, che colloca il dipinto «dentro, come pochi altri quadri della pittura veneta dell'Ottocento» ad una situazione sociale che si fa stato d'animo: «Si intuisce la miseria di un popolo, ma anche la sua forza di sopportazione, dietro la quale sta una civile mitezza d'animo». Per Rizzi, l'opera è collocata in un punto chiave, l'apice di Serena prima della caduta: «Che succede più tardi a Serena? Difficile dirlo: le testimonianze parlano di un progressivo ritiro dalla scena pittorica veneziana e veneta, causato anche dalla malattia e da disgrazie familiari. L'uomo, evidentemente, non ha la capacità di adeguarsi ai tempi, come farà un Tito. I quadri che possono essere collocati dopo la fase acuta dell'artrosi (intorno al 1888) sono più duri e incerti, d'un timbro meno raffinato, più credente luministico; ma soprattutto echeggiano uno sforzo patetico di affrontare la poetica simbolistica» (in "Luigi Serena", Treviso, 1985, p. 48).
Diversa la interpretazione di Stefani, che vede ne "Lo Stalo" la testimonianza della ripresa creativa di Serena dopo la malattia che lo aveva bloccato a letto per molti mesi tra il 1886 e il 1887 e impedito di partecipare alla grande Esposizione veneziana del 1887, un vero e proprio anticipo della prima Biennale del 1895 (Stefani, in "Serena", 1985, p. 23). Stefani data il dipinto al 1887 e 1888, segnalando il raggiungimento di una "tecnica insolitamente unitaria tutta risolta in vibranti impasti materici e con una particolare attenzione ai valori atmosferici d'ambiente" (Stefani 2006, p. 74), che caratterizza anche un altro suo capolavoro, "La pappa scotta".
Di più: quasi anticipando gli esiti del piacere materico e formale della pittura proprio della ricerca astratta, Stefani legge ne "lo Stalo" un «magma sostanziale di fresca e ridente naturalezza, di attrazione sensuale persino goduta dal pittore con un sano e robusto piacere visivo e tattile, che si manifesta nell'evidente consistenza plastica e cromatica delle cose ed in una sorta di fervore inventivo che illumina dall'interno la materia pittorica» (Stefani 2006, p. 90).
Come ricorda Eugenio Manzato, nella presentazione alla recente monografica montebellunese, "El Stalo" è il capolavoro della ricerca di Serena negli effetti luminosi, con i colpi di luce provenienti dalle aperture rivolte all'esterno, la liquida tonalità bruna degli elementi strutturali ambientali, le macchie chiare del manto degli animali e della brocca e il finissimo brano pittorico - rosso grigio e blu - dell'abbigliamento del mozzo: un vero e proprio "fermo immagine" che restituisce la realtà di un mondo semplice e quotidiano. Per il suo rilievo culturale, nel 2019 l'opera è stata richiesta in prestito permanente dal Comune di Montebelluna per esporlo nelle proprie sale.

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