Asta 269 - Cuprum Reloaded. Bronzetti dal Medioevo all'800
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Lotto 49 Severo Calzetta da Ravenna (Ravenna, 1465-1543) (bottega di)
Cassetta da scrittura
Bronzo, patina marrone rossiccia trasparente, tracce di patina nera
7,5x22x12,7 cm
Difetti alle cerniere
Questo bel cofanetto da scrittura è invenzione rinascimentale. Vediamo le sue facciate gremite di centauri, putti reggiscudo e teste di Medusa.
Tutto il patrimonio iconografico del Rinascimento concentrato in un solo oggetto.
Scatola molto nota e presente in molti musei e collezioni private.
Le dispute attributive non finiscono mai per questo capolavoro del Rinascimento. Si è passati dalla scuola di Donatello, al Caradosso per approdare a Severo da Ravenna, passando per la scuola mantovana del Mantegna.
Seguendo la recente e puntigliosa catalogazione fatta da Mark Gregory d'Apuzzo per l'analoga cassetta del Museo Medievale di Bologna, si propone una attribuzione alla bottega di Severo Calzetta da Ravenna.
Tutti i modelli conosciuti presentano varianti nei piedini, nel nostro caso delfini, ma a scelta telamoni, zampe ferine o tartarughe.
Il coperchio della nostra scatola è mutilo dei cardini, per cui si può solo appoggiare e non ruotare. Si tratterebbe di un restauro molto semplice, anche se inutile.
Bibliografia
Mark Gregory d'Apuzzo, La Collezione dei Bronzi del Museo Civico Medievale di Bologna, Libro Co., San Casciano Val di Pesa, pp. 82-91. -
Lotto 50 Candeliere a forma di pellicano
Probabilmente Padova XVII secolo
Bronzo con patina naturale marrone trasparente, resti di patina nera
9x15,5x7,5 cm
Questo curioso candeliere ripete l'invenzione di una lucerna custodita al Bode Museum, Berlino: un pellicano il cui collo arquato funge da presa e dalla cui coda esce lo Stoppino col fuoco.
La lucerna, molto pi√π complessa, si arricchisce di mascheroni nascosti nel piumaggio e addirittura di una testa d'elefante con relativa proboscide.
Il nostro candeliere semplificata di molto questo schema, ma lo ripete inequivocabilmente.
Della lucerna modelli simili con varianti al Museo Nazionale del Bargello, Firenze, e nella Galleria Estense, Modena. Tutte queste fusioni sono attribuite ad area padovana, anticamente considerate opere del Riccio.
Il nostro candeliere, se confrontato a questi capolavori, appartiene a quel gusto e, anche se non ne esistono altri simili pubblicati, lo proponiamo come inedito padovano probabilmente del XVII secolo.
La bellissima patina e la materia di questo curioso oggetto confortano l'attribuzione.
Bibliografia
Voler Krahn, Bronzetti Veneziani, SMB-Dumont, Germany, 2003, pp.104-107 -
Lotto 51 Calamaio a pozzo
Padova o Venezia
Probabilmente XVI secolo
Bronzo patinato nero
6x8,5x9 cm
Questo piccolo calamaio rappresenta una delle forme pi√π semplici ed antiche del genere. Questo oggetto da scrivania presenta forma cilindrica ed abitualmente una fascia decorata, per questo viene definito "a pozzo".
Nel nostro caso la decorazione riproduce motivi fitomorfi ed è sorretto da tre piedi ferini, forse aggiunti in un secondo tempo, anche se antichi e pertinenti.
Esistono esemplari in vari musei, fra tutti di vedano quelli del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Roma.
Bibliografia
Pietro Cannata, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Sculture in Bronzo, Gangemi Editore, Roma, 2011, pp. 43-44 -
Lotto 52 Lucerna a forma di testa di satiro
Periodo Neoclassico
Primi '800
Bronzo patinato naturalmente con tracce scure
7,5x15x7,5 cm
Questa piccola lucerna ripete motivi archeologici già ripresi in epoca rinascimentale sulla scia della riscoperta dell'antichità classica.
A Padova nel Cinquecento vennero prodotte lampade ad olio simili raffiguranti teste satiresche o di "mori", dalle cui fauci usciva il fuoco della lucerna.
Per esempi simili si vedano quelli conservati al Museo Correr, Venezia, oppure al Bode Museum a Berlino.
Quella proposta in questa sede risale ai primi anni del XIX secolo sulla scia del Revival neorinascimentale.
Bibliografia
Voler Khran, Bronzetti Veneziani, SMB-Dumont, Germany, 2003, p. 79. -
Lotto 53 Coppia di leoni
Bronzo dorato
Veneto? o Norimberga?
XVI-XVII secolo
9,5x13,5x10 cm
Bellissima coppia di leoncini in bronzo dorato. Probabilmente erano il sostegno di un monetiere da tavolo o di un reliquiario: i fori sulle schiene indicano tale destinazione.
Fusioni cave nella parte inferiore.
Pi√π somiglianti a draghi che a leoni, inarcano le schiene portando il muso verso l'alto in una smorfia di insofferenza, mostrando denti e lingua.
L'iconografia è quella classica dei leoni stilofori medievali, con corte criniere e piccole orecchie rotonde.
Il vello è lavorato finemente al cesello in tutte le sue parti, ad imitazione della pelliccia. Preziosissimo.
A farli sembrare creature mitologiche concorrono altri particolari. Sotto il collare, sul petto dell'animale, si intravvede un mascherone grottesco incastonato fra le due zampe. Poi due accenni di ali attaccate ai garretti anteriori. Infine il corpo delle bestie viene percorso da volute innaturali straordinariamente decorative.
Il tutto valorizzato da una splendida doratura che li rende oggetti di oreficeria.
Li possiamo paragonare a due leoncini studiati da Charles Avery nel catalogo della Collezione Lia, La Spezia. Stessa funzione, forse sostegni di un reliquiario, presentano lavorazione molto simile ed accurata del vello ed il muso fortemente espressivo.
Vengono attribuiti a scuola veneziana, XVI secolo. Anche per i nostri due esemplari mi atterrei con prudenza a questa attribuzione.
Esiste una possibilità, da dimostrare ma affascinante, che i nostri due leoncini appartengano all'area del Rinascimento nordico, alla produzione di Norimberga, alla fantasiosa oreficeria di quelle zone.
Bibliografia
Charles Avery, La Spezia Museo Civico Amedeo Lia, Sculture, Bronzetti, Placchette, Medaglie, Silvana Ed., Arti Grafiche Amilcare Pizzi S.P.A., Cinisello Balsamo (MI), 1998, p. 168. -
Lotto 54 Coppia di sfingi
Francia, metà XIX secolo
Bronzo patinato, tracce di doratura
9x13x5 cm
Coppia di sfingi dal gusto Grand Tour, probabilmente Francia prima metà XIX secolo. Oggetti di gusto con poca rifinitura a freddo. Bella patina.
Immagino potessero fare parte di un surtout o di una decorazione in stile egizio, come usava in epoca impero sulla scia delle campagne napoleoniche. -
Lotto 55 Calamaio con satiro
Scuola padovana XVI-XVII secolo.
Bronzo patinato nero
23,5x23x20,5
Manca una ghirlanda, piccoli difetti di fusione
Il calamaio qui descritto presenta corpo centrale bacellato sostenuto da tre figure di leoni accovacciati a loro volta sorretti da piedini a guisa di mostri alati, forse grifoni. La cuspide del coperchio è un satiro seduto colto nell'atto di voltarsi sulla sinistra.
Le parti scultoree sopra descritte vengono raccordare con ghirlande e mascheroni di vario genere.
Oggetto di grande sapore, presenta la matericità tipica delle fusioni padovane tardo rinascimentali. La patina spessa e bituminosa è riscontrabile in molta della produzione 5-600esca di area veneta.
Anche il patrimonio iconografico desunto dai grandi maestri veneti fatto di satiri, mascheroni e ghirlande è pienamente rappresentato in questo piccolo monumento da scrivania.
I satiri incatenati al Candelabro Pasquale del Riccio (Basilica del Santo a Padova) sono I lontani prototipi del satiro che funge da presa al tappo del nostro calamaio.
Così come i mascheroni raffiguranti satiri dalle lunghe orecchie ( presenti sempre nel tappo) sono originali ispirazioni a simili figure del Riccio.
La scultura è piuttosto grezza e presenta pochissima finitura a freddo. Alcuni piccoli difetti di fusione non sono neanche stati eliminati.
Direi che proprio questa forte matericità dell'oggetto, rappresenti il suo punto di forza e la sua chiave di autenticità.
Recentemente si è visto passare in asta un calamaio molto simile al nostro attribuito alla scuola di Giuseppe de Levis ma, pur non avendo motivi per negare tale attribuzione, non ne trovo altrettanti per suffragarla, almeno consultando la recente monografia di Charles Avery.
Direi che si possa attribuire questo calamaio a qualche fonderia veneta tardo rinascimentale, probabilmente XVII secolo.
Bibliografia di riferimento
Giovanni Mariacher, Bronzetti Veneti del Rinascimento, Neri Pozza ed., Vicenza, 1993, schede 54 e 76 (per un satiro dalle lunghe orecchie) con relative immagini. -
Lotto 56 Nereide con tridacna
Bronzo argentato
Norimberga?
Probabilmente XVI-XVII secolo
Tot. 27,5x20x13,5 cm
Bronzo 15x11,5x8 cm
Su base non coeva
Il bronzo qui proposto raffigura una sirena bifida a cavalcioni di un delfino. In equilibrio sulla testa la valva di una tridacna.
Il bronzetto, in origine argentato, presenta ora una splendida patina nera sotto la quale traspare il lucore dell'argento, intatto.
Non si comprende a fondo lo spirito del Rinascimento se non si conosce la Wunderkammer. Meraviglie naturali ed artificiali venivano esposte per creare stupore. L'oreficeria, assecondando tale spirito, realizzò opere che inglobavano oggetti naturali, ad esempio conchiglie rare, in fantasiose composizioni mitologiche.
Nereidi e tritoni in oro e argento sostenevano Nautilus tempestati di diamanti, smeraldi e rubini. Custoditi nelle Wunderkammer dei regnanti d'Europa, spesso fungevano da regali diplomatici.
Le corti medicee e quelle tedesche collezionavano in modo compulsivo queste meraviglie, segno di un potere che si celebrava con la raffinatezza dell'arte.
Fra gli orafi eccellevano quelli di Norimberga ed Augsburg, in particolare le botteghe di Jamnitzer e di Gross. Di questi ultimo, al Kunsthistorisches di Vienna, è custodito un bacile realizzato con valve di tridacna e nereidi.
Ciò premesso, azzardo che il nostro bronzo possa appartenere a quel mondo. Un intrigante oggetto di oreficeria sospeso fra natura e artificio.
Bibliografia
Arciduca Geza von Habsburg, Tesori dei Principi, Silvana Editoriale, 1997, pp. 55, 81, 98, 128, 150, 207.
Hugh Honour, Orafi e Argentieri, Arnoldo Mondadori editore, Verona, 1972, pp. 80, 86.
Manfred Leithe-Jasper und Rudolf Distelberger, Kunsthistorisches Museum Wien, Philip Wilson Publishers Ltd, 1982, p.102. -
Lotto 57 Severo Calzetta da Ravenna (Ravenna, 1465-1543) (bottega di)
Satiro candeliere
XVI-XVII secolo
Bronzo, patina trasparente dorata con tracce di patina nera
23x13,5x12 cm
Questo originalissimo candeliere rappresenta un satiro nell'atto di camminare, nella mano destra una cornucopia a cui è avvitata una bobege a forma di pigna.
Ai suoi piedi due piccoli tritoni che suonano la trombetta. Tutta la composizione è collocata su una base triangolare a forma di zolla delimitata da una decorazione a girali.
Le prime catalogazioni del Bode e del Planiscig attribuivano questi candelieri satireschi ad Andrea Briosco detto il Riccio. Con l'avanzare degli studi sono stati ricondotti alla bottega di Severo Calzetta da Ravenna.
Esistono grossomodo due tipologie: una col satiro in piedi che avanza tebendo la candela con entrambe le mani, l'altra col satiro inginocchiato reggente il candelabro con la destra. Inoltre, questi utensili paganeggianti spesso venivano abbinati a conchiglie per l'inchiostro e dunque fungevano sia da candeliere che da calamaio.
Le composizioni potevano variare a seconda del committente e i vari elementi assemblati con fantasia. Il nostro candeliere rappresenta un unicum nel genere, in quanto l'accostamento ai due piccoli tritoni non mi risulta in altri oggetti simili.
I tratti somatici del satiro e il trattamento del vello, a forma vermicolare, rispecchiano la produzione di Severo da Ravenna.
Pure la patina trasparente rispecchia le migliori fusioni d'epoca.
Bibliografia
Pietro Cannata, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Sculture in Bronzo, Gangemi Editore, Roma, 2011, pp. 59-61, 63-66, 73.
Leo Planiscig,Piccoli Bronzi Italiani del Rinascimento, Fratelli Treves Editori, Milano, MCMXXX, tav.LXIV- LXIX. -
Lotto 58 Benedetto Boschetti (Roma, 1820-1879) (attribuito a)
Augusto di Prima Porta
Bronzo patinato nero
35x21x14 cm
L'Augusto di Prima Porta, ora conservato nei Musei Vaticani a Roma, è una scultura marmorea di dimensioni maggiori del naturale. Questa fu scavata dalla dimora di Livia, moglie di Augusto, nella villa di Prima Porta nel 1863.
Detto anche Augusto Loricato, dalla corazza dei legionari che lo riveste, questo bellissimo ritratto in armatura dell'imperatore Augusto fu spesso tradotto in bronzo seguendo il gusto per le antichità classiche del Grand Tour di origine Neoclassico.
In questa edizione del soggetto la riproduzione particolareggiata della decorazione a rilievo presente sulla lorica è strepitosa. Altrettanto minuziosa la resa del panneggio e la descrizione dei tratti del volto e delle mani.
Pur non essendo firmata, questa statuetta esce sicuramente da una delle migliori fonderie romane del XIX secolo, probabilmente quella di Benedetto Boschetti, specializzato nella riproduzione di sculture classiche come questa.
Nella parte sottostante il piedistallo sono presenti il perno e la piccola maniglia che permettevano alla scultura di essere ruotata a seconda della luce quotidiana. Anche questo è un particolare tipico della produzione del Boschetti. -
Lotto 59 Ritratto di Mirabeau
Francia XIX secolo
Bronzo patinato marrone
39x11,5x17
Questo bronzo di sostanziose dimensioni raffigura Honore' Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau (1748-1791). Personaggio di spicco della Rivoluzione, fu diplomatico, scrittore e politico. Fu simbolo dell'eloquenza parlamentare in Francia tale da essere soprannominato " Oratore del popolo". Di origini nobiliari, mantenne rapporti segreti con la sua classe di provenienza, fatto che disturbera' la sua memoria post mortem. La sua tomba fu collocata nel Pantheon a Parigi, con relativo monumento in veste oratoria, ma il suo corpo fu in un secondo tempo traslato ed andò disperso.
Esiste anche un altro suo monumento posto al vertice di una fontana in place Mirabeau, Pertuis, Francia, sempre in atteggiamento declamatorio.
Le derivazioni in bronzo di questa statua commemorativa furono realizzate dallo scultore Francois Trupheme (1820-1888), e talvolta hanno passaggi sul mercato internazionale.
Il nostro bronzo non ha firme, pur essendo di ottima qualità, e presenta Mirabeau in atteggiamento declamatorio diverso rispetto al monumento, è quindi una fusione autonoma ed originale.
Da studiare. -
Lotto 60 Venere Callipigia
Dal modello archeologico
XVIII-XIX secolo
Bronzo patinato nero
Lievi segni di consunzione
Tot  40x14x14
Il bronzo32x10x9
Questo bronzo già nel XVI secolo  faceva parte della collezione di sculture archeologiche della famiglia Farmene a Roma.
Trovata nella Domus Aurea, dopo vari passaggi, ora è conservata nel Museo Archeologico di Napoli. Si tratta di copia romana ( II secolo d.C.) di un originale greco in bronzo (III secolo a.C.). Mutila della testa fu integrata delle parti mancanti, come era uso all'epoca.
Il termine greco callipigia significa "dalle Belle natiche", in effetti la dea si scopre e sembra appunto osservare quella parte del corpo.
Repliche in bronzo di questo accattivante soggetto furono realizzate dall'antichità sino all'epoca neoclassica ed oltre. I grandi maestri del bronzo, operanti fra il Settecento e l'Ottocento, replicarono tutte le più belle statue classiche assecondando il gusto imperante per l'antico.
Anche la richiesta di "souvenir" per i nobili stranieri, che tornavano in patria dal Grand Tour, giocò un ruolo importante nella spinta alla produzione di questi bronzetti.
Sulla dissolvenza fra XVIII  e XIX secolo, durante il periodo Neoclassico, alcune fonderie celebri si misurarono nella produzione di queste repliche dall' antico. Ricordiamo il Valadier, Francesco Righetti e Giuseppe Boschi. Un poco piu in la' nell'Ottocento...lo Zoffoli e soprattutto Benedetto Boschetti, che eredita tutto il lessico neoclassico mantenendone i livelli altissimi raggiunti.
La nostra Venere Callipigia non ha marchi di fonderia, come talvolta avviene anche nelle migliori produzioni antiche, ma parlano per lei lo squisito livello della lavorazione e la bella patina trasparente che la contraddistinguono.
Si tratta di fusione probabilmente realizzata fra il XVIII e il XIX secolo da non ben definita fonderia italiana, forse romana.
Bibliografia
Andreina d'Agliano, Luca Melegati, Alvar Gonzales Palacios, Ricordi dell'Antico, Sculture, Porcellane e Arredi all'Epoca del Grand Tour, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2008, i capitoli dedicati alla scultura.
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Lotto 61 Cristo
Scuola romana
XVII-XVIII secolo
Bronzo argentato
Alcuni difetti di fusione
29x20x5,5 cm
Questa affascinante Cristo vivo appartiene a modelli barocchi sviluppatisi a Roma nel XVII secolo dalle opere del Bernini e dell'Algardi.
Non ho trovato un modello identico da cui possa essere stato copiato, per cui si tratta di opera autonoma, fino a prova contraria.
Siamo abituati a vedere Cristi toscani ispirati all'opera del Giambologna e della sua scuola. Tratti inconfondibili nei panneggi: avvolgono il fianco sinistro per raccogliersi sul destro con un nodo, tesi senza svolazzi, compressi in una geometria perfetta.(confrontare lotto successivo)
A volte il perizoma si drappeggia intorno ad un cordone, che stringe i fianchi, e sembra stia per scivolare gi√π.
Successivamente, I grandi di scultori barocchi resero eccessivi i movimenti di questi panneggi, che sembravano mossi da un vento incontrollabile. Esistono però alcuni modelli di Crocifisso, sia del Bernini che dell'Algardi, in cui il panneggio è sobriamente composto: questo fascia le natiche da dietro e si annoda, incrociandosi, sul davanti, senza svolazzi.
Il nostro Cristo, senza disturbare grandi nomi, presenta un panneggio di questo ultimo tipo. Avvolge comodamente i fianchi del Cristo e si incrocia sul davanti penzolando sul fianco destro generando una serpentina di tessuto.
Poi, lo spasimo che precede la morte è straordinariamente rappresentato con una torsione che non si può commentare, ma solo vedere.
Tutti i particolari di questa fusione rimandano al modello di un uomo, in miniatura, appeso alla una croce in uno spasmo di dolore.
Il bronzo presenta alcuni ritiri di fusione ed alcune riparazioni antiche non perfettamente eseguite. La testa, i capelli ed il perizoma sono accuratamente rifiniti al bulino e punzonati. Il materiale e l'argentatura sono inequivocabilmente antichi.
Per un collezionismo colto e di nicchia.
Bibliografia
Jennifer Montague, Algardi l'altra faccia del Barocco, De Luca Edizioni, Roma, 1999, scheda 28, 33, 92. Tav. 5.
Andrea Bacchi-Anna Coliva, Bernini, Officina Libraria, Milano, 2017, pp.284-289 -
Lotto 62 Antonio Susini (1558-1624) da un modello di Giambologna (scuola di)
Cristo
Probabilmente XVII secolo
Bronzo, patina trasparente rossastra,
tracce di patina nera
23x20,5x5
Piccola mancanza alla frangia del perizoma.
Catalogare i Crocifissi usciti dalla fonderia del Giambologna, o da quelle che a lui si ispiravano, rappresenta uno dei misteri del creato. Le innovazioni stilistiche apportate al soggetto dal grande scultore si diffusero in Toscana per tutto il Seicento, almeno.
Lungi dall'idea di azzardare attribuzioni a grandi nomi, si segnala una decisa somiglianza con opere pubblicate dello scultore, fornendo uno stimolo di riflessione per il collezionista connoisseur.
Noi conosciamo il corpus dei Crocifissi di grandi dimensioni prodotti dalla fonderia del Giambologna (SS.Annunziata, Santa Maria degli Angiolini, Convento San Marco...), da questi modelli aulici vennero fatte riduzioni per il culto domestico o per regali diplomatici.
La produzione di questi oggetti veniva realizzata dal Susini, o da qualche lavorante specializzato, presentando piccole varianti.
Questo gruppo, il cui modello è il crocifisso di Santa Maria degli Angiolini, Autografo del Giambologna, presenta quasi universalmente corpo piuttosto allungato, perizoma stretto molto tirato, annodato sul fianco destro, ed una testa importante inanellata di capelli. Il Cristo presente al lotto n.80 appartiene a questa tipologia.
Altra tipologia è quella derivante dal piccolo Cristo in argento della Santa Casa di Loreto. Questo presenta un perizoma meno teso, che si insinua fra le cosce generando una sorta di triangolo. Annodato sul fianco destro si conclude con una fusciacca morbida e lunga.
Nella scuola del Giambologna i perizoma variano mantenendo delle costanti. Il crocifisso qui presentato si colloca all'interno di questi parametri ed ha un panneggio stretto e tirato, che si annoda sull'anca destra.
Due modelli presenti nella collezione di Michael Hall si avvicinano molto a quello presentato in questa sede. Charles Avery li attribuisce ad Antonio Susini. Anche il nostro ha il panneggio basso e teso e si annoda in modo analogo.
Entrambi condividono col nostro una bella patina lucida e rossastra. Finissima lavorazione della testa e dei piedi. Realistica rappresentazione del costato. Mutilo di un pezzetto della fusciacca.
Con le dovute cautele del caso, lo proponiamo come opera della scuola di Antonio Susini, probabilmente XVII secolo.
Bibliografia
Charles Avery- Michael Hall, Giambologna Sculptor of the Medici, Somogy Editions d'art, Parigi, 1999, scheda 25 e 26
Floriano Grimaldi-Massimo Masci, Giambologna fra tecnica e stile, i Crocifissi documentati, Etruria Editrice, Pistoia, 2011, per il crocifisso del cardinale Ferdinando dei Medici: scheda 3, pp.55-60, 68-79. Per il Crocifisso della Santa Casa di Loreto pp.45-51, 82-94. -
Lotto 63 Ferdinando Tacca (Firenze, 1619-1686) (scuola di)
Cristo 
Probabilmente XVII secolo
Bronzo con patina trasparente marrone, tracce di patina nera
28,5x28,5x6 cm
Il modello di questo bellissimo Crocifisso è stato riconosciuto alla scuola di Giambologna (Charles Avery), associato alle figure di Pietro e Ferdinando Tacca, eredi della sua fonderia e di tutti i modelli da lui prodotti.
Due Cristi pressoché identici al nostro appartengono alla collezione parigina di Michael Hall, uno dei quali in argento ( vedi catalogo della mostra). Quello in bronzo viene attribuito a Ferdinando Tacca, quello in argento ad un artista prossimo a Giambologna, forse Pietro Tacca.
Pietro Tacca ed il nipote Ferdinando furono gli eredi della fonderia granducale del Giambologna, e continuarono i suoi modelli inventandone di originali.
Analizzando i Cristi di Michael Hall sono stati rintracciati i modi operandi del Giambologna, ad esempio il tipo di unghie a rilievo di forma quadrara, e quindi sono stati attribuiti agli eredi del grande maestro.
Anche il Cristo vivo qui presentato si avvicina a quel modo di lavorare, se analizzato bei particolari.
Segnalerei un riferimento iconografico piuttosto calzante, ovvero il famoso disegno di Michelangelo raffigurante un Cristo vivo del British Museum. La posizione del Cristo, il perizoma teso a triangolo ed il tipo di fisicità sono facilmente confrontabili con i crocifissi di Michael Hall e di quello qui presentato.
Guglielmo della Porta, allievo di Michelangelo, potrebbe essersi ispirato a quel disegno per realizzare questa tipologia di crocifisso. Potrebbe essere una strada da percorrere, per i volenterosi.
Ultima annotazione, le misure ( 28,8x28,8) rientrano nel gusto rinascimentale di includere il corpo umano in una geometria perfetta.
Bibliografia
Charles Avery-Michael Hall, Giambologna Sculptor of the Medici,
Somogy Editions d'art, Parigi, 1999, pp.122-125.
Alessia Alberti, Alessandra Rovetta, Claudio Salsi, D'Apres Michelangelo, catalogo della mostra, Marsilio, Venezia 2015, pp.244-275. -
Lotto 64 Matrona romana in veste di Venere pudica
Veneto?
XVI-XVII secolo
Bronzo patinato
Tot. 38,5x10x10 cm
Bronzo 30x9x5,5 cm
Questo affascinante e raro bronzetto, raffigura una matrona romana atteggiata a Venere pudica, una mano sul seno ed una sulla natura.
Esistono vari esempi di Venus Pudica ereditati dall'antichità classica, uno fra i piu noti, e molto replicato sin delle origini, è la Venere dei Medici, marmo ellenistico conservato nella tribuna degli Uffizi a Firenze.
La cosa curiosa di questo nostro bronzetto è che la testa della Venere ricalca perfettamente i ritratti femminili di epoca adrianea. L'inconfondibile pettinatura a fitti riccioli incorniciati da un diadema riporta l'iconogragia della Venus Pudica alla realtà di un personaggio vero che con essa si identifica.
Da questa considerazione il titolo assegnato alla nostra scultura.
In nostro bronzetto è caratterizzato da una forte matericità della patina superficiale che lo fa assomigliare ad una scoperta archeologica.
Un tipo di femminilità fortemente legato a modelli archeologici: aspetto un po tozzo, fianchi larghi e piccoli seni. Forme sensuali, che riproducono modelli arcaici di donna.
Paragonerei la nostra Venere a quella conservata alla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro, Venezia,
ed a quella nel Museo Correr, sempre Venezia. Entrambe sono apparentemente archeologiche, ma realizzata in ambito Veneto in epoca rinascimentale. Quella del Correr attribuita a Tullio Lombardo.
Altri esempi simili al Museo Nazionale di Firenze ed alla Walters Art Gallery, Baltimora. In tutti questi casi il modello scultoreo è quello della Venere Anadiomene (ovvero una dea appena nata dalle acque che si strizza i capelli), ma la fisicità e la pettinatura sono assolutamente paragonabili a quelle del nostro bronzo.
Bibliografia
Giovanni Mariacher, Bronzetti Veneti del Rinascimento, Neri Pozza ed. Vicenza, 1993, scheda n. 109 con relativa foto.
Leo Planiscig, Piccoli Bronzi Italiani del Rinascimento, Fratelli Treves Editori, Milano MCMXXX, tav. LX, CIV.
Wilhelm Bode, The Italian Bronze Statuettes Of The Renaissance, New edition revised by J.D.Draper, M A.S. De Reinis, New York, 1980, tav. CIV. -
Lotto 65 Enrico IV a cavallo
Scuola francese
XIX secolo
Bronzo patinato nero
27x24x10,5 cm
Questo monumento a cavallo rappresenta re Enrico IV mentre sprona il suo esercito nella battaglia di Ivry nel 1590.
Sulla base di questo bel gruppo scultoreo viene incisa la frase che il re avrebbe detto in tale occasione, facendo riferimento alle piume bianche poste sull'elmo per essere pi√π facilmente riconoscibile nella battaglia.
Tipica lavorazione dei bronzi francesi dell'epoca, molto precisa e realistica nei minimi particolari.
Da biblioteca. -
Lotto 66 Tiberio
Arte italiana
Periodo Neoclassico
XVIII-XIX secolo
Bronzo patinato marrone con tracce verdognole
47x38 cm
Classico medaglione ovale raffigurante profilo di imperatore romano, in questo caso Tiberio (42 A.C.-37 D.C.).
Sicuramente faceva parte di un ciclo di imperatori usati come decorazione all'antica.
Fusione di grandi dimensioni con bella patina, periodo Neoclassico. -
Lotto 67 Pierino da Vinci (1530-1553) (da un modello di)
Placca raffigurante Sacra Conversazione
Anonima fonderia italiana
XIX secolo
Bronzo patinato nero
41,5x28x3 cm
Grande placca realizzata in bassorilievo, raffigurante la Madonna seduta di profilo con Ges√π in grembo ed il Battistino. Nella composizione compaiono Sant' Anna e sullo sfondo il profilo di un patrono.
Questa bella placca è tratta da un' opera in marmo realizzata da Pierino da Vinci, nipote di Leonardo.
Il marmo fu rubato dai nazisti nel castello di Poppi bel 1944. Questa rara placca, dunque, testimonia l'opera andata dispersa.
Opera in bronzo realizzata con la tecnica dello Stiacciato (usato da Donatello per creare profondità con il minimo di rilievo), molto artistica e decorativa. -
Lotto 68 Placca raffigurante Benvenuto Cellini
Bronzo patinato nero
Manifattura italiana
XIX secolo
37x29x3
Grande placca decorativa ad altorilievo, in stile rinascimentale, raffigurante lo scultore Benvenuto Cellini.
Il ritratto del grande maestro viene compresso in un ovale incorniciato da putti reggenti cartigli.
Manufatto realizzato per sembrare antico, presenta forte matericità e patina molto intensa. Rientra nello stile Revival rinascimentale del XIX secolo.
Fusione rara ed interessante. -
Lotto 69 Santa Barbara
Scultore tardo barocco
XVIII secolo
Bronzo patinato nero
Tot. 69,5x29x24 cm
Bronzo 63x29x24 cm
Scultura di notevoli dimensioni, raffigura Santa Barbara con il segno del suo martirio, la torre in cui fu imprigionata dal padre a causa della sua fede cristiana.
La figura incede avvolta in un panneggio che le ruota intorno, come preso da un vortice.
La Santa tiene in braccio il modello di una torre, e stende la mano destra in avanti, quasi in segno di benedizione.
Il tutto ci ricorda certe figure mariane col bambino in braccio uscite dalla produzione barocca.
Il pensiero va immediatamente alle tante sculture di sante realizzate in epoca barocca, in estasi e sospese in vortici di panneggi mossi dal vento divino.
Per questa scultura si è parlato di ambito di Pierre Puget(1620-1694), uno scultore che lavorò molto a Genova. Anche l'ambito genovese non è da sottovalutare, scultori come Filippo Parodi (1630-1702) e scuola realizzarono opere a cui la nostra si avvicina.
Anche la sovrapposizione ad una nota scultura in bronzo dell'Algardi, che appunto rappresenta una Madonna col bambino, è inevitabile (New York, collezione Alexis Gregory). Il capolavoro dell'Algardi, conosciuto in diverse repliche, è più classicamente drappeggiato, ma ha punti in comune con la nostra fusione.
Come sempre, senza scomodare grandi nomi, la nostra bella scultura è stata realizzata da uno scultore che viveva le tematiche della cultura barocca ed ha prodotto un'opera che trovo molto originale ed intrigante. Il bronzo non rivela particolare cesellatura, sembra quasi realizzato di getto, per fissare un'idea, una specie bozzettone.
Non esistendo, per quanto ne sappia io, una scultura di soggetto analogo da cui potrebbe essere stata copiata, sarebbe interessante approfondirne lo studio in altra sede.
Bibliografia
AAVV, Pierre Puget, catalogo della mostra Marsiglia-Genova, Electa Milano, 1995, pp.55, 118, 146-151, 238, 240, 244, 246.
Jennifer Montague, Algardi-L'altra Faccia del Barocco, catalogo della mostra, ed. De Luca, 1999, 224-229. -
Lotto 70 11 Mascheroni, Francia XIX secolo
Ottone, dorato e non
Da 11x9 a 19x20 cm
Divertente raccolta di mascheroni di gusto eclettico, probabilmente realizzati nel XIX secolo.
Forse decorazioni di mobili e stipi in stile Napoleone III.
L’elemento più piccolo raffigura un Bacco. Uno dei più grandi un Ercole con la pelle di leone sul capo. Un gruppo di cinque presenta volti muliebri incorniciati da nastri e perle. Un' altra decorazione grande una donna con la testa alata. E così via.
Piccola collezione molto divertente e di sicuro effetto decorativo
Bibliografia:
Enrico Colle, Angela Griseri e Roberto Valeriani, I Bronzi Decorativi in Italia - Electa, Milano, 2011. Vedere soprattutto le parti dedicate all'Eclettismo ottocentesco.
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Lotto 71 Fibbia Famiglia Peretti, Probabilmente XVII secolo
Bronzo patinato marrone
12x9x2 cm
Raro oggetto d'abbigliamento antico, probabilmente una fibbia per una cintura di cuoio.
Raffigura lo stemma nobiliare della famiglia Peretti, a cui appartenne Sisto V: tre monti sormontati da una stella sostenuti da una coppia di leoni rampanti.
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Lotto 72 Altorilievo raffigurante Giunone
Ottone sbalzato e dorato
XVIII-XIX secolo.
17x9x1,5 cm
Bella decorazione raffigurante Giunone seduta su un elemento architettonico. Scettro in mano ed alle spalle un pavone che fa la ruota, segno distintivo della regina degli dei.
Probabilmente arricchiva qualche piccolo mobile.
In questo piccolo oggetto tutto l'estro creativo del XVIII secolo, nonché brillante doratura con lievi consunzioni.