Fine Paintings

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Thursday 3 November 2022 hours 16:00 (UTC +01:00)
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  • Gerard Seghers (Anversa, 1591 – Anversa, 1651) Il rinnegamento di Pietro
    Lot 145

    Gerard Seghers (Anversa, 1591 – Anversa, 1651) Il rinnegamento di Pietro “Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire»”.Ad eccezione del fatto che la scena non è ambientata all’aperto, il momento descritto dal pittore è precisamente quello in cui l’apostolo viene riconosciuto da una donna, che lo accusa di essere complice di Gesù.In questo dipinto del fiammingo Gerard Seghers, viene messa in scena la più tipica rappresentazione della Manfrediana Methodus, utilizzata in questo caso per narrare un episodio biblico. Il pittore, già membro della Compagnia di San Luca di Anversa, giunge a Roma nel 1613 circa, dove entra in contatto con la pittura caravaggesca e più direttamente con uno dei più stretti estimatori dell’opera del Merisi, Bartolomeo Manfredi. Seghers apprezzerà molto le innovazioni apportate dai caravaggeschi in campo compositivo e luministico, al punto da farle completamente proprie e unendole alla perizia fiamminga nella resa dei dettagli, come ad esempio quelli degli abiti.L’attenuarsi dei toni della sua tavolozza sono dovuti probabilmente all’influsso che ebbe su di lui Rubens, dopo il suo ritorno nella natale Anversa. Rispetto alle opere del suo primo periodo romano, caratterizzata da colori freddi e contrasti luminosi molto intensi, qui il dipinto appare molto più caldo e intimo.Bibl.: D. Bodart, A. Moir, A. E. Perez Sanchez, P. Rosenberg, Caravaggisti, Firenze, Art e dossier Giunti, 1996. Olio su rame, cm est. 56.5x74, int. 41X58.5

  • Andrea Locatelli (Roma, 1695 - Roma, 1741), Veduta di campagna romana con figure
    Lot 146

    Andrea Locatelli (Roma, 1695 - Roma, 1741), Veduta di campagna romana con figure L’incontro del Locatelli con Filippo Juvarra, conosciuto presso la famiglia Ottoboni, segna un momento molto importante per la produzione dell’artista; l’architetto gli procurerà delle prestigiose commissioni di paesaggi per i Savoia al castello di Rivoli, che gli diedero la possibilità di affermarsi come pittore di paesaggio. In quest’opera avvertiamo come l’artista abbia già compiuto il passo che dalle equilibrate composizioni arcadiche e alla lezione di Salvator Rosa, lo portano a dedicarsi ad una raffigurazione del paesaggio ben calibrata, studiata dal vero, probabilmente sulla scia dell’esperienza di J. F. van Bloemen. Questo dipinto è ambientato della verde campagna romana, al centro dell’attenzione dei vedutisti risiedenti a Roma che ritraevano luoghi incontaminati e pastorali alle porte della città. Molte famiglie romane, per cui il Locatelli aveva prodotto delle opere, dedicavano interi spazi al collezionismo della pittura di paesaggio; a riprova del successo di questo genere i Colonna possedevano decine di vedute, tra cui molte di G. Dughet e C. Lorrain: non è irrealistico supporre quindi che queste tele abbiano avuto un’influenza sulla successiva produzione del Locatelli. Olio su tela, cm 63x77

  • Antonio Diziani (Venezia, 1737 - Venezia, 1797) Coppia di paesaggi
    Lot 147

    Antonio Diziani (Venezia, 1737 - Venezia, 1797) Coppia di paesaggi La pittura di paesaggio veneziana della seconda metà del Settecento raggiunge delle vette qualitative di notevole interesse, ad opera di pittori quali Marco Ricci, Giuseppe Zais e Francesco Zuccarelli. Il Diziani si pone in questa scia di raffinati paesaggisti: figlio del più famoso Gaspare Diziani – che userà sempre come modello per diverse sue composizioni, creando notevoli problematiche attributive – frequenta l’Accademia di belle arti dal 1774; il pittore conferma in questo periodo il suo interesse esclusivo nei confronti del paesaggio, in particolare quello rurale.Ciò che appare osservando questo dipinto, infatti, è che il Diziani è piuttosto lontano da una visione narrativa della pittura di paesaggio, drammatica o eroica, come appare nelle opere del Ricci; al contrario le sue ambientazioni sono costruite da pennellate brevi e veloci, i contrasti cromatici accesi. Le figure di contadini emergono immediatamente dal paesaggio, ma non hanno nessun intento narrativo: sono una testimonianza garbata e piacevole dell’ambiente rurale descritto.Bibl.: R. Pallucchini, La pittura venez. nel '700, Venezia 1960, pp. 203 s.; E. Martini, La pittura venez. del Settecento, Venezia 1964, pp. 105, 261. Olio su tela, cm est. 96x82, int. 87X72

  • Nunzio Ferraioli (Nocera dei Pagani, 1660/61 – Bologna, 1735), Paesaggio con figure
    Lot 148

    Nunzio Ferraioli (Nocera dei Pagani, 1660/61 – Bologna, 1735), Paesaggio con figure Se non volessimo parlare dell’artista e volessimo limitarci ad osservare il dipinto, numerose sono le suggestioni che questo ci lascia, e da cui possiamo desumere molti degli esempi a cui il Ferraioli fa riferimento durante la sua carriera. Il paesaggio è ampio, profondo, costruito da un’intonazione scura ma calda. Al paesaggio si contrappongono le figure che lo abitano, che si stagliano contro il verde della natura in maniera vivida: i personaggi sono costruiti di colori chiarissimi, freddi. Nunzio Ferraioli detto degli Afflitti fu pittore napoletano di formazione e passò la sua giovinezza nelle botteghe di Luca Giordano prima e del Solimena poi; trasferitosi a Bologna lo troviamo a bottega nel 1682 presso Giovan Gioseffo Dal Sole. Nonostante quest’ultimo maestro fosse interessato alla figura umana, alle composizioni sacre e mitologiche dal taglio ravvicinato, da lui il Ferraioli desunse l’interesse per lo studio del paesaggio, di certo coadiuvato dalla collaborazione con il contemporaneo Francesco Monti, con cui collaborerà alla decorazione di numerosi palazzi bolognesi. La consacrazione dell’artista avviene grazie all’interesse suscitato dalle sue opere per la committenza d’oltremanica – in particolare ricordiamo quella del mercante irlandese Oweri Mc Swiny – che vedevano nella sua produzione un’eco dello stile inquieto e quasi preromantico di Salvator Rosa. Olio su tela, cm est. 153x226, int. 135.5x210

  • Alessio De Marchis (Napoli, 1710 ca – Perugia, 1752), Coppia di paesaggi ovali
    Lot 149

    Alessio De Marchis (Napoli, 1710 ca – Perugia, 1752), Coppia di paesaggi ovali La prima fase della produzione di Alessio De Marchis è tutta dedicata alla veduta a Roma, alla sua tradizione e allo studio dei contemporanei. Dalle fonti sappiamo che il pittore fu incarcerato a Castel Sant’Angelo per aver causato un incendio e di lì uscì solo grazie alla protezione del suo mecenate, il cardinal Annibale Albani. Grazie al suo intervento, il De Marchis ebbe l’opportunità di dare avvio alla seconda fase della sua produzione, più matura e compiuta: al seguito del cardinale si recò ad Urbino nel 1728, dove affrescò il palazzo di famiglia. Negli anni a seguire la sua attività si spostò a Perugia, dove ebbe numerosi incarichi di rilievo. Questa coppia di tavole ovali di certo è rappresentativa della maturità dell’artista: in un ovale lo scorcio tra gli alberi lascia intravedere una vasta vallata, con delle architetture sullo sfondo, mentre nel suo pendant sono due alberi al centro della composizione mentre alle loro spalle svetta un’imponente montagna. Osservando la pennellata, che è sempre stata poco analitica e dalla linea poco rigorosa, qui essa si fa ancora più vivace, quasi sferzante, romantica. Il colore è steso a macchie dense, espressive; il pittore, che era noto a Roma anche come abile disegnatore, ha perso qui ogni interesse per la minuzia, per la descrizione dei dettagli. In opere come questa si riconosce come imperativa la volontà di svincolare il genere del paesaggio da ogni forma di narrativa, di elevarla a rappresentazione significativa per sé stessa e che per sé stessa può vivere. Olio su tavola, cm est. 53.5x42, int. 47.5x35.5 cad.

  • Agostino Tassi (Roma, 1578 - Roma, 1644), Marina
    Lot 150

    Agostino Tassi (Roma, 1578 - Roma, 1644), Marina Dei primi dieci anni dell’attività di Agostino Tassi, è giunto a noi ben poco. Sappiamo che compie un primo viaggio a Firenze ma torna a Roma per un breve periodo, forse per lavorare al fianco di Paul Bril. Le fonti lo documentano a Livorno, incarcerato per aver partecipato ad una rissa; gli viene concesso però di esercitare la professione realizzando delle opere per la famiglia Medici, ottenendo un regime di semi-libertà. È dal 1610 che il Tassi risulta essere tornato stabilmente a Roma: qui eserciterà l’attività di pittore come paesaggista e quadraturista; il legame con i Medici verrà qui riconfermato e presto si affianca ad altre prestigiose commissioni. Dalla collaborazione con Orazio Gentileschi per la decorazione del soffitto della vecchia Sala Regia al Quirinale voluta da papa Paolo V Borghese - conclusasi nel 1611 con la denuncia del Gentileschi per lo stupro ai danni di sua figlia Artemisia - alla decorazione della nuova Sala Regia avviata nel 1616 con Carlo Saraceni e Giovanni Lanfranco, numerosissime sono le opere da lui realizzate nel corso del primo ventennio del Seicento. La stretta collaborazione con numerosi artisti e la gamma molto variegata di tematiche affrontate, spesso ripetute e arricchite di nuove letture stilistiche, rendono complessa la datazione delle opere dell’artista. Lo stile del Tassi è qui riconoscibile dal tema scelto della marina, arricchito da numerose navi e figure; nella resa del paesaggio e delle piccole figure sullo sfondo si evince un’influenza dei contemporanei fiamminghi, ma i colori e la pennellata risultano essere scuri e molto espressivi. Olio su tela, cm est. 63x90, int. 47x73.5

  • Andrea Locatelli (Roma, 1695 – Roma, 1741), Capriccio architettonico con figure
    Lot 151

    Andrea Locatelli (Roma, 1695 – Roma, 1741), Capriccio architettonico con figure Andrea Locatelli è conosciuto, a ragion veduta, come uno dei pilastri del vedutismo romano dell’inizio del XVIII secolo; figlio di un pittore romano poco noto, Giovanni Francesco Locatelli, inizia la sua formazione sotto il pittore Monsù Alto, specializzato in vedute marine. La sua intera produzione risulterà essere molto ampia e influenzata da molteplici artisti; essendo stato un pittore di grandi famiglie quali gli Albani, i Colonna, i Ruspoli, i Savoia e gli Ottoboni, produsse una vastissima quantità di opere, molte delle quali oggi distribuite in vari paesi del mondo. Nonostante sia ben descritto dalle fonti, quindi, è difficile riuscire ad avere uno sguardo complessivo sulla sua produzione, anche a causa di errori interpretativi, che spesso lo hanno visto confuso con il contemporaneo G. P. Panini. Gli studi hanno evidenziato che nella sua prima fase, il Locatelli risente molto dell’influenza di Salvator Rosa e della costruzione compositiva dei suoi paesaggi con rovine: ed è proprio questo che possiamo osservare in quest’opera. In questo capriccio architettonico, dal taglio molto ravvicinato e poco immerso nel paesaggio, troviamo una serie di figure intente a riprodurre, a studiare o a discorrere sulle vestigia del passato, rappresentate – oltre che dalle rovine architettoniche – dalla statua di un filosofo posta su un alto basamento. Sul lato destro della composizione invece, altre figure ed animali sono maggiormente interessati ad interagire con l’ambiente naturale che li circonda. La scelta di questo tema si sposa bene con l’atmosfera arcadica che circonda i personaggi: essi sono immersi in un delicato equilibrio all’interno del contesto agreste e in piena comunione con esso. Olio su tela, cm est. 118x122, int. 98x102

  • Sébastien Bourdon (Montpellier 1616 – Parigi 1671), attr. a, Baccanale
    Lot 152

    Sébastien Bourdon (Montpellier 1616 – Parigi 1671), attr. a, Baccanale Allievo di Poussin, il Lorenese, Sacchi e Valentin a Roma, fu abile paesaggista e ritrattista, nonché uno dei fondatori dell'Accademia di Pittura parigina nel 1648. L'eclettismo delle sue tele, spesso di carattere storico, biblico o mitologico, non gli impedì di raggiungere - come in questo caso - vette di grande intensità narrativa e cromatica anche nella resa del paesaggio. Olio su tela, dimensioni ext. 152x204,5, int. 126x177,5 cm.

  • Pasquale de Rossi (Vicenza 1641 – Roma 1722), detto Pasqualino Rossi, I suonatori e un gruppo di giovani donne
    Lot 153

    Pasquale de Rossi (Vicenza 1641 – Roma 1722), detto Pasqualino Rossi, I suonatori e un gruppo di giovani donne Pittore di formazione veneta ma con una forte predilezione per i modi e i soggetti fiamminghi, diventa un pittore molto apprezzato a Roma e nelle Marche alla fine del Seicento; grande interprete delle scene di genere, questa coppia di tele raffigura due scene di vita quotidiana; da una parte una scuola di cucito per giovani donne e dall'altra un gruppo di suonatori. Olio su tela, dimensioni ext. 56,5x93 int. 50x86 cm. cad.

  • Christian Reder detto Monsù Leandro (Lipsia, 1656 - Roma, 1729), Un pasto all’aperto e il Riposo dalla caccia
    Lot 154

    Christian Reder detto Monsù Leandro (Lipsia, 1656 - Roma, 1729), Un pasto all’aperto e il Riposo dalla caccia Si può tentare di analizzare il soggetto di questo dipinto, tentando di ricondurlo ad un episodio o un avvenimento specifico; la capacità dell’autore di mettere in scena una tale varietà di personaggi non può lasciare indifferente lo spettatore. Ma è proprio questa indeterminatezza del soggetto, che sfugge da ogni inquadramento episodico, che ci permettere di riconoscere questa coppia di oli su tela come del Monsù Leandro, il tedesco Christian Reder.
    Cresciuto ad Amburgo, compie viaggi dapprima in Inghilterra e poi a Venezia -dove resta alcuni anni- e a Roma: in città collaborerà anche con l’amico Pieter van Bloemen e vi resterà fino alla fine dei suoi giorni. Secondo il suo principale biografo Lione Pascoli, l’esperienza militare maturate dalla guerra contro i Turchi lo porta a dedicare completamente i suoi dipinti ai temi della caccia e a quelli bellici. Questo dipinto, probabilmente appartenente ancora alla fase Seicentesca della sua produzione, risente delle costruzioni compositive di Jacques Courtois ed illustra le diverse fasi di una giornata dedicata alla caccia: l’impeto e la carica dei cavalli, il riposo in compagnia di eleganti dame, il pranzo all’aperto e il riposo. Lo stile di questo artista virerà in maniera sensibile nella sua fase settecentesca: influenzata dalla concitate battaglie del Borgognone, Monsù Leandro si dedica ad una rappresentazione più narrativa dei fatti bellici, rispetto a quella decorativa, come in questo caso, dell’età barocca. Olio su tela, cm est. 64.5x92, int. 48x76 cad.

  • Francesco Malagoli (Modena 1732? - 1779), attr. a, Coppia di nature morte con fiori
    Lot 155

    Francesco Malagoli (Modena 1732? - 1779), attr. a, Coppia di nature morte con fiori Le vicenze biografiche legate alla vita dell'artista non sono a noi note, ma l'unica fonte settecentesca sulla produzione del pittore - Marcello Oretti - ce la indica come caratterizzata da una spigliata resa delle composizioni di fiori e frutti. Olio su tela, dimensioni int. 113,5x84, ext. 168x97 cm.

  • Gaspare Lopez (Napoli, 1650 - Firenze, 1740), Coppia di vasi di fiori
    Lot 156

    Gaspare Lopez (Napoli, 1650 - Firenze, 1740), Coppia di vasi di fiori Il pittore napoletano, del tutto dedito alle nature morte con fiori, crea qui un pendant d’impatto e di grande pregio. L’artista ha avuto modo di viaggiare, secondo quanto riportato dal De Dominici, tra Roma, Venezia e la Polonia; è in queste occasioni che probabilmente egli entra in contatto con i “fioranti” fiamminghi, spesso attivi a Roma nel Settecento. Questa composizione risente di quest’esperienza: il paesaggio è assente ed è sostituito da un severo fondo neutro; la cascata di fiori che scende dai due alti vasi è rigogliosa e cromaticamente preziosa. Il Lopez ebbe fortuna anche a Firenze, dove si trasferì nell’ultima fase della sua vita per servire il granduca Gian Gastone de’ Medici, del quale fu pittore ufficiale. Le sue nature morte rivelano un’adesione al linguaggio leggero e decorativo del Rococò, espresso attraverso una grande varietà di fiori multicolori, la composizione ricca e un cromatismo brillante. Olio su tela, cm est. 44x31 int. 36x23.5 cad.

  • Felice Rubbiani (Modena, 1677 – San Pancrazio di Freto, 1752) Coppia di nature morte con cornici ovali
    Lot 157

    Felice Rubbiani (Modena, 1677 – San Pancrazio di Freto, 1752) Coppia di nature morte con cornici ovali Questo pendant del pittore modenese Felice Rubbiani raffigurante una coppia di nature morte con fiori, frutta e animali, sono il perfetto esempio che la pittura tardo barocca fa di questo genere: sebbene sia rimasta la volontà di rendere fede al dato naturale e di descrivere con precisione il vero, questa attenzione è vissuta nella sua produzione in maniera meno analitica, più leggera. I tozzi basamenti in pietra fanno da contrappunto alla ricca ma delicata cascata di vegetali che scendono verso il basso. I colori sono morbidi, brillanti e ben si sposano col paesaggio scuro dello sfondo.Del pittore non sappiamo molto: la sua formazione è avvenuta a Bologna sotto il naturamortista Domenico Bettini, che a sua volta era stato apprendista di Jacopo Vignali a Firenze e di Mario Nuzzi durante un breve soggiorno romano. Da questo background è possibile desumere le influenze assimilate dal Rubbiani che, unite al suo stile leggero e grazioso, lo avvicinano molto ad uno spirito tipicamente Rococò.Bibl.: M. Dugoni, in La natura morta in Emilia e in Romagna, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2000, pp. 233 – 239. Olio su tela, cm est. 117x90.5, int. 101X76

  • Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (Feldkirch 1664 - Milano 1736), attr.a, Contadino con trappola per topi
    Lot 158

    Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (Feldkirch 1664 - Milano 1736), attr.a, Contadino con trappola per topi Ciò che sappiamo di Giacomo Francesco Cipper possiamo desumerlo, in larga parte, dalla distribuzione delle sue opere in Italia e in Europa. Gli studi portati avanti sull’origine del suo cognome e della qualifica di “tedesco” ci indicano che con ogni probabilità il pittore fosse uno straniero attivo in Italia tra il 1705 e il 1736; diverse opere conservate tra Bergamo e Brescia lo qualificano come “Todeschini” e seguendo tale attribuzione sono giunte fino a noi. Lo stile dell’artista risente dell’esperienza di Fra Galgario e di Antonio Cifrondi e la presenza di molte sue opere in Lombardia lasciano intendere una possibile formazione dell’artista in queste zone. Il Todeschini si dedicò per tutta la sua produzione al solo soggetto di genere, alla rappresentazione in chiave ironica e dilettevole del mondo popolano: i suoi soggetti non vogliono indurre una riflessione moraleggiante sullo spettatore e sono spesso raffigurati soli su tele di grande formato, in atteggiamenti scherzosi, con espressioni quasi di ghigno. L’esistenza di più copie di questo dipinto è indice di un grande apprezzamento nei confronti dell’inventiva dell’artista presso i suoi committenti. Nel totale disinteresse nei confronti dell’ambientazione, nella concentrazione che il pittore dedica a questo “cacciatore di topi” e ai dettagli che lo caratterizzano, si evince una certa influenza data da pittori spagnoli, quali Velazquez e Murrillo. Olio su tela, cm est.95x81, int. 76.5x63.5

  • Bartolomé Esteban Murillo (Siviglia 1618 – Cadice 1682), ambito di Giovane pastore
    Lot 159

    Murillo è considerato dalla critica, assieme a Velazquez, al Ribera e allo Zurbàran, uno dei massimi esponenti della pittura spagnola del Seicento. Accolto da giovane alla scuola di Juan Castillo, attraverso il quale conobbe la pittura fiamminga, ebbe numerosi incarichi di rilievo in Spagna, come ad esempio la decorazione della Cattedrale di Siviglia e la realizzazione delle tele per la Chiesa del Convento dei Cappuccini a Madrid. Il suo stile risente molto dell’esperienza dei suoi colleghi contemporanei, ma parimenti egli apprende i toni scuri e morbidi del chiaroscuro veneziano. Non ci sono giunte notizie circa i suoi viaggi e commissioni in Europa; quindi, è probabile che non lasciò mai il suo Paese natale; nonostante questo oggi molte opere dell’artista sono conservate in prestigiose collezioni museali di tutto il mondo. Il pittore è noto per aver dedicato gran parte della sua produzione in particolare a due temi: quello delle Madonne, accompagnate dal Bambino o rappresentanti l’Immacolata Concezione, e quello della scena di genere, resa attraverso la raffigurazione di giovani delle classi popolari. In quest’olio su tela il giovane pastore raffigurato siede quasi in maniera scomposta su un basamento, mentre ai suoi piedi giace un capretto; il ritratto prodotto da questo seguace è immortalato in un bosco molto fitto e oscuro, reso così in modo da far risaltare al meglio la figura del protagonista, che emerge quindi dalla scena attraverso una pennellata spessa, intensa, un po’ sfumata. Essa non è tanto interessata al particolare, alla descrizione di quanto si manifesta agli occhi dell’osservatore, quanto alla definizione psicologica del soggetto rappresentato: la capacità di provocare una reazione emotiva in chi guarda e un’innata dote nel descrivere – quasi come in una cronaca – personaggi popolari di ogni tipo, rendono veramente unica la produzione di questo formidabile pittore spagnolo.

  • Jan Miens Molenaer (Haarlem 1610 - 1668), attr. a, Danza di contadini
    Lot 160

    Jan Miens Molenaer (Haarlem 1610 - 1668), attr. a, Danza di contadini Importante pittore olandese del secolo d'oro, qui è presente con una delle più tipiche rappresentazioni di genere: la festa dei contadini, che abbandonano a terra gli strumenti del lavoro quotidiano e si dilettano nella musica e nella danza. Nella giovialità delle espressioni possiamo riconoscere la dipendenza dell'artista dall'alunnato presso Frans Hals, il grande e prolifico rinnovatore della pittura olandese della prima metà del Seicento. Olio su tela, dimensioni ext. 147x189, int. 123,5x163,5 cm.

  • Pietro Longhi (Venezia 1701 – 1785), nato Pietro Falca, La danza in villa
    Lot 161

    Pietro Longhi (Venezia 1701 – 1785), nato Pietro Falca, La danza in villa Egidio Martini nell'ampio volume 'La pittura del Settecento veneto', edito a Udine nel 1982 (fig. 797), attribuisce questo dipinto al veneziano Pietro Longhi, tra gli squisiti esempi di 'scenette' dal carattere leggero e giocoso, prodotte dal pittore tra il 1750 e il 1755. Olio su tela, dimensioni ext. 67x58,5 int. 57x49 cm.

  • Jan Frans van Bloemen detto l’Orizzonte (Anversa, 1662 – Roma, 1749) Paesaggio con veduta romana
    Lot 162

    Jan Frans van Bloemen detto l’Orizzonte (Anversa, 1662 – Roma, 1749) Paesaggio con veduta romana Lo sguardo è rivolto alle porte della città e la strada che conduce a Roma è costellata di rovine antiche e di popolani che riposano dalle fatiche del viaggio. Il van Bloemen si riconosce, in questo quadro, dal punto in cui il paesaggio si perde nell’atmosfera, al centro della tela, consuetudine che gli valse l’appellativo di “Orizzonte”; riscontriamo la sua predisposizione a rendere più chiari e luminosi i paesaggi, influenzato da Claude Lorrain. Ma il suo modo è del tutto imbevuto del naturalismo di Gaspard Dughet, come indicato dalle fonti.L’artista si forma ad Anversa ma, seguendo il successo del fratello Pieter, inizierà presto i suoi soggiorni all’estero, prima a Parigi e poi in Italia. A Torino ottiene degli incarichi che gli varranno la lode di Vittorio Amedeo II e dal 1688 la sua presenza è attestata a Roma.Qui resta affascinato dai monumenti della città, ma in particolare dalla campagna dei castelli romani, a cui dedicherà gran parte della sua produzione. Si stabilisce probabilmente a Zagarolo dopo aver vissuto a via Margutta insieme ad altri pittori fiamminghi; il suo successo come pittore della “Roma pastorale” attrasse sia l’ammirazione ma anche l’invidia di molti: Carlo Maratta tentò -senza successo- di introdurlo all’Accademia di San Luca tra il 1699 e il 1713. Ma il genere del paesaggio era all’epoca ancora molto osteggiato nel suo riconoscimento ufficiale, in quanto considerato ancora un genere “minore”. van Bloemen vedrà riconosciuto il suo grande talento dall’Accademia, con voto unanime solo nel 1742, all’età di ottant’anni. Bibl.: Pascoli nel 1732 e dagli archivi romani consultati dal Hoogewerff. il dipinto è pubblicato nel volume dedicato a l'Orizzonte di Andrea Busiri VIci nel 1973, fig. 356. Olio su tela, cm 135x97

  • Giacomo Nani (Porto Ercole, 1698 - Napoli, 1755), Quattro paesaggi con nature morte
    Lot 163

    Giacomo Nani (Porto Ercole, 1698 - Napoli, 1755), Quattro paesaggi con nature morte Questo gruppo di quattro tele raffiguranti paesaggi con nature morte di selvaggina, fiori e frutta, sono firmate dal pittore napoletano Giacomo Nani. È De Dominici a raccontarci del suo apprendistato, avvenuto prima a Napoli presso Andrea Belvedere e poi presso Gaspare Lopez, con il quale si dedica subito al genere della natura morta. Nel corso della sua produzione più matura, Nani si avvicina al gusto compositivo disimpegnato di Rococò, per poi tornare a una dimensione naturalistica più sentita nella sua ultima produzione pittorica, in cui il paesaggio si fonde con la natura morta, in una delicata mimesi compositiva. Questa serie di dipinti mostra una natura minuziosamente rappresentata, come si evince dal dettaglio degli alberi, sempre presenti in ognuna di queste tele, così come da quello del piumaggio degli uccelli e dei piccoli insetti distribuiti sulla superficie pittorica; la profondità del paesaggio, che si "scioglie" nell'orizzonte, richiama le composizioni di Salvator Rosa e una visione del paesaggio profondamente sentita, quasi pre-romantica. Olio su tela, dimensioni est. cm. 66x90, int. 51.5x76

  • Paolo Monaldi (Roma, 1720 ca – Roma, 1780) Paesaggio fluviale con scena popolare
    Lot 164

    Paolo Monaldi (Roma, 1720 ca – Roma, 1780) Paesaggio fluviale con scena popolare Molto del corpus del Monaldi è confluito, nel corso del tempo, nella produzione di Andrea Locatelli, non rendendo ancora possibile oggi comprendere l’effettiva vastità della produzione del pittore.Da alcune fonti sappiamo che il Monaldi operò per tutta la vita nel Lazio e fu allievo del vedutista romano Paolo Anesi: alcuni studi sostengono però anche un discepolato presso il più famoso Locatelli. In questo quadro avvertiamo diversi influssi quali gli studi delle rovine e dei paesaggi dei fiamminghi e dei bamboccianti, a cui il Monaldi fa molto riferimento; ma l’ampiezza della veduta e l’atmosfera velata guardano al Locatelli come punto di riferimento. Nonostante la sua predilezione per il genere popolare, bambocciante, unito a raffinati scorci, egli ebbe diverse committenze da nobili famiglie di collezionisti a Roma quali i Chigi e i Rospigliosi.Le scene popolare qui rappresentate sono sì leggere, descrittive e costruite con ampi gesti, ma non hanno un intento ironico, non vogliono divertire l’osservatore. Semmai il nostro sguardo rappresenta un osservatore esterno, che assiste al quotidiano svolgersi della vita, quasi arcadica, del piccolo paese a contatto con la natura.A. Busiri Vici, Trittico paesistico romano del Settecento. Paolo Anesi, P. M., Alessio De’ Marchis, Roma 1976, pp. 73-156. Olio su tela, cm est. 176x141, int. 164X129

  • Theodoor Rombouts (Anversa, 1597 – Anversa, 1637) Musici
    Lot 165

    Theodoor Rombouts (Anversa, 1597 – Anversa, 1637) Musici Potremmo non sapere nulla dell’artista che ha dipinto quest’opera, ma semplicemente osservando l’immagine è possibile affermare diverse cose che ci aiutano a comprenderlo meglio. È un artista straniero che trascorre molto tempo in Italia, e lì subisce l’influenza del Caravaggismo, dei suoi temi, delle sue luci; in questo dipinto, caratterizzato da una composizione stretta ma ben equilibrata, si evince una certa attenzione alla resa dei volti, delle vesti e degli strumenti, nonché ad una rappresentazione di una sorta di legame narrativo tra i personaggi. Il pittore che ha realizzato questo raffinato olio su tela è Theodoor Rombouts, un artista fiammingo che si forma ad Anversa con Abraham Janssens e Nicolas Régnier. Le fonti lo indicano a Roma tra il 1616 e il 1625, come era usanza di molti altri pittori suoi conterranei; in città si avvicina prontamente alla lezione caravaggesca. Dal 1625 circa, il pittore inizia a subire il fascino dell’opera di Rubens e di quella di Van Dyck, ma in questo dipinto la sua attenzione è ancora tutta rivolta al Merisi. Da lui trae un vivo e sincero interesse nei confronti della scena di genere, della taverna, ma in particolare per il tema dei musici, che avrà un notevole successo in tutta Europa, anche grazie alla diffusione delle opere caravaggesche per mezzo della stampa.Bibl.: H. Vlieghe, Rombouts, Theodoor, Grove Art Online, Oxford University Press. Olio su tela, cm est. 128x154, int. 113X130

  • Pietro Antonio Domenichini (1699 – 1743) noto come Maestro dei paesaggi Correr , Capriccio con rovine classiche e figure
    Lot 166

    Pietro Antonio Domenichini (1699 – 1743) noto come Maestro dei paesaggi Correr , Capriccio con rovine classiche e figure La vista qui conduce in un paesaggio italiano, che si sposta verso un orizzonte montuoso sul lato sinistro dell'immagine. L'illuminazione da destra, da una posizione bassa del sole, trasmette un'atmosfera da primo romanticismo. A questo corrispondono anche le figure che camminano tra le rovine.
    Il pittore suggerito dal Prof. Succi fu attivo fino al 1743, prevalentemente indicato come il 'Maestro dei paesaggi di Correr', così come è rappresentato in questo museo. Pietro Antonio Domenichini lavorò insieme ad Apollonio Facchinetti, detto Domenichini (attivo dal 1740 al 1770), e a suo fratello Iseppo (1717-dopo il 1761). In ogni caso, il collegamento stilistico con le opere di Michele Marieschi (1696/1710-1743) è evidente. Il riferimento al pittore lo dobbiamo al Prof. Succi, che ritiene che il dipinto sia un'opera dell'artista citato. Olio su tela, dimensioni ext. 87x120 int. 60,5x93,5 cm.

  • Orazio Samacchini (Bologna 1532 – 1577), La Flagellazione di Cristo
    Lot 167

    Orazio Samacchini (Bologna 1532 – 1577), La Flagellazione di Cristo Lo storico e critico d'arte Andrea Emiliani attribuisce questo eccellente dipinto, recentemente restaurato, all'opera di Orazio Samacchini. La grammatica compositiva del dipinto è costituita da diversi elementi: la composizione fortemente imperniata sul disegno toscano, come da formazione dell'artista, si bilancia con la forte vicinanza al ritorno agli ideali del classicismo rinascimentale degli anni '70 del XVI secolo. La derivazione di questa tela dalla Flagellazione di Sebastiano del Piombo della Cappella Borgherini in San Pietro in Montorio è piuttosto evidente. La composizione è direttamente desunta dal disegno conservato all'Albertina di Vienna attribuito da Diane De Grazia al Samacchini, dopo una prima attribuzione al fiammingo Denys Calvaert. L'opera è munita di una perizia del Prof. Andrea Emiliani Olio su tela, dimensioni ext. 151x120, int. 128x96 cm.

  • Giuseppe Nuvolone (San Gimignano, 1619 – Milano, 1703), Angelo guida la famiglia di Lot fuori da Sodoma
    Lot 168

    Giuseppe Nuvolone (San Gimignano, 1619 – Milano, 1703), Angelo guida la famiglia di Lot fuori da Sodoma La vita e l’opera di Giuseppe Nuvolone sono strettamente legate all’ambiente lombardo, in cui trascorrerà quasi tutta la sua vita. Figlio d’arte, probabilmente iniziò la sua formazione artistica sotto la guida di suo padre Panfilo e suo fratello Carlo Francesco, entrambi pittori; sebbene lo stile di Giuseppe sia stato spesso confuso con quello di suo fratello – data la stretta e costante collaborazione durante la sua prima attività – gli studi hanno evidenziato che le figure del pittore risultano più voluminose, vigorose e caratterizzate da una più spiccata espressività. Dopo un florido periodo di attività a Milano, il Nuvolone compie un viaggio a Roma nel 1667, che però non fece maturare in lui un evidente interesse nei confronti delle peculiarità del barocco romano: il suo stile resterà sempre legato alla sua formazione lombarda. Questa adesione è ben testimoniata in questo dipinto raffigurante la concitata fuga da Sodoma di Lot e della sua famiglia, scortati dall’angelo: la stesura dei colori è morbida e armonica. I volumi sono scultorei e gli sguardi languidi, quasi patetici; la profonda vena narrativa che contraddistingue lo stile del pittore è riscontrabile in numerose opere della sua maturità, come nelle prestigiose commissioni cremonesi e bergamasche. Olio su tela, cm est. 161x218, int. 145x203

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Fine Paintings

Sessions

  • 3 November 2022 hours 16:00 Fine Paintings - Prima Sessione (1 - 94)
  • 4 November 2022 hours 16:00 Fine Paintings - Seconda Sessione (95 - 187)

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