Asta 277 Arte Antica e del XIX secolo III tornata, lotti 127-189
giovedì 12 dicembre 2019 ore 11:00 (UTC +01:00)
GIUSEPPE BONITO Putto dormiente.
BONITO GIUSEPPE (1707 - 1789) Putto dormiente. Olio su tela . Cm 108,00 x 59,00. Pittore di Camera del Re dal 1751, Accademico di San Luca dal 1752, direttore dell'Accademia napoletana del disegno dalla sua fondazione (1755), consulente della Real fabbrica degli arazzi dal 1757, Giuseppe Bonito è tra le maggiori personalità dell'ambiente artistico napoletano della metà del XVIII secolo. Ancora fanciullo entra nella bottega di Francesco Solimena che domina la scena artistica napoletana dell'epoca. Le prime opere, realizzate nel 1730 per la chiesa di S. Maria Maggiore a Napoli, sono, infatti, nello spirito di Solimena, anche se più morbide e delicate nell'esecuzione. Dopo questo inizio, muovendo dalla svolta determinata dallo stile di Mattia Preti e dalle ultime tele di Luca Giordano a Napoli, Bonito si orienta verso soluzioni di gusto neobarocco. Secondo le indicazioni dello storico Bernardo De Dominici, il pittore realizza numerose scene di genere che gli vengono richieste da una committenza meno legata a tradizionali esigenze di gusto aulico e ufficiale. Suoi quadri di genere si trovano in numerose collezioni private e sono conservati in importanti pinacoteche italiane ed estere. Dal 1749 è impegnato in una lunga serie di ritratti ufficiali di personaggi della famiglia reale o dell'antica e nuova nobiltà napoletana. Nel 1752 firma il contratto per gli affreschi di S. Chiara a Napoli che la critica concorda nel considerare le sue opere più importanti ( sono andati distrutti nel 1943, ma ne resta un bozzetto al Museo di Capodimonte, Napoli). L'opera che corona gli ultimi anni di attività è l'enorme Immacolata Concezione per l'altare maggiore della cappella palatina nel Palazzo Reale di Caserta che dipinge, con rimandi allo stile di Anton Raphael Mengs, per sostituire una pala che al re non piaceva. L'opera qui presentata, in buono stato di conservazione e di alta qualità, è assegnabile su base stilistica alla mano di Giuseppe Bonito. I passaggi di colore saturo di luce, alterati a parti dense di ombre, le zone cromatiche più intense scurite e l'atmosferico rarefarsi dei contorni sono, infatti, caratteristici dello stile di Bonito e avvicinano l'opera al sapiente uso della luce di Caravaggio, in particolare al suo Amorino dormiente ( Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti), cui rimanda anche la posa della figura. L'impasto del pigmento è steso a volte in pennellate lunghe e sottili, evidenti anche ad occhio nudo, a volte in agglomerati di piccoli tocchi di colore, caratteristica che ricorre spesso nei dipinti di Bonito, in particolare negli incarnati. I tratti individuali del volto del putto sono molto accentuati, realistici, e particolarmente suggestiva è la resa del velo sottilissimo che si appoggia sul corpo. Anche gli elementi della natura sono descritti con minuzia di particolari e sono rappresentati con senso sicuro della terza dimensione. Nonostante il forte realismo della composizione, traspare un effetto di grazia dovuto al senso di languido abbandono della figura e ispirato alla pittura di Guido Reni, di cui si confronti il Putto dormiente della Galleria Nazionale di arte antica di Roma.