IL CULTO DELL'ARREDO
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Lotto 49 Guido Reni (1575 - 1642)
San Francesco
Olio su tela
183,2 x 136 cm
Elementi distintivi: sul verso, etichetta recente, con riferimento all'opera
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna (dal 1993); Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: certificato di Paolo Viancini, s.d.; scheda critica di Daniele Benati, del 26 luglio 2021; scheda critica di Massimo Pulini, del 7 agosto 2021
Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (abrasioni, spuliture, integrazioni e ritocchi, anche sul viso del santo)
All’interno di una grotta, San Francesco s’intrattiene in meditazione davanti al Crocifisso legato con una corda al tronco di un arbusto disseccato, al di là di uno sperone roccioso che gli serve da altare e sul quale tiene aperto un libro sacro. A un altro arbusto è appesa la corona del rosario dai grossi grani con appesa una crocetta di legno, mentre a terra stanno abbandonate una rustica ciotola e alcune radici. Quale macabro memento mori, il santo stringe a sé un teschio; ma il suo sguardo non lo incrocia, così come appare disinteressato sia al libro sia al rosario: con la gota appoggiata alla mano destra, fissa gli occhi al Cristo crocifisso, unico oggetto della sua
attenzione. Fuori dalla grotta si apre un vasto paesaggio boscoso, in cui la figuretta di frate Elia, intento alla lettura, si confonde con la vegetazione che si staglia contro la luce del tramonto.
Il bellissimo dipinto appartiene senza dubbio a Guido Reni, trovando immediato riscontro con altre sue opere già note non soltanto per il tipo di composizione, ma soprattutto per la suprema raffinatezza della conduzione pittorica, ineguagliata da nessuno dei suoi allievi, per quanto dotati.
Dal punto di vista compositivo, esso richiama altri celebri quadri con San Francesco in preghiera licenziati da Reni nel corso della sua lunga carriera. L’argomento è del resto tra i più diffusi in ambito seicentesco, e dunque i motivi della grotta, del Crocifisso, del teschio e degli oggetti destinati al frugale pasto del santo sono destinati a ripetersi. Tuttavia, affrontando a più riprese questo soggetto, Guido consegue risultati sempre variati, dimostrando la propria capacità di lavorare “sul tema”, di volta in volta modificandolo e migliorandolo. Lo si nota ponendo a confronto tre versioni di analogo formato, conservate nella quadreria dei padri Girolamini di Napoli (cm 198 x 133), nel Musée du Louvre a Parigi (cm 193 x 128) e nella Galleria Colonna di Roma (cm 196 x 117), che nella propria monografia S.D. Pepper ha datato tutti al 1631, mentre si tratta di risultati da scalare nel tempo.
Sicuramente precoci, dato il forte accento naturalistico che rimanda ancora alle prerogative che connotano la pittura di Reni entro gli anni Venti, sono da considerare i dipinti dei Girolamini e del Louvre, mentre il solo quadro della Galleria Colonna propone la tipologia adottata per il santo di Assisi nel Pallione della peste del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) ed è dunque da considerarsi ad esso posteriore. È infatti a partire da tale dipinto che, secondo quanto racconta Malvasia, Reni avrebbe tenuto a modello “per le faccie de’ Santi Franceschi” la
fisionomia “affettuosa, e divota” dell’amico e sostenitore Saulo Guidotti.
Con gli stessi tratti ascetici – ben riconoscibili nonostante la diversa inclinazione del capo – il santo torna anche nel San Francesco in preghiera qui esaminato, la cui appartenenza agli inoltrati anni Trenta del XVII secolo è peraltro confermata dall’addolcimento della stesura che Guido vi consegue, in ordine a quella progressiva “smaterializzazione” dell’immagine che anima tutta la sua feconda carriera. Rispetto alle versioni note, anche l’atteggiamento con cui il santo è raffigurato punta in direzione di una maggiore introspezione psicologica: il suo muto e addolorato colloquio con il Crocifisso è infatti cosa diversa dall’enfasi con cui, nei quadri dei Girolamini e del Louvre, egli rivolge impetuosamente lo sguardo al cielo portandosi la destra al petto. Da questo punto di vista, la soluzione proposta nel quadro in esame appare più convincente anche rispetto alla versione Colonna, addebitabile in parte agli aiuti, in cui il santo si torce le mani ripetendo alla lettera l’invenzione già utilizzata nel Pallione della peste, dove essa appariva però tanto più necessaria in relazione al tema proposto dal grande dipinto.
È singolare che un simile capolavoro degli anni tardi di Reni sia finora sfuggito all’attenzione della critica: ne erano altresì note svariate copie, di qualità perlopiù modesta ma tali da lasciar supporre che, alla loro origine, ci fosse un “pensiero” dello stesso Reni in stato di grazia. Preso atto dell’altissima qualità dell’invenzione, non si sarebbe però detto tutto, giacché, oltre a essere l’“inventore” di immagini che l’uso fattone in seguito avrebbe reso fin troppo stereotipate e persino banali – si pensi alla sua fortuna nelle immagini dei cosiddetti “santini” ad uso devozionale –, Guido Reni è poi il pittore più grande del suo secolo, un primato che mi pare potergli contendere il solo Diego Velázquez: in fatto di abilità pittorica non vedo infatti chi altri possa eguagliarlo, e sia pure in base a prerogative del tutto diverse dalle sue.
Con un’economia di mezzi davvero impressionante, Reni riesce di fatto a condensare una quantità strabiliante di osservazioni naturalistiche e nello stesso tempo a proiettarle in una dimensione di perfezione ultraterrena: dai lucori degli occhi ai peli della barba sfiorata dalla luce che spiove dall’alto, dalla tessitura dell’umile saio alla superficie polita del teschio, dagli oggetti abbandonati in primo piano alla mirabile apertura di paesaggio, che sembra davvero disfarsi nella luce. Nel dipinto non c’è del resto alcuna pennellata “inutile”; e gli stessi “pentimenti”
nel dorso della mano destra, ad esempio, o nel profilo del teschio – vengono intenzionalmente lasciati a vista, per conferire alla pittura un effetto di maggiore vibrazione. Laddove la luce batte con maggiore insistenza, Guido ricorre poi a una sottile tessitura di pennellate parallele e come ravviate, così da produrre quell’effetto cristallino che gli è proprio e che i copisti cercano invano di imitare.
Siamo cioè di fronte a un esito in cui Guido esplicita al grado più alto la propria propensione per un vero “ideale”, mirato ad estrarre dal dato di natura, indagato peraltro con indicibile sottigliezza, il suo valore eterno e metafisico. Se “vero” e “ideale” erano i termini entro i quali si giocava la poetica dei Carracci, dei quali Reni fu allievo, è nella sua pittura che la bilancia inclina più vertiginosamente verso il secondo termine, così da porlo tra i più alti
interpreti del sentire religioso di tutti i tempi.
Sono molteplici, come si vede, i motivi d’interesse che suscita il dipinto, che vorrei pertanto poter rendere quanto prima noto anche in sede scientifica.
Daniele Benati -
Lotto 50 Persia nord occidentale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
Vello in lana su cotone, con nodo simmetrico
327 x 256 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (leggera sbiaditura)
Riproposizione a fine novecento dei tappeti di Heriz, al tempo molto popolari sul mercato internazionale e prodotti sempre nella stessa area, la Persia nord occidentale. -
Lotto 51 Italia (XIX secolo), (?)
Servizio da colazione, 8 pezzi
Ottone in parte lavorato a mano
5,2 x 39,7 x 26,7 cm (vassoio)
10 x 5,2 cm (la campanella)
Elementi distintivi: etichetta inventariale della Banca Popolare di Intra
Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 52 Guerrino Guardabassi (1841 - 1893)
Sul Pincio, 1876
Olio su tela
44,5 x 63 cm
Firma: firma al recto
Elementi distintivi: etichetta e segni di passaggio d'asta Phillips sul telaio e al verso
Provenienza: Phillips, Londra, 24.3.1998, lotto 169; collezione privata
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lotto 53 Veneto (Metà del XVIII secolo)
Gruppo di otto poltrone con decori floreali
Legno di noce, intagliato, laccato e dipinto
109,5 x 69 x 76 cm (ogni poltrona)
Provenienza: Girolamo Brandolini d’Adda, Conte di Valmareno (1870); Contessa Vendramina Brandolini d'Adda (1902-1991) e Conte Andrea Marcello del Majno (1897-1979), Venezia; Conte Girolamo Marcello del Majno (1942), Venezia; Mario Dardengo, Monticelli di Monselice; Andreino Giuseppin, Arquà Petrarca; Copercini & Giuseppin srl, Arqua Petrarca, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: titoli di confronto: G. Morazzoni, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1927, p. CCCVII; P. Pinto, "Il mobile italiano dal XV al XIX secolo", Novara, 1962, tav. XIV, p. 160; S. Levj, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1964, tavv. 188 e LVI; A. Gonzales-Palacios, "Il mobile nei secoli, Italia. vol 2", Milano, 1969, pp. 31 e 38; M. Agnellini, a cura di, "Mobili italiani del Settecento", Milano, 1990, p. 39; S. Levj, "Lacche veneziane settecentesche", Venezia, 1999, tomo I, tavv. 116-117, tomo II, tav. 262-263 e 423; C. Alberici, "Il mobile veneto", Milano, 1980, pp. 206-207 e 253
Certificati: certificato emesso da Copercini & Giuseppin, Arquà Petrarca, il 30 maggio 2011
Stato di conservazione. Supporto: 85% (tessuti e imbottitura sostituiti; in una poltrona un montante posteriore con diversa lavorazione)
Stato di conservazione. Superficie: 30% (ampie perdite della laccatura e ridipinture)
L'insieme, identificato in sede d'asta come produzione veneziana della metà del XVIII secolo, ha una provenienza illustre, i conti Brandolini d'Adda di Valmareno. In occasione del matrimonio tra Vendramina Brandolini d'Adda e Marcello del Majno, l'insieme, che all'epoca includeva anche un cassettone con specchiera, altre quattro poltrone e due mobiletti quale arredo di una intera stanza, venne collocato in Palazzo Marcello in Rio degli Assassini a Venezia. Successivamente, l'erede, conte Girolamo Marcello del Majno, impiegò gli arredi in Villa Marcello a Cison di Valmarino. Essi furono dunque acquistati dall'antiquario Mario Dardengo, che li collocò a Villa Renier a Monticelli di Monselice, e quindi dal celebre collezionista e mercante Andreino Giuseppin, scrittore e mecenate del Museo Bailo di Treviso.
Alle poltrone è stata tolta la sandracca originale, ed ora si presentano di colore azzurro con decorazioni e rocailles in colore bianco. -
Lotto 54 Francia (XX secolo), (?)
Tappeto Savonnerie
Lana su armatura di lana, con nodo simmetrico
493 x 403 cm
Provenienza: Raffaele Verolino, Modena, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)
Tappeto in stile francese, con richiamo alla produzione del tardo Ottocento, ma realizzato dopo il 1950. Motivo centrale a medaglioni concentrici, circondati da ghirlande di fiori su fondo color beige. Bordura a fondo rosso chiaro con nastri intrecciati. -
Lotto 55 Lucca (II quarto del XVIII secolo)
Coppia di tavoli da muro con specchiere a doppia cornice e cartiglio a tema di animali e sirene
Legno di pioppo intagliato e dorato; vetri; marmo incartellato
96 x 185 x 75 cm (Ogni consolle)
325 x 207 x 30 cm (Ogni specchiera)
Provenienza: Guido Bartolozzi Antichità, Firenze, 2008; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: Expertise di Enrico Colle, 2008 (in copia)
Stato di conservazione. Supporto: 80% (parti ricomposte con viti fissaggio di epoca moderna)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (ridorature localizzate, vetro in parte sostituito)
Enrico Colle mette in relazione la coppia di specchiere con lo sviluppo della decorazione di interni a Lucca nella prima metà del XVIII secolo ed in particolare con le sale di Palazzo Balbani, che avevano impegnato Bartolomeo De Santi (1687-1764), specializzatosi a Bologna, soprattutto in rapporto con la bottega dei Bibbiena. «Commissionata in occasione delle nozze tra Cristofano Balbani e Maria Luisa Cittadella, avvenute nel 1738, l'ornamentazione e l'arredo di queste sale doveva essere ricco e in linea con le importanti cariche ottenute dal nobile lucchese tanto da far notare a Georg Christoph Martini, a Lucca tra il 1725 e il 1745, che, in occasione di una festa, il portico del palazzo era stato 'riccamente sistemato con grandi specchi veneziani, lampade a mano, figure dorate, dipinti di valore, lampadari, canapé e seggioloni'. Un riflesso di questi variegati decori dell'appartamento nuziale si può cogliere anche nelle specchiere qui esaminate, dove l'atteggiamento delle figurine muliebri poste ai lati delle specchiere e dei supporti anteriori dei tavoli fu in parte ricavato dai satiri reggivaso affrescati in una delle sale del palazzo da De Santi insieme a Lorenzo Castellotti. (...) I busti femminili posti ai lati delle citate specchiere risultano ripresi da quelli presenti sulle cornici due specchi già in Palazzo Bernardini». Lo studioso rileva anche il rapporto della specchiera con modelli piemontesi: «il frontone, includente al centro uno specchio contornato da volute, è una originale interpretazione di un modello piemontese diffuso a Lucca grazie alla attività di quel 'Turinese intagliatore' attivo per i Sardi intorno al 1732. La sinuosa forma delle gambe richiama infine quella delle consoles intagliate verso la metà del secolo, forse dal quel Clemente Fabbri, a lungo impegnato per le famiglie Parenzi e Mansi».
Le foto rappresentano la condizione degli oggetti a Villa Spineda Gasparini Loredan. Oggi alcuni decori si presentano smontati e hanno subito danni minori, restaurati, durante il trasporto presso la sede della casa d'asta. -
Lotto 56 Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Sarouk
Vello in lana su armatura di cotone, con nodo asimmetrico
294 x 298 cm
Elementi distintivi: etichetta della Galleria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90%
Tipico esemplare di Sarouk moderno con motivo a mazzetti di fiori su fondo rosato. -
Lotto 57 Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
Applique
Vetro soffiato di Murano, metallo, parti elettriche
50 x 36,6 x 18 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
«Nasce alla fine degli anni Trenta questo tipo di illuminazione moderna molto sostanzioso, scultoreo, sferometrico. Ebbe molto favore negli anni '40 e '50» (Rosa Barovier Mentasti, comunicazione orale del 24 novembre 2020).
Nota bene: l'oggetto va ritirato a cura e spese dell'acquirente, incluso smontaggio dalla rete elettrica, presso Villa Spineda Gasparini Loredan, Venegazzù (Volpago del Montello). -
Lotto 58 Germania (Evo moderno), (?)
San Giovanni Evangelista
Ferro
21 x 8 x 2,8 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 80% (frammento)
Stato di conservazione. Superficie: 60% (abrasioni, ruggine e trattamenti)
Figura in ferro di difficile collocazione, basata su un modello alto tedesco. -
Lotto 59 Kennedy Carpets (1980)
Tappeto in stile Agra
Vello in lana su armatura in cotone, con nodo asimmetrico
660 x 167 cm
Elementi distintivi: etichetta in pelle della ditta Pasha - produzione Moret
Provenienza: Kennedy Carpets, India; Pasha, Istanbul - Vicenza - Milano; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Produzione contemporanea realizzata in India da Kennedy Carpets su incarico della ditta Pasha, Istanbul - Vicenza - Milano. Il tappeto riproduce una passatoia Agra antica presentata in questa stessa asta. -
Lotto 60 Veneto (Metà del XVIII secolo)
Bureau Trumeau con specchio con decoro floreale
Noce e radica di noce su struttura in abete; vetro inciso; metalli
263 x 142 x 62 cm
Provenienza: Marchesi Rangoni Machiavelli, Spilamberto (Modena); Pietro Cantore, Modena, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Cantore Galleria Antiquaria, catalogo, 2011, Modena, pp. 9-10
Certificati: certificato emesso da Cantore Galleria Antiquaria, il 12 aprile 2011
Stato di conservazione. Supporto: 80% (specchio inciso con ampie cadute; specchi delle ante non coevi; maniglieria sostituita; pigne non congrue e ridorate)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (tracce di muffa) -
Lotto 61 Persia orientale (Ultimo quarto del XIX secolo)
Tappeto Khorasan
Lana su armatura a cotone con nodo asimmetrico
840 x 419 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 60% (usura diffusa, frange sostituite)
Il tappeto presenta una serie di medaglioni quadrilobati alternati, di colore avorio e rosso su fondo blu, disposti su file parallele e sfalsate, senza motivo centrale. La bordura principale, a fondo blu, è accompagnata da quattro cornici minori. -
Lotto 62 Veneto (II quarto del XVIII secolo)
Poltrona con schienale interamente imbottito
Legno di noce; tessuti
115 x 67 x 77 cm
Provenienza: Surprise di Paola Cuoghi, Modena, 2009; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 60% (tarlature; integrazioni e rinforzi, per esempio alle gambe; imbottitura e tessuti sostituiti)
Stato di conservazione. Superficie: 40% (superficie forse originariamente laccata e successivamente spatinata)
In sede d'asta la datazione è stata precisata nel II quarto del XVIII secolo, mentre nella scheda Cuoghi abbraccia l'intero XVIII secolo. Con autonoma perizia, Maricetta Parlatore Melega ha posticipato la datazione alla fine del XVIII secolo - prima metà del XIX secolo. -
Lotto 63 Enrico Benetta (1977)
Senza titolo (Villa Zuccareda Binetti, Montebelluna)
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
105 x 155,5 cm
Firma: “Benetta” al recto e sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Nell'opera l'artista ha elaborato l'immagine di Villa Zuccareda Binetti, Montebelluna, già sede del Museo dello Scarpone. -
Lotto 64 Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
Coppia di vasi con decoro floreale
Vetro lattimo animato in foglia d’oro
36,7 x 29,7 x 29,7 cm (il primo)
38,4 x 27,8 x 27,8 cm (il secondo)
Firma: «Archimede Seguso, Murano», inciso sotto la base
Elementi distintivi: marchio «Archimede Seguso Murano Made in Italy» sulla spalla
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 98%
Stato di conservazione. Superficie: 98%
Rilevanti differenze nella coppia, di dimensioni e forma, dovute alla pregevole lavorazione artigianale -
Lotto 65 Inghilterra (I quarto del XX secolo), (?)
Stemma di Sir Alfred Hickman, barone di Wightwick
Smalto vetrificato su metallo
13 x 10,6 x ,8 cm
Elementi distintivi: motto «IGNE ET FERRO»
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 85%
Il titolo britannico Hickman di Wightwick nella parrocchia di Tettenhall, contea di Stafford, è stata creata nel 1903 per l'industriale del ferro e dell'acciaio Sir Alfred Hickman (1830-1910), figlio di George Rushbury Hickman di Tipton, Staffordshire. Il motto rimarca la fortuna del celebre industriale. Alfred Hickman è stato anche rappresentante di Wolverhampton nella Camera dei Comuni per il partito conservatore, dal 1885 al 1906. Rispetto allo stemma Hickman tradizionale, il blasone in asta presenta l'addizione di una mano rossa. -
Lotto 66 Veneto (Metà del XVIII secolo)
Cassettone e specchiera, piano in finto marmo e tema floreale
Cirmolo laccato e dipinto, abete, vetro
91,8 x 163,5 x 75 (cassettone)
208 x 128 x 19,5 (specchiera)
Provenienza: Girolamo Brandolini d’Adda, Conte di Valmareno (1870); Contessa Vendramina Brandolini d'Adda (1902-1991) e Conte Andrea Marcello del Majno (1897-1979), Venezia; Conte Girolamo Marcello del Majno (1942), Venezia; Mario D'Ardengo, Monticelli di Monselici; Andreino Giuseppin, Arquà Petrarca, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: titoli di confronto: G. Morazzoni, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1927, p. CCCVII; P. Pinto, "Il mobile italiano dal XV al XIX secolo", Novara, 1962, tav. XIV, p. 160; S. Levj, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1964, tavv. 188 e LVI; A. Gonzales-Palacios, "Il mobile nei secoli", Italia. vol 2, Milano, 1969, pp. 31 e 38; M. Agnellini, a cura di, "Mobili italiani del Settecento", Milano, 1990, p. 39; S. Levj, "Lacche veneziane settecentesche", Venezia, 1999, tomo I, tavv. 116-117, tomo II, tav. 262-263 e 423; C. Alberici, "Il mobile veneto", Milano, 1980, pp. 206-207 e 253
Stato di conservazione. Supporto: 70% (chiodature non coerenti sul lato sinistro; antica maniglieria assente; piano incongruo (?); specchio non coevo; schienale dello specchio in compensato)
Stato di conservazione. Superficie: 60% (danni e integrazioni pittoriche, che interessano anche la parte della antica maniglieria)
L'insieme, identificato in sede d'asta come produzione veneziana della metà del XVIII secolo, ha una provenienza illustre, i conti Brandolini d'Adda di Valmareno. In occasione del matrimonio tra Vendramina Brandolini d'Adda e Marcello del Majno, l'insieme, che all'epoca includeva anche un set di dodici poltrone e due mobiletti quale arredo di una intera stanza, venne collocato in Palazzo Marcello in Rio degli Assassini a Venezia. Successivamente, l'erede, il conte Girolamo Marcello del Majno, impiegò gli arredi in Villa Marcello a Cison di Valmarino. Essi furono poi acquistati dall'antiquario Mario Dardengo, che li collocò a Villa Renier a Monticelli di Monselice, e quindi dal celebre collezionista e mercante Andreino Giuseppin, scrittore e mecenate del Museo Bailo di Treviso.
Cassettone e specchiera sono stati oggetto di un intervento di consolidamento e integrazione della superficie laccata da parte di Vittorio Donà nel 2011. -
Lotto 67 Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
Canale di Mazzorbo, 1882
Olio su tela
79,2 x 128 cm
Firma: “Ciardi” al recto
Data: “1882” al recto
Altre iscrizioni: “Venezia” al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta di corniceria Gill & Lagodich di New York; etichetta di esposizione “Giacomo Favretto. Venezia fascino e seduzione”, Roma, 2010
Provenienza: collezione privata, New York; Sotheby’s 19th Century European Art (New York 23.04.2004, n. 71, € 269.887, con il titolo "Village life outside Venice"); collezione privata, Padova (fino al 2005); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Giuseppe Luigi Marini, "Il valore dei dipinti dell'Ottocento e del primo Novecento - XXII edizione" (2004-2005), Torino, 2004, pp. 231 (ill.) e 247 (ill.), con il titolo "Presso Venezia"; Aa. Vv., "Ottocento. Catalogo dell'arte italiana dell'Ottocento – n. 33", Milano, 2004, pp. 164 (ill.) e 548, con il titolo "Vita di villaggio fuori Venezia"; Nico Stringa, "Guglielmo Ciardi. Catalogo Generale dei dipinti", Crocetta del Montello, 2007, n. 125, pp. 105 (ill), 220 (ill.); Paolo Serafini, a cura di, "Giacomo Favretto. Venezia, fascino seduzione", Cinisello Balsamo, 2010, cat. 37, p. 136 (ill.) e scheda di A. Antoniutti, p. 181, con il titolo "Veduta del canale di Mazzorbo"; Enzo Savoia, Francesco Luigi Maspes, a cura di, "Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell'Ottocento", Crocetta del Montello, 2013, cat. 22, pp. 108-109 (ill.), 204 (ill.).
Esposizioni: "Giacomo Favretto. Venezia, fascino seduzione", Chiostro del Bramante - Museo Correr, Roma - Venezia, 2010; "Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell'Ottocento", Galleria d’Arte Moderna, Milano, 11 aprile - 31 maggio 2013
Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 85% (craquelures)
La pittura di Guglielmo Ciardi (Venezia 1842 - 1917), allievo della scuola di paesaggio istituita presso l’Accademia di belle arti di Venezia da Domenico Bresolin, nasce dal felice connubio tra la tradizione del vedutismo veneto e le ricerche più innovative della pittura italiana del suo tempo tra “macchia” e “vero”, a cui si accosta durante un viaggio d’istruzione compiuto nel 1868 che tocca Firenze, Roma e Napoli. Rientrato in patria, la campagna trevigiana e la laguna veneta divengono un’inesauribile fonte di ispirazione. La lezione dei macchiaioli e della scuola di Resina, gli permettono di rendere gli effetti di luce sulla laguna attraverso macchie di colore contrastanti. Si tratta di paesaggi costruiti con un senso dello spazio geometrico e cristallino, organizzati intorno una linea dell’orizzonte bassa, in cui predominano il cielo con tutte le sue vibrazioni atmosferiche e l’acqua tagliata da lingue di terraferma. Una realtà quotidiana minore, fatta di piccole imbarcazioni e figurine di donne, uomini e bambini impegnati nelle loro attività quotidiane, realizzati in punta di pennello, conferisce immediatezza e vivacità alle composizioni. Lo stesso motivo viene ripetuto con luci, colori, effetti e punti di vista sempre diversi sino a costituire dei veri e propri cicli (le basse maree”, i “pescatori in laguna”) ripresi nel corso degli anni in cui il senso del reale si trasfigura in visioni sospese e atemporali. Come evidenziato da Stefano Bosi (Bosi in "Guglielmo Ciardi", 2004, pp. 93-94), dal 1877 circa si sviluppa il “ciclo di Mazzorbo”, che si origina da un disegno conservato a Venezia presso la Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro, probabilmente preparatorio per una tela già in collezione Guaita, e di cui fa parte il celebre "Giorno d’estate a Mazzorbo" (1878, Milano, Pinacoteca di Brera). Soggetto di questa serie di dipinti (Stringa 2007, n. 97, 122-127, 129) è la piccola isola di Mazzorbo a ovest di Burano, identificabile dal campanile della chiesa parrocchiale. L’opera in esame, in particolare, è realizzata nel 1882, ovvero quattro anni dopo il viaggio a Parigi compiuto da Ciardi in occasione dell’Esposizione Universale, esperienza che aveva dato ispirato una serie di opere basate sul contrasto tra l’insieme reso con campiture piatte di colore e i dettagli realizzati in punta di pennello, in cui alla luce abbagliante del cielo e del mare fa da contrappunto la scabrosità dei lembi di terra che emergono dalla laguna. Certamente il pittore a Parigi doveva essere stato colpito dall’uso da parte degli artisti internazionali degli azzurri e dei gialli di matrice tiepolesca, che appartenevano alla sua tradizione culturale e che costituiscono l’asse portante del dipinto "Canale di Mazzorbo".
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 68 Joseph Damko (1872 - 1955)
Ritratto maschile, 1904
Terracotta
32,5 x 25,5 x 23 cm
Firma: « Damko », incisa nella pasta sulla spalla prima della cottura
Data: « 904 », incisa nella pasta sulla spalla prima della cottura
Altre iscrizioni: « Roma », incisa nella pasta sulla spalla prima della cottura
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 85% (punti di frizione)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (depositi, scolature d'acqua)
Scultore ungherese, attivo a Roma all'inizio del '900. E' presente una sua scultura in San Giovanni in Laterano, realizzata probabilmente nel 1907, per celebrare la ricorrenza dell'incoronazione di Stefano d'Ungheria. -
Lotto 69 Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Senneh
Vello in lana su armatura in cotone, con noto simmetrico
259 x 162 cm
Elementi distintivi: etichetta della Galleria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90%
Il tappeto afferisce alla produzione del Kurdistan persiano. -
Lotto 70 Carel Lodewijk Dake Junior (1886 - 1946)
Paesaggio indonesiano
Olio su tela
72,5 x 50,5 cm
Firma: firma al recto
Provenienza: Christie's Amsterdam, 21.4.1998, lotto 1; collezione privata
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lotto 71 Azerbaijan (Ultimo quarto del XIX secolo)
Tappeto Perepedil
Vello in lana su armatura in lana, con noso simmetrico
166 x 126 cm
Elementi distintivi: etichetta anonima con riferimento alle caratteristiche del tappeto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70%
Stato di conservazione. Superficie: 50% (parziali ridipinture nelle aree consumate)
Classico esemplare con disegno a corna di montone su fondo blu e bordura pseudo cufica a fondo rosso, contraddistinta da un evidente abrash nella parte alta. -
Lotto 72 Lucca (III quarto del XVIII secolo)
Specchiera in stile transizione
Tiglio riccamente intagliato, dorato e inciso; abete; vetro
248 x 115 x 35,5 cm
Provenienza: Matheus, Vicenza, 2013; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 75% (danni da urti e mancanze; integrazioni e rinforzi, per esempio al cimiero; tarlature)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (consunzione e cadute della doratura)
La datazione al III quarto del XVIII secolo è adottata a seguito delle verifiche svolte in preparazione dell'asta. In precedente scheda, Fabio Ferraccioli ha leggermente anticipato la datazione alla metà del XVIII secolo, sottolineando la contemporaneità di struttura lignea e specchio al mercurio.