ASTA 306: Scultura, Bronzetti e Ceramiche dal XVI al XIX Secolo
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Lotto 25 Genova?, XVII secolo
Marmo scultura: 31 x 10 x 9 cm base: 7 x 12 x 12 cm
Questa scultura di piccole dimensioni ripropone in chiave domestica la statuaria monumentale di destinazione ecclesiastica.
Panneggiata in modo classico e composto, sembra precedere nello stile il momento glorioso del barocco. Dalla nuvola su cui è sospesa fanno capolino deliziose teste di cherubini incorniciate da boccoli di matrice tipicamente rinascimentale.
Questa piccola "Assunta" presenta assonanze con la statuaria genovese fra il XVI e il XVII secolo, in particolare con l'opera di Tommaso Orsolino. Quale confronto, anche se ovviamente con toni minori, assomiglia all'Assunta della Chiesa di San Francesco da Paola, Genova (pag. 20, op cit.).
AAVV, La Scultura a Genova e in Liguria, dal Seicento al Primo Novecento, volume secondo, Fratelli Pagano ed., Genova, 1987, p. 20 -
Lotto 26 XVII secolo
Bronzo Patina trasparente rossastra, tracce di patina scura scultura: 22 x 16 x 8 cm base: 13 x 11 x 11 cm
Barthelemy Prieur fu lo scultore di corte di Enrico IV e della moglie Maria de' Medici. Oltre a realizzare opere monumentali per la coppia reale, produsse anche una serie di piccoli bronzi da studiolo, vagamente erotici, raffiguranti venerine nude in vari atteggiamenti.
Realizzò con altrettanta maestria una serie di bronzetti a tema encomiastico raffiguranti il re e la regina, sia a figura intera intera che in forma di busto.
Il busto qui proposto raffigura Maria de' Medici e nasceva accoppiato con quello del marito, Enrico IV. Essendo replicati in fonderia quali doni diplomatici, è possibile vederne alcune repliche di varia qualità, realizzati dalla bottega o attribuibili alla mano del maestro. Distinguere fra il prodotto di bottega e quello realizzato dall'artista è spesso lavoro complesso e rischioso, se non erroneo. Difatti, la fonderia produceva oggetti alla cui realizzazione concorrevano varie figure professionali spesso indistinguibili fra loro. Anche i grandi artisti fornivano i modelli in cera e li lasciavano realizzare da ottimi artigiani sotto la loro supervisione.
Il bustino in esame è sicuramente coerente con le migliori fusioni conosciute del Prieur, sia per lavorazione che per patina. -
Lotto 27 XVII secolo
Bronzo con patina spessa nera 22 x 14 x 5,5 cm La ghiera diam. 11,5 cm
Questo fantasioso battente, o picchiotto, raffigura la testa di un uomo barbuto sorretta da una coppia di delfini che sembrano mordergli le orecchie. Le code dei delfini si intrecciano e vanno a finire nelle bocche spalancate di altri due mascheroni visti di profilo.
Questo genere di decorazioni da portone sono usuali nella produzione veneta rinascimentale sino ad esiti "monumentali" (vedi Alessandro Vittoria).
In questo caso alcuni modelli simili si possono rintracciare nella produzione del Veronese Giuseppe de Levis, per questo motivo avviciniamo il bronzo a quell'ambiente.
Charles Avery, Joseph de Levis and Company, Philip Wilson Publishers, London, 2016, p. 27, fig. 28.
Matteo Ceriana- Victoria Avery, L'industria Artistica del Bronzo del Rinascimento a Venezia e nell'Italia Settentrionale, Scripta Edizioni, Verona 2008, pp.250-51. -
Lotto 28 Probabilmente XVII secolo
Bronzo, patina rossastra trasparente con tracce scure scultura: 22 x 17 x 11 cm base: 6 x 11 x 11 cm
Questo famoso bronzetto raffigura un particolare tipo di caccia notturna, praticata soprattutto nel nord Europa, che usa una lanterna (il frugolo) per abbagliare l'animale ed un bastone (la ramata) per colpirlo.
Esiste in due versioni attribuite alla scuola del Giambologna o di Antonio Susini, entrambe al Museo Nazionale del Bargello a Firenze. Quello qui proposto si avvicina al modello "B", anche se in controparte, frugolo e ramata sono invertiti.
L'esemplare qui presentato è molto plastico e presenta una splendida patina rossastra, tipica delle migliori produzioni fiorentine.
Mark Gregory d'Apuzzo, La Collezione dei Bronzi del Museo Civico Medievale di Bologna,Libro Co. Italia, San Casciano Val di Pesa (Fi), pp.312-320. -
Lotto 29 Padova, XVII secolo
Bronzo patinato nero scultura: 35 x 10 x 9 cm base: 11 x 11 x 11 cm
Raro soggetto raffigurante la Dea della Fortuna, caratterizzata da un velo che, mosso da vento, la porta in direzioni imprevedibili. Spesso è raffigurata con una vela da barca o in equilibrio su una sfera, sempre ad indicarne la precarietà e il capriccio.
Esempi simili nei Musei Civici di Padova attribuiti alla scuola di Gerolamo Campagna o di Tiziano Aspetti identificati come Venere marina, ma facilmente allegorie della Fortuna.
Davide Banzato- Franca Pellegrini, Bronzi e Placchette dei Musei Civici di Padova, Editoriale Programma, Padova, 1989, pag.105 -
Lotto 30 Probabilmente XVII secolo
Bronzo patinato nero scultura: 22 x 26 x 7 cm base: 7 x 26 x 15 cm
Questo cavallo va messo in relazione all'identico bronzo del Bode Museum di Berlino.
In epoca rinascimentale spesso venivano presentati cavalli con le criniere a spazzola, derivanti dai modelli archeologici (vedi quelli della basilica di San Marco). Questo al contrario mostra una criniera molto folta a fitti riccioli, molto originale e di cui raramente si vedono repliche.
Da notare è anche la coda legata con un nastro, simile a quella del monumento equestre al Gattamelata, situato davanti alla basilica del Santo a Padova.
Volker Krahn, Bronzetti Veneziani, Germany, SMB-DUMONT, 2003, pag. 235. -
Lotto 31 Probabilmente XVII secolo
Bronzo 29 x 10 x 10 cm
Stupenda patina rossa su patina nera bituminosa.
Questa originalissima Minerva è stata pensata come un oggetto archeologico di scavo mutilo di alcune parti. Ad esempio manca il braccio destro, che forse avrebbe dovuto reggere la spada, ed anche quello sinistro con lo scudo.
Esistono esempi noti di bronzetti simili, quali la Eva di Tullio Lombardo, ora a Vienna, fatta senza arti ad imitazione, fraudolenta o innocente che sia, di molti bronzi di scavo (Montague op. Cit. pag. 42). Anche la cosiddetta "Ragazza di Borea", una ragazza nuda con turbante, bellissimo bronzetto di scavo rinvenuto mutilo degli arti, fu spesso replicato sino al XIX secolo.
Jennifer Montagu, Bronzi, U. Mursia & C., Milano, 1965, pag. 42. -
Lotto 32 Possibilmente XVII secolo
Bronzo patinato. Base in marmo scultura: 20 x 5 x 7 cm base: 13 x 9 x 9 cm
Il modello di questo interessante "Cristo alla Colonna" va sicuramente ascritto all'ambito del grande scultore rinascimentale Guglielmo della Porta, e infatti risulta essere identico a quello del Walters House Museum, dove viene schedato "dal modello di Guglielmo della Porta". Allo stesso tempo il bronzo è molto simile al modello appartenente alla "Quentin Collection" (pubblicato nel catalogo della mostra tenutasi alla Frick Collection nel 2004-2005 a New York), da cui si differenzia principalmente per l''orientamento dello sguardo (il modello della Quentin Collection guarda alla propria sinistra).
Il bronzo è montato su un bel basamento in marmo a forma di plinto. Questo supporto potrebbe essere posteriore alla fusione del Cristo.
Come sempre, fatti i debiti paragoni stilistici, si può collocare prudentemente questo interessante "Cristo alla Colonna" all'ambito o alla scuola di Guglielmo della Porta.
Rosario Coppel, Charles Avery, Margarita Estella, Guglielmo della Porta, Coll and Cortès pubblication, printed by Grafica Palermo, S.L., 2012. pag. 75.
Manfred Leithe-Jasper, Patricia Wengraf, European Bronzes From the Quentin Collection, Frick Collection, catalogo della mostra, published by M.T.Train/Scala Books, 2004, pp 116-119. -
Lotto 33 Probabilmente XVII secolo
Bronzo, Patina nera con tracce di doratura scultura: 10 x 10 x 3 cm base: 7 x 11 x 8 cm
Questo delizioso cavallino ripete in scala ridotta i modelli dei monumenti equestri realizzati dal Giambologna, primo fra tutti quello dedicato a Cosimo I in piazza della Signoria a Firenze.
Sia la scuola del Giambologna che altri emulatori continuarono a produrre cavalli sullo stile inaugurato dal grande scultore fiammingo.
Questo in particolare assomiglia a quello dell' Anton Ulrich-Museum, Brunswick, (cat. n. 68), soprattutto per la presenza di una briglia che dalla bocca del cavallo va ad annodarsi sulla schiena dell'animale.
Fusione molto interessante che mantiene, pur nelle dimensioni ridotte, la monumentalità delle versioni maggiori.
Ursel Berger-Volker Krahn, Bronzen der Renaissance und des Barock, Braunschweig, 1994, p. 112-113 -
Lotto 34 XVII-XVIII secolo
Argento, antiche tracce di ossidazione 17 x 15 x 4 cm
Catalogare i crocifissi usciti dalla fonderia del Giambologna, o da quelle botteghe che a lui si ispiravano, rappresenta uno dei misteri del creato. Le innovazioni stilistiche apportate al soggetto dal grande scultore si diffusero in Toscana per tutto il Seicento, generando non solo bronzi, ma anche opere di oreficeria.
Lungi dall'idea di azzardare attribuzioni a grandi nomi, risulta comunque evidente una decisa somiglianza del Cristo qui presentato con opere certe (in argento) dello scultore fiammingo.
Noi conosciamo il corpus dei Crocifissi di grandi dimensioni prodotti dalla fonderia del Giambologna (SS.Annunziata, Santa Maria degli Angiolini, Convento San Marco…): da questi modelli aulici vennero fatte riduzioni per il culto domestico o per regali diplomatici.
La produzione di questi oggetti veniva realizzata dal Susini, suo stretto collaboratore, o da qualche lavorante specializzato, presentando piccole varianti.
Altra tipologia è quella derivante dal piccolo Cristo da altare, in argento, della Santa Casa di Loreto, a cui il nostro Crocifisso si ispira. Questo modello presenta un perizoma meno teso generante una sorta di triangolo fra le cosce. Annodato sul fianco destro si conclude con una fusciacca morbida e lunga.
Il Crocifisso in esame è in evidente dialogo con quel modello, sicuramente opera del Giambologna, e ad esso si ispira con lievi variazioni.
Nella scuola del Giambologna i perizoma variano mantenendo delle costanti. Il crocifisso qui presentato si colloca all'interno di questi parametri.
Nella collezione parigina di Michael Hall è presente un crocifisso molto simile a quello presentato in questa sede. Charles Avery afferma, nella scheda critica, che si tratta di un modello di Giambologna con l'assistenza di Antonio Susini.
Charles Avery- Michael Hall, Giambologna Sculptor of the Medici, Somogy Editions d'art, Parigi, 1999, scheda 20, p.99.
Floriano Grimaldi-Massimo Masci, Giambologna fra tecnica e stile, i Crocifissi documentati, Etruria Editrice, Pistoia, 2011, per il crocifisso del cardinale Ferdinando dei Medici: scheda 3, pp.55-60, 68-79. Per il Crocifisso della Santa Casa di Loreto pp.45-51, immagini pp. 82-94. -
Lotto 35 Probabilmente XVII-XVIII secolo
Bronzo con patina rossastra trasparente, tracce di patina nera scultura: 15 x 5 x 4 cm base: 9 x 8 x 8 cm
Questo raffinato bronzetto raffigura una donna vestita all'antica, con una lunga veste drappeggiata raccolta sul braccio destro, alla moda delle matrone romane. I capelli sono raccolti con un nastro e ricadono con una ciocca sulla spalla destra.
Si tratta con ogni probabilità di una delle Virtù Teologali: la Carità, il cui segno distintivo è un cuore ardente tenuto in alto nella mano. Fede, Speranza e Carità costituiscono il trittico completo.
Viste le misure ridotte potrebbe trattarsi di un bronzetto da monetiere, forse padovano, risalente ai secoli XVII-XVIII. -
Lotto 36 Lombardia, XVII-XVIII secolo
Bronzo a patina naturale 45 x 14 x 14 cm
Raro gruppo di candelieri ecclesiastici in bronzo. Splendida tornitura del balaustro con sfaccettature verticali. Il piede si allarga formando una base tripode poggiante su riccioli stilizzati.
Molto interessante la presenza della grande vite a "farfalla" che blocca nella parte inferiore i vari pezzi di cui sono composti i candelieri, segno di autenticità e completezza dei manufatti. Molte repliche furono realizzate fra il XIX e il XX secolo sia per fini ecclesiastici che che per la realizzazione di lampade domestiche.
Le misure contenute, l'elegante tornitura e la splendida patina naturale fanno del set, composto da sei candelieri, un'interessante complemento d'arredo. -
Lotto 37 Toscana, XVII-XVIII secolo
Bronzo patinato nero scultura: 27 x 28 x 8 cm base: 10 x 32 x 15 cm
Questo bel cavallo rampante, o in corvetta, riecheggia alcuni modelli toscani del XVII secolo legati alla scuola di Pietro e Ferdinando Tacca.
Il movimento esagerato della criniera e della coda nonché la forza compressa, ma esplosiva, dell'animale che si impenna, sono assonanze riscontrabili in tutta la tradizione Toscana che parte dai monumenti equestri del Giambologna fino agli esiti del Tacca o del Fanelli.
Bella fusione ben cesellata con patina nera coprente, probabilmente realizzata nel XVIII secolo.
Piero Torriti, Pietro Tacca da Carrara, Sagep ed., Genova, 1975, pp.70-71. -
Lotto 38 Scuola Toscana, XVII-XVIII secolo
Bronzo, patina marrone scultura: 31 x 11 x 8 cm base 8 x 20 x 20 cm
Bella scultura raffigurante Cristo alla colonna.
Il soggetto fu trattato dal Giambologna e dalla sua scuola nel corso del XVII secolo. Ne esistono esemplari non identici, ma abbastanza simili nella composizione, attribuiti a giovani seguaci del Giambologna.
I modelli attribuiti al Giambologna sono al Bargello (Firenze) e al Bode Museum (Berlino), ma hanno una posa talmente classica e monumentale da discostarsi completamente dagli altri esempi attribuiti alla scuola. Infatti questi presentano una torsione più drammatica ed espressionista, che allude al barocco. Come esempi ricordiamo quelli pubblicati da Avery (op.cit.pag. 138-139)
e quello in collezione Michael Hall ( op. cit. pagg.132-133). Quest'ultimo viene attribuiti all'atelier di Antonio Susini o di Barthelemy Prieur. Il bronzo in oggetto presenta assonanze con queste fusioni, nella torsione un po' esagerata e nel tono della patina marrone chiaro.
Charles Avery-Anthony Radcliffe, Giambologna Sculptor to the Medici,
Catalogo della mostra, Westerham Press, England, 1978, pp. 138-139.
Charles Avery-Michael Hall, Giambologna, catalogo della mostra della collezione di Michael Hall, Somogy Editions d'art, Parigi, 1999, pagg.132-134. -
Lotto 39 XVII-XVIII secolo
Bronzo, patina dorata trasparente, fusione a cera persa cava 42 x 33 x 7 cm
Gian Lorenzo Bernini realizzò con l'aiuto di Ercole Ferrara, scultore comasco trasferitosi a Roma, 25 crocefissi per gli altari della basilica di San Pietro. Di questi ne sono ancora visibili 23, in quanto uno è andato disperso ed un altro è nei depositi Vaticani. Dei ventitré diciotto rappresentano il Cristo vivo, cinque il Cristo morto.
Il Crocifisso qui presentato ripete lo stesso modello di quello vivo. Impossibile in questa sede approfondire se altre fonderie romane potessero copiare i modelli del Bernini, oppure se ci troviamo di fronte ad una copia successiva di bottega. Certo è che il modello è molto raro e ripete fedelmente quello pensato dal Bernini e realizzato da Ercole Ferrata verso la metà del XVII secolo.
Modelli identici al nostro al Bode Museum di Berlino e al Princeton University Art Museum. -
Lotto 40 Probabilmente XVII-XVIII secolo
Bronzo patina trasparente dorata scultura: 24 x 26 x 9 cm base: 11 x 23 x 13 cm
Il cavallo qui presentato ripete il modello della Statua equestre di Cosimo I de' Medici, situata in Piazza della Signoria a Firenze.
La fonderia del Giambologna, o quelle dei suoi successori quali Antonio Susini ed emulatori, realizzarono cavallini ispirati a quel modello aulico monumentale.
Il modello qui proposto rientra in quel gusto. Fusione molto bella e ben rifinita, presenta una leggera patina trasparente dai toni dorati, tipica delle produzioni toscane antiche.
Per tratti stilistici simili lo possiamo confrontare con quello del Victoria and Albert Museum attribuito ad Antonio Susini.
Base in legno e pietra paesina non coeva.
Charles Avery, Giambologna's horses: questions and hypothesis, in atti del convegno: Giambologna tra Firenze e l'Europa, Centro di, Firenze, 2000, pp. 11-28. -
Lotto 41 Lombardia, XVII-XVIII secolo
Legno di noce 87 x 50 x 20 cm
L'area di produzione di questa scultura potrebbe essere lombarda, fra Bergamo e Brescia, ove importanti botteghe, quali i Fantoni di Rovetta, generarono un forte impulso per la scultura in legno naturale.
Presenta una certa somiglianza con le figure allegoriche della seconda sagrestia di Alzano.
Silvana Milanesi, Dei Fantoni ed altre Storie tra Seicento d Settecento, Castelli Bolis Poligrafiche, Azzano San Paolo, 2005, pp.114 e seguenti. -
Lotto 42 Probabilmente XVII-XVIII secolo
Bronzo patina trasparente verdastra su fondo nero 23 x 21 x 13 cm
Questo straordinario bronzetto dipinge una allegoria di non facile interpretazione.
La figura di sinistra rappresenta una donna dai seni avvizziti, nei capelli serpenti e nella mano destra un bastone infuocato.
La figura di destra è un uomo nudo che tiene in mano una maschera tolta dal viso della donna. Nella mano sinistra un bastone, fra le gambe un fuoco acceso.
Nella parte posteriore, nello zoccolo del basamento, una scritta in francese che allude alla discordia, purtroppo di non facile lettura in quanto i caratteri tipografici si mescolano e sovrappongono.
In vari trattati di iconologia, vedi il Cartari ed il Ripa, l'invidia viene rappresentata come una vecchia dai seni cadenti, serpenti nei capelli, mentre divora un cuore. Simile la rappresentazione della discordia che tiene in mano un tizzone acceso, come nel nostro caso.
Da un punto di vista stilistico questa rappresentazione rimanda a composizioni analoghe di scuola Toscana barocca o tardo barocca. Il modo di trattare ad esempio la zolla di terreno su cui spiccano le figure ricorda i modi del Soldani Benzi.
La patina verdognola e la scritta in francese ci spingono verso la Francia.
Un piccolo mistero da svelare.
A cura di Eike D. Schmidt, Sandro Bellesi, Riccardo Gennaioli, Plasmato dal Fuoco, catalogo della mostra, Le Sillabe, Livorno, 2019. -
Lotto 43 Toscana, probabilmente XVII-XVIII secolo
Bronzo patina trasparente dorata scultura: 15 x 22 x 10 cm base: 9 x 28 x 15 cm
Il "Leone Medici" è una scultura archeologica originariamente collocata a Roma nei giardini di Villa Medici.
Allo scultore Flaminio Vacca venne commissionato un pendant verso la fine del XVI secolo. Attualmente entrambe le sculture sono posizionate ai lati della scalinata della Loggia dei Lanzi a Firenze. Salendo la breve scalinata il leone di destra è quello archeologico, mentre quello di sinistra è firmato visibilmente da Flaminio Vacca.
Il bronzetto qui presentato si riferisce alla scultura di Flaminio Vacca, ma non ne è una derivazione pedissequa in quanto la coda e le zampe sono posizionate diversamente.
Presenta quindi una originalità che lo colloca in epoca anteriore. Inoltre, la straordinaria finitura a cesello e la bella patina lo avvicinano a prodotti toscani di ispirazione giambolognesca.
Modello simile, anch'esso con varianti nella posizione delle zampe, viene attribuito da Charles Avery alla fonderia di Giovan Francesco Susini (collezione Michael Hall).
Charles Avery- Michael Hall, Giambologna, catalogo della mostra della collezione di Michael Hall, Somogy Editions, Paris, 1999, pp. 160-161. -
Lotto 44 XVII-XVIII secolo
Terracotta 87,5x17x14 cm
Coppia di lesene raffiguranti il torso di due figure femminili. In equilibrio sulle teste, due cestini colmi di frutta in perfetto stile robbiano.
In epoca rinascimentale la manifattura dei Della Robbia ha creato maioliche a forma di cesto gremito di frutta e verdura. Melagrane, cetrioli, uva e mele erano elementi tipici di queste composizioni. Talvolta questi meravigliosi oggetti profani erano decorazioni autonome, in altri casi venivano collocati in equilibrio su figure di vario genere oppure usati come tappi di grandi vasi.
Le due lesene qui proposte seguono quello stile probabilmente in epoca più avanzata.
Giancarlo Gentilini, I Della Robbia, Giunti, Prato, 1998, pagg.266, 277, 279, 280. -
Lotto 45 Scuola toscana, XVII-XVIII secolo
Bronzo, patina dai toni rossastri con fondo più scuro scultura: 11 x 22 x 9 cm base: 5 x 26 x 12 cm
Questa bella composizione raffigura la morte di Lucrezia. Lei, mollemente adagiata sul talamo, tiene ancora in mano la spada che la trafisse.
La composizione risente di analoghi bronzetti del Giambologna, quali la Ninfa addormentata, ma soprattutto dall'Arianna dei Musei Vaticani, scultura archeologica acquistata da papa Giulio II nel 1512 per i giardini del Belvedere.
Il colore caldo e rossastro della patina fanno pensare ad analoghe produzioni toscane del XVII-XVIII secolo. -
Lotto 46 Italia o Francia, XVII-XVIII secolo
Bronzo patina marrone scultura: 45 x 35 x 12 cm base: 11 x 48 x 27 cm
Questa bellissima fusione rappresenta un soggetto molto amato nel Rinascimento: Ercole che combatte contro il centauro Nesso.
Modello di riferimento è la scultura in marmo realizzata dal Giambologna, ora sotto la Loggia dei Lanzi a Firenze, trasposta in bronzo sempre dal grande scultore fiammingo e dalla sua scuola.
La scena del combattimento è colta al suo culmine ed è estremamente violenta.
Nel caso del Giambologna, Ercole quasi cavalca Nesso nel momento in cui lo soggioga, mentre nella composizione in esame, Ercole affronta il centauro brandendo la clava e strappandogli addirittura il cuoio capelluto.
La resa dei volti, con le rispettive espressioni di odio e terrore, è descritta in modo magistrale e lo stesso dicasi per i particolari anatomici.
Alcune leggere imperfezioni della fusione, in particolare sotto i piedi ed in alcuni punti della superficie sottolineano l'antichità del pezzo. -
Lotto 47 XVIII secolo
Alabastro scultura: 31 x 12 x 13 cm base: 15 x 15 x 15 cm
Questa scultura ripropone una famosa Venere "accosciata" del Giambologna. Il bronzo originale è conservato al Museo Nazionale del Bargello, Firenze ( inv.62 B). Si tratta di un capolavoro del grande maestro fiammingo firmato con la sigla I.B.F. sul bracciale che cinge il braccio destro della Venere.
Essendo Impossibile azzardare qualsiasi tipo di attribuzione, ricordiamo che molte derivazioni in bronzo furono prodotte e documentate fino al XVIII secolo ed anche oltre. Sicuramente, la suddetta scultura in alabastro denota grande capacità esecutiva e risale probabilmente al XVIII secolo, se non a quello precedente.
Si notino i tratti della donna inginocchiata che rivelano un attento studio dei particolari anatomici del corpo femminile.
Beatrice Paolozzi Strozzi, Dimitrios Zikos, Giambologna gli Dei gli Eroi, Giunti ed., Prato, 2006, pp.199-200. -
Lotto 48 XVIII secolo
Alabastro maculato 46 x 50 x 24 cm
Questa scultura è replica del gruppo archeologico denominato come "Lottatori", attualmente conservato al Museo degli Uffizi (Firenze).
Nel 1583 fu scavato in una vigna della famiglia Tommasini, a Roma, ed acquistato dal cardinale Ferdinando de Medici. Rimase in villa Medici, sempre a Roma, sino al 1677, quando fu trasportato a Firenze definitivamente.
Si tratta di copia romana di un originale in bronzo di Lisippo. Il gruppo rappresenta due lottatori avvinghiati e fu rinvenuto, come gran parte delle sculture dissotterrate, mutilo delle teste e del braccio destro del lottatore sovrastante. Inoltre il marmo si presentava macchiato e con varie rotture. I pezzi mancanti furono commissionati ed il restauro fu completato in momenti diversi, in parte a Roma ed in parte a Firenze.
Questa scultura, unica nel suo genere, stimolò la fantasia di molti emulatori in tutte le epoche successive al suo ritrovamento. Nel periodo neoclassico, soprattutto, le copie di questo soggetto furono molto apprezzate.
Il gruppo in oggetto è realizzato con una breccia antica maculata dai toni rossastri, probabilmente una rara qualità di alabastro. Visto il soggetto cruento, sembra scelta per imitare gli ematomi dei lottatori.
Le rotture non sembrano dovute ad una caduta accidentale ma, se confrontate con la scultura originale agli Uffizi, sembrano ripetere lo stato conservativo dell' opera archeologica. Macchie, rotture e materiale pregiato danno al gruppo un aspetto veramente antico, quasi da "scavo".