#79: Dipinti d'alta epoca e Antiquariato
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Lotto 1 Felice Torelli (Verona 1667-Bologna 1748) - Diana e Endimione, Ovale, 17° secolo Cm 175, In cornice Diametro cm 213 Olio su tela Perizia del professore Claudio Strinati: «Si tratta di un raffinatissimo dipinto, nato a dire il vero, in formato rettangolare e poi ampliato su tutti i lati per adeguarlo ad un formato ovale probabilmente imposto da una nuova cornice, come risulta evidentissimo anche ad una semplice osservazione ad occhio nudo. Il quadro racconta con estrema finezza e delicatezza, certamente desunta da analoghi prototipi di Francesco Albani, il celebre allievo di Annibale Carracci, la celebre favola mitologica della dea Diana, dea della luna che appare all’amato pastore Endimione dormiente per congiungersi con lui generando, secondo una versione particolarmente diffusa della favola, soltanto figlie femmine e tutte di superba bellezza.
Il dipinto qui in esame appare ispirato da alcune finti iconografiche riconducibili soprattutto alla tradizione bolognese e in particolare dal Guercino. L’autore è, in effetti, un illustre discendente del Guercino, Felice Torelli, originario di Verona ma formatosi, e molto bene, alla gloriosa scuola del bolognese, appunto, Gian Gioseffo del Sole il cui influsso sul nostro dipinto appare evidente.
Torelli, membro di una insigne famiglia di artisti (suo fratello Giuseppe fu grande musicista) sviluppò una linea stilistica di consacrazione della pittura mitologica di cui il nostro dipinto è eccellente dimostrazione. La nostra opera risale all’ inizio del Settecento quando Torelli, al culmine di una gloriosa carriera, fondò a Bologna la celeberrima Accademia Clementina. In quel periodo lavorò molto sulla pittura mitologica, ad esempio al capolavoro di Diana e le Ninfe oggi conservato al Museo Nazionale di Varsavia con cui il nostro dipinto può essere utilmente
confrontato.
Ottimo lo stato di conservazione.
In fede,
Claudio Strinati» -
Lotto 2 Madonna con Bambino, Santa Lucia e Sant'Agnello Abate H cm 200x131 Olio su tela Pittore della fine del XVII secolo. Telaio centinato.
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Lotto 3 San Marco Evangelista con Santi Vescovi H cm 200x131 Pittore italiano della fine del XVII secolo. Telaio centinato. Cadute di colore.Pittore italiano della fine del XVII secolo. Telaio centinato. Cadute di colore.
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Lotto 4 Fedele Fischetti (Napoli 1732-1792) - La Fede H cm 86x66 Perizia del Professore Claudio Strinati: «Delicatissimo e bellissimo dipinto da riferire alla primissima fase del grande pittore napoletano, noto poi nella sua grande maturità, per tutta una serie di grandiosi cicli per palazzi nobiliari della città partenopea (ed anche per alcune aree magnifiche del contado) e soprattutto per una serie di affreschi nella Reggia di Caserta per lo più eseguiti tra il settimo e l’ottavo decennio del secolo diciottesimo.
Un confronto con alcune delle sue opere maggiori induce a riconoscere la stessa mano del nostro quadro ma in una fase ancora giovanile quando Fischetti fu noto come raffinato e colto decoratore addetto anche ad attività che oggi definiremmo strumentali come l’abbellimento delle carrozze o degli apparati liturgici effimeri destinati alle feste e alle cerimonie pubbliche.
Probabilmente questa notevole immagine della Fede potrebbe essere nata in un contesto di tale tipo prima ancora che il Maestro mettesse mano alle sue grandi opere.
E non è escluso che possa esservi in questo dipinto anche una garbata e intima eco personale (una sorta di autoritratto simbolico) raffigurando il quadro l’Allegoria della Fede e Fedele essendo il nome dell’autore stesso. Si tratta quindi di un dipinto da datare proprio alla metà del secolo diciottesimo quando il Fisichetti doveva esser neanche ventenne, tanta è la freschezza e la qualità della modellazione dell’immagine che fa pensare comunque già ad una commissione di altissimo rango sociale, quel rango che poi Fischetti perseguì per tutta la sua operosissima e fortunatissima esistenza.
Eccellente lo stato di conservazione.
In fede,
Claudio Strinati»Perizia del Professore Claudio Strinati: «Delicatissimo e bellissimo dipinto da riferire alla primissima fase del grande pittore napoletano, noto poi nella sua grande maturità, per tutta una serie di grandiosi cicli per palazzi nobiliari della città partenopea (ed anche per alcune aree magnifiche del contado) e soprattutto per una serie di affreschi nella Reggia di Caserta per lo più eseguiti tra il settimo e l’ottavo decennio del secolo diciottesimo.
Un confronto con alcune delle sue opere maggiori induce a riconoscere la stessa mano del nostro quadro ma in una fase ancora giovanile quando Fischetti fu noto come raffinato e colto decoratore addetto anche ad attività che oggi definiremmo strumentali come l’abbellimento delle carrozze o degli apparati liturgici effimeri destinati alle feste e alle cerimonie pubbliche.
Probabilmente questa notevole immagine della Fede potrebbe essere nata in un contesto di tale tipo prima ancora che il Maestro mettesse mano alle sue grandi opere.
E non è escluso che possa esservi in questo dipinto anche una garbata e intima eco personale (una sorta di autoritratto simbolico) raffigurando il quadro l’Allegoria della Fede e Fedele essendo il nome dell’autore stesso. Si tratta quindi di un dipinto da datare proprio alla metà del secolo diciottesimo quando il Fisichetti doveva esser neanche ventenne, tanta è la freschezza e la qualità della modellazione dell’immagine che fa pensare comunque già ad una commissione di altissimo rango sociale, quel rango che poi Fischetti perseguì per tutta la sua operosissima e fortunatissima esistenza.
Eccellente lo stato di conservazione.
In fede,
Claudio Strinati» -
Lotto 5 Fabrizio Santafede (Napoli 1555 ca.-1626) - Annunciazione, contornata dalle scene della Passione di Cristo H cm 177x136 Perizia del professore Claudio Strinati: «Si tratta di un’opera ragguardevole, preziosa testimonianza, a mio avviso, della prima fase di attività del grande pittore napoletano che divenne uno dei protagonisti assoluti della vita artistica partenopea del primo venticinquennio del Seicento. L’ opera qui in esame, però, va datata prima e più precisamente nella fase in cui Santafede ebbe l’incarico, abbastanza ben documentato nelle fonti, dalla pala dell’altare maggiore, raffigurante una Madonna e Santi, della Cattedrale di Matera, che ancorché non firmata è opera certa e databile intorno al 1580-83. Un confronto tra il dipinto qui in esame e la colossale pala di Matera conferma il riferimento al Santafede giovane della nostra opera nonché una datazione analoga, forse, per il nostro dipinto, da spostare leggermente in avanti, cioè alla metà dell’ultimo decennio del sedicesimo secolo.
Notevolissime, peraltro, le scene della vita di Cristo intorno all’Annunciazione, in cui si notano chiaramente gli influssi dei grandi manieristi soprattutto (ma non esclusivamente) fiamminghi operosi a Napoli nella seconda metà del Cinquecento come Teodoro d’ Errico o Aert Mytens. Peraltro è ancora molto forte in queste splendide e fervide scenette l’influsso di Marco Pino da Siena il grande pittore che ebbe una presenza a Napoli determinante e condizionò non poco anche il Santafede ai suoi esordi.
Nella Annunciazione già risulta evidente tuttavia la connessione, poi prediletta dal Santafede stesso, con la grande pittura fiorentina del tardo Cinquecento su cui Santafede, forse anche per influsso di Belisario Corenzio che in quel tempo a Napoli deteneva una sorta di monopolio delle committenze maggiori, modellò la sua magnifica cifra stilistica di nitore e compostezza classicheggiante unita ad una nobilissima e maestosa espressività, memore anche della lezione della scuola romana che egli di certo conobbe e apprezzò.
Magnificamente conservato, il nostro dipinto è quindi una bellissima testimonianza della decisiva svolta in chiave classica della pittura meridionale nell’estremo scorcio del sedicesimo secolo.
In fede,
Claudio Strinati»Perizia del professore Claudio Strinati: «Si tratta di un’opera ragguardevole, preziosa testimonianza, a mio avviso, della prima fase di attività del grande pittore napoletano che divenne uno dei protagonisti assoluti della vita artistica partenopea del primo venticinquennio del Seicento. L’ opera qui in esame, però, va datata prima e più precisamente nella fase in cui Santafede ebbe l’incarico, abbastanza ben documentato nelle fonti, dalla pala dell’altare maggiore, raffigurante una Madonna e Santi, della Cattedrale di Matera, che ancorché non firmata è opera certa e databile intorno al 1580-83. Un confronto tra il dipinto qui in esame e la colossale pala di Matera conferma il riferimento al Santafede giovane della nostra opera nonché una datazione analoga, forse, per il nostro dipinto, da spostare leggermente in avanti, cioè alla metà dell’ultimo decennio del sedicesimo secolo.
Notevolissime, peraltro, le scene della vita di Cristo intorno all’Annunciazione, in cui si notano chiaramente gli influssi dei grandi manieristi soprattutto (ma non esclusivamente) fiamminghi operosi a Napoli nella seconda metà del Cinquecento come Teodoro d’ Errico o Aert Mytens. Peraltro è ancora molto forte in queste splendide e fervide scenette l’influsso di Marco Pino da Siena il grande pittore che ebbe una presenza a Napoli determinante e condizionò non poco anche il Santafede ai suoi esordi.
Nella Annunciazione già risulta evidente tuttavia la connessione, poi prediletta dal Santafede stesso, con la grande pittura fiorentina del tardo Cinquecento su cui Santafede, forse anche per influsso di Belisario Corenzio che in quel tempo a Napoli deteneva una sorta di monopolio delle committenze maggiori, modellò la sua magnifica cifra stilistica di nitore e compostezza classicheggiante unita ad una nobilissima e maestosa espressività, memore anche della lezione della scuola romana che egli di certo conobbe e apprezzò.
Magnificamente conservato, il nostro dipinto è quindi una bellissima testimonianza della decisiva svolta in chiave classica della pittura meridionale nell’estremo scorcio del sedicesimo secolo.
In fede,
Claudio Strinati» -
Lotto 6 Alessandro Magnasco (Genova 1667-1749) - Paesaggio con personaggi H cm 178x158 - in cornice H cm 192x174 Il dipinto in esame è una preziosa testimonianza delle opere paesaggistiche di Alessandro Magnasco, detto il Lissandrino per la sua minuta statura.
Magnasco defini sé stesso “genovese di nascita, milanese di elezione”, difatti la città lombarda lo accolse per diversi anni e qui plasmò e definì il suo stile pittorico. Questo dipinto riunisce i caratteri principali della produzione artistica del secondo soggiorno milanese di Magnasco. La tavolozza di colori scuri ma ricchi, le pennelfine vorticose e le piccole figure umane nascoste tra le ombre contribuiscono a rendere tali opere teatrali, inedite e riconoscibili. Il Lissandrino mostra la magnificenza della natura e il potere che ha sugli uomini, rendendoli solo piccoli e silenziosi attori che timetàamente convivono con essa. La vegetazione raffigurata nel dipinto sotto analisi presenza diverse consonanze con quella dell'opera Paesaggio con contadini, conservata presso The National Museum of Western Art di Tokyo e anch’essa firmata Magnasco.
Così come la resa rapida e virtuosistica del paesaggio rappresentato nell’opera in esame che rivela il tocco tipico del Lissandrino può essere paragonata con un’altra opera dell’artista genovese, Paesaggio con eremita, passata in asta nel mese di dicembre 2022 presso la Casa d’Aste Cambi.
ASORstudioIl dipinto in esame è una preziosa testimonianza delle opere paesaggistiche di Alessandro Magnasco, detto il Lissandrino per la sua minuta statura.
Magnasco defini sé stesso “genovese di nascita, milanese di elezione”, difatti la città lombarda lo accolse per diversi anni e qui plasmò e definì il suo stile pittorico. Questo dipinto riunisce i caratteri principali della produzione artistica del secondo soggiorno milanese di Magnasco. La tavolozza di colori scuri ma ricchi, le pennelfine vorticose e le piccole figure umane nascoste tra le ombre contribuiscono a rendere tali opere teatrali, inedite e riconoscibili. Il Lissandrino mostra la magnificenza della natura e il potere che ha sugli uomini, rendendoli solo piccoli e silenziosi attori che timetàamente convivono con essa. La vegetazione raffigurata nel dipinto sotto analisi presenza diverse consonanze con quella dell'opera Paesaggio con contadini, conservata presso The National Museum of Western Art di Tokyo e anch’essa firmata Magnasco.
Così come la resa rapida e virtuosistica del paesaggio rappresentato nell’opera in esame che rivela il tocco tipico del Lissandrino può essere paragonata con un’altra opera dell’artista genovese, Paesaggio con eremita, passata in asta nel mese di dicembre 2022 presso la Casa d’Aste Cambi.
ASORstudio -
Lotto 7 Maddalena, primi 19° secolo H cm 150x101 Pittore romano Neoclassico.Pittore romano Neoclassico.
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Lotto 8 Oronzo Malinconico (Napoli 1661-1709) - Maddalena penitente, 17° secolo cm 180x121, in cornice cm 195x145 Olio su tela Perizia del Professore Claudio Strinati: «Il dipinto deriva da un noto prototipo dell’ambiente guercinesco molto imitato per tutto il Seicento e oltre nelle varie scuole d’ Italia. Qui la figura è intera e l’opera è arricchita da una pregevole Natura Morta ai piedi della Santa. Il quadro è condotto con un disegno assai corretto e appare ben lumeggiato alla moda “tenebrista” che dall’ambiente veneto si irraggia
anche nell’ Italia meridionale nel corso della seconda metà del Seicento. Proprio per questo motivo riferisco il quadro all’ interessante e raro pittore napoletano Oronzo Malinconico, membro della nota famiglia di artisti quasi tutti gravitanti nella cerchia di Luca Giordano.
Tale riferimento stilistico sembrerebbe giustificato da interessanti e vivide analogie riscontrabili per il nostro quadro nelle poche opere certe di questo artista, molto noto al suo tempo, e poi entrato in una specie di cono d’ombra da cui comincia a riemergere in tempi recenti grazie agli studi di autorevoli specialisti del periodo.
La componente guercinesca, evidente nel nostro quadro, è chiarissima anche in alcune delle opere cruciali di Oronzo come si nota nel ciclo di tele da lui eseguite per la Cappella d’Avalos a Montesarchio, presumibilmente tra l’ottavo e il nono decennio del secolo diciassettesimo. Tale constatazione induce, quindi, a datare anche il dipinto qui in esame allo stesso momento.
Vi si vede il medesimo piglio robusto e la stessa maestria di stesura che pure inducono un effetto visivo di mesta e introversa meditazione come compete al personaggio raffigurato.
Buono lo stato di conservazione.
In fede,
Claudio Strinati» -
Lotto 9 Madonna con Bambino, 17° secolo painter Cm 24 x 22, in cornice cm 50 x 42 Olio su tela applicata a masonite In cornice non coeva in legno dorato con smalti colorati
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Lotto 10 Sant'Andrea che porta la croce, 17° secolo Cm 115x87 in cornice cm 147x108 Olio su tela Cornice non coeva. Opera rintelata.
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Lotto 11 Deposizione, scuola fiamminga, 17° secolo H cm 103x137 Olio su tela Pittore del XVII secolo.
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Lotto 12 San Giuseppe con Bambin Gesù, Second half of the 17° secolo Cm 135x77, opera sprovvista di cornice Dipinto ad olio su tela
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Lotto 13 San Bartolomeo, Second half of the 17° secolo Cm 99x70, in cornice cm 106x79 Dipinto ad olio su tela
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Lotto 14 Immacolata Concezione con putti e zefiri, Bozzetto, 18° secolo H cm 61x49 Olio su tela Opera sprovvista di cornice
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Lotto 15 Carlo Dolci (cerchia di) (Firenze 1616-Firenze 1686) - Madonna, 17° secolo cm 37,5x30,5 - spessore cm 1 - in cornice cm 48x42 olio su tavola di abete Carlo Dolci, cerchia.
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Lotto 16 Santa Rosalia con Madonna, Gesù bambino e Santi Pietro e Paolo a finere, 17° secolo cm 43 x cm 35 olio su tavola di rovere Pittore fiammingo del XVII Secolo. Riferimento alla pala da Antoon van Dyck presente al Kunsthistorisches Museum (Vienna)
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Lotto 17 Agostino Scilla (Messina 1629-Roma 1700) - San Giovanni Battista che predica alle folle, 17° secolo H cm 204x161- in cornice H cm 268x203 Olio su tela Perizia e video del Professore Claudio Strinati: "Il dipinto è costruito con un criterio tipico di questo eminente pittore, di cui confermo l’autografia, già da tempo estremamente rivalutato dalla storiografia ma ancora in attesa di una piena ridefinizione dalla critica contemporanea. Di origine siciliana, Scilla ebbe un importante periodo romano dove si avvicinò allo stile e ai modi di Pier Francesco Mola e Andrea Sacchi. Nel nostro dipinto tali influssi, specie quello di Mola, appaiono evidenti. La figura del Battista sottile e altissima domina la scena ambientata in un paesaggio oscuro ma nitidamente delineato. La folla si accalca intorno a lui e c’è una certa, direi voluta, accentuazione dei tipi orientaleggianti secondo un criterio che tende a ricostruire visivamente le storie raccontate in figura, in modo fantastico e verosimile insieme.
L’opera qui in esame, peraltro, sembra recare in alto a destra una sigla (difficilmente decifrabile però) che potrebbe essere forse letta in A S, sigla che Scilla appone talora nei suoi dipinti.
Lo stato di conservazione è buono ma va notato come il dipinto debba essere stato sottoposto in passato a qualche drastica pulitura che avrebbe reso poi necessaria la stesura di numerosi e diffusi ritocchi, a parer mio facilmente rimovibili con un nuovo e più aggiornato intervento.
Il nostro dipinto appare databile nel periodo che va dal formetàabile ciclo di affreschi nella Cattedrale di Siracusa (1657-60) ad alcune celebrate pale d’altare monumentali come quella del Sant’Ilarione moribondo che ritengo senza dubbio utilmente confrontabile col nostro dipinto. La nostra opera si data poco dopo il 1670, anno in cui Scilla dette alle stampe un ragguardevole volume dal titolo La vana speculazione disingannata dal senso che è il primo trattato di paleontologia mai pubblicato in Italia, disciplina di cui Scilla fu grande specialista.
Un carattere, il suo, molto complesso e ricco di riferimenti anche extraestetici, di cui la nostra opera sembra significativa testimonianza.
In fede,
Claudio Strinati"
Cornice non coeva. Pittore siciliano del XVII secolo. -
Lotto 18 Maddalena in preghiera 150x105 cm Dipinto a olio su tela
Maestro italiano lombardo della seconda metà del XVII secolo.
La Maddalena che si presenta agli occhi dell'osservatore è il riflesso di una iconografia diversa da quanto proposto nei canonici impianti del tempo: la donna è infatti coperta da un candido copricapo monacale, simbolo della totale unione spirituale con Cristo. Si tratta di un accento stilistico che anticipa incredibilmente i dipinti a carattere devozionale che, tra la seconda metà del XVIII secolo e primi anni dell'Ottocento, andranno a diffondersi in ogni parte della penisola.
ASORstudio
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Lotto 19 Madonna della mano santa, fine 18° secolo H cm 29x19 - In cornice H cm 37x28. Olio su rame
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Lotto 20 Madonna con bambino e S. Giovannino, 18° secolo H cm 90x71 Olio su tela Pittore italiano del XVIII secolo.
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Lotto 21 La Trinita' e Zefiri, Southern painter of the 18° secolo cm 53 x 75, in cornice 69 x 91 olio su tela Attribuibile alla scuola di Vito D'Anna. In cornice di legno dorato coeva
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Lotto 22 Gesù con Giuda e Pietro arrestato nell'orto di Getsemani, 18° secolo Cm (h) 22 x 17.5, in cornice cm 38 x 33 Olio su rame
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Lotto 23 Luca Giordano (Napoli 1634-Napoli 1705) - San Domenico predica alle turbe H mm 540x430 Disegno Perizia del Professore Claudio Strinati: «Si tratta di un magnifico disegno autografo del grande pittore napoletano, studio preparatorio per una paletta d’ altare probabilmente eseguita dal Giordano nell’ambito dei vasti lavori per la chiesa di san Domenico Maggiore a Napoli. Quasi tutte le opere (che furono numerose tra tele e affreschi) eseguite dal sommo Maestro per l’immenso tempio domenicano partenopeo sono rimaste in loco, ma alcune sono scomparse o per meglio dire non si trovano più nei siti di appartenenza.
Tra queste c’è proprio la paletta del San Domenico che predica alle turbe che si conserva adesso in una collezione privata romana ed è ancora oggi inedita. Avendo avuto modo di studiarla posso quindi confermare che il disegno del Giordano qui in esame è proprio il modelletto finale per la pala eseguita poi del pittore con l’aiuto di collaboratori, peraltro tutti eccellenti. Lo stile fluido e sensibilissimo del disegno permette di confermarne l’attribuzione a Giordano in persona, con una datazione quindi all’ ottavo decennio del Seicento quando il Maestro fu lungamente attivo in quel contesto.
Assai ben conservato, fresco e godibilissimo, questo disegno ha una certa rilevanza nella ricostruzione complessiva della figura di Giordano rispetto alla sua notevolissima produzione grafica.
In fede,
Claudio Strinati» -
Lotto 24 Filippo Frigiotti (Roma) - Maddalena penitente H mm 413x270 Sanguigna Perizia del Professore Claudio Strinati: «Rarissima e finissima opera di un notevole pittore romano i cui dati biografici sono però pochissimo conosciuti e di cui si conserva un nucleo di opere certe e molto significative che ne dimostrano l’eccellenza nell’ambiente artistico romano della prima metà del Settecento.
In particolare, è possibile istituire un confronto convincente tra il nostro disegno qui in esame e il ciclo di affreschi datati alla metà del quarto decennio del secolo diciottesimo, che il pittore eseguì, firmandolo, nel convento della Chiesa di Santa Susanna a Roma, dove il trattamento delle figure e del paesaggio denota analoga finezza di stesura e intimo e quieto
sentimento.
Fattori questi che riconducono l’esperienza dell’artista nell’ambito di quel gusto vigifine e antiretorico che già prelude, almeno quarant’ anni prima, al nobile eloquio del primo Neoclassicismo. Pur non potendo indicare un rapporto preciso con un’opera certa di questo Maestro è ben possibile che il nostro disegno sia da considerarsi quale studio preliminare per una pala d’ altare oggi però non conservata o non ancora individuata, da datarsi entro il 1730-35. Pregevolissimo e ben conservato questo disegno è una splendida testimonianza del Settecento romano, ancora ricco e fertile di nuove scoperte e approfondimenti.
In fede,
Claudio Strinati»