500 anni di autografi
-
Lotto 145 [Benito Mussolini (Dovia di Predappio 1883 - Giulino di Mezzegra 1945) e Renato Ricci (Carrara 1896 - Roma 1956)]
Fascismo
Cartolina fotografica
Firma/data: A.IX
Stato di conservazione: discreto (lacuna al margine destro; strappi ai margini)
Numero componenti del lotto: 1
Cartolina fotografica. Mussolini è immortalato assieme al gerarca Ricci in abiti borghesi. Fotografia Sangiorgi. Firma e data autografe di Ricci (A.IX - 1931 ca.).
Ricci si arruolò volontario nel 1915 nei bersaglieri con il grado di tenente nella prima guerra mondiale, partecipando a tutta la guerra e meritandosi due Medaglie al Valore ed una Croce al merito di guerra, quale comandante di pattuglie di Arditi per azioni compiute in territorio nemico. Finita la guerra partecipò all'Impresa di Fiume, capitanata da Gabriele D'Annunzio, tornando poi a Carrara ad occuparsi di politica. Fu uno dei Sansepolcristi e fece parte della Massoneria del Grande Oriente d'Italia. Squadrista convinto, aderì al Partito Nazionale Fascista (PNF) nel maggio del 1921 ed un mese dopo fondò il Fascio della sua città. A maggio venne arrestato dalle forze dell'ordine a Sarzana come responsabile degli atti di violenza e degli omicidi che stavano compiendo nella zona gli squadristi sotto il suo comando, e nel luglio seguente una colonna fascista comandata da Amerigo Dumini, si recò a Sarzana per liberarlo dalla prigione. Da questo avvenimento ebbe luogo gli episodi di violenza squadrista che passarono alla storia come i fatti di Sarzana. Nel 1923 fu nominato commissario politico del fascismo per la Lunigiana e console generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Nell'anno seguente divenne deputato del Regno, eletto nel listone fascista ed entrò nel consiglio direttivo del PNF.
Ricordate il celebre obelisco del Foro Mussolini? Fin dal 1927 Ricci ipotizzò l'innalzamento di un enorme obelisco, fatto in un unico blocco di marmo di Carrara da collocare a Roma. La ricerca del blocco in marmo di Carrara adeguato fu lunga ma alla fine fu individuato in una cava denominata la "Carbonera". Il blocco trovato era alto 19 metri per due metri alla base con un peso di circa trecento tonnellate. Il 26 gennaio 1929, dopo che era stato estratto, alla presenza di Ricci iniziò la "lizzatura", ovvero il trasporto a valle del monolite. Per l'occasione furono impiegate trentasei coppie di buoi e si impiegarono cinque mesi per raggiungere la costa. Qui, a fine giugno, fu imbarcato su uno speciale pontone appositamente realizzato a La Spezia e denominato l'"Apuano" con destinazione Fiumicino. Da qui risalì il Tevere sfruttando le piene giungendo a Roma il 6 maggio 1932. L'esecuzione delle opere su monolite e l'innalzamento dello stesso furono da Ricci affidate all'architetto Costantino Costantini. Fu infine inaugurato il 29 ottobre 1932 nel foro Mussolini per celebrare il decennale della marcia su Roma. «L'obelisco è il più grande blocco marmoreo che mai sia venuto alla luce dalle viscere della Terra. È costato lire 2.343.792,60 oltre a mezzo milione per la cuspide di oro puro del peso di kg. 32, indispensabile a proteggerlo contro le insidie del tempo.» Nel dicembre 1925 Mussolini diede all'ex ardito la guida del movimento giovanile del PNF (l'Avanguardia giovanile fascista) con il compito di "riorganizzare la gioventù dal punto di vista morale e fisico". Poco dopo Ricci fu presidente dell'Opera nazionale balilla (ONB) fondata nel 1926. Egili scelse, per guidare l'ufficio tecnico dell'ente, prima l'affermato architetto Enrico Del Debbio e poi dal 1933 il giovane Luigi Moretti. Sotto la sua supervisione, i balilla e gli avanguardisti furono sottoposti al più ampio esperimento di educazione di Stato e di irreggimentazione che l'Italia abbia conosciuto. Questo esperimento portò nel giro di un decennio alla costruzione di centinaia di Case del balilla, investendo l'intero territorio nazionale ed arrivando a contare oltre tre milioni di giovani iscritti. Dal 1939 al 1943 fu ministro delle corporazioni. Dopo l'8 settembre divenne comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) e poi della Guardia Nazionale Repubblica, in cui furono inquadrate anche altre armi e reparti: i Carabinieri, le milizie speciali (ferroviaria, portuale, etc.) e la Polizia dell'Africa Italiana. L'operazione di accorpamento era caldeggiata dai nazisti e condivisa da Renato Ricci, che tentava di condurla a compimento (il reclutamento obbligatorio prevedeva quattro divisioni), con l'obiettivo di ottenere un esercito di partito, sul modello delle SS, con l'inquadramento di tutte le forze di terra sotto un comando unico. Questa posizione si scontrava con l'idea (non ritenuta credibile dai tedeschi), di un esercito nazionale apolitico, con quadri volontari e truppe prevalentemente volontarie (che includeva le forze internate in Germania), avanzata dal generale Rodolfo Graziani nel discorso del 1 ottobre 1943 al Teatro Adriano di Roma. Nell'agosto del 1944 Mussolini lo sollevò da tale incarico, a causa dei suoi forti dissapori con Graziani, per assumere personalmente il comando della GNR. Restò commissario della ricostituita ONB fino all'aprile 1945. A guerra ormai ultimata, poté scampare all'arresto grazie alla notizia del suo suicidio, diffusasi tra i partigiani: catturato in giugno, fu condannato due volte a trenta anni di detenzione, ma nel 1950 uscì dal carcere grazie all'Amnistia Togliatti. -
Lotto 146 Biagio Pace (Comiso 1889 - ivi 1955)
Fascismo - Movimento Sociale Italiano - Adriano Lualdi
Lettera autografa firmata
Una pagina in-8, su bifolio
Firma/data: Roma 14.XII.1933-XII
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata Roma 14.XII.1933-XII, da Biagio Pace. Archeologo e uomo politico fascista, nel 1943, l'Accademia d'Italia gli assegnò, per i suoi meriti scientifici, il " Premio Mussolini". Lettera indirizzata ad Adriano Lualdi, di ringraziamenti. "Avevo già letto nella N.A. i tuoi spirituali articoli del pellegrinaggio musicale...". Una pagina in-8, su bifolio, carta intestata.
Pace fu presidente, dal 1929 al 1944, dell'Istituto nazionale del dramma antico (INDA di Siracusa). Nel 1935 partì volontario per la guerra d'Etiopia come seniore (maggiore) della Milizia nella 2ª Divisione CC.NN. "28 ottobre" e combatté durante la battaglia di Passo Uarieu. Nel gennaio 1936 fu decorato di croce di guerra al valor militare. Raccontò questa sua esperienza nel libro Tembien. Note di un legionario della "28 Ottobre" in Africa orientale del 1936. Il 26 dicembre del 1946, presiedette a Roma la riunione di fondazione del Movimento Sociale Italiano e il 15 giugno 1947 fu eletto dal Comitato centrale nella Giunta esecutiva nazionale del partito. -
Lotto 147 Raffaele Paolucci (Roma 1892 - ivi 1958)
Raccomandazioni per Alfredo Casella
Lettera autografa firmata
Una pagina in-8
Firma/data: Roma 8.12.1938 - XVII
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata Roma 8.12.1938 - XVII del militare, uomo politico, chirurgo e docente universitario, Raffaele Paolucci, diretta ad Adriano Lualdi. Iscritto nel 1910 alla Facoltà di medicina dell'Università di Napoli, Paolucci interruppe la frequenza delle lezioni per svolgere il servizio militare come volontario di un anno nella 10ª Compagnia di sanità militare del Regio Esercito dal 1913 congedandosi nel 1914.
Fu richiamato nel 1915, all'inizio della Prima Guerra Mondiale presso un lazzeretto per colerosi meritandosi la Medaglia di Bronzo per i benemeriti della salute pubblica.
Nel 1921 Paolucci, in qualità di comandante generale, prese la guida dell’organizzazione paramilitare dell'Associazione Nazionalista Italiana chiamata i 'Sempre Pronti per la Patria e per il Re', detti 'camicie azzurre' per il colore del vestiario in Blu Savoia che li distingueva stabilita con la speranza che potesse fare da contrappeso allo squadrismo fascista.
Sempre nel 1921, dietro insistenza di Giovanni Giolitti fu eletto deputato al Parlamento nella XXVI legislatura; venne riconfermato nel 1924, 1929 e 1934 per il Partito Nazionale Fascista, e dal 1939 fino al 1943 fu consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Ricoprì la carica di vicepresidente della Camera dei deputati dal 15 novembre 1924. Con la nascita della Repubblica Italiana nel 1946 si offrì di accompagnare il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena nell'esilio di Alessandria d'Egitto.
Chirurgo del torace e dell'addome molto noto, eseguì più di trentamila interventi. Ricoprì la carica di ordinario di clinica chirurgica e di direttore della clinica chirurgica nell'Ateneo la Sapienza di Roma. Paolucci fu anche al capezzale di papa Pio XII, membro del collegio medico che lo ebbe in cura per il tumore allo stomaco di cui rimase vittima poco tempo dopo la sua scomparsa. Nella lettera, Paolucci, chiede a Lualdi se può incontrare il compositore, pianista e direttore d'orchestra Alfredo Casella. "Ti sarò grato se vorrai ricevere ed ascoltare il latore, ex ten. di Vasc. Casella che vorrebbe parlarti di cose musicali...". Una pagina in-8 obl., carta intestata. -
Lotto 148 Vittorio Mussolini (Milano 1916 - Roma 1997)
Fascismo - post fascismo
Lettera dattiloscritta firmata
Una pagina in-4
Firma/data: Roma 1 dicembre 1964
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Secondogenito del Duce, sceneggiatore e produttore cinematografico anche conosciuto con lo pseudonimo Tito Silvio Mursino (anagramma del suo nome e cognome) fu direttore della rivista 'Cinema'. Dopo il 25 luglio 1943 si rifugiò in Germania, dove costituì, sotto l'egida tedesca, un governo fascista provvisorio. Dopo l'8 settembre con Alessandro Pavolini e Renato Ricci, cominciò a diffondere, dalla Germania, appelli radiofonici in Italia. Durante la Repubblica si Salò, fu a capo delle segreterie del padre. Alla fine della guerra si imbarcò clandestinamente per l’Argentina dove visse - senza più occuparsi di cinema - fino al 1967, anno in cui rientrò definitivamente in Italia. Lettera dattiloscritta firmata, datata Roma 1 dicembre 1964 diretta al capitano Giuseppe Pironti. "Sono spiacente doverle comunicare che attualmente la situazione economica dell'Argentina è pessima e non consiglierei certamente nessuno a lasciare il sia pur modesto impiego italiano per correre una avventura in terra così lontana; in quanto alla mia azienda agricola, alla quale lei accenna nella sua lettera, fà parte di quelle favole che s'intessono attorno alla nostra famiglia: sarei ben contento di possederne una e delle più belle, ma per il momento non ho beni al sole!...". Una pagina in-4. -
Lotto 149 Alessandro Pascolato (Venezia 1841 - ivi 1905)
Partito Liberale Italiano
Lettera autografa firmata
Quattro pagine in-8
Firma/data: Usmate (Milano) 19.10.93
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata dall'avvocato, politico e scrittore Alessandro Pascolato, nella quale fa alcune affermazioni su Giolitti. Di orientamento liberale, fu eletto per la prima volta alla Camera del Regno nel 1882 nella XV legislatura. Nel 1867 fu iniziato in Massoneria nella Loggia "Daniele Manin" di Venezia e nel 1879 fu eletto Consigliere dell'Ordine del Grande Oriente d'Italia.
Fu sottosegretario del Ministero delle Poste e Telegrafi del Regno d'Italia nel primo governo del marchese di Rudinì e poi ministro, nello stesso dicastero, nel governo di Giuseppe Saracco (1900-1901). La lettera fa riferimento ad alcune proprie affermazioni di cui teme la pubblicazione e afferma "In ogni modo non può bastare per appicarmi! Io resto un galantuomo e Giolitti resta...l'opposto. Non potete credere quanto io vada orgoglioso di aver detto nel 1886 che questo nostro padrone camminerebbe sul corpo di sua madre e sarebbe capace del delitto...". "Non ho veduto l'articolo su Fra Paolo [la sua pubblicazione Fra Paolo Sarpi (1893)], pensate che avrei tralasciato di ringraziarvi! Purtroppo il Paese non mi giunge regolamenti perché lo mandano a Roma anziché a Venezia. Fatemi avere, vi prego, quell'articolo...". -
Lotto 150 PCI - Resistenza Firenze 1944-45
Guerra di Liberazione
Insieme di documenti (manoscritti, dattiloscritti e a stampa)
Oltre 100 pagine
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 100100
Ampio insieme di documenti (manoscritti, dattiloscritti e a stampa) risalenti al 1943-45 relativi all'attività politica e militare della sezione fiorentina del PCI durante la guerra di Liberazione. Si tratta di documenti di vario genere prodotti dalla federazione comunista fiorentina: corrispondenza, circolari, bollettini, brevi saggi di analisi politica. Per un totale di oltre 100 pagine in vario formato. Sono acclusi ritagli di giornale d'epoca. -
Lotto 151 Guglielmo Pecori-Giraldi (Borgo San Lorenzo 1856 - Firenze 1941)
Raccomandazioni
Lettera autografa firmata
Due pagine in-8, su bifolio
Firma/data: Roma 25 novembre 1930 IX
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata datata "Roma 25 novembre 1930 IX" diretta ad un Tenente dei Carabinieri. "Ho veduto ieri sera il sempre sorridente suo Comandante Generale che confido mi abbia dato un buon Maresciallo...". Generale e uomo politico, chiamato in servizio nel 1915 con la prima guerra mondiale, grazie al generale Luigi Cadorna che ne aveva grande stima, comandò la 27ª divisione (che comprendeva le brigate di Benevento e della Campania). Dopo essere stato insignito nel maggio 1916 dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, nel 1919 fu insignito dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine militare di Savoia, nominato Generale d’esercito, il più alto grado della gerarchia militare italiana e venne nominato Senatore del Regno. Nel 1926 fu nominato da Mussolini Maresciallo d'Italia e nel 1932 gli venne chiesto per due volte di iscriversi al Partito Nazionale Fascista, offerta che declinò in entrambe le circostanze. La “Fondazione 3 novembre 1918”, voluta da Guglielmo Pecori Giraldi e dedicata alla memoria dei caduti della Grande Guerra, eresse il Sacello-Ossario sul Monte Pasubio, la cui decorazione pittorica interna fu affidata a Tito Chini. Guglielmo Pecori Giraldi aveva espresso il desiderio di essere sepolto con i suoi soldati. Nel 1953 la salma del generale fu traslata al Pasubio nella Villa Rimorelli a Borgo San Lorenzo. L'artista Tito Chini rese omaggio al generale Guglielmo Pecori Giraldi ponendolo come unico vivente al centro della decorazione degli “uomini illustri” del Mugello eseguita nella sala del podestà del Palazzo Comunale (Borgo San Lorenzo). Accanto alle glorie del passato quali Giotto e Beato Angelico è presente il Maresciallo d’Italia. Due pagine. in-8, su bifolio. Unita busta. -
Lotto 152 Luigi Gerolamo Pelloux (La Roche-sur-Foron 1839 - Bordighera 1924)
Commessa per Massaua - Africa Orientale Italiana
Lettera autografa firmata
Una pagina in-8
Firma/data: Roma 19.12.1889
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata 'Roma 19.12.1889', del generale e uomo politico Luigi Pelloux. Entrato nell'esercito fu decorato con la medaglia al valor militare alla battaglia di Custoza nel 1866, e nel 1870 comandò la brigata di artiglieri che aprì la breccia di Porta Pia. Nel 1880 divenne segretario generale nel Ministero della Guerra. Ricevette l'incarico di Capo di Stato Maggiore nel 1896. Fu ministro della guerra nei governi di Rudinì e Giolitti del 1891 e 1893. Lettera relativa ai rifornimenti di generi alimentari per la città eritrea di Massaua, divenuta capitale del possedimento d'oltremare italiano in quegli anni. "Da Livorno mi scrivono per pregarmi di raccomandarti che venga presto la commessa di pasta per Massaua. Dicono che la commessa è stata già data a Genova ed a Napoli, e si raccomandano quindi anche per avere un po' di lavoro alle fabbriche toscane...". Una pagina in-8, su carta intestata. -
Lotto 153 Felice Porro (Pavia 1891 - 1975)
Felicitazioni
Rigo su biglietto da visita
Una pagina
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Rigo "vive felicitazioni" su biglietto da visita dell'aviatore e generale di squadra aerea del Regio Esercito Italiano Felice Porro. Porro insignito due volte della medaglia d'argento al valor militare nella prima guerra mondiale e nella seconda nel 1940, dopo la morte di Italo Balbo, assunse il comando della neocostituita 5ª Squadra aerea operante in Africa Settentrionale Italiana. Nell'aprile 1916 diventa comandante della 3ª Squadriglia per l'artiglieria che il 15 dello stesso mese divenne 43ª Squadriglia, del V Gruppo aeroplani, operante in appoggio alla 3ª Armata del generale Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta. Dal 10 maggio 1917 comanda il XII Gruppo (poi 12º Gruppo caccia). Mantenne tale incarico fino alla rotta di Caporetto del novembre 1917, volando spesso come osservatore d'artiglieria a bordo dei velivoli. In seguito fu assegnato alla 1ª Squadriglia navale S.A. al comando del maggiore Gabriele D'Annunzio.
Nei primi mesi del 1940 fu nominato comandante della 2ª Zona Aerea Territoriale e poco prima dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno dello stesso anno, assunse il comando dell'Aeronautica della Libia. Per la sua attività in Libia fu insignito del titolo di Commendatore dell'Ordine Militare di Savoia. Nel 1943 fu catturato dai tedeschi e successivamente deportato in Germania, dove fu internato nell'Offizierslager 64Z di Schocken (Poznań), da dove nell'aprile 1945 fu liberato assieme a molti altri ufficiali superiori dall'Armata Rossa. Rientrato in Patria alla fine della guerra, fu nominato comandante della 3ª Zona Aerea Territoriale. Il 6 maggio 1946 entrò a far parte della Commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra commessi dalle forze armate italiane in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale. Durante la sua vita fu anche scrittore di libri militari e collaborò con l'Enciclopedia Treccani nella stesura di alcune voci di personaggi dell'aviazione. -
Lotto 154 Urbano Rattazzi (Vercelli 1845 - Roma 1911)
Dama di Palazzo della Regina Margherita di Savoia
Lettera firmata
Quattro pagine in-8
Firma/data: Monza 24 agosto 1888
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera firmata, datata 'Monza 24 agosto 1888' dal giurista Urbano Rattazzi, nipote dell'omonimo uomo politico. Laureato in giurisprudenza entrò al servizio di Casa Savoia fino a diventare consigliere giuridico di Re Umberto I, che in seguito lo nominò a capo della 'Real Casa', carica che ricoprì fra il 1892 e il 1894 e dalla quale si dimise dopo lo scoppio dello scandalo della Banca Romana e le dimissioni dell'amico Giovanni Giolitti, che egli stesso aveva suggerito al Re per la carica di Primo Ministro. Contemporaneamente alle dimissioni da responsabile della Real Casa fu fatto Ministro di Stato e Senatore del Regno d'Italia. Nella missiva, Rattazzi, nominato Segretario Generale del Ministero della Reale Casa nel 1883, risponde alla contessa Letizia Gaddi Pepoli, figlia di Gioacchino Napoleone Pepoli, ringraziandola per per la sua devozione verso la Regina Margherita di Savoia: '... desidero dirle anzitutto quanto sia apprezzata l'affettuosa devozione di cui Ella dà prova verso la nostra Augusta Sovrana.' Quattro pagine in-8, su carta intestata. -
Lotto 155 Alessandrina Ravizza (Gatčina, 1846 – Milano, 1915)
Raccolta fondi a favore della Cassa di soccorso dei disoccupati di Milano, 1912
Lettera dattiloscritta firmata
Una pagina in-4
Firma/data: Milano ottobre 1912
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera dattiloscritta, con doppia firma, datata 'Milano, ottobre 1912' della filantropa e femminista Alessandrina Ravizza. Nata in Russia dalla quale il padre, milanese d'origine, era fuggito durante la tragica Campagna di Russia del 1812 voluta da Napoleone Bonaparte. Sua madre, Caterina Bauer, era di origini tedesche. Cresciuta in ambiente cosmopolita arrivò a conoscere otto lingue. Nel 1863 giunse in Italia a Milano e qui conobbe l'ingegnere Giuseppe Ravizza che sposò nel 1866. La sua casa divenne ben presto un frequentato salotto borghese. Non ebbe figli, ma divenne una figura di riferimento del mondo dell'assistenza (soprattutto verso le donne) e dell'emancipazione femminile. Ravizza sostenne decine di iniziative riformiste e vari istituti pionieristici nel campo dell'assistenza: dalla Scuola professionale femminile, a fianco di Laura Solera Mantegazza, nel 1870; dalla Scuola laboratorio per adulti e bambini sifilitici al Protettorato per adolescenti. Nel 1879 promosse la Cucina per ammalati poveri, il Magazzino cooperativo benefico e l'Ambulatorio medico gratuito, che offriva anche un'assistenza ginecologica alle donne più povere, nel quale prestarono la loro collaborazione le prime donne-medico Anna Kuliscioff ed Emma Modena.
Alessandrina Ravizza aderì alla' Lega femminile milanese' e poi alla 'Società pro suffragio', che si batteva per il voto alle donne. Nel 1901 fu tra i promotori dell'Università popolare e diresse il primo ufficio di collocamento, essendo stata assunta in qualità di direttrice della 'Casa di Lavoro' per disoccupati della Società Umanitaria. Alessandrina Ravizza aveva conosciuto e frequentato molte altre donne impegnate nella causa dell'emancipazione femminile, come Maria Montessori, Anna Kuliscioff e la poetessa Ada Negri. Disse di lei la sua amica Ada Negri, nel corso della sua commemorazione al Teatro del Popolo della Società Umanitaria, il 21 marzo 1915: 'L’umanità le fu croce da portar sulle spalle: la portò cantando, con la splendente serenità delle vocazioni altruistiche. E non fece il processo alla vita. Amò la vita: la predilesse, la difese, l’incoraggiò in ogni singola manifestazione di carattere, di arte, di amore, di volontà. Il processo, e senza quartiere, essa lo fece alle imposture sociali, alle convenzioni ipocrite, ai tortuosi egoismi, alle spiritiche debolezze che la deformano, e imbavagliano e garrottano l’essere umano, avvelenandogli la gioia di esistere. Condannò senza appello la simulazione della vera vita: così grottesca e miserabile, quando pur non sia criminale. "Nulla d’impossibile": era il suo motto.' Nella missiva Ravizza spiega, ad un 'Egregio Signore' che il ricavato sulla vendita dell'Almanacco 1913, opera dell'artista Pietro Chiesa, andrà a beneficio '...della Cassa di soccorso dei disoccupati della Casa di Lavoro di Milano (via Fanti 17)". "In quest'anno sono assai più gravi le condizioni di una infinità di persone che invano cercano di occuparsi. La Casa di Lavoro, offre al disoccupato il lavoro invece dell'elemosina: sono 21 giorni di ospitalità dati a chi, angosciato dalla disoccupazione, può in questo breve tempo di sosta, riaversi dalle sofferenze materiali e forse trovare anche quel tal posto ambito che gli ridonerà subito la pace perduta...". Una pagina in-4. -
Lotto 156 Resistenza Pavia 1944
Guerra di Liberazione
Insieme di documenti ciclostili originali
Dieci pagine in-4
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 20
Insieme di documenti (ciclostili originali, datati al 1944) redatti da partigiani e sindacalisti pavesi nel 1944 contenenti appelli alla lotta contro "l'infame mostro nazi-fascista". Riportiamo un passo a titolo esemplificativo: "Non c'è più tempo da perdere! tutti gli Italiani devono sentirsi mobilitati per la guerra di Liberazione Nazionale: tutti possono e debbono portarvi il loro contributo militare, arruolandosi nei distaccamenti partigiani, nei Gruppi d'Azione Patriottica (G.A.P) nei distaccamenti e nella Brigate d'Assalto Garibaldi...". Per un totale di dieci pagine in-4. Sono acclusi ritagli di giornali d’epoca. -
Lotto 157 Antonio Scialoja (Roma 1879 - ivi 1962)
Senatore del Regno
Lettera autografa firmata
Due pagine in-8, su bifolio
Firma/data: Milano 5 Albergo Continentale
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata 'Milano 5 Albergo Continentale' (senza data cronica) di Antonio Scialoja, giurista e politico. Si laurea in giurisprudenza e diviene nel 1911 professore ordinario di diritto commerciale all'Università di Siena. È per tre volte deputato del Regno d'Italia (1913, 1919 e 1924) ed entra poi al Senato nel 1929. Viene deferito il 7 agosto 1944 all'Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo con l'accusa di essere tra i 'senatori ritenuti responsabili di aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra sia coi loro voti, sia con azioni individuali, tra cui la propaganda esercitata fuori e dentro il Senato'. Antonio Scialoja fu tra i fondatori della AS Roma e ne fu presidente nel 1935. Nella missiva richiede al corrispondente: "uno o due biglietti per la sua conferenza di stasera". Due pagine in-8, su bifolio, carta intestata. -
Lotto 158 Giuseppe Sotgiu (Olbia 1902 - Roma 1980)
Solidarietà Democratica
Quattro lettere autografe firmate
Cinque pagine in-8
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 5
Quattro lettere autografe firmate (1950-1953) di Giuseppe Sotgiu. Avvocato, giurista e uomo politico, fu sindaco di Olbia dal 1970 al 1973. Figlio di Antonio Sotgiu, che fu sindaco socialista di Olbia tra il 1906 e il 1910, si trasferì a Roma per frequentare le scuole superiori. Nel dicembre 1922, a Olbia, il padre fu costretto a ingerire l'olio di ricino, da parte di squadracce fasciste, appositamente giunte da Civitavecchia. Nel 1949 Sotgiu fu iniziato nella loggia massonica romana Lira e spada, divenendo maestro massone. Avvocato penalista salì alla ribalta delle cronache nel cosiddetto "caso Montesi". Wilma Montesi era una giovane ventunenne trovata morta sulla spiaggia tra Capocotta (Roma) e Torvajanica, l'11 aprile 1953, in circostanze mai completamente chiarite. Sotgiu intervenne una prima volta nella vicenda, in qualità di avvocato del giornalista Marco Cesarini Sforza che, sulle pagine del giornale comunista 'Vie Nuove', aveva indicato in Piero Piccioni, figlio del vice segretario della Democrazia Cristiana dell'epoca Attilio Piccioni, uno dei personaggi coinvolti. A seguito della querela proposta dal Piccioni, Sotgiu si accordò con la controparte e convinse il suo cliente a ritrattare, dietro versamento di una semplice ammenda. Successivamente Piero Piccioni fu richiamato in causa da Silvano Muto, redattore del periodico Attualità, con accuse molto più gravi e circostanziate. Sotgiu scese in campo a difendere Muto nel processo per diffamazione intentato a quest'ultimo nel marzo 1954. Se lo scandalo 'Montesi' riempì le colonne dei giornali negli anni cinquanta, nel decennio successivo fu il caso' Bebawi' a occupare le cronache romane. Il 18 gennaio 1964, in un appartamento di via Lazio, in Roma, fu scoperto il corpo di Farouk Chourbagi, ucciso a colpi di pistola e poi sfregiato al volto con il vetriolo. Dopo due giorni di indagini, furono arrestati dall'Interpol due coniugi egiziani: Claire Ghobrial e Yussef Bebawi, fuggiti ad Atene subito dopo il fatto. Sotgiu fece parte del collegio di difesa. Dopo due anni di dibattimento e circa trenta ore di camera di consiglio, gli imputati furono assolti in primo grado per insufficienza di prove. Due anni più tardi la Corte d'appello condannò entrambi gli imputati, in contumacia, a ventidue anni ciascuno. Il penalista olbiese era uscito dalla vicenda con l'aura di "Principe del foro". Le missive vertono su questioni professionali relative all’attività di "Solidarietà Democratica". Il Comitato di solidarietà democratica è stato un movimento attivo nello scenario politico italiano nato a seguito dell'attentato a Palmiro Togliatti che coinvolse molti importanti giuristi italiani: "Mi duole di comunicarti che mi trovo nella assoluta impossibilità di partecipare sia al processo di Macerata che a quello di Velletri. Ho esaminato attentamente i miei impegni, sia alla Provincia, sia professionali...". Per un totale di cinque pagine in-8, unita lettera dattiloscritta diretta a Sotgiu. -
Lotto 159 Claudio Treves (Torino 1869 - Parigi 1933)
E.A. Marescotti e Ezio Maria Gray
Tre lettere autografe firmate
Sette pagine in vario formato
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 3
Claudio Treves fu un uomo politico, giornalista antifascista e direttore del 'Avanti!' dal 1910 al 1912. Nato a Torino da una famiglia ebraica, si avvicinò dapprima al Partito Radicale Italiano per poi iscriversi al Partito dei Lavoratori Italiani nel 1892, anno in cui conseguì la laurea in Giurisprudenza. Per alcuni anni viaggiò, come corrispondente del quotidiano socialista Avanti!, fra diverse città europee. Nel 1910 diventò direttore del 'Avanti!', posizione che manterrà fino al 1912. Fu protagonista di un memorabile duello alla sciabola con Benito Mussolini avvenuto il 29 marzo 1915 alla Bicocca di Niguarda. Dopo una lunga serie di articoli contenenti reciproche accuse d'incompetenza, giunti all'insulto personale, Treves sfidò a duello Benito Mussolini, nonostante la proibizione nel paese e nello Statuto del Partito di appartenenza. Fu un combattimento alla sciabola violentissimo. Pur restando ferito all'avambraccio, alla fronte e all'ascella, Treves riuscì a colpire all'orecchio il futuro Duce. Negli anni venti del XX secolo aderì al PSU di Turati e Matteotti, divenendo direttore dell'organo ufficiale del partito, il quotidiano 'La Giustizia', poi messo al bando dal regime fascista nel 1925. Il 16 novembre 1926 entrò in vigore il Regio Decreto n. 1848 del 1926 che prevedeva "lo scioglimento di tutti i partiti, associazioni e organizzazioni che esplicano azione contraria al regime". Tutti gli esponenti dei partiti antifascisti diventavano passibili di arresto o, peggio, di violenze fisiche da parte delle Camicie Nere. Il 20 novembre 1926, Treves e Saragat passarono il confine svizzero, prendendo la via dell'esilio. Morì a Parigi la notte dell'11 giugno 1933, poche ore dopo aver commemorato la morte dell'amico Matteotti, alla sezione socialista della capitale francese. Tre lettere autografe firmate (s.a.), dirette a E.A. Marescotti e ad Ezio Maria Gray, giornalista e saggista, presidente dell'EIAR e, dopo la guerra, vicesegretario nazionale del MSI. Alcuni passi a titolo di esempio: "resterò in Toscana fin dopo il congresso dei socialisti, cioè verso il 21 o 22...". "Mi permetto a rinnovarti il ricordo della Sig.a Tersilla Borelli, l'esimia interprete verdiana, per la commemorazione che prepara il T. del Pop. Sono sicuro, di darvi con ciò un buon consiglio...". Sette pagine in vario formato, unita busta viaggiata. -
Lotto 160 Renato Ricci (Carrara 1896 - Roma 1956)
Figli della Lupa - Balilla
Autografo su fotografia
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Autografo su fotografia del politico e militare italiano Renato Ricci, rappresentato con alcuni figli della lupa e balilla. Ministro delle corporazioni durante il Regno d'Italia dal 31 ottobre 1939 al 5 febbraio 1943, precedentemente Presidente dell'Opera Nazionale Balilla dal 1926 al 1937, Ricci, con l'avvento della Repubblica Sociale Italiana, fu Comandante della Guardia Nazionale Repubblicana fino al 1944. Dopo il diploma di ragioneria si arruolò volontario nel 1915 nei bersaglieri con il grado di tenente nella prima guerra mondiale, partecipando a tutta la guerra e meritandosi due Medaglie al Valore ed una Croce al merito di guerra. Squadrista convinto, aderì al Partito Nazionale Fascista (PNF) nel maggio del 1921 ed un mese dopo fondò il Fascio della sua Carrara. La sua rapida scalata politica gli fece conseguire la nomina di Commissario per l'Ente Portuale di Carrara e la sovraintendenza all'attività dell'estrazione e del commercio dei marmi. Nel dicembre 1925 Mussolini diede a Ricci la guida del movimento giovanile del PNF (l'Avanguardia giovanile fascista). Poco dopo fu presidente dell'Opera nazionale balilla (ONB) fondata nel 1926. Nei programmi di Benito Mussolini la figura di Renato Ricci occupava una posizione di rilievo per l'attuazione di un vasto programma di coordinamento, formazione e controllo della gioventù italiana. Mussolini, che riteneva fondamentale la formazione politica e fisica del "cittadino-soldato", concepì a questo scopo l'Opera nazionale balilla (ONB), inquadrandovi ragazzi, anche giovanissimi, nel tentativo di ostacolare altre influenti organizzazioni giovanili in espansione come l'Azione Cattolica e gli scout. Sotto la supervisione di Ricci, i balilla e gli avanguardisti furono sottoposti al più ampio esperimento di educazione di Stato e di irreggimentazione che l'Italia abbia conosciuto. Questo esperimento portò nel giro di un decennio alla costruzione di centinaia di Case del balilla, investendo l'intero territorio nazionale ed arrivando a contare oltre tre milioni di giovani iscritti. -
Lotto 161 Pompeo Gherardo Molmenti (Venezia 1852 - Roma 1928)
La bancarotta del positivismo
Tre lettere autografe firmate
Sei pagine
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 3
Pompeo Gherardo Molmenti iniziò a scrivere i primi romanzi già a quattordici anni, quando pubblicò 'Il Castello di Zumelle' (1866), a tema storico, cui seguirono 'Impressioni letterarie' (edito due volte nel 1873 e nel 1879) e 'Clara' (1875). Nel 1889 ottenne la libera docenza in Storia della Repubblica di Venezia ma abbandonò la carriera accademica l'anno successivo, quando fu eletto al Parlamento. La sua lunga attività politica culminò nel 1909 quando venne nominato senatore del Regno. Tre lettere autografe firmate, risalenti all'ultima decade del sec. XIX, su questioni editoriali e bibliografiche. Riportiamo un passo a titolo di esempio: "Sicuro, Ella potrebbe essermi molto utile, scrivendo sul Cittadino, col suo stimato nome, un articolo che mi facesse meglio conoscere ai credenti bresciani. Un articolo, beninteso, non elettorale, e, se permette, gliene dò io l'argomento: l'articolo potrebbe intitolarsi La bancarotta della scienza. Ella può dire come nell'arte, nella famiglia, nelle lettere, nella musica, l'animo, stanco di quest'orgia di gretto positivismo che minaccia affogarci, si rivolga ad un pensiero che non è di questa terra, all'ideale, a Dio...". Per un totale di sei pagine in vario formato. -
Lotto 162 Ugo Pesci (Firenze 1846 - Bologna 1908)
Rinuncia alla direzione della Gazzetta dell'Emilia
Lettera autografa firmata
Due pagine in-8, su bifolio
Firma/data: Bologna 3 ottobre 1896
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata 'Bologna 3 ottobre 1896' del giornalista e patriota, noto studioso di Casa Savoia (avendo avuto l'occasione di frequentare la corte di Vittorio Emanuele II a Roma), direttore della 'Gazzetta dell'Emilia' dal 1888 al 1901.
Dopo gli studi a Firenze, ove era nato nel 1846, frequentò l'Accademia militare di Modena conseguendo nel 1865 il grado di sottotenente. Nella terza guerra d'indipendenza, ufficiale dei granatieri, prese parte alla battaglia di Custoza. Terminata la carriera militare, intraprese quella giornalistica, lavorando nella redazione fiorentina del Fanfulla. Nel 1870, come inviato del medesimo quotidiano, assistette alla breccia di Porta Pia. Diretta ad un collega, nella quale rettifica una notizia sul suo conto apparsa sul 'Resto del Carlino': "..per dire che non ho "abbandonato" la direzione della Gazzetta, ma ne sono stato messo fuori dopo sette anni e quattro mesi, senza alcun preavviso. Né può esser vero che tale inaspettato congedo sia stato conseguenza di divergenze politiche fra me e i capi del partito quale la Gazzetta era l'organo, perché anche a loro è giunta improvvisa la notizia e non pur essi sanno la ragione...". Due pagine in-8, su bifolio, con alcune cassature e correzioni autografe al testo. Sulla “Gazzetta” intervenne più volte Giosuè Carducci, soprattutto durante il governo Crispi, da lui sostenuto con entusiasmo. La sua collaborazione cessò nel 1901, dopo che Ugo Pesci ebbe lasciato la direzione.
Il 5 febbraio 1909 La Gazzetta dell'Emilia fu il primo giornale a pubblicare il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. -
Lotto 163 Maria Pezzé Pascolato (Venezia 1869 - 1933)
Fracassetti - storia della assistenza sociale in Italia
Lettera autografa firmata su cartolina postale viaggiata
Una pagina
Firma/data: Venezia 26
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata su cartolina postale viaggiata datata 'Venezia 26', è stato aggiunto successivamente e da altra mano 'marzo 1900', dell'illustre pedagogista, letterata e traduttrice veneziana (tradusse per prima in italiano le fiabe di Hans Christian Andersen, ricevendo per questo l'elogio del Carducci) Maria Pezzé Pascolato. Maria è molto attiva anche nell'assistenza dei più bisognosi, ammalati, alcolisti e presta particolare attenzione ai più piccoli. Nel 1927 diviene delegata provinciale dei fasci femminili e, sempre nello stesso anno assunse la direzione provinciale dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia e continua l'attività della madre nella Croce Rossa. Sempre a lei si deve l'organizzazione del primo trasposto su barche per gli ammalati veneziani. Il Comune di Venezia le affida negli anni diversi incarichi come la direzione del servizio ispettivo delle scuole, l'organizzazione dei corsi nell'Istituto professionale femminile comunale "Vendramin Corner" (1898). Nel 1923 Giovanni Gentile la vuole come membro della Commissione governativa incaricata di selezionare i libri da adottare nelle scuole elementari. Nel 1926 fonda a Venezia la prima biblioteca per ragazzi italiana. La missiva è indirizzata alla collega Francy Fracassetti, circa una missiva spedita (e mai arrivata) da parte del marito di quest'ultima: "Una lettera del Prof. Fracassetti deve essere stata respinta a Roma: così io non so le ultime notizie, ma spero bene che la mia gentile amica non vorrà mancare al trionfo di suo marito. E spero che vorranno tenerci compagnia approfittando della nostra modesta casa...". -
Lotto 164 Antonio Salvetti (Colle Val d'Elsa 1854 - ivi 1931)
Circolo degli Artisti di Firenze - storia del socialismo
Lettera autografa firmata
Una pagina in-8
Firma/data: Colle Val d'Elsa 1 gennaio 1906
Stato di conservazione: buono (lievissimi fori, strappo alla piega centrale)
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata, datata 'Colle Val d'Elsa 1 gennaio 1906', del pittore macchiaiolo, architetto e uomo politico socialista, amico e collaboratore di Niccolò Cannicci, Telemaco Signorini e Giovanni Fattori, diretta al Presidente del Circolo degli Artisti di Firenze, al quale comunica di: "dover dare le dimissioni da socio di codesto onorevole sodalizio del quale fui tra i fondatori..." "Costretto dagli affari ad assentarmi per molto tempo da Firenze". Una pagina in-8, su carta intestata. Di idee socialiste, il 7 marzo 1897 Salvetti divenne sindaco di Colle di Val d'Elsa, divenendo uno dei primi sindaci socialisti d'Italia ed il primo in Toscana. Colle di Val d'Elsa era, in quel periodo una delle città più industriose della Toscana e notevoli erano i fermenti sociali e culturali, portati avanti anche attraverso la stampa politica, come il periodico socialista La Martinella. Nelle elezioni del 1897 il partito socialista ottenne un eclatante risultato elettorale, riuscendo ad eleggere 14 consiglieri su 20 al Consiglio comunale e dando subito luogo ad una serie di riforme in favore della popolazione meno abbiente: furono aumentate le tasse per i possidenti ed i commercianti più facoltosi, migliorando, nel contempo, le condizioni di vita degli operai; anche le finanze comunali ne risentirono positivamente e si poté dar luogo a contributi per i ricoveri ospedalieri e per l'acquisto dei testi scolastici per le categorie meno abbienti. -
Lotto 165 David Ruben Segré (Torino 1836 - Roma 1920)
Gazzetta Toscana
Lettera autografa firmata
Due pagine in-8
Firma/data: li 4 agosto 1871
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Lettera autografa firmata datata 'li 4 agosto 1871' del giornalista, collaboratore del settimanale umoristico 'La Lente' diretta al Signor Bencini di Firenze. "Assumo ben di buon grado la redazione in capo della Gazzetta Toscana, obbligandomi a dirigere il giornale, a fare un articolo un giorno sì e un giorno no, un'appendice firmata per settimana, lo spoglio di notizie italiane ed estere, ed ultime notizie quando ce ne sono...". Due pagine in-8. -
Lotto 166 Rosalia Crispi (Saint-Jorioz, 12 gennaio 1823 – Roma, 10 novembre 1904)
Saluti affettuosi allo zio
Bigliettino
Firma/data: 8 maggio 1903
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Rosalia Crispi, nativa della Savoia, allora parte del Regno di Sardegna, fu moglie di Francesco Crispi ed è celebre quale unica partecipante femminile alla spedizione dei Mille, anche se in territorio siciliano i garibaldini ebbero tra le proprie file anche altre donne, come la veneta Antonia Masanello, la romana "Marzia" (mai pienamente identificata), la palermitana Lia, compagna di Narciso Cozzo, e l'anglo-italiana Jessie White-Mario, secondo quanto ricordato dallo stesso Garibaldi nel suo racconto "I Mille". Moglie dello statista Francesco Crispi fino al 1874, saluta affettuosamente uno zio avvocato. -
Lotto 167 Raffaele Volpe (n. Napoli 1843)
Bolivia, diplomazia internazionale, Cristoforo Negri, Accademia Pontaniana di Napoli
Due lettere autografe firmate
Otto pagine in-8
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 2
Due lettere autografe firmate, datate rispettivamente al 1870 e 1872 di Raffaele Volpe, Capitano di Vascello della Regia Marina Italiana, al comando dell'ariete torpediniere Giovanni Bausan, dirette al geografo Cristoforo Negri, circa il progetto di stipulare un trattato commerciale con la Bolivia: "Il Console di Bolivia propone di annodare con la Repubblica Boliviana un trattato commerciale e postale. E' sembra che sia il solo stato di America col quale l'Italia non abbia un qualsiasi trattato. Certamente noi saremmo assai lieti, se, a similitudine di quanto già fecero i Comandanti della Magenta e della Clotilde potesse il nostro Comandante avere anch'egli la occasione di trattare. Nella circostanza attuale, il Signor Narducci e Lei, Signor Commendatore, potrebbero, io penso, preparare l'autorizzazione necessaria, il primo avvalendosi delle sue relazioni personali col Presidente della Bolivia, ed Ella avvalendosi del credito che gode presso il Ministero nostro degli Affari Esteri...". Per un totale di otto pagine in-8. -
Lotto 168 Cassone Della Torre (Milano 1270 ca. - Firenze 1318)
Redazione delle Costituzioni del Concilio Provinciale
Documento manoscritto
Registro di 51 fogli, di cui 48 utilizzati per la scrittura coperta in cartone grezzo
Firma/data: Prima metà del ‘500
Stato di conservazione: discreto (foro)
Numero componenti del lotto: 1
Documento manoscritto di grande importanza storica contenente la redazione delle Costituzioni del Concilio Provinciale, promulgate dall'Arcivescovo di Milano Cassone della Torre il 5 luglio 1311. Sono presenti 34 rubriche con altrettante prescrizioni, quali: 'Rubrica de armis non portando et ludis vitando et aliis non damnificando'; 'Rubrica de mulieribus et filiis illegiptimis non retinendo secum'; Rubrica quod nullus beneficium ammumat sine canonica institutione'; 'De usuris errogando pauperis'. Registro di 51 fogli, di cui 48 utilizzati per la scrittura coperta in cartone grezzo. Carta con inchiostro bruno. Scrittura umanistica corsiva. Cassone (citato nei documenti anche come Casso, Castonus, Cassono, Castone, Gastone) Della Torre, nipote di Napoleone signore di Milano, lasciò Milano insieme con altri esponenti della sua famiglia dopo la sconfitta di Desio del 21 gennaio 1277 e si rifugiò in Friuli ove fu nominato canonico di Cividale. Rientrò a Milano nel 1302, dopo la cacciata dalla città di Matteo Visconti e di suo figlio Galeazzo, fu canonico della cattedrale fino al 1308. Fu poi eletto Arcivescovo il 12 febbraio 1308 dai canonici, che approfittarono della debolezza del potere pontificio seguita al trasferimento ad Avignone, per impedire che il Pontefice scavalcasse il Capitolo e imponesse, tramite una nomina diretta, un Arcivescovo di suo gradimento. Il 5 luglio 1311 il Della Torre si trovava in esilio a Bergamo, in seguito all'attacco ai suoi beni e alla sua famiglia perpetrato dai Visconti, a dispetto della protezione imperiale (Cassone aveva incoronato Enrico VII re d'Italia in S.Ambrogio il 6 gennaio 1311). A Bergamo dunque convocò il sinodo provinciale, le cui sessioni si svolsero tra il 5 e il 9 luglio nella chiesa di S.Vincenzo Martire. Si tratta dell'ultimo concilio provinciale pretridentino, che, sebbene convocato per motivi politici, fu buona occasione per ribadire e chiarire norme disciplinari. Tra gli altri problemi affrontati, fu definito l'abito dei sacerdoti, fu stabilita la dipendenza del clero regolare dal Papa anziché dall'autorità diocesana, fu condannato e bollato come infamia l'esercizio dell'usura, precisati alcuni peccati, che per la loro gravità avrebbero potuto essere assolti soltanto dai vescovi. Tali deliberazioni vennero ordinate in trentaquattro capitoli, preceduti da un'introduzione e seguiti da una chiusa, e successivamente diffuse nelle diocesi. Il manoscritto è databile alla prima metà del ‘500.