Fine Paintings

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giovedì 3 novembre 2022 ore 16:00 (UTC +01:00)
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  • Nicolas Bertin (Parigi 1667 – 1736), Mosè difende le figlie di Jetro
    Lotto 49

    Nicolas Bertin (Parigi 1667 – 1736), Mosè difende le figlie di Jetro Dopo un primo apprendistato in Francia, il Bertin vinse il Prix de Rome nel 1685. In Italia studiò in particolare le opere di Raffaello, dei Carracci e di Correggio. Docente dell'Accademia di Francia dal 1715 e co-direttore dal 1733, non abbandonerà mai l'impronta stilistica della formazione francese, in particolare quella di uno dei suoi maestri, Bon Boullogne; in questa tela raffigurante Mosè che difende le figlie di Jetro dai pastori che le aggrediscono. Bertin dipinse questo soggetto in almeno altre due versioni, oltre quella in oggetto: una conservata al Museée de l'Hotel Sandelin a Saint-Omer e una al Musée Lambinet a Versailles. Olio su tela, dimensioni 95x132 cm

  • Victor-Honoré Janssens (Bruxelles 1658 – 1736), Abramo ripudia la serva Agar 1736
    Lotto 50

    Victor-Honoré Janssens (Bruxelles 1658 – 1736), Abramo ripudia la serva Agar 1736 E' lo storico dell'arte francese Didier Bodart che attribuisce, in uno studio del 9 maggio 1987, questa tela al pittore francese Victor-Honoré Janssens. Noto principalmente come pittore di soggetti mitologici e storici, appresi durante il suo soggiorno romano, lega la sua attività principalmente alla città di Bruxelles e Vienna, in cui risiede dal 1719 al 1722. Il soggetto sacro, datato 1736, ha nella produzione dell'artista dei precedenti come ne 'L'apparizione della Vergine a San Bruno' e la 'Lavinia all'altare' del Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique. Il dipinto è corredato da una perizia di Didier Bodart. Olio su tela, dimensioni ext. 157x207, int. 130x178,5 cm.

  • Lorenzo Lippi (Firenze, 1606 - Firenze, 1664), Coppia di ritratti
    Lotto 51

    Lorenzo Lippi (Firenze, 1606 - Firenze, 1664), Coppia di ritratti È al Baldinucci che dobbiamo gran parte delle informazioni che abbiamo oggi sulla vita dell’artista: formatosi dapprima in lettere e poi condotto un apprendistato sotto Matteo Rosselli, questo pittore è autonomo e indipendente dal 1626 circa. Grande sostenitore della Controriforma, aderì con grande convinzione alla vita religiosa fiorentina, tutta rivolta alla testimonianza dei grandi esempi della santità raggiunta attraverso la carità e l’ascetismo. Dal 1630 è parte dell’Accademia del disegno fiorentino: in questi anni si dedica in particolare alle opere di soggetto biblico e letterario; lo stile dell’artista risente nella composizione e nella narrativa dal maestro Rosselli, mentre nella dolcezza degli incarnati si percepisce l’influenza del contemporaneo Furini, del quale però non condivideva l’espressività dei volti. Un soggiorno a Roma, avvenuto tra il 1642 e il 1644, il Lippi lo intraprese con Salvator Rosa, con cui condivise l’amore per la scrittura di versi comici e satirici; non è da escludere però una sua influenza anche in ambito pittorico; gli anni tra il 1639 e il 1640 furono ricchi di committenze, in particolare ecclesiastiche, che gli fecero ottenere una grossa fama. Questi due ritratti, racchiusi in due pregevoli cornici ottagonali, sono da fissarsi in una fase tarda dell’attività del pittore: nella maturità tende volutamente a semplificare disegni e composizioni; qui il fondo nero dà un’aria di compostezza e serietà, che si affianca ad un’attenzione scrupolosa nella descrizione dei dettagli degli abiti e dei tessuti. Il genere del ritratto è strettamente legato al successo che il Lippi ebbe a Firenze come committente, e le sue doti da ritrattista vennero ampiamente apprezzare anche durante il suo soggiorno ad Innsbruck, avvenuto tra il 1643 e il 1644, in cui eseguì ritratti di diversi membri della famiglia Medici. Olio su tela, cm est. 115x93, int. 93x71

  • Pier Francesco Cittadini (Milano, 1616 - Bologna, 1680), Ritratto di nobildonna parmense
    Lotto 52

    Pier Francesco Cittadini (Milano, 1616 - Bologna, 1680), Ritratto di nobildonna parmense Lo studio della pittura del Cittadini inizia nell’ambiente lombardo nella bottega di Daniele Crespi e dal 1634 al 1637 circa è documentato a Bologna, come apprendista di Guido Reni; dal 1645 compie un viaggio a Roma fino a tornare stabilmente a Bologna nel 1650. La sua produzione è ampia e variegata: in Emilia si dedica alle decorazioni ad olio e ad affresco di interni, così come ai soggetti sacri; a Roma si avvicina alla più viva cultura contemporanea testimoniata dalla presenza in città di artisti nordici, francesi e napoletani. Si avvicina ai bamboccianti e ai vedutisti romani, che gli dimostrano l’importanza di raffigurare una realtà più viva, naturalisticamente intesa. Quest’opera è ascrivibile al periodo della sua maturità: nel dettaglio degli abiti e dello spazio raffigurato scorgiamo gli effetti della lezione fiamminga, così come nella profondità psicologica del personaggio vi è un eco della ricca esperienza romana. Il ritratto di nobildonna parmense è quindi riconducibile al periodo di ritorno dell’artista a Bologna, quindi dopo il 1650, dove rimarrà fino alla morte. Olio su tela, cm est. 202x153, int. 178x130

  • Maria Giovanna Battista Clementi (Torino, 1692 – Torino, 1761) detta La Clementina, Coppia di ritratti dei Marchesi Ciambrini
    Lotto 53

    Maria Giovanna Battista Clementi (Torino, 1692 – Torino, 1761) detta La Clementina, Coppia di ritratti dei Marchesi Ciambrini Questa coppia di eccezionali ritratti sono opera della pittrice torinese Maria Giovanna Battista Clementi, nota come La Clementina. Artista molto apprezzata presso la corte sabauda, fu abile ritrattista e interprete di pregevoli nature morte, secondo l'alunnato svolto presso Giovanni Battista Curlando. Gli effigiati, i coniugi Marchesi Ciambrini, sono resi con una straordinaria vividezza cromatica e un'eleganza nella composizione e nella fisionomia dei volti difficilmente reperibile in altre opere presenti sul mercato odierno. Olio su tela, dimensioni ext. 127,5x110,5, int. 112x94 cm.

  • Gruppo di sei stampe vestite, Francia fine XVII inizio XVIII secolo
    Lotto 54

    Gruppo di sei stampe vestite, Francia fine XVII inizio XVIII secolo Con cornici dorate, presenti mancanze e difetti; ognuna delle sei stampe è dotata di iscrizione in calce. Dimensioni 34x27x3 cm. cad.

  • Michelangelo Pace, detto Michelangelo di Campidoglio (Roma, 1610 - Roma, 1670), Natura morta con frutti e uccelli
    Lotto 55

    Michelangelo Pace, detto Michelangelo di Campidoglio (Roma, 1610 - Roma, 1670), Natura morta con frutti e uccelli Luigi Lanzi ha definito il Pace come un eccellente pittore di frutta, quasi un “Raffaello nel suo genere”. Poco sappiamo della sua vita, ma le fonti ci parlano di una collaborazione con Borgognone, ai cui quadri aggiungeva degli elementi; evidente però è, osservando questo dipinto, la derivazione del suo stile dall’opera di Michelangelo Cerquozzi. Una particolarità di quest’opera risiede però nella disposizione degli oggetti “in scena”: rispetto alla costruzione compositiva di artisti celebri suoi contemporanei - dallo stesso Cerquozzi finanche ad Abraham Breughel, a cui pure si ispira- gli elementi qui sono come sparsi disordinatamente sul tavolo. Un accento è posto dall’artista sulla presenza dei volatili morti esposti sullo stesso ripiano; di rado il Pace inserisce degli animali nelle sue composizioni, il che rimanda quasi alle nature morte del Seicento fiammingo. Da questa bella prova si evince quasi una volontà da parte dell’artista di riempire la superficie del dipinto quasi in altezza, prestando poca attenzione alla sovrapposizione dei piani delle ricche composizioni di nature morte coeve. Olio su tela, cm est. 97x123.5, int. 76.5x103

  • Paul de Vos (Hulst, 1592 – Anversa, 1678) Natura morta con cacciagione
    Lotto 56

    Paul de Vos (Hulst, 1592 – Anversa, 1678) Natura morta con cacciagione L’opera di Paul de Vos è contraddistinta da una straordinaria vena interpretativa di un soggetto tanto apprezzato quale quello della caccia e della natura morta con animali.Questa grande tela, dominata dal brillante rosso della tavola su cui poggia la cacciagione appena catturata, è interrotta solo da un ricco cesto di frutta posto sul fondo della composizione.Grande attenzione è riservata dall’artista al dettaglio del piumaggio dei volatili adagiati sul tavolo, all’intrecciarsi dei loro corpi affastellati gli uni sugli altri; c’è una forte volontà di descrivere la realtà che non è puramente decorativa, semmai quasi narrativa. Il de Vos era stato allievo di Denis van Hove e di David Remeeus ad Anversa, ma è a Frans Snyders – che divenne suo cognato nel 1611 – che dobbiamo una vera svolta nel suo stile. È grazie a lui che adotta questo genere come il suo distintivo ed è grazie alla sua dedizione a queste rappresentazioni che entrerà nella Gilda dei pittori di San Luca di Anversa nel 1620. Come molti altri naturamortisti della sua generazione, ebbe la possibilità di collaborare con i più grandi artisti del suo tempo, come pittore di animali: la sua collaborazione più nota è quella con Rubens e lo stesso Snyder alla decorazione del Buen Retiro in Spagna tra il 1636-37, paese in cui viaggerà e lavorerà per molto tempo.Possiamo infine legare il nome di Paul de Vos a quello di altri grandi nomi, come quelli di Erasmus Quellinus, Antoon van Dyck, e Jan Wildens. Bibl.: B. Arnout, Paul de Vos, in Grove Art Online, Oxford University Press, 2007. Olio su tela, cm est. 139x179, int. 123X165

  • Pittore fiammingo del XVII secolo Natura morta con ostriche
    Lotto 57

    Pittore fiammingo del XVII secolo Natura morta con ostriche Questo piccolo olio su tela di un ignoto pittore fiammingo è una gradevole rappresentazione della grande tradizione seicentesca olandese della natura morta.Il gusto della committenza borghese che commissionava e acquistava questo genere di dipinti era tutto rivolto a soggetti che si adattavano bene al loro sobrio stile di vita, ma che non volevano al contempo essere puramente decorativi. Le ostriche, le olive, la frutta secca e il raffinato calice sono tutti indici di una ricercata raffinatezza, i prodotti sono prelibati; talvolta locali, talvolta esotici, sono utilizzati per autocelebrare la committenza e il loro status, nonché il loro gusto artistico. La scelta di tali temi è decisamente consona ad una classe mercantile agiata che faceva della limpidezza della propria vita – sia pubblica che privata – una vera e propria missione. Il pittore realizza un quadro di dimensioni non eccessive di modo da renderla perfetta per una vasta cerchia di committenti; la nitidezza della rappresentazione e il dettaglio del tavolo in legno reso con incredibile maestria, la rendono un’opera semplice ma al contempo molto preziosa. Olio su tela, cm est. 57x65, int. 40.5x49

  • Scuola romana del XVII secolo, Marina con figure
    Lotto 58

    Scuola romana del XVII secolo, Marina con figure Osservando quest’olio su tela è chiaro come ci si trovi davanti ad un’opera di ampio respiro, dove la profondità del paesaggio è resa con uno sfumato impeccabile, che lascia intravedere una cittadina di mare e i monti in lontananza. I personaggi rappresentati sono divisi in tre gruppi, e svolgono attività diverse: il gruppo centrale è il più nutrito, ed è intento ad oziare, a discorrere e a fumare. Alla nostra destra due marinai spingono una piccola imbarcazione in mare, mentre all’estremo opposto due uomini accendono un fuoco all’ombra dell’alta torre. È delicata la resa delle onde del mare e acuta la descrizione dei vascelli in lontananza; i colori, ben bilanciati tra caldi e freddi tra la parte alta e bassa della composizione, sono tuttavia tenui, non accesi e sgargianti. L’ampia spazialità e la serenità della composizione sembrano anticipare i vasti scorci naturalistici della campagna laziale proposti a Roma all’inizio del secolo successivo da Paolo Anesi. Olio su tela, cm est. 118x158, int. 100x139

  • Andrea Locatelli (Roma, 1695 - Roma, 1741), Mercurio e Argo
    Lotto 59

    Andrea Locatelli (Roma, 1695 - Roma, 1741), Mercurio e Argo Dagli anni ’20 del Settecento Andrea Locatelli, il cui stile era già considerato internazionale, amplia e rende più nitide le sue tele; la lezione di Dughet e van Bloemen è ormai già assorbita, e si arricchisce della sua capacità di rendere l’ambiente naturale più terso, equilibrato, quasi come studiato dal vivo. La tavolozza si alleggerisce, i toni risultano più leggeri, gli elementi più limpidi. Il pittore trascorrerà quasi tutta la sua vita a Roma, fatta eccezione per il significativo periodo trascorso a Rivoli per i Savoia, e la sua lealtà al paesaggio romano si mostra qui in tutta la sua evidenza. L’inserimento di figure mitologiche all’interno dei vasti spazi naturali è tipica di gran parte della produzione dell’artista: qui viene illustrato il momento in cui Mercurio suona il flauto per far addormentare il vigile pastore Argo. Alle loro spalle è presente anche Io, la ninfa tramutata da Giove in una giovenca, che Argo aveva il compito di vegliare su ordine della gelosa dea Giunone. Il tema è affrontato dal pittore anche in un celebre quadro ora all’ Hermitage di San Pietroburgo e dimostrano la volontà, da parte del vedutista settecentesco, di utilizzare l’episodio mitologico per raccontare una favola intima, discreta. Olio su tela, cm est. 81x94.5, int. 63.5x75

  • Alessandro Magnasco (Genova, 1667 – Genova, 1749), Paesaggio fluviale con figure
    Lotto 60

    Alessandro Magnasco (Genova, 1667 – Genova, 1749), Paesaggio fluviale con figure Alessandro Magnasco è descritto dalle fonti come un pittore genovese trasferitosi a Milano nel 1672 e messo a bottega dopo la morte del padre, presso uno dei più autorevoli produttori di scenografiche e drammatiche pale d’altare del Seicento lombardo: Filippo Abbiati. Sebbene l’artista resterà sempre legato alla sua città natale – dove la sua famiglia risiedeva ancora – l’esperienza lombarda in generale e quella presso il suo maestro in particolare, ebbero un grande influsso sul suo stile. Una rigorosa adesione al dato reale e la scarsa attenzione alla narrazione dei fatti si evince sin dalla sua prima produzione pittorica, saldamente legata ai soggetti religiosi, come da tradizione dell’Abbiati. Una svolta nella sua produzione è databile all’ultimo decennio del XVII secolo, quando il pittore inizia a dedicarsi alle scene di genere, senza rinunciare però alla caratteristica vena realistica e scenografica che caratterizza il suo stile. In questa tela, ad esempio, i colori mantengono la drammaticità attraverso cui è possibile riconoscere la mano del Magnasco e l’atmosfera è nervosa, drammaticamente resa attraverso una pennellata veloce e sferzante, seppur attenta. Da notare è l’utilizzo che questo artista fa del bianco e delle terre chiare con cui costruisce i corpi: esso è utilizzato per far emergere i singoli elementi delle nubi, delle membra degli uomini e della neve sui monti in lontananza, a rendere la raffigurazione sì drammatica, ma mai cupa. Olio su tela, cm est. 120x159, int. 99,5x139

  • Scuola Romana della seconda metà del XVII secolo, Veduta di Tivoli con figure
    Lotto 61

    Scuola Romana della seconda metà del XVII secolo, Veduta di Tivoli con figure Non è possibile risalire al nome dell’autore di questo paesaggio, ma questa veduta di Tivoli è stata realizzata a Roma probabilmente intorno al 1675 circa. Impossibile non notare la somiglianza -nell’impianto compositivo- tra quest’opera e una stessa veduta eseguita da Gaspard Dughet, ora nella collezione Molinari Pradelli ed esposta agli Uffizi nel 2012. Questo lascia presumere che l’autore possa essere stato anch’egli un fiammingo a Roma in quegli anni. Lo sfondo nuvoloso e l’atmosfera sono molto densi, ma di contro la pennellata che definisce gli alberi è veloce e libera; dallo spesso manto degli alberi sorgono alcune architetture che rendono agevole l’identificazione di ciò che vediamo con la cittadina di Tivoli, come ad esempio il Ponte Gregoriano all’estrema sinistra e il Tempio di Vesta, alla parte opposta. Olio su tela, cm est. 195x144, int. 171x120

  • Alessio De Marchis (Napoli, 1710 ca – Perugia, 1752), Paesaggio fluviale con figure
    Lotto 62

    Alessio De Marchis (Napoli, 1710 ca – Perugia, 1752), Paesaggio fluviale con figure L’artista napoletano Alessio Puciollo De Marchis intraprese la sua prima formazione pittorica a Roma, presso la bottega di Pieter Philip Roos, meglio conosciuto come Rosa da Tivoli, che lo indirizzò al tema del paesaggio, di gran voga nel Settecento. Anche se dalle fonti non si evince nessun rapporto diretto, è auspicabile presumere che durante la sua formazione subì anche l’influsso di alcuni tra i paesisti più noti del secolo, Gaspard Dughet e Salvator Rosa. Questo debito è ben evidente anche osservando questa tela: al Rosa dobbiamo la profondità della composizione paesistica, del Dughet è certamente la ricercatezza degli elementi naturali, quali le chiome degli alberi. Ma è nella pennellata che riconosciamo l’originalità del pittore, che è resa quasi romanticamente, a macchie; è una pennellata espressiva, vivace e breve. I colori sono tenui, l’azzurro spicca per luminosità e chiarezza, si contrappone ai toni più “composti” e discreti dei verdi e delle terre. Le figure sono rese con una pennellata vibrante, che restituisce cura ed attenzione ai personaggi, discreti e perfettamente immersi all’interno del paesaggio, quasi decorativi. Olio su tela, cm est. 156x208, int. 129x181.5

  • Adam Frans van der Meulen (Bruxelles 1632 - Parigi 1690), Scena bellica
    Lotto 63

    Adam Frans van der Meulen (Bruxelles 1632 - Parigi 1690), Scena bellica Il pittore è passato alla storia come il "Pittore delle conquiste del Re", grazie alla sua prestigiosa collaborazione con Charles Le Brun alla corte di Luigi XIV, per la realizzazione degli arazzi rappresentanti la Storia di re Luigi XIV. La fama procuratagli da questa commissione gli permise di affermarsi anche come pittore di battaglie, un genere iconografico molto apprezzato in Europa, in particolare nei Paesi Bassi. Questo dipinto dal particolare formato quasi quadrato rispecchia proprio questa fase produttiva dell'artista, tutta destinata a finalità commerciali: di fatto la scena rappresentata non è riconducibile ad un particolare evento storico. La paternità trova conferma in un'etichetta posta sul retro della tavola, che se non autografa, è di epoca coeva all'esecuzione del dipinto. Questa scena bellica è dotata di autentica del Prof. Giancarlo Sestrieri del 2021. Olio su tavola, dimensioni int. 30x31, ext. 37x37 cm.

  • Leonardo Coccorante (Napoli, 1680-1750), Paesaggio con rovine
    Lotto 64

    Leonardo Coccorante (Napoli, 1680-1750), Paesaggio con rovine La biografia dell’artista è quasi completamente un mistero: di lui sappiamo che è nato a Napoli e lì ha trascorso tutta – o quasi – la sua esistenza; sappiamo che lavorò forse al carcere della Vicaria e lì ebbe modo di conoscere il pittore Angelo Maria Costa, pittore vedutista e rovinista che ebbe la possibilità, in virtù del suo grande talento, di affrescare le pareti del tribunale di Castel Capuano. Tanto basta a spiegare la predisposizione del Coccorante al genere delle rovine: egli dedica la sua attività a rielaborare questo genere tradizionale, creando delle variatio sul tema molto originali: tipico di quest’artista è, come in questo caso, la commistione tra rovine e paesaggio marittimo. In questa grande tela il paesaggista napoletano ci presenta un’opera ampia, di grande respiro, e ricca di riferimenti sia classici che innovativi. Vediamo qui l’influsso dello stile calligrafico di Ascanio Luciani, il cui linguaggio vira verso il classicismo, arricchendo la tradizione di genere napoletana con ampie architetture, in parte reali, in parte di fantasia. La presenza di un folto numero di personaggi indica senz’altro la collaborazione, a quest’opera, di almeno uno dei tradizionali collaboratori del Coccorante: Giovanni Marziale, Giuseppe Tomajoli e Giacomo del Po, specializzati nel ritrarre scene notturne, gruppi di figure borghesi, bassorilievi, episodi di cronache mondane e riproduzioni di antichi sotterranei. Olio su tela, cm est. 137.5x153.5

  • Francesco Ruschi (Roma 1610 - Treviso 1661), Cornelia presenta i suoi figli Tiberio e Gaio Sempronio Gracco a una matrona che le aveva mostrato i suoi gioielli
    Lotto 65

    Francesco Ruschi (Roma 1610 - Treviso 1661), Cornelia presenta i suoi figli Tiberio e Gaio Sempronio Gracco a una matrona che le aveva mostrato i suoi gioielli Il pittore si forma alla 'Torretta' del Cavalier d'Arpino a Roma, e fondamentale durante il soggiorno romano è l'incontro con la pittura caravaggesca. Questo dipinto è però ascrivibile ad una fase successiva della sua produzione, quella legata all'esperienza veneziana, a partire dal 1620. La città lagunare era in quel periodo in una sorta di 'torpore creativo' causato dal declino della Repubblica. In questo clima di incertezza importanti pittori come il Ruschi, volgono lo sguardo alle cromie e alle atmosfere del XVI secolo e alle tematiche moraleggianti della pittura di storia - come in questo caso - o a composizioni leggere e di intrattenimento. Olio su tela, dimensioni ext. 160,5x124,5, int. 149x112 cm.

  • Nicola Malinconico (Napoli, 1663 – Napoli, 1726), San Guglielmo d’Aquitania
    Lotto 66

    Nicola Malinconico (Napoli, 1663 – Napoli, 1726), San Guglielmo d’Aquitania In questa tela vediamo il santo Guglielmo d’Orange, più noto come San Guglielmo d’Aquitania, in meditazione davanti al crocifisso; il protagonista è accompagnato da putti che sorreggono le armi che in santo indossava con cui combatteva Baschi e Mori, poi deposte per ritirarsi ad una vita in preghiera, al servizio di Dio. L’atmosfera del quadro ci rimanda alle suggestioni atmosferiche e all’impianto compositivo del Solimena, di cui il nostro artista è senz’altro debitore. Come spesso accade per i pittori napoletani, è a Di Dominici che dobbiamo quasi tutto ciò che sappiamo sul Malinconico, figlio d’arte cresciuto nella bottega di Andrea Belvedere e all’ombra delle innovazioni di Luca Giordano e di Massimo Stanzione; inizialmente la sua produzione era dedita alle composizioni di nature morte con vasi di fiori, nella maturità invece si apre a soggetti più vari, perlopiù devoti. Nel 1693 è a Bergamo, per una delle sue più importanti commissioni: la decorazione della chiesa di Santa Maria Maggiore; resterà in città fino all’anno seguente, quando farà ritorno a Napoli. Nell’ultima fase della sua produzione guarderà molto all’esperienza napoletana dei grandi protagonisti del barocco emiliano quali Domenichino, Reni e Lanfranco, ma presterà attenzione anche alle sperimentazioni cortonesche e agli studi dei suoi colleghi Maratti e De Matteis. Olio su tela, cm est. 148.5x118, int. 131x100

  • Mattia Preti (Taverna 1613 – La Valletta 1699), Al capezzale del malato
    Lotto 67

    Mattia Preti (Taverna 1613 – La Valletta 1699), Al capezzale del malato Questo drammatico dipinto può essere ascritto alla produzione dell'attività del Cavalier Calabrese più legata all'epidemia di peste che colpì la città di Napoli nel 1656. L'esperienza pittorica partenopea e i gravi eventi di quegli anni scurirono la tavolozza del pittore e resero più austere e gravi tanto le sue composizioni, quanto nelle tematiche scelte. Olio su tela, dimensioni ext. 86x103 int. 62x80 cm.

  • Paolo Piazza (Castelfranco Veneto, 1560 – Venezia, 1620), Salomè con la testa del Battista
    Lotto 68

    Paolo Piazza (Castelfranco Veneto, 1560 – Venezia, 1620), Salomè con la testa del Battista Originario del trevigiano, il pittore Cosimo di Castelfranco a noi noto come Paolo Piazza, studiò la pittura veneta alla scuola di Palma il Giovane, Veronese e i Bassano; dopo un breve soggiorno nella città natale, dove pure lascia delle sue opere, lo troviamo stabilmente a Venezia dal 1593. Con il nome di Cosimo di Castelfranco prese i voti come cappuccino nel 1598: egli fu sempre legato alle raffigurazioni sacre, la sua specialità, e per seguire tale propensione venne invitato a Monaco dal Duca Guglielmo V di Baviera, che gli commissionò un Martirio dei santi Pietro e Paolo. Viaggiò molto in Europa e in Italia: la sua presenza è testimoniata a Innsbruck, a Reggio Emilia, a Parma per Ranuccio Farnese e a Roma per Paolo V e Scipione Borghese. Questa raffinata composizione risente dei diversi stimoli e delle suggestioni stilistiche che il pittore ebbe occasione di raccogliere e sintetizzare durante i suoi numerosi viaggi: le morbide sovrapposizioni di colore sono indice di un legame profondo con la pittura veneta, ma nei dettagli degli abiti di Salomè si evince un interesse per la minuzia nordica; nella terribile espressione del boia, che stringe ancora la spada con cui è ha decapitato il santo, è evidente che il Piazza abbia avuto modo di conoscere la lezione caravaggesca a Roma. Olio su tela, cm est. 127x193, int. 108x173

  • Francesco Francia, ambito di (Bologna, 1460 ca. - Bologna, 1517), Pietà con Vergine e San Giovanni
    Lotto 69

    Francesco Francia, ambito di (Bologna, 1460 ca. - Bologna, 1517), Pietà con Vergine e San Giovanni La serenità che trasmette una tavola di questa qualità, allontana dal sentire dello spettatore la sensazione di stare osservando una scena drammatica o, perlomeno, dolorosa. La raffigurazione del corpo di Cristo sorretto dalla Vergine e da San Giovanni è quieta e affabile; è frutto di una cultura che della grazia, della compostezza e della dignitosa raffigurazione degli affetti ne ha fatto una ricerca costante. Facciamo riferire questo dipinto all’ambito del maestro emiliano Francesco Raibolini, detto Francesco Francia, che da Vasari fu sempre considerato come un pittore di indole mansueta che ha trascorso parte della propria produzione alla mercè di un’insostenibile competizione col il genio del primo Cinquecento italiano: Raffaello. Ma sebbene non ci troviamo davanti ad un autografo del Raibolini, una tavola di questa qualità pittorica dimostra una diffusione del linguaggio del pittore che va oltre la semplice “ricerca sull’Urbinate”, ma anzi assume dei tratti abbastanza riconoscibili della tradizione ferrarese e padana: nel dipinto scorgiamo una struttura compositiva, una pennellata levigata e dei colori luminosi ma non accesi come quelli del Sanzio, che fanno più riferimento all’eredità peruginesca. Il Francia, secondo il Vasari, fu un artista molto prolifico ed ebbe numerosi aiuti ed apprendisti, fatto che rende molto difficile ai contemporanei l’individuazione di una mano riconoscibile tra le opere che stilisticamente risultano affini alla sua bottega. Olio su tavola, cm 111.5x75

  • Gregorio Preti (Taverna 1603 – Roma 1672), attr. a, Adorazione dei Magi
    Lotto 70

    Gregorio Preti (Taverna 1603 – Roma 1672), attr. a, Adorazione dei Magi Questa tela è attribuibile all'ambito del maturo barocco napoletano, probabilmente opera di Gregorio Preti. Di certo il taglio della composizione è più ravvicinato rispetto alle grandi macchine sceniche del Cavalier Calabrese, ma l'attenzione dedicata da Gregorio Preti alle composizioni intime e classiciste lo rendono - se non celebre al pari del fratello - di certo molto apprezzato anche in ambito romano; ciò è dimostrato dalle diverse committenze Aldobrandini e alle collaborazioni a più ampi cantieri. Olio su tela, dimensioni ext. 145,5x115, int. 129x97 cm.

  • Mario Nuzzi detto Mario de’ fiori (Roma, 1603 – Roma 1673), Coppia di paesaggi con corona di fiori
    Lotto 71

    Mario Nuzzi detto Mario de’ fiori (Roma, 1603 – Roma 1673), Coppia di paesaggi con corona di fiori La fortunata produzione di Mario de’ fiori è legata sia alla sua biografia che al gusto per la pittura contemporanea di natura morte con fiori. Nipote del celebre caravaggista Tommaso Salini, si forma a Roma nella bottega dello zio e alla sua morte ne eredita il folto numero di clienti, che si affidano a lui per la sua straordinaria perizia di fiorante, maturata anche alla luce dell’attività di floricoltore di suo padre Sisto. Eredità dello zio risulta essere anche il legame che il pittore stringe con Cassiano dal Pozzo, che fu per lui un tramite importante per la conoscenza di artisti internazionali suoi contemporanei, ma soprattutto per i mecenati della corte barberiniana; nel 1634 risulta nei registri dell’Accademia di San Luca e dal 1646 è tra i virtuosi del Pantheon. Questa coppia di ghirlande con paesaggio rurale e figure è probabilmente appartenente alla prima fase della produzione dell’artista, una fase di ricerca e sperimentazione. La pennellata è decisa, poco analitica, quasi espressionistica; questo pendant è caratterizzato da un raro fondo scuro, non appartenente alla maturità dell’artista, ancora poco sensibile al gusto vivace e luministico del pieno barocco. Olio su tela, cm est. 157x130, int. 142x105

  • Marco Ricci (Belluno, 1676- Venezia, 1730), Coppia di paesaggi con viaggiatori
    Lotto 72

    Marco Ricci (Belluno, 1676- Venezia, 1730), Coppia di paesaggi con viaggiatori Bellunese di nascita e veneziano di formazione, poco sappiamo dell’apprendistato di questo paesaggista, nipote del più famoso Sebastiano Ricci. L’artista risente molto, nella sua produzione, dell’influenza di Salvator Rosa nella resa delle luci e dell’austriaco Eisemann nella costruzione compositiva; uno dei rapporti più proficui per la sua formazione fu senz’altro però quello con l’irrequieto pittore genovese Alessandro Magnasco. La collaborazione con lo zio e l’incontro con Gian Antonio Pellegrini a Venezia lo portano ad apprendere le lezioni dei suoi contemporanei ma gli permettono anche di sviluppare al meglio una propria cifra stilistica, che gli permetterà di ottenere prestigiosi incarichi al di là della Manica. Il nostro pittore è a Londra dal 1707 al 1715, anno in cui fa ritorno a Venezia insieme allo zio Sebastiano: questo è un periodo di sperimentazione, in cui l’artista si dedica all’arte incisoria, che coltiverà fino alla fine della sua vita, e alla scenografia. La sua maturità è stata costellata di commissioni di rilievo, come ad esempio le tele accordategli da Filippo Juvarra per la decorazione della Reggia di Venaria. Olio su tela, cm 148x197

  • Hendrik Frans van Lint (Anversa, 1683 – Roma, 1763) Coppia di paesaggi
    Lotto 73

    Hendrik Frans van Lint (Anversa, 1683 – Roma, 1763) Coppia di paesaggi La pittura di paesaggio di ascendenza fiamminga ha il suo compimento, nella produzione degli artisti che ne sono i protagonisti, nel soggiorno di studio a Roma. Molti artisti però rimarranno in città fino alla morte, incantati dalla storia, dalle innovazioni artistiche e dall’incontaminato paesaggio della campagna romana. Uno di questi è Hendrik Frans van Lint, che nasce e si forma nella dinamica città di Anversa, dove diventa un abile pittore di paesaggi;durante il suo soggiorno a Roma – probabilmente facendo esperienza presso la bottega del Vanvitelli - la sua produzione si differenzierà, seguendo due filoni quasi opposti.Da una parte realizzerà vedute topografiche sulla scia dell’esperienza di van Wittel, esercitata a Roma sugli scorci di rovine architettoniche che furono sempre di ispirazione per gli artisti in città; dall’altra abbiamo uno spiccato interesse verso la pittura di paesaggio idealizzata, di fantasia.Qui il pittore sceglie di non fare riferimento ai grandi del paesaggio di fantasia “alla fiamminga”, come ad esempio il van Bloemen, ma resta folgorato dalle opere di Claude Lorrain a Roma e dalla sua interpretazione della veduta idealizzata.Questa coppia di dipinti su rame fanno direttamente riferimento a questa tradizione: probabilmente frutto di un’osservazione del paesaggio “dal vero”, questo viene poi rielaborato ed arricchito dalla sognante inventiva del pittore, che suggerisce la commistione, suggestiva e quasi scenografica, tra natura e arte, tra paesaggio ed architetture. Bibl.: A. Busiri Vici, Peter, Hendrik & Giacomo Van Lint: Tre pittori di Anversa del '600 e '700 lavorano a Roma. Rome, 1987, Ugo Bozzi Editore, p. 200. Olio su rame, cm est. 35x43, int. 23X30.5

  • Sei rari dipinti su tavola con raffigurazioni della Genesi
    Lotto 74

    Sei rari dipinti su tavola con raffigurazioni della Genesi Eseguiti a tempera su tavola, con preparazione a fondo oro; i sei episodi della Genesi raffigurati - dalla Creazione del mondo alla cacciata dei Progenitori - sono dotati di un cartiglio con iscrizione in latino a descrizione del soggetto rappresentato. Dimensioni int. 13x13, ext. 19x19 cm. cad.

  • Maestro del 1441, attr. a, Ercole e il leone di Nemea ed Ercole in lotta con una donna(?)
    Lotto 75

    Maestro del 1441, attr. a, Ercole e il leone di Nemea ed Ercole in lotta con una donna(?) E' alla studiosa Daniela Parenti che dobbiamo gli ultimi studi su questa preziosissima coppia di tempere su tavola, raffiguranti due intense lotte dell'eroe romano Ercole. Nel testo 'La città di Ercole' edito da Pendragon nel 2016 a coronamento della quindicesima mostra promossa dagli Uffizi dedicata agli straordinari depositi del museo (I mai visti), sono attribuiti al Maestro del 1441. Questo particolare formato è stato ricondotto alla tradizione quattrocentesca del 'dipinto da cassone', che aveva spesso Ercole come soggetto delle raffigurazioni. Tempere su tavola, dimensioni ext. 48,5x48,5, int. 42x42 cm. cad.

  • Jacopo Palma il Vecchio (Serina 1480 - Venezia 1528), Pietà con un angelo
    Lotto 76

    Jacopo Palma il Vecchio (Serina 1480 - Venezia 1528), Pietà con un angelo L'opera è dotata di una perizia dell'esperto Philip Rylands del 1992 e di una relazione tecnica ad opera di Giudo Nicola del 1989. La produzione di Jacopo Nigretti de Lavalle è interamente dedicata a tre soggetti principali: mitologia, ritratti e soggetti sacri. Nato a Serina ma cresciuto e formatosi alla scuola veneziana di Andrea Previtali, Giovanni Bellini e Giorgione, stringerà un forte legame anche con i contemporanei Lorenzo Lotto e Tiziano. Questa tavola, intensa nei toni e nella presenza psicologica che il pittore utilizza per descrivere l'emotività del momento, è una prova pittorica che dimostra il profondo legame che lega Palma alla scuola pittorica veneziana e ai suoi principali protagonisti. La tela è di un'immediatezza più unica che rara: un esempio evidente è l'evidentissimo pentimento del braccio destro di Cristo, sostenuto dall'angelo, così come il senso di incompiuto che avvolge molti elementi della rappresentazione. Lo sfondo scuro è genericamente utilizzato dall'artista nei ritratti, mentre per la narrazione degli eventi sacri ha preferito utilizzare un fondale di belliniana memoria, molto profondo e fatto di cieli ampi e tersi e di colori accesi. Lo studio dei piani di colore, che costruiscono autonomamente le masse pittoriche quasi senza l'ausilio del disegno, è una soluzione tipica dello studio degli elementi pittorici tipici di Giorgione; sebbene la critica riferisca molte opere al corpus della produzione del nostro artista, è molto difficile intercettare le differenze tra le due, il che rende complessa la definizione dell'intero corpus dell'artista. Dipinto su legno, 62x57,5 cm

  • Antonio Molinari (Venezia 1655 - 1704), Sansone e Dalila
    Lotto 77

    Antonio Molinari (Venezia 1655 - 1704), Sansone e Dalila Allievo di Antonio Zanchi e grande esponente dell'arte veneziana della fine del Seicento, il pittore deve gran parte del suo successo alla realizzazione di quadri da stanza raffiguranti soggetti biblici, storici o mitologici. Questo dipinto è testimone della predilezione del pittore per i fondali teatrali, che evocano l'architettura classica. Un altro importante riferimento al mondo teatrale è dato dalla posa del Sansone addormentato tra le braccia dell'amante Dalila. Olio su tela, dimensioni ext. 172x124, int. 155x110 cm.

  • Sebastiano Ricci (Belluno 1659 - Venezia 1734), attr. a, Caino e Abele
    Lotto 78

    Sebastiano Ricci (Belluno 1659 - Venezia 1734), attr. a, Caino e Abele Il soggetto veterotestamentario è illustrato con grande imponenza ed essenzialità dal pittore bellunese, con una grande attenzione rivolta alla monumentale anatomia dei due personaggi. Caino, seduto in primo piano, è raffigurato mentre medita l'omicidio del fratello Abele, rappresentato frontalmente nell'atto di inginocchiarsi accanto al fuoco. Questo dipinto sembra appartenere al periodo che il pittore trascorse a Bologna: le scenografiche composizioni della pittura veneta lasciano qui spazio ad una rappresentazione più intima e meditata, dai toni vigorosi e plastici. Olio su tela, dimensioni ext. 208x151,5, int. 187x130 cm.

  • Anthony van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641), copia di, Madonna con Bambino
    Lotto 79

    Anthony van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641), copia di, Madonna con Bambino Questa famosa iconografia è una delle tre versioni del soggetto della Madonna con Bambino realizzate da Antoon Van Dyck durante il suo soggiorno in Italia - tra il 1621 e il 1625 - e riportate nel suo quaderno di schizzi italiano. Una delle migliori versioni di questo dipinto - molto simile per soggetto, composizione e qualità pittorica - è conservata oggi alla Dulwich Picture Gallery di Londra ed è datata al 1630-32. La pittura di Van Dyck è qui debitrice dell'esperienza di Guido Reni, dello sguardo estatico dell'artista emiliano verso il cielo, oltre che delle sue straordinarie capacità tecniche; anche la forte presenza dei personaggi sulla scena guarda a esempi del grande Rinascimento italiano, come le Madonne di Bellini, sebbene i volumi dei corpi siano squisitamente barocchi. Particolare attenzione è data al contrasto dei toni intensi delle vesti della Vergine con lo sfondo scuro da cui si intravede appena un'imponente colonna; allo sguardo di Maria, che richiama alla mente le soluzioni iconografiche della Mater Dolorosa e delle Lamentazioni sul corpo di Cristo, si contrappone quello determinato e sicuro del Bambino, che si rivolge all'esterno della composizione. Il corpo nudo e morbido di Gesù, la minuziosa capigliatura e la grande resa psicologica di entrambi i personaggi rendono evidente lo sguardo diretto di questo pittore all'opera del grande maestro. Olio su tela, dimensioni est. 164x134, int. 142x111,5

  • Jacopo Negretti (Venezia 1544 - 1628), detto Palma il Giovane, Autoritratto
    Lotto 80

    Jacopo Negretti (Venezia 1544 - 1628), detto Palma il Giovane, Autoritratto Sono noti agli studi due ritratti di Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane per non confonderlo con il celebre prozio pittore Palma il Vecchio. Un primo autoritratto giovanile, nella veste dell'elegante e spavaldo pittore è quello datato al 1580 circa oggi conservato alla Pinacoteca di Brera. Il secondo è un ritratto probabilmente opera di Jacopo Bassano, databile al 1681 e acquistato l'anno seguente da Cosimo III de Medici e oggi conservato nel Corridoio vasariano. La perfetta aderenza fisiognomica e i tratti della maturità sono riscontrabili anche nella derivazione veneta dello stile del dipinto, molto attento all'esperienza della ritrattistica di Tiziano e Tintoretto. Olio su tela, dimensioni ext. 96x81, int. 80x67 cm.

  • Cornelis Jacobsz Delff (Gouda 1571 - Delft 1643), Natura morta con oca, fruttiera, bacile con carciofi e piatto di pesci
    Lotto 81

    Cornelis Jacobsz Delff (Gouda 1571 - Delft 1643), Natura morta con oca, fruttiera, bacile con carciofi e piatto di pesci Questo pannello, elegantemente decorato dal naturamortista Delff, è databile al secondo quarto del XVII secolo ed è correntemente archiviata dalla Fondazione Zeri come opera dell'artista olandese. Tipiche della produzione del pittore sono le stoviglie in rame e ottone e la presenza - come in questo caso - di pesci e di uccelli dal morbido piumaggio, resi con grande perizia e vigore compositivo. Olio su tavola, dimensioni ext. 131,5x169, int. 101x141 cm.

  • Pittore fiammingo del XVII secolo, Scena bambocciante
    Lotto 82

    Pittore fiammingo del XVII secolo, Scena bambocciante Questa scena bambocciante è attribuito ad un anonimo pittore del Seicento fiammingo, probabilmente dell'ambito di Jan Miel o Andries Both. L'aderenza a questi due pittori fiamminghi è riscontrabile nella scelta iconografica del soggetto rappresentato, l'ambientazione della scena e i toni compassati e fermi della tavolozza. Olio su tela, dimensioni 72,5x97 cm.

  • Scuola Nord italiana dell'inizio del XVIII secolo, Quattro battaglie
    Lotto 83

    Scuola Nord italiana dell'inizio del XVIII secolo, Quattro battaglie Queste quattro eleganti battaglie, sono un'opera di un pittore anonimo del XVIII secolo. L'attribuzione all'ambito geografico nord italiano è motivata dalla vicinanza stilistica di queste quattro tele rispetto alla produzione di artisti quali, ad esempio, il Brescianino. L'interesse per il vorticare della battaglia e le nuvole cariche di polvere dimostrano perlomeno una vicinanza alla maniera del Simonini. Olio su tela, dimensioni ext. 42x65,5, int. 34,5x58 cm.

  • Angelo Trevisani (Venezia 1669 ca. –  1753/1755), Caritas Romana
    Lotto 84

    Angelo Trevisani (Venezia 1669 ca. – 1753/1755), Caritas Romana Nebulose sono le notizie circa la prima formazione e l'avvio alla sua attività di pittore nella Venezia dei primi anni del Settecento. In questo pregevolissimo dipinto è evidente l'adesione del pittore agli stilemi veneziani della metà del secolo, tanto nel taglio ravvicinato della composizione quanto nel punto di vista leggermente 'da sotto in su' dei soggetti rappresentati, tipici di artisti a cui fa sempre riferimento quali Giovan Battista Pittoni e Giovanni Battista Piazzetta. A quest'ultimo è riconducibile, da parte del Trevisani, uno studio puntuale e intenso delle fonti di luce, che radenti donano ai corpi grande spessore. Olio su tela, dimensioni ext. 115x133, int. 96x115 cm.

  • Antonio Zanchi (Este 1631 – Venezia 1722), Lot e una figlia
    Lotto 85

    Antonio Zanchi (Este 1631 – Venezia 1722), Lot e una figlia Un’esperienza degna di nota della pittura veneziana del Seicento è stata quella dei pittori cosiddetti “tenebrosi”: essi si proponevano di interpretare il luminismo caravaggesco esaltando la potenza chiaroscurale tipica dell’innovazione caravaggesca, utilizzando al contempo colori meno accesi, più intensi. Questa ricerca era particolarmente funzionale nella resa drammatica di storie e personaggi; tra gli esponenti di questa corrente troviamo Giovan Battista Langetti, Pietro Negri, Johann Carl Loth, Giovanni Bittanti e il pittore di questo intenso dipinto, Antonio Zanchi. È possibile ascrivere quest’opera alla maturità dell’artista, o comunque ante 1680, quando la sua tavolozza inizierà a schiarirsi, dando meno risalto alla violenza chiaroscurale tipica della sua produzione. L’artista si trasferì a Venezia alla metà del secolo e oltre al fascino che esercitò su di lui il Langetti, il pittore fu sempre attento alla produzione di Luca Giordano e del Ribera, i grandi maestri napoletani della drammaticità caravaggesca. Questa iconografia è atipica: Lot è sempre raffigurato con entrambe le figlie, il che rende difficile essere certi che questa rappresentazione dell’episodio fosse una precisa scelta dell’artista; sebbene però ci possa essere un’alternativa possibile a quest’immagine – potrebbe trattarsi di un Cimone e Pero, tradizionale simbolo della Caritas Romana – l’evidente ebrezza del vecchio e l’atteggiamento languido e intensamente seducente di entrambi i protagonisti, rende indubbia l’identificazione veterotestamentaria del soggetto. Questa forza sensuale è ben espressa dal taglio molto ravvicinato delle figure seminude, che emergono violentemente da un forte chiaroscuro, che esplicita ancora di più l’intensità emotiva del tema rappresentato. Olio su tela, cm est. 135x144, int. 120x112

  • Gerrit Adriaenszoon Berckheyde (Haarlem 1638 - 1698), Sacra famiglia con San Giovannino
    Lotto 86

    Gerrit Adriaenszoon Berckheyde (Haarlem 1638 - 1698), Sacra famiglia con San Giovannino Questo eccezionale dipinto attribuito a Gerrit Adriaenszoon Berckheyde è realizzato ad olio su ardesia: una tecnica che, a causa della scarsa capacità della lavagna di assorbire i colori ad olio, rende i colori molto vividi e luminosi. Pittore meglio noto per le ampie vedute di Amsterdam e Haarlem, produce di rado soggetti di genere e ancora più raramente soggetti religiosi, come in questo caso. Un precedente nella trattazione del paesaggio è riconducibile alla 'Falconeria' oggi conservata al Museo Pushkin di Mosca. Olio su ardesia, dimensioni ext. 47x40,5, int. 31x24 cm.

  • Dipinto di Paolo Sala (Lombardia 1859-Milano 1924), Il trasporto del ghiaccio
    Lotto 87

    Dipinto di Paolo Sala (Lombardia 1859-Milano 1924), Il trasporto del ghiaccio Abilissimo acquerellista, Paolo Sala si forma presso l'Accademia di Brera. Viaggiò in Francia, in America e in Russia, dove soggiornò a lungo; a questo periodo si deve la produzione della nostra opera. Firmata in calce dall'artista, nelle eleganti architetture dello sfondo riconosciamo la città di Mosca, e nel soggetto dei trasportatori di ghiaccio, una volontà di catturare, con tono tanto romantico quanto cronachistico, l'atmosfera quotidiana della scena. La densità dell'atmosfera fredda, nevosa e piena di foschia è resa in maniera eccellente dal mezzo dell'acquerello, reso di una raffinatezza associabile quasi pari a quella della pittura ad olio. Acquerello su cartone, dimensioni ext. 86x119,5 int. 66x101 cm.

  • Pittore romano del XVIII secolo, Due vedute di fantasia di San Pietro e del Colosseo
    Lotto 88

    Pittore romano del XVIII secolo, Due vedute di fantasia di San Pietro e del Colosseo La tecnica del 'Reverse glass painting' è una tecnica molto antica, utilizzata fin dal Medioevo per la realizzazione di icone, soprattutto in ambito bizantino. Ma è nel Settecento che si impone nelle corti europee come pregevole tecnica pittorica, di difficile esecuzione e di grande effetto. Considerato il fatto che cimentarsi in questa tecnica rappresentava una vera sfida per ogni buon pittore, sono pochi gli esemplari davvero pregevoli giunti a noi di pittura sottovetro. La coppia in evidenza rappresenta in oltre un soggetto tipico del paesaggio di invenzione settecentesco: due vedute sul Colosseo e sulla cupola di San Pietro da una grotta o una rovina antica. E' possibile immaginare che sia stato un artista mitteleuropeo a cimentarsi in questa prova di abilità durante il suo soggiorno romano. Dipinto su vetro inverso, dimensioni ext. 47,5x39, int. 40x31 cm.

  • Scuola fiorentina della fine del XVIII secolo, Coppia di paesaggi
    Lotto 89

    Scuola fiorentina della fine del XVIII secolo, Coppia di paesaggi Questa coppia di paesaggi in scagliola dipinta è riconducibile, tanto nel soggetto quanto nello stile, alla produzione del paesaggista Enrico Hugford; l'anonimo paesaggista fiorentino che ha realizzato questa coppia, di certo ha tratto da Hugford il senso di ampiezza spaziale, i toni cromatici leggeri e luminosi. Scagliola dipinta, dimensioni ext. 55x 77, int. 46x68 cm.

  • A. V. Eijnsbergen, firmato e datato, Adorazione del Vitello d'oro, 1876
    Lotto 90

    A. V. Eijnsbergen, firmato e datato, Adorazione del Vitello d'oro, 1876 A. V. Eijnsbergen, firmato e datato, Adorazione del Vitello d'oro, 1876 Dipinto su cartone Dipinto su cartone, dimensioni ext. 58,5x79, int. 52x73 cm.

  • Pittore fiammingo del XVII secolo, Sant'Egidio da Nimes
    Lotto 91

    Pittore fiammingo del XVII secolo, Sant'Egidio da Nimes Pittore fiammingo del XVII secolo, Sant'Egidio da Nimes Dipinto su carta pergamena, il soggetto deriva dal Sant'Egidio da Nimes come eremita di Raphael Sadeler del 1594, oggi al Rijks museum. In basso è presente l'iscrizione latina "Omnia subjecisti sub pedibus ejus, oves et boves universas insuper et pecora campi" Psal 8. "Hai sottomesso ogni cosa sotto i suoi piedi, tutte le pecore e i buoi, e anche tutte le greggi dell'accampamento" Dipinto su pergamena, dimensioni ext. 25x30, int. 18x23 cm.

  • Pittore veneto del XVII secolo, Allegoria della Carità
    Lotto 92

    Pittore veneto del XVII secolo, Allegoria della Carità Pittore veneto del XVII secolo, Allegoria della Carità Olio su tela Olio su tela, dimensioni ext. 84,5x72,5, int. 81x69 cm.

  • Scuola Piemontese, metà XIX sec. Fuga in Egitto e Dormitio Virginis
    Lotto 93

    Scuola Piemontese, metà XIX sec. Fuga in Egitto e Dormitio Virginis Questa delicata coppia di tempere, realizzate da un’artista a noi sconosciuto, è riferibile alla pittura piemontese della metà del XIX secolo; sebbene i pittori di questa scuola al tempo fossero tutti dediti allo studio di un paesaggio verista, onesto e che abbandona nelle sue scene – su modello di Corot - ogni intento narrativo, qui ci troviamo ad ammirare due vicende bibliche, in piena controtendenza rispetto alla produzione pittorica del momento. Forse frutto di una committenza privata o ecclesiastica, il rimando alla scuola piemontese è evidenziato dall’utilizzo delle tinte molto sfumate, quasi diluite, che richiamano un po’ alla memoria le atmosfere di Antonio Fontanesi e Angelo Beccaria.La protagonista di queste due scene è la Vergine, raffigurata in due momenti emblematici della sua vita: nella prima opera è in fuga da Nazareth in Egitto, per sfuggire alla persecuzione di Erode;nella seconda tela la protagonista, circondata dagli apostoli viene raggiunta da Cristo che l’accompagnerà in cielo.La morte è frutto del peccato originale e Maria, essendone priva, non può morire; il suo trapasso è quindi descritto dai testi come un addormentarsi, una Dormitio per l’appunto, che ne determina l’assunzione alla vita eterna e l’incorruttibilità del corpo dopo il trapasso. Tempera su tela, cm est. 37x49, int. 30.5x43

  • Domenico Pellissier, Carnevale in piazza, inizi del XX secolo
    Lotto 94

    Domenico Pellissier, Carnevale in piazza, inizi del XX secolo Il dipinto, firmato D. Pellissier in basso a sinistra è una vivace rappresentazione di una danza carnevalesca in piazza. Domenico Pellissier risulta aderente alla raffigurazione di scene cittadine della metà del XX secolo, attente più all'atmosfera suscitata dalla frenesia della vita sociale, più che dal rendere il soggetto in maniera narrativa. Olio su tela, dimensioni ext.96x126 int. 80x111 cm.

  • Coppie di miniature raffiguranti nobildonne con cappello, probabile scuola francese della prima metà del XIX secolo
    Lotto 95

    Coppie di miniature raffiguranti nobildonne con cappello, probabile scuola francese della prima metà del XIX secolo Coppie di miniature raffiguranti nobildonne con cappello, probabile scuola francese della prima metà del XIX secolo Una delle miniature reca firma illeggibile e la data 1824; belle cornice coeve in legno dorato Dimensioni ext. 26x22, int. 14x10 cm. cad.

  • Coppia di miniature raffiguranti il senatore bolognese Girolamo II Ranuzzi conte della Porretta  e la sua consorte Marie Françoise d'Alsace de Henin-Lietard. Bologna XVIII secolo
    Lotto 96

    Coppia di miniature raffiguranti il senatore bolognese Girolamo II Ranuzzi conte della Porretta e la sua consorte Marie Françoise d'Alsace de Henin-Lietard. Bologna XVIII secolo Coppia di miniature raffiguranti il senatore bolognese Girolamo II Ranuzzi conte della Porretta e la sua consorte Marie Françoise d'Alsace de Henin-Lietard. Bologna XVIII secolo Miniature dotate di belle cornici coeve in legno intagliato e dorato Dimensioni 15x11,5 cm. cad.

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  • 4 novembre 2022 ore 16:00 Fine Paintings - Seconda Sessione (95 - 187)

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