Fine Paintings
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Lotto 121 Seguace di Paul Bril (Anversa, 1554 – Roma, 1626) Scena di battaglia Questo dipinto illustra un vasto paesaggio, una vasta vallata spoglia, fiancheggiata da verdi alberi. Corrono verso la piana un gruppo di soldati, non compatti ma sparsi in ogni dove, e appena accennati quando si sono raffigurati in lontananza. Il paesaggio naturale non risente della indeterminatezza dei contorni data dalla profondità del paesaggio; al contrario, i singoli elementi sono tutti ben identificabili.Facciamo risalire un dipinto di questo genere ad un pittore che ha forse operato nell’ambito del più famoso Paul Bril e di cui ha conosciuto l’opera.Possiamo desumerlo dalla larga pennellata con cui è costruito il paesaggio, una pennellata quasi “liquida”; ma l’artista però dedica un’attenzione particolare alla resa del dettaglio del singolo elemento, come da buona tradizione fiamminga: ne sono un esempio i rami ornati di foglie o la criniera del cavallo scossa dal vento. Bibl.: F. Cappelletti, Paul Bril e la pittura di paesaggio a Roma 1580-1630, Roma 2005-2006, ad vocem. Olio su tela, cm 150x90
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Lotto 122 Scuola romana del XVII secolo, Paesaggio con Pan e Siringa Questo olio su tela è un pregevole esempio di un profondo paesaggio romano della seconda metà del Seicento. Come da tradizione, la scena mitologica dell'inseguimento della ninfa Siringa è solo un dettaglio immerso in un ricco paesaggio boschivo. Olio su tela, dimensioni ext. 55,5x77, int. 41x61 cm.
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Lotto 123 Jean-Baptiste Lallemand (Dijon, 1716–1803), Paesaggio con figure femminili Questo elegante olio su tela raffigura un gruppo di fanciulle che danzano e adornano unaltare di ghirlande, immerse in un rigoglioso paesaggio. L'artista a cui facciamo riferire quest'opera è il pittore francese Jean Baptiste Lallemand, vissuto a Parigi dopo un proficuo soggiorno in Italia. Membro dell'Accademia parigina di San Luca, diventa un grande testimone della pittura romana di genere e di paesaggio del pieno Seicento, com'è dimostrato da quest'opera, adornata da una pregevolissima cornice in legno dipinto e dorato. Olio su tela, dimensioni ext. 62x77, int. 43x57 cm.
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Lotto 124 Francesco Guardi (Venezia 1712 – 1793), ambito di, Quattro dipinti ovali con scene portuali Queste quattro piccole vedute incorniciate da eleganti cornici parzialmente dorate e dotate di supporti, sono ascrivibili alla produzione di piccole vedute e capricci che vennero prodotti copiosamente in ambito veneziano nella seconda metà dell'Ottocento. L'attribuzione all'ambito di Franesco Guardi si deve ad una resa molto nitida e fresca del soggetto, così come alla pennellata sciolta e al gusto prettamente illustrativo della raffigurazione. Olio su tavola, dimensioni ext. 27x20, int. 15,5x13,5 cm.
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Lotto 125 Francesco Rinaldi (1786-?), Il Portico d'Ottavia, Roma 1880 Questo elegante acquerello, firmato e datato in calce dall'artista, è una preziosa testimonianza di un importante scorcio dell'architettura romana della fine del XIX secolo: il Portico d'Ottavia è qui raffigurato con grande dovizia di particolari e abitata da numerose figure in abiti d'epoca a rendere la profonda veduta una vivace scena di genere, dal carattere genuino e autentico. Acquerello su cartone, dimensioni ext. 72,5x100 int. 61x87 cm.
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Lotto 126 Johann August Nahl II (1752-1825), Venere e Ippomene Questo pregevole dipinto, firmato sul retro 'Nahl', raffigura il momento in cui Ippomene riceve l'aiuto di Venere a vincere la gara contro la cacciatrice Atalanta, per averla così in sposa. La dea Venere dà al campione Ippomene tre mele d'oro del giardino delle Esperidi: l'eroe facendole cadere, distrae la fanciulla abbasta a lungo da vincere la corsa. Noto principalmente come disegnatore, Johann August Nahl II fu anche un raffinato pittore di soggetti mitologici, ritratti ed episodi tratti dalla storia romana. Il pittore dimostra, attraverso l'idealizzazione delle forme, l'abbandono dei dettami barocchi e della loro irrazionalità, la nuova adesione agli ideali classici della seconda metà del Settecento. Olio su tela, dimensioni ext. 57x47, int. 42x33 cm.
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Lotto 127 Pittore fiammingo del XVIII secolo Trionfo di Bacco e Arianna In questo delicato acquerello su cartoncino – impreziosito da una ricca cornice dorata – è illustrato uno dei momenti più celebri del mito che lega Bacco e Arianna. La principessa figlia del re Minosse e Pasifae, dopo essere stata abbandonata dall’amato Teseo sull’isola di Nasso, viene raggiunta dal Dio Bacco, che la salva facendone la sua sposa.Spesso, come in questo caso, al tema del salvataggio si aggiunge un corteo di personaggi indicanti il tema matrimoniale che accompagna la coppia; alle spalle di Arianna è visibile una Nike recante una torcia, mentre ai suoi piedi, un putto le offre in dono una collana. Sul lato destro della composizione invece, un satiro e una ninfa recano alla coppia un cesto ricco di frutti prelibati, come augurio di un legame all’insegna della gioia e dell’abbondanza. In alto Cupido è raffigurato con gli occhi chiusi nell’atto di scoccare la freccia che unisce gli amanti in un profondo legame; sullo sfondo è raffigurata la nave con la quale il Dio è giunto in soccorso della sua sposa. Infine, è possibile scorgere, in ritardo rispetto al resto del corteo, l’asino cavalcato da Sileno: sembra quasi possibile udire i versi scritti da Lorenzo il Magnifico nel 1490: “Questa soma, che vien drieto sopra l’asino, è Sileno: così vecchio è ebbro e lieto, già di carne e d’anni pieno; se non può star ritto, almeno ride e gode tuttavia. Chi vuole esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.”La tecnica leggera, il soggetto amoroso, la dimensione contenuta dell’opera lasciano presumere che quest’opera sia stata realizzata per una committenza privata, destinata ad un uso perlopiù decorativo, realizzato in ambito fiammingo forse su modello di un ciclo decorativo italiano del Seicento. Bibl.: R. Bruscagli, a cura di, Trionfi e canti carnascialeschi toscani del Rinascimento, Salerno, 1986. Acquerello su cartoncino, cm est. 66x54, int. 51X39
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Lotto 128 Francesco Albotto (Venezia, 1721 – Venezia, 1758) Paesaggio La produzione pittorica di Francesco Albotto è tutta legata al suo apprendistato presso il vedutista Michele Marieschi; il confronto con l’inventiva del maestro non fu facile per l’Albotto, che però riuscì a creare un proprio linguaggio prestando particolare attenzione al colore, steso sulla tela quasi come delle “macchie”.In questo paesaggio è evidente l’eco degli insegnamenti del maestro, in particolare nel tema marittimo scelto e nella luminosità tersa degli azzurri; il pittore però qui mostra un maggior interesse all’analisi del paesaggio, che nella sua essenzialità degli elementi è preferita alle fastose facciate veneziane.È a Rodolfo Pallucchini che dobbiamo, nel 1972, una prima identificazione della mano dell’artista: fino a quel momento la sua produzione era stata confusa con quella del suo maestro, essendo lo stile dell’Albotto fortemente debitore da quello del Marieschi.Bibl.: R. Pallucchini, Francesco Albotto erede di Michele Marieschi, in Arte Veneta, XXVI, 1972, pp. 222, 223. Olio su tela, cm est. 55x64, int. 36.5x44.5
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Lotto 129 Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1732), attr. a, Coppia di paesaggi con viandanti 1699 La composizione burrascosa ed espressiva dell'atmosfera, ci permettono di attribuire la coppia di dipinti all'eccentrico pittore veneziano Bartolomeo Pedon. Influenzato da Marco Ricci e Alessandro Magnasco e Salvator Rosa, si differenzia per eccentricità del tratto e nella resa quasi espressiva della figura umana. Olio su tela, dimensioni ext. 40,5x48,5, int. 29x37,5 cm.
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Lotto 130 Paolo Monaldi (Roma 1710 – dopo il 1779), Il riposo dei viandanti In questa intima raffigurazione di viandanti a riposo, Paolo Monaldi dimostra una convinta adesione alla spazialità e ai toni atmosferici di Andrea Locatelli, piuttosto che ai toni nitidi e chiari di Paolo Anesi. L'azzurro del cielo, in particolare, rimanda direttamente ad opere come il Paesaggio con pescatori oggi conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Olio su tela, dimensioni ext. 64x45, int. 54x34 cm.
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Lotto 131 Paolo Monaldi (Roma 1710 – dopo il 1779), Scena popolare con barbiere e filatrice, 1768 Questo dipinto, firmato sul retro 'Paulus Monaldi Pinxit Anno 1768', raffigura su di un terso paesaggio, una fanciulla in primo piano che fila la lana e un giovane che rade un contadino seduto su una roccia. Il soggetto di genere è un modo per il pittore di illustrare una tematica quotidiana secondo i dettami della Scuola dei bamboccianti, abbinandola ad un paesaggio profondo ma sereno che guarda di certo all'esperienza del Locatelli. Olio su tela, dimensioni ext. 51x42,5, int. 38x29,5 cm.
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Lotto 132 Paolo Monaldi (Roma 1710 – dopo il 1779), Scena popolare con suonatori 1768 In questa scena popolare del pittore romano Paolo Monaldi raffigurante un paesaggio campestre con suonatori e rovine architettoniche, è evidente il modello fornito dall'esperienza dei pittori fiamminghi nei soggetti delle bambocciate, come nell'opera di Peter van del Laer e Andries Both. Olio su tela, dimensioni ext. 64x80, int. 49,5x64,5 cm.
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Lotto 133 Paolo Monaldi (Roma 1710 – dopo il 1779), Scena di osteria Questa ricca composizione del pittore romano Paolo Monaldi è un perfetto esempio della pittura romana bambocciante della prima metà del Settecento. L'allegria della scena prodotta si accompagna ad uno studio puntuale dell'ambientazione popolare e alla resa tersa ma ben dettagliata degli elementi naturalistici, ripensati con grande attenzione e opposti all'ondata degli sfondati barocchi, veri prodotti dell'intelletto piuttosto che dello sguardo. Olio su tela, dimensioni ext. 70,5x83, int. 61,5x73,5 cm.
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Lotto 134 Scuola Veneta del XVII secolo, Adorazione dei Magi Il nome dell’artista che ha realizzato questo dipinto non è giunto fino a noi, ma è comunque possibile far risalire la sua attività all’ambito veneto, come si evince dalle intense tonalità di colore utilizzate; la composizione, inoltre, risente dell’esperienza pittorica veneto-cretese. La scena è inquadrata frontalmente, con un taglio ravvicinato; se non fosse per i numerosi astanti, gli scarsi elementi architettonici e decorativi rimanderebbero ad una tradizione cinquecentesca del tema dell’Adorazione dei Magi. Possiamo ascrivere questo dipinto ad un pittore di bottega della prima metà del ‘600, vista l’attenzione alla resa dei corpi e delle ricche vesti con cui i Magi sono abbigliati. Olio su tela, cm est. 79x115, int. 67.5x104
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Lotto 135 Sebastiano Conca detto il Cavaliere (Gaeta 1680 – Napoli 1764), attr. a, Sacra Famiglia Pittore napoletano molto apprezzato dai contemporanei, visse la prima formazione artistica nella bottega di Francesco Solimena a Napoli. All'inizio del Settecento affiancò Carlo Maratta a Roma, e in città ottenne il supporto del suo più grande protettore, il cardinale Pietro Ottoboni. Attraverso di lui ottenne - da parte di papa Clemente IX l'incarico a realizzare un affresco in San Giovanni in Laterano. Questa commissione gli valse un grande successo, che lo porta ad aprire la sua 'Accademia del Nudo' a Roma nel 1710; nel 1752 torna nella città natale e si lega maggiormente agli stilemi pienamente classicheggianti del barocco napoletano. In questa Sacra Famiglia i colori caldi e l'atmosfera compassata e domestica, sono ancora legate alla produzione del pittore antecedente al 1720, anno in cui lo stile del Conca cambia radicalmente, verso composizioni più imponenti e drammatiche. Olio su tela, dimensioni ext. 114x87,5, int. 95x68,5 cm.
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Lotto 136 Peter Frans Casteels (1675 - 1697), Giuditta e Oloferne Questo olio su rame, attribuito al pittore fiammingo Peter Frans Casteels, è direttamente tratto dal 'Giuditta e Oloferne' di Peter Paul Rubens e incisa da Galle Cornelis il Vecchio. Un'esemplare di questa incisione è oggi conservata presso la Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, nel Castello Sforzesco di Milano. L'attribuzione al pittore fiammingo è supportata da un'etichetta posta sul retro del dipinto, che la riferisce al fiorista fiammingo. La rara interpretazione di un soggetto così distante dalle corde del Casteels, rendono il dipinto meno 'fresco' e 'vivace' ma più raro nel corpus della produzione del pittore. Olio su rame, dimensioni 61x46 cm.
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Lotto 137 Matthias Stomer (Amersfoort, 1600 – Sicilia, dopo il 1650) San Gerolamo Il pittore ebbe la sua prima formazione artistica presso il maestro Gerrit van Honthorst, membro della scuola di Utrecht insieme ai pittori olandesi più noti del tempo: Hendrick ter Brugghen, Dirck van Baburen e Abraham Bloemaert. Essi si distinsero per la capacità con cui assimilarono la lezione caravaggesca durante i loro viaggi in Italia; è logico desumere che la formazione ricevuta abbia influenzato la prima produzione dello Stomer. Egli intraprese il suo viaggio in Italia nel 1630: si recherà prima a Roma, dove rimarrà fino al 1633; successivamente la sua presenza è documentata a Napoli fino al 1637. Questo periodo risulta particolarmente florido per l’artista, che sì avvicinerà molto alla produzione dello Spagnoletto e al vigore espressivo della sua pennellata. L’ultimo decennio della sua vita è però trascorso in Sicilia, dove resterà fino alla morte; qui la sua tavolozza si fa più calda, ma i contrasti luministici raggiungono il loro apice, abbagliando l’osservatore nelle grandi pale realizzate per le chiese di tutta la regione.Il dipinto che ci troviamo ad osservare è il frutto di un attento studio dell’anatomia, tipica della tradizione fiamminga, debitrice però nei contrasti chiaroscurali e nel taglio composizione, del caravaggismo romano.San Gerolamo è raffigurato secondo la sua più tradizionale forma: anziano e a torso nudo, impegnato nell’atto di meditare sulle Scritture. Il fondale scuro fa esaltare il torso nudo del santo, in tensione e rivolto all’indietro, ma la luce non investe il corpo, bensì lo accarezza, esaltandone il movimento.Bibl.: A. Zalapì in, Dipinti caravaggheschi, 2000, pp. 48-79, 83-88; B. Nicolson, Caravaggism in Europe, Turin 1990, vol. III. Olio su tela, cm 108x91
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Lotto 138 Scuola Veneziana del XVI secolo, San Gerolamo Questo anonimo dipinto veneto, raffigurante un San Gerolamo penitente, è ascrivibile forse al XVI secolo, ma non ci sono giunte notizie circa l’esecutore. I toni caldi e la costruzione essenziale della composizione rendono ancora più evidente l’intensità con cui il Santo si dedica alla meditazione e alla preghiera; egli è facilmente riconoscibile, attraverso i suoi più tipici attributi: il leone che spunta appena dalla grotta alle spalle del Santo, l’ambiente desertico, la croce e i testi sacri. È da notare come San Gerolamo stringe in una mano un sasso con cui si batte il petto, per evitare di cedere alle tentazioni terrene; con l’altra mano stringe il teschio – altro suo importante attributo – simbolo dell’ineluttabilità della morte. Olio su tela, cm 53x43
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Lotto 139 Carlo Dolci (Firenze, 1616 - Firenze, 1686), Ecce Homo Il biografo principe del Seicento fiorentino, Filippo Baldinucci, fu allievo del pittore Carlo Dolci; a lui dobbiamo molto di ciò che sappiamo oggi di questo straordinario ritrattista fiorentino. Dopo una prima formazione presso Jacopo Vignali, egli legò indissolubilmente la sua produzione al tema del sacro e alla ritrattistica, concependo le sue doti come un vero e proprio “dono di Dio”. Introverso e devoto, lascerà Firenze solo in un’occasione, nel 1672, quando l’Arciduca Ferdinando Carlo d’Asburgo lo invitò ad Innsbruck per ritrarre sua figlia Carla Felicita e Anna de’ Medici, futura moglie dell’imperatore Leopoldo I.La sua mano la si evince, in particolare, nella delicatezza e nitidezza dei volti, tipici della ritrattistica fiorentina e che risentono della lezione correggesca; ciò che osserviamo qui, però, appare piuttosto diverso. Evidenziando la dolcezza dei tratti e l’attenzione all’espressività della raffigurazione, qui il Cristo appare come caricato di un forte patetismo, evidenziato dai colori scuri e dal taglio molto ravvicinato della composizione. A rinsaldare l’attribuzione a questo maestro vi è anche la presenza di un’opera iconograficamente molto simile attribuita al Dolci, oggi all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera Olio su tela, cm est. 73x67, int. 62x48.5
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Lotto 140 Bartolomeo Biscaino (Genova 1629 – 1657), ambito di, Angelo con i simboli della Passione Allievo del grande pittore genovese Valerio Castello, da questi apprende i dettami del barocco genovese, sebbene i suoi modi risultino sempre un po' impacciati. Una maggiore sicurezza viene acquisita dal pittore quando si accosta alle grandi opere genovesi di Rubens. L'accostamento al Biscaino di questo ignoto è riferibile alla composizione intima e raccolta del dipinto a cui la poetica del Biscaino era più vicina, in opposizione alle più grandi macchine sceniche del pieno barocco genovese. Olio su tela, dimensioni ext. 113x84 int. 109x80 cm.
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Lotto 141 Pittore tedesco della fine del XVI secolo, Il sacrificio di Isacco L'ignoto pittore mitteleuropeo della fine del XVI secolo, qui realizza un'interpretazione di grande qualità dell'episodio biblico. La composizione, fortemente verticalizzata è dominata dalla figura dell'angelo che ferma la mano impetuosa di Abramo, che sta per abbattersi sul figlio Isacco, raffigurato in ginocchio e quasi di spalle all'osservatore. Olio su tavola, dimensioni ext. 115x85, int. 106x76 cm.
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Lotto 142 Pittore lombardo veneto del XV secolo, Coppia di sante su sfondo oro Questa coppia di tavole dorate faceva probabilmente parte in origine di un insieme più ricco, forse un polittico. La raffigurazione dei due santi è riconducibile a un contesto lombardo-veneto, che in Italia nella prima metà del Quattrocento risente ancora molto dell'eredità del Gotico Internazionale e delle ultime influenze della cultura bizantina. Di lì a poco le prime sperimentazioni rinascimentali cambieranno completamente il modo di percepire il corpo, lo spazio e la natura in pittura. Questa coppia rappresenta quindi una delle ultime propaggini della tradizionale rappresentazione dei santi su fondo oro, interpretata alla luce delle esperienze del Nord Italia. Il pittore, che qui guarda alla spazialità sacra di Gentile da Fabriano e alla costruzione dei corpi di Bonifacio Bembo, raffigura da un lato Santa Maria Maddalena, riconoscibile per il vaso di unguenti che porta con sé, mentre dall'altro lato troviamo Santa Caterina D' Alessandria. Qui la santa è raffigurata secondo una rara iconografia, vestita con abiti regali e armata della spada con cui trafigge la testa dell'imperatore Massenzio, che giace ai suoi piedi. Grande preziosità a questa tavola cuspidata è data dalla squisita cimasa dorata con arco a sesto acuto e traforo, che arricchisce la decorazione pittorica, senza appesantirla. Dipinto su legno, 106x39 cm cad.
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Lotto 143 Ambrosius Benson (Lombardia 1495 – Bruges 1550), attr. a, Madonna con Bambino Lombardo di nascita ma fiammingo di adozione, ebbe un primo alunnato in Italia, per poi trasferirsi a Bruges in giovane età. Nel 1537 venne ammesso come maestro nella gilda di San Luca di Bruges, e dedicò gran parte della sua produzione pittorica alla realizzazione di ritratti e scene sacre. Questa Madonna con Bambino, dalla forte composizione verticalizzata e dai colori luminosi ma densi, racchiusi in taglienti linee di contorno, è tratta da un più noto disegno di Roger van der Weyden e oggi conservato al Kupferstich-Kabinett di Dresda. Artisti come Adriaen Isenbrant e Ambrosius Benson hanno rielaborato questo schema compositivo e l'intimo abbraccio della Vergine con il Bambino in numerosi modi. L'attribuzione al Benson trova supporto nella qualità cromatica degli incarnati e del panneggio del manto della Madonna. Olio su tavola, dimensioni ext. 122x91,5, int. 107x76 cm.
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Lotto 144 Paolo Antonio Onofrio Di Falco (Napoli, 1674 - ?), Annunciazione della Vergine Le poche notizie conservate di questo artista le dobbiamo alla penna del De Dominici, puntualissimo cronista della pittura napoletana del suo tempo. Di Falco, secondo il biografo, si formò per lungo tempo sotto Francesco Solimena, assorbendone la lezione; dal 1689 è chierico prima e canonico poi presso la Cattedrale di Cerreto Sannita.
La sua produzione artistica è strettamente legata alla sua vita spirituale: molte delle sue opere ci vengono indicate dalle fonti come sparse per il territorio campano, zone quindi probabilmente toccate dalla sua attività monastica. In questa tela l’artista si dedica al tema dell’Annunciazione della Vergine: l’evento è raffigurato quasi come in un sogno, la stanza in cui Maria era intenta a pregare è scomparsa, sostituita da una “macchina di nubi” profondamente barocca. Le tonalità scure, teatrali, ci fanno legare quest’opera ad un periodo della sua produzione che ancora risente dell’influenza del Solimena; ben prima quindi della sua tarda attività, segnata dall’influenza dei toni più “classicisti” e tersi dell’opera di Paolo De Matteis. Olio su tela, cm est. 104x163, int. 142x82.5