Asta 37: 15 aprile 2023 ore 15:00 "Monti e Colli" - Auction 37: 15 April 2023 at 15.00 "Mountains and Hills"
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Lot 1 Tullio Mojana Magreglio XIX - XX secolo Monte Bianco Olio su tavola cm 35,5x44.
Pittore e illustratore italiano. -
Lot 2 Luigi Boffa Tarlatta Rialmosso ( VC ) 1889 - Quittengo ( VC ) 1965 Raggio di Sole sul Monte Bianco Olio su tavola cm 48x57.
Nato a Rialmosso (Vercelli) il 14 luglio 1889, vive a Torino. Cresciuto nella luce della scuola di Paolo Gaidano e di Giacomo Grosso nell'Accademia di Torino più che la tecnica della pittura vi imparò come si possa giungere alla personalità dell'espressione. Insegnò per qualche tempo prospettiva scenografica e teoretica nella stessa Accademia che l'aveva avuto allievo e, dedicatosi solamente alla pittura, ha gradatamente perfezionato la sua arte riuscendo a improntare opere che rivelano la sua personalità di compositore e colorista di salda e vigorosa perizia tecnica. Ha esposto assiduamente alle principali mostre italiane ed estere. Nel 1919, "Il ritratto di mia madre" fu premiato a Firenze con medaglia d'oro; "Il canto triste di una maschera" ebbe una medaglia d'argento dal Ministero della Pubblica Istruzione. Anche il quadro "I lavoratori" venne premiato con medaglia d'oro all'Esposizione di Lima ed attualmente adorna l'aula del Parlamento del Perù assieme ad altre due tele "Confiteor" e "Barche pescherecce". Più di un centinaio di sue opere sono sparse in varie collezioni al Perù. Ha eseguito grandiose decorazioni nel Duomo di Monticelli. Altre opere: "Il viveur"; "L'avv. Sciolla"; "Il violinista"; "Le ceneri"; "I cantori"; "La pipetta"; "Ragazza inquieta"; "Madonna"; "Visione di donna"; "Danzatrice stanca"; "Ritratto di mons. Pietro Sgarzini"; "Festa e processione al Santuario"; "Ricreazione al castello"; "Ritorno dalla festa sul lago"; "Donne in chiesa". Tratta di preferenza la figura, ma interpreta con sentimento il paesaggio specie quello montano della Valle di Oropa, dei Lago d'Orta e degli Appennini toscani. -
Lot 3 Riccardo Galli Milano 1869 - Barzio (LC) 1944 Casolari in alta montagna Olio su tavola cm 50x60.
Noto pittore ritrattista, autore di numerosi cartelloni. Studia all’Accademia di Brera, a Milano, allievo del pittore Berlini. Partecipa alle esposizioni di Milano, Venezia e alla Quadriennale di Torino. Insieme a Paolo Sala e Filippo Carcano fonda l’Associazione Acquarellisti Lombardi. In veste di illustratore collabora con note riviste dell’epoca quali: “II Giornalino della Domenica” “l’Illustrazione Italiana” e “Novissima”. Si formò all’Accademia milanese di Brera sotto la guida di G. Berlini. Partecipò alle esposizioni di Milano, Venezia, e alla Quadriennale di Torino del 1928. Fondò l’Associazione Acquarellisti Lombardi con Paolo Sala e Filippo Carcano. Illustratore attivo per i più importanti periodici («Il Giornalino della Domenica», «L’Illustrazione Italiana», «Novissima» e altri ancora), seppe sempre mantenere un tocco personale anche se chiaramente influenzato dallo stile Liberty dell’epoca. Si dedicò al manifesto pubblicitario, lavorando anche per l’editore milanese Ricordi, con alcuni soggetti di buon pregio decorativo. Sue opere si conservano a Milano nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore; un Ritratto di Vittorio Emanuele II si trova nella Galleria d’Arte Moderna. Morì a Barzio, Lecco, nel 1944. -
Lot 4 Aurelio Craffonara Gallarate, 1875 - Genova, 1945 Nei pressi di Courmayeur Olio su tela cm 60x26.
Aurelio Craffonara pittore, illustratore e decoratore, studiò all’Accademia Ligustica di Genova sotto la guida di Tammar Luxoro. Presto si appassionò alla tecnica dell’acquarello, divenendone un maestro. Nel 1898-99 firmò le illustrazioni per I minatori dell’Alaska di Emilio Salgari, pubblicato da Donath (Genova) nel 1900, in cui sembra risentire delle illustrazioni di Pipein Gamba (il modenese, largamente attivo a Genova, Giuseppe Garuti), mentre più autonoma sembra essere la sua collaborazione al settimanale bolognese Italia ride (che aveva come illustratori Dudovich, Cambellotti, Majani). Fu iscritto fra i professori di merito all’Accademia ligustica di Genova dal 1915. Al ritorno dal servizio militare si dedicò alla illustrazione ed alla pubblicità . Eseguì anche illustrazioni per i Promessi Sposi e per diversi racconti e novelle. Fece parte della Famiglia Artistica Genovese frequentando i pittori Nomellini, Pennasilico, Bardinero, Motta. Partecipò a numerose mostre, comprese quelle degli acquarellisti lombardi, ottenendo notevole successo. Nel 1915 è nominato Accademico di Merito alla Ligustica. Fu uno dei fondatori del Gruppo degli acquarellisti liguri con Arturo De Luca, Franco Fasolis, Virio da Savona, Armando Barabino, Vittorio Nattino ed altri. Dipinse paesaggi (spesso di montagna), marine, vedute di città e figure. Aurelio Craffonara nel 1937 ordina una mostra personale alla prestigiosa Galleria Pesaro a Milano. Se indubbiamente la sua attività di illustratore è quella per cui è più frequentemente ricordato, non va certo dimenticato il suo lavoro di pittore, soprattutto di piacevole acquarellista, oltre che di decoratore di padiglioni di esposizioni come quella industriale di Genova del 1901 (la sua decorazione del teatro Iris è improntata a modi nettamente art nouveau) o quella romana del 1911 (intervenne nel padiglione della Liguria). Sue opere presso la Galleria d’Arte Moderna di Genova Nervi, Museo del Risorgimento,la Pinacoteca Civica di Imperia, il Castello Sforzesco a Milano. -
Lot 5 Enrico Bartezago Milano 1849 - 1924 La cascata Olio su tela cm 35x50.
Enrico Bartezago è stato un pittore italiano, attivo a Milano, che ha dipinto scene di genere, ritratti e acquerelli. All'esposizione di Parigi del 1878 espone L'aia d'una fattoria lombarda. Alla Mostra di Venezia del 1887 espone La scimmia. Tra le altre opere ricordiamo Mercato a Varallo e Nemici. -
Lot 6 Alfredo Beisone Pinerolo (TO) 1882 - Torino 1957 Il monte Bianco Olio su tela cm 93x150.
Beisone Alfredo, la vocazione persistente fu la pittura che scelse dopo gli studi classici lasciando da parte la facoltà di Farmacia. Ha vent' anni quando guarda da vicino Lorenzo Delleani (Pollone Biella 1840 — Torino 1908) e subisce il fascino di Andrea Tavernier (Torino 1858 — Grottaferrata Roma 1932) che segue a Venezia, a Firenze, a Roma, in Liguria e in Francia. La guerra 1915-18 lo chiama volontario alpino nel Battaglione di Pinerolo e lo porta in Cadore dove si distingue in varie operazioni riconosciute con medaglie al valore militare. Negli anni Trenta ha una carica pubblica al Comune di Pinerolo e viene insignito della Croce di Cavaliere della Corona (1931). In queste date si snoda il suo curriculum artistico che pubblichiamo a parte, così come a parte vengono trascritte alcune testimonianze critiche, nonché di vita, come la visita al suo studio, visto da chi, contemporaneo a lui, realmente vi entrò, guardò le pitture, sentì il profumo dei colori ad olio del grande quadro su tela, scorse le fresche pennellate sulle tavolette di legno, queste ultime amiche inseparabili delle uscite "en plein air" in città , in campagna, in montagna, in riva al mare. Chi entrava nello studio scopriva anche pochi ma interessanti ritratti, volti femminili, figure animatrici di momenti di vita raccolta ed operosa. Anche "il sacro" vi faceva capolino, ma raramente. Alfredo Beisone era innanzitutto "paesaggista nell’anima", come abbiamo voluto sottolineare in apertura di questa monografia le cui pagine tentano di dare una lettura esaustiva delle tematiche e del linguaggio pittorico. Come non vedere in Beisone un innamorato della sua terra? Nel capitolo dedicato alla città e agli immediati dintorni, egli subito dilata il suo animo abbracciando cielo, montagne, colline e prati, in un profilo di case e campanili, con l’uomo, il contadino al pascolo, in primo piano. Paesaggio in piena luce che tradurrà altre volte al declinare del sole creando suggestioni intime. -
Lot 7 Filippo Vacchetti Carru (CN) 1873-1945 Paesaggio montano Olio su tavola cm 49x49.
Filippo Tommaso Emilio Vacchetti (Pippo) terzogenito di otto tra maschi e femmine, nacque a Carrù in provincia di Cuneo, il 28 maggio 1873 da Giuseppe, maestro elementare e organista della locale parrocchiale, che era sposo di Lucia Francesca Beccaria, donna di carattere e dedita alla famiglia. Negli anni successivi, la famiglia Vacchetti, sarà allietata da altri sei nascituri tra i quali: Emilio e Sandro che per strade diverse si faranno largo anche loro nel mondo dell’arte. Alla frequentazione della scuola elementare, Pippo ebbe a compagno Luigi Einaudi che diventerà il II° Presidente della Repubblica Italiana. A undici anni, terminata la scuola dell’obbligo, Pippo andò garzone in una pasticceria del suo paese e a diciotto partì per Genova in cerca di fortuna (lavoro) ma non trovando sistemazione, nel 1891 sottoscrisse la ferma militare volontaria. Per cinque anni, passò da una caserma all’altra del cuneese, ottenendo il grado di sergente maggiore. Fu tra i sorteggiati per le truppe di rinforzo nella guerra d’Abissinia ma la sconfitta di Adua (1° marzo 1896) mise fine temporaneamente alle ambizioni colonialiste italiane. Pippo amava recitare, suonava la chitarra e il mandolino ed era bravo nel disegno, ma raggiunta l’età di ventitré anni, non aveva ancora ben chiaro cosa fare da grande. Su sollecitazione del fratello maggiore Angelo, che suonava quasi come un rimprovero, Pippo si decise per la frequentazione dell’Accademia Albertina di Torino, grazie anche al mecenatismo del Commendatore Reyneri, amico del padre che gli garantì un contributo di uno scudo al mese. L’iscrizione avvenne il 16 dicembre del 1896; pochi giorni prima si era iscritto Matteo Olivero di Acceglio (Cuneo) che dal grande Pellizza da Volpedo, mutuerà la passione per la tecnica divisa e con il quale intesserà rapporti epistolari. Tra i due s’instaurò un’amicizia che si consolidò nel tempo e si protrasse per tutta la vita. L’iscrizione fu accompagnata da un certificato di buona condotta redatto dal comune di Carrù, nel quale si certificava che: “Il signor Filippo Vacchetti non è rissoso o dedito al vino o all’ozio ed è tenuto in estimazione di probo e onesto”. All’Albertina ebbe a maestri, Pier Celestino Gilardi, Paolo Gaidano, Andrea Marchisio, Andrea Tavernier e Giacomo Grosso. A Torino andò ad abitare in una soffitta di piazza Carlina (Piazza Vittorio Emanuele II), dove negli anni successivi fu raggiunto dal fratello Emilio (Carrù 1880 – 1964) litografo e pittore e più tardi ancora dal fratello Sandro (Carrù 1889 – 1974) ceramista e pittore. La sua prima uscita pubblica, avvenne nel 1907 alla Promotrice di Torino, con l’opera: “Ritratto di contadina”. Il Grosso che era chiamato il “Despota della pittura” ma che era sempre prodigo di consigli verso i suoi allievi considerati più meritevoli lo invitò a dedicarsi alla natura morta e Pippo accolse l’invito del maestro, diventando così un bravo naturamortista, pur non disdegnando il ritratto e il paesaggio. Diplomatosi con merito dopo sette anni di studio, per mantenersi dipinse su ordinazione: sopra porte, paesaggi, ritratti spesso ricavati da fotografie ed eseguì lavori di restauro e opere di decorazione. Luigi Morgari (Torino 1857 -1935) appartenente a una famiglia che da quattro generazioni era dedita alla pittura e all’affresco, lo volle con sé nei suoi “tour” di lavoro in tutto il Piemonte: furono questi i suoi primi veri guadagni. In una lettera all’amico Matteo Olivero, sicuramente prima della grande notorietà acquisita da quest’ultimo, scrisse: “Carissimo Matteo, spero che di salute starai ottimamente come pure tua mamma. Non ti domando dell’arte perché quella va quasi sempre male”. Nel 1915, alla non più tenera età di quarantadue anni, convolò a nozze con Caterina Caramagna (sua compaesana) fissando il domicilio a Torino in corso S. Maurizio. Da questa loro unione nasceranno nel 1915 Elena Lenci (Lencina) e nel 1922 Francesco (Franco). Alla Promotrice di Torino, dove aveva esordito nel 1907, ritornò nel 1920 con Funghi; Natura morta (tre studi); Fiori e frutta; Ampolle e uva. Nel 1922 con “Natura morta”, concorse al Premio Antonio Fontanesi col n° XL. Da quel momento fu sempre presente sino al 1941, esponendo le sue nature morte che si estrinsecavano in fiori, uva, mele, meloni, cavoli, rape, fragole, funghi, peperoni, cipolle; in sostanza tutti i frutti dell’orto e del frutteto erano rappresentati e poi scarpe spesso spaiate, vecchie valige di cartone, bronzi di cucina, terrine e pentolame di ogni genere. In proposito, Michele Berra su Cuneo Provincia Granda n° 3 del 2005, scrisse: “I soggetti e la tematica delle sue opere, sono apparentemente ripetitivi, se non intervenisse la personalità che distingue sempre l’artista (…) Questa personalità, Filippo l’acquisì man mano, lavorando con gioia e assiduità fino a impadronirsene con esecuzioni semplici e sincere, ma colme di umori e profumi che solo la sua terra, così intensamente amata sapeva emanare”. A proposito delle sue nature morte, soleva dire: “…Io sono un pittore fortunato: per i miei soggetti non ho neppure bisogno di uscire di casa e quando li ho dipinti, posso pure mangiarmeli”. Al Circolo degli Artisti di Torino, risultano soltanto due presenze: la prima nell’esposizione del 1915/1916 con “Paesaggio” e l’anno successivo con l’opera “Fiori e frutta”. In quegli anni fu più volte a Roma, ospite del signor Fasola di Bra, proprietario della Zizzola: un edificio a pianta ottagonale, disposto su due piani con al centro una torretta, posto sul colle di Monteguglielmo il più alto della città; edificio che oggi é il simbolo della stessa. Il signor Fasola lo presentò a ministri e uomini di cultura, i quali divennero subito suoi estimatori. Nel 1925, allestì una “personale” a Chianciano Terme, dove visto il successo ottenuto ritornò l’anno successivo. Nel 1926 all’Esposizione Provinciale di Belle Arti di Cuneo, tenutasi sotto il patrocinio della Camera di Commercio, ai fratelli Vacchetti fu riservata la sala n° V. Pippo fu presente con sei Nature morte e un paesaggio, il fratello Emilio con cinque dipinti di fiori (sua specialità) tre Interni e Bambola, mentre il più giovane dei Vacchetti, Sandro fu presente con tre paesaggi: Cascata; Notturno; Champoluc e un dipinto di figura titolato: Pensiero triste. Sempre in quegli anni, un compagno d’Accademia, un certo Sartori di Varallo Sesia, lo invitò a esporre in quella città, le tavolette appena eseguite, con la gioia per il nostro artista di vederle tutte vendute. Nel 1928 alla Promotrice di Torino, presentò due opere titolate: “Mele” a catalogo col n° 15 e “L’eredità di papà” a catalogo col n° 18, entrambe vendute a mille lire cadauna. Non ostante la pittura fosse in cima ai suoi pensieri, il tarlo della recitazione lo rodeva spesso. Rileggiamo quanto il figlio Franco scrisse in proposito: “…Non era infrequente il ritorno all’antica passione per il teatro, tanto che nel 1932 chiamato dal Direttore della Compagnia Stabile Torinese, Umberto Mozzato, si esibì con successo per quaranta serate di fila nel monologo: “El Tenor ed Busca” (Il Tenore di Busca) sul palcoscenico del Teatro Rossini, dove stava muovendo i suoi primi passi artistici Erminio Macario”. Come tutti gli attori comici anche Pippo soffriva spesso di malinconia. Il figlio Franco, ricordava in uno scritto titolato: “Pippo Vacchetti, vita da Artista” che con se stesso era spesso autocritico, malinconico e qualche volta amaro. In un diario personale datato 1903 si legge: “Spesse volte ho tanta tristezza nell’anima che a smaltirla mettendola in forma più o meno letteraria sulla carta, sarà certamente di sollievo”. Il dramma della IIa Guerra Mondiale lo fece ancora più triste e in una lettera all’amico poeta Nino Costa scrisse: “…Amo ancora i bambini, gli animali, gli alberi e i fiori ma non posso più amare gli uomini”. Nel 1942 i bombardamenti su Torino, spinsero la famiglia a rifugiarsi definitivamente a Carrù. Per i postumi di una nefrite forse malcurata, sofferta in gioventù, la sua salute si fece precaria tanto da non permettergli più di muoversi nel suo paesaggio amato. Gli ultimi tempi li trascorse a letto tra sofferenze che lui riusciva a nascondere, concedendosi brevi battute o recitando lazzi e facendo così ridere i suoi preoccupati famigliari. Leggiamo ancora quanto scrisse il figlio Franco, circa la morte del genitore; quasi un bollettino: “L’otto luglio del 1945, alle dieci del mattino Pippo Vacchetti, mio padre, si spense nel letto e nella stanza in cui aveva visto la luce settantadue anni prima. Fino alla sera precedente aveva ancora fatto ridere amici e parenti con l’imitazione, i tic e i borbottamenti dell’infermiera di notte. “L’è la rua c’a gira” (è la ruota che gira) era solito dire”. In collettive oltre che alla Promotrice di Torino e al Circolo degli Artisti, fu presente a Genova, Milano e Roma. Oggi, quando le sue opere appaiono sul mercato antiquario, sono assorbite dal collezionismo piemontese e in particolare da quello della provincia di Cuneo. Spirito indipendente, rivendicò sempre il diritto alla libera ispirazione, non soggiacendo mai a vincoli di sorta. Cantore di un mondo semplice, dipinse gli oggetti del quotidiano, i frutti della terra, i volti dei contadini anneriti dal sole e induriti dalla fatica ed il paesaggio in genere, da quello di Langa a quello dell’arco alpino piemontese. -
Lot 8 Romolo Garrone Torino 1891 - 1959 Il laghetto verde Olio su tavola cm 44x54.
Nacque a Torino nel 1891. Studiò col pittore Andrea Tavernier e con Livio Ajmone. Famoso alpinista, eseguì una bella raccolta di quadri di montagna improntati solidamente secondo i dettami di Tavernier. Da una trentina d'anni circa è sempre presente alle mostre della Promotrice ed agli Amici dell'Arte di Torino. Diverse personali in città piemontesi gli diedero buona fama come pittore di montagna. Fu prigioniero in Germania per due anni. Portò in patria una interessante raccolta di studi a colore e disegni. -
Lot 9 Ambrogio Raffele Vigevano (PV) 1845-1928 nei pressi di Courmayeur Olio su tavola cm 28x40.
Ambrogio Raffele (Vigevano, 1845 – 1928), dopo aver iniziato gli studi ingegneristici a Torino, decide di abbandonarli per dedicarsi alla pittura. Si iscrive all’Accademia Albertina, dove studia al seguito di Andrea Gastaldi (1826-1889) e Antonio Fontanesi (1818-1882). Il pittore si specializza ben presto in una pittura di paesaggio sicuramente ispirata ai modi lirici del maestro Fontanesi. Ma, con il passare degli anni, le delicate note cromatiche degli inizi, si fanno più vivaci, assecondando un linguaggio personale ed energico. Le Promotrici torinesi Ambrogio Raffele esordisce alla Promotrice torinese del 1874 e poi vi partecipa regolarmente fino al 1900. Prende parte, però, anche ad esposizioni milanesi, genovesi e veneziane, ottenendo sempre un notevole successo di critica e di pubblico con i suoi suggestivi paesaggi. I luoghi che più lo ispirano sono le campagne attorno Vigevano, la Lomellina, ma anche le Alpi lombarde. Non sono poi da dimenticare le vedute urbane di Vigevano, Novara e Roma, rese sempre con chiara ascendenza fontanesiana. Negli anni Novanta, si dedica principalmente a paesaggi Alpini realizzati durante i lunghi soggiorni a Courmayeur, in Valle d’Aosta. Il pittore vigevanese può essere considerato uno dei più importanti rappresentanti del Naturalismo lombardo di fine Ottocento, graditissimo ai collezionisti locali e non solo. Diverse opere del pittore sono infatti state acquistate e promosse dal mercante fiorentino Pisani, durante uno dei viaggi in Toscana dell’autore. Partecipa alla sua ultima esposizione importante a Milano nel 1906, per l’inaugurazione del Traforo del Sempione. Dipinge instancabilmente fino al secondo decennio del Novecento, quando ormai settantenne decide di abbandonare la scena artistica per ritirarsi a passare la vecchiaia nelle campagne attorno Vigevano. Vi muore nel 1928, a ottantatré anni. Ambrogio Raffele: il naturalismo lombardo di fine Ottocento L’esordio di Ambrogio Raffele avviene alla Promotrice di Torino del 1874 con Prati di Vanchiglia. L’influenza di Fontanesi è ben visibile nella scelta di un cromatismo naturale e lirico allo stesso tempo. L’anno successivo si presenta, sempre a Torino con Mattino, nel 1877 con Al Langosco (Vigevano). All’Esposizione Nazionale di Torino del 1880 espone un dipinto dalle forti valenze poetiche, dandogli come titolo un verso carducciano, Bacia, sole immortal, bacia il tuo figlio!. La prima veduta urbana di Ambrogio Raffele compare invece alla Promotrice torinese del 1882. Si tratta del dipinto Su Corso Vittorio Emanuele II, accompagnato da Al bagno. Siamo giunti alla sua seconda fase pittorica: si distacca gradualmente dai modi di Fontanesi per impostare un suo linguaggio dal cromatismo acceso e vivace, ricco di particolari. Soltanto nella sua ultima produzione ritornerà a quel lirismo velato di malinconia. Uno dei pochi dipinti di figura del pittore lombardo viene esposto alla Mostra Nazionale di Roma del 1883: Lettrice distratta, che rivela una netta vicinanza all’eleganza ritrattistica di John Singer Sargent (1856-1925), uno dei più stretti amici di Ambrogio Raffele. Nel 1884 espone a Torino Piazza Pia e Colosseo dipinti che dimostrano il recente viaggio a Roma del pittore. Lo stesso si può dire dell’acquarello presentato alla Nazionale di Venezia del 1887, Roma, fuori porta San Paolo, insieme al più consueto Passeggiata in montagna. Alla I Triennale torinese del 1896 compare Mattino alle falde del Monte Bianco, dipinto che segna l’inizio della fase matura di Ambrogio Raffele. Da questo momento in poi, si dedica principalmente a soggetti alpini, ritornando a quel poetico slancio iniziale. Nel 1898 espone La montagna di Viù, nel 1899 Chalet de Lazy – Monte Bianco e Valle di Veni – Monte Bianco. Al 1900 risale il Ruitor da La Thuile. Gli ultimi due grandi e significativi dipinti vengono presentati dal pittore lombardo alla Mostra di Milano per il Traforo del Sempione del 1906: Trasparenze – Courmayeur e Su per gli alti monti. -
Lot 10 Riccardo Galli Milano 1869 - Barzio (LC) 1944 Alagna Valsesia Olio su tela applicata cm 25x35.
Noto pittore ritrattista, autore di numerosi cartelloni. Studia all’Accademia di Brera, a Milano, allievo del pittore Berlini. Partecipa alle esposizioni di Milano, Venezia e alla Quadriennale di Torino. Insieme a Paolo Sala e Filippo Carcano fonda l’Associazione Acquarellisti Lombardi. In veste di illustratore collabora con note riviste dell’epoca quali: “II Giornalino della Domenica” “l’Illustrazione Italiana” e “Novissima”. Si formò all’Accademia milanese di Brera sotto la guida di G. Berlini. Partecipò alle esposizioni di Milano, Venezia, e alla Quadriennale di Torino del 1928. Fondò l’Associazione Acquarellisti Lombardi con Paolo Sala e Filippo Carcano. Illustratore attivo per i più importanti periodici («Il Giornalino della Domenica», «L’Illustrazione Italiana», «Novissima» e altri ancora), seppe sempre mantenere un tocco personale anche se chiaramente influenzato dallo stile Liberty dell’epoca. Si dedicò al manifesto pubblicitario, lavorando anche per l’editore milanese Ricordi, con alcuni soggetti di buon pregio decorativo. Sue opere si conservano a Milano nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore; un Ritratto di Vittorio Emanuele II si trova nella Galleria d’Arte Moderna. Morì a Barzio, Lecco, nel 1944. -
Lot 11 Lorenzo Delleani Pollone (VC) 1840 - Torino 1908 Oropa Olio su tavola cm 31x43 datato in basso a dx 29.9.1907.
Si forma all’Accademia Albertina di Torino, allievo di Cesare Gamba e Carlo Arienti. Inizialmente si dedica alla pittura di storia riportando diversi riconoscimenti ufficiali. Nel 1874 espone al Salon di Parigi. Dalla fine del settimo decennio si assiste al progressivo aggiornamento dei suoi mezzi espressivi e del suo repertorio tematico, in direzione di una rinnovata attenzione allo studio dal vero del paesaggio. Con l’inizio degli anni Ottanta si dedica esclusivamente ad una pittura en plein air, condotta in dense pennellate di colore che catturano la luce, adottando tra i soggetti preferiti vedute piemontesi raffigurate al variare della luce e delle stagioni. Nel 1899 partecipa alla III Esposizione internazionale d’arte di Venezia. La partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1905 con circa quaranta opere e la partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte di Monaco, nello stesso anno, sanciscono il successo internazionale dell’artista. Il Comune di Torino gli ha intitolato una via, tra Corso Monte Cucco e Corso Trapani; lo stesso hanno fatto i Comuni di Biella, Novara, di Chieri e di Santena e di Milano. Morì a Torino il 13 novembre 1908. Tra i suoi dipinti, sono numerosi i paesaggi di montagna, caratterizzati da colori brillanti e da una pennellata pastosa e veloce; particolarmente apprezzati dai collezionisti sono quelli del periodo 1883/1889. A Delleani non piaceva dipingere città ma paesaggi naturali soprattutto della zona biellese. I suoi luoghi preferiti furono Torino, dove trascorse parecchi inverni, Biella, Pollone e il castello di Miradolo, ospite dei conti Cacherano di Bricherasio ed in particolare dalla contessa Sofia, la sua allieva prediletta. Nel centenario della morte sono state allestite, in contemporanea ed in sinergia tra loro, tre importanti mostre: “Delleani ed il suo tempo” a Palazzo Bricherasio in Torino, “Delleani ed il cenacolo di Sofia di Bricherasio” al Castello di Miradolo in San Secondo di Pinerolo e “Delleani la vita e le opere” al Museo del Territorio Biellese in Biella. -
Lot 12 Lorenzo Delleani Pollone (VC) 1840 - Torino 1908 tra le nubi Olio su tavola cm 43x29 datato in basso dx.
Si forma all’Accademia Albertina di Torino, allievo di Cesare Gamba e Carlo Arienti. Inizialmente si dedica alla pittura di storia riportando diversi riconoscimenti ufficiali. Nel 1874 espone al Salon di Parigi. Dalla fine del settimo decennio si assiste al progressivo aggiornamento dei suoi mezzi espressivi e del suo repertorio tematico, in direzione di una rinnovata attenzione allo studio dal vero del paesaggio. Con l’inizio degli anni Ottanta si dedica esclusivamente ad una pittura en plein air, condotta in dense pennellate di colore che catturano la luce, adottando tra i soggetti preferiti vedute piemontesi raffigurate al variare della luce e delle stagioni. Nel 1899 partecipa alla III Esposizione internazionale d’arte di Venezia. La partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1905 con circa quaranta opere e la partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte di Monaco, nello stesso anno, sanciscono il successo internazionale dell’artista. Il Comune di Torino gli ha intitolato una via, tra Corso Monte Cucco e Corso Trapani; lo stesso hanno fatto i Comuni di Biella, Novara, di Chieri e di Santena e di Milano. Morì a Torino il 13 novembre 1908. Tra i suoi dipinti, sono numerosi i paesaggi di montagna, caratterizzati da colori brillanti e da una pennellata pastosa e veloce; particolarmente apprezzati dai collezionisti sono quelli del periodo 1883/1889. A Delleani non piaceva dipingere città ma paesaggi naturali soprattutto della zona biellese. I suoi luoghi preferiti furono Torino, dove trascorse parecchi inverni, Biella, Pollone e il castello di Miradolo, ospite dei conti Cacherano di Bricherasio ed in particolare dalla contessa Sofia, la sua allieva prediletta. Nel centenario della morte sono state allestite, in contemporanea ed in sinergia tra loro, tre importanti mostre: “Delleani ed il suo tempo” a Palazzo Bricherasio in Torino, “Delleani ed il cenacolo di Sofia di Bricherasio” al Castello di Miradolo in San Secondo di Pinerolo e “Delleani la vita e le opere” al Museo del Territorio Biellese in Biella. -
Lot 13 Ottorino Campagnari Mestre 1910 - Torino 1982 Alla fonte Olio su tela cm 70x50.
Campagnari Ottorino, artista paesaggista dello stile tardo ottocentesco , attivo già da giovanissimo ,predilesse soggetto montano e vigorose mareggiate della costa ligure soprattutto presso Varigotti dove era solito soggiornate. Fu presente a numerose rassegne nazionali tra le quali la Promotrice di belle arti di Torino del 1942. Tenne personali, sia in Italia che all’estero a numerose collettive. Composizioni che risultano piacevoli, aspetti di una capacità espressiva, certamente di non minore interesse rispetto ai paesaggi, sostenuta da una solida, attenta preparazione che in molti casi gli ha permesso di cogliere la piacevole rispondenza di un interno con figura ed il mondo, semplice, profondamente vero che lo circonda. Un’impostazione che ha mantenuto inalterata nel tempo la sua struttura, la sua suggestiva adesione alle montagne care a Maggi, a Musso, a Rolla e ad Angelo Abrate. Risulta pertanto chiaro che in questo artista il dialogo con la natura mantiene inalterati i presupposti con la genuinità dell’immagine, con la fedeltà all’ambiente, ‘con la coerente testimonianza di un dipingere che si fa apprezzare dal pubblico per il costante amore per l’antica « veduta », per il cordiale « intento rappresentativo », per quella sua raffigurazione gradevole, pronta a recepire il senso ultimo di una tradizione paesistica che sembra resistere ad ogni rivolgimento estetico, che appartiene indissolubilmente alla cultura figurativa piemontese dell’ottocento e del primo novecento. Una tradizione e una cultura artistica che sono i segni indelebili del nostro vivere, del nostro procedere fra ansie e violenze e che pur nell’evoluzione del gusto e del costume, hanno una decisiva influenza presso gli amanti di un « genere » mai definitivamente tramontato, ma inteso quale richiamo sentito ed avvertito in alternativa alle pressanti, soffocanti, talvolta drammatiche giornate della nostra inquieta esistenza. Ottorino Campagnari ha raggiunto perciò una propria, inconfondibile linea espressiva, una propria capacità nel rendere lieve ed impalpabile il candido manto della neve, nel recuperare gli ultimi elementi di un paesaggio che si trasforma e muta con il trascorrere delle stagioni. -
Lot 14 Ambrogio Vismara Seregno 1900 - Milano 1994 Paesaggio montano Olio su tavola cm 60x49,5.
Pittore italiano. -
Lot 15 Leonardo Roda Racconigi 1868 - Torino 1933 Colori d'autunno Olio su tavola cm 47x33.
Nacque a Racconigi l’anno 1868. Leonardo Roda fu allievo del Calderini. Abbandonato il maestro, prese per guida la natura e le bellezze della campagna a cui dedicò ogni studio, onde ritrarre la verità nei suoi paesaggi. Del Roda molte furono le opere ammirate a varie Esposizioni. Torino, Milano, Genova, Firenze, ecc., presentarono di lui opere serie e studiate; fra queste emergevano: Il Cervino, Calmo tramonto, Tinte d’aprile, Autunno, Tra i castagni, La Stura in Val d’Ala, ecc., tutti quadri pregevoli per verità e finezza di colorito. La campagna, come si disse, è la fonte delle ispirazioni del Roda, ed è doveroso aggiungere che dalla campagna egli ritrae sempre i motivi più salienti e caratteristici; i punti più sublimi e incantevoli, riproducendoli sulla tela con tinte brillanti e ariose. Queste sono le cagioni per cui i suoi quadri piacciono al pubblico e sono ammirati. Morì a Torino nel 1933. -
Lot 16 Dante Comelli Bologna 1880 -1958 Val di Fiemme Trentino Olio su tavola cm 33,5x43,5.
Pittore italiano. -
Lot 17 Scuola Delleani Piemonte XIX - XX secolo Paesaggio montano Olio su tavola cm 38x26 datato in basso a dx.
Pittore italiano. -
Lot 18 Alessandro Lupo Torino 1876 - 1953 Baite a fondo valle Olio su tavola cm 29x32.
Alessandro Lupo nacque a Torino il 1 luglio 1876 all’interno di Palazzo Chiablese, dimora di Elisabetta di Sassonia, Duchessa di Genova, della quale il padre Carlo (già ingegnere capo al comune di Torino) era segretario. Lo mise al mondo Brunechilde Pollini in collaborazione con il succitato Carlo, che divenne così padre di quattro figli, essendo Alessandro l’ultimo nato. Purtroppo nella sua infanzia, Alessandro fu colpito da un grave lutto: a soli quattro anni perse il genitore che era anche il principale sostentamento della famiglia; ma la madre donna di carattere forte non si arrese, e nonostante l’esigua pensione elargitale dai Duchi di Genova, a ognuno dei figli diede un’adeguata istruzione. Dopo le Scuole dell’obbligo, fu avviato a studi classici terminati i quali s’iscrisse a Giurisprudenza, laureandosi nel 1901. Il giovane sin dai banchi di scuola mostrò grande interesse per il disegno riempiendo album di lavori a matita, a pastelli colorati e all’acquerello, il tutto da autodidatta. Si forma sotto la guida di Vittorio Cavalleri. Crebbe così alla scuola di Vittorio Cavalleri che frequentò dal 1896 al 1899 ma contemporaneamente, s’iscrisse ai corsi serali dell’Accademia Albertina. Esordisce alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino nel 1901 con tre studi condotti dal vero, inaugurando la sua costante partecipazione presso le principali rassegne espositive nazionali. I dipinti dei primi anni dieci del Novecento, risentivano degli insegnamenti del suo unico maestro, e la critica del tempo gli rimproverava questa dipendenza, vedasi: Il monte dei cappuccini, Aratura del 1910 e ancora Il ruscello del 1914. La sua affermazione però non doveva tardare se già alla Quadriennale del 1906 le cose stavano cambiando, e in modo definitivo, questo avvenne quando l’attenzione dell’artista si fermò sugli animali e sui mercati, soggetti che nel tempo divennero i suoi cavalli di battaglia. Alla sua prima produzione di paesaggi condotti en plein air, succede una maggiore diversificazione dei soggetti fino alla sua specializzazione come animalista e autore di scene di mercato a partire dagli anni Venti. Nel 1914 fu presente per la prima volta al Salon des Artistes Lyonnaise con tre opere Il bucato, Ritorno di primavera e Torrente in estate, tutte riprodotte su La Revue Moderne e Clement Morro nella sua recensione scrisse: “…I suoi lavori ci rivelano un’artista capace di sentire e provare le più alte e pure emozioni estetiche”. Risale al 1921 l’allestimento della personale presso la Galleria Vinciana di Milano che avvia la fortuna critica ed espositiva per l’artista, bruscamente interrotta dall’esclusione dalla Biennale veneziana del 1928. Nel 1925 ordinò una Personale a Genova presso la Galleria d’Arte Vitelli, dove presentò quarantacinque impressioni, dipinte in Val d’Aosta; tavolette nelle quali si fa manifesta la libertà d’espressione dell’artista davanti al motivo. Nel 1928 fu ancora il Salon di Parigi a ospitare sue opere tra le quali spiccava Il velo giallo; e ancora una volta è la moglie, ritratta nel giardino di casa intenta alla lettura. Nel 1929 allestì una Personale alla Galleria Scopinich di Milano, tra le opere esposte figurava una grande tela titolata: Mercato a Chivasso, sicuramente uno dei suoi lavori più noti in assoluto. Presso questa Galleria, si ripresenterà ancora nel 1934 e il suo Mercato a Lugano che sarà acquistato dal Museo Civico di Padova. Nel 1930 nel mese di giugno, fu presente alla 11a Sindacale di Torino. Nel 1936 espose a Trieste presso la Galleria omonima e il Museo Revoltella gli acquistò il dipinto titolato: La sosta. Il 1936 fu per il nostro artista un anno triste, l’amata moglie Cesarina morì lasciandolo nel più nero sconforto. Nel 1938 festeggiò il quarantennale della sua attività pittorica, con una Personale a Milano presso la Casa d’Artisti. Nel 1944 fu in Personale a Milano presso la Galleria Italiana d’Arte e nello stesso anno fu eletto Presidente del Circolo degli Artisti di Torino, carica che tenne sino al 1949. Nel 1948 fu ancora in Personale in America Latina e precisamente a Caracas (Venezuela). Nei suoi ultimi anni, sempre assistito dalla figlia maggiore Valeria, si spense nella sua casa studio di Valpiana il 23 giugno 1953. La piacevolezza dei soggetti trattati e il suo gusto attardato sui canoni ottocenteschi gli procura, invece, un successo mercantile di lungo corso. -
Lot 19 Ercole Olivetti Torino 1874 - 1941 Baite di montagna, Borgo Crissolo Olio su tavola cm 34x47.
Allievo di Giacomo Grosso e Pier Celestino Gilardi, all’Accademia Albertina, mutuò dal primo l’abilità di figurista e il pittoricismo e dal secondo l’attenzione descrittiva. Debuttò a Torino nel 1898 con il dipinto “Renitente alla leva”. Si dedicò prevalentemente al soggetto di genere, al paesaggio, immagini di vita contemporanea, ricostruzioni di costume ed al ritratto (anche in miniatura). E’ documentata una sua frequentazione della Riviera ligure, soprattutto di ponente testimoniata dalla trattazione del paesaggio costiero con tratto libero e disinvolto. Espose a Torino dal 1898, a Milano nel 1900, poi Firenze,Genova e Parigi. Tra i suoi dipinti: Idillio al tramonto; I funerali di Nerone; Un arresto; Debuttante; Giuramento di Pontida; La ragnatela; il ritratto del Duca e duchessa d’Aosta; ritratto del Principe Umberto (miniatura su avorio). Fu anche abile miniaturista. Alcune sue opere si trovano in America. Morì a Torino nel 1941. -
Lot 20 Ercole Olivetti Torino 1874 - 1941 Il Ponticello a Fenestrelle Olio su tavola cm 26x37.
Allievo di Giacomo Grosso e Pier Celestino Gilardi, all’Accademia Albertina, mutuò dal primo l’abilità di figurista e il pittoricismo e dal secondo l’attenzione descrittiva. Debuttò a Torino nel 1898 con il dipinto “Renitente alla leva”. Si dedicò prevalentemente al soggetto di genere, al paesaggio, immagini di vita contemporanea, ricostruzioni di costume ed al ritratto (anche in miniatura). E’ documentata una sua frequentazione della Riviera ligure, soprattutto di ponente testimoniata dalla trattazione del paesaggio costiero con tratto libero e disinvolto. Espose a Torino dal 1898, a Milano nel 1900, poi Firenze,Genova e Parigi. Tra i suoi dipinti: Idillio al tramonto; I funerali di Nerone; Un arresto; Debuttante; Giuramento di Pontida; La ragnatela; il ritratto del Duca e duchessa d’Aosta; ritratto del Principe Umberto (miniatura su avorio). Fu anche abile miniaturista. Alcune sue opere si trovano in America. Morì a Torino nel 1941. -
Lot 21 Cesare Maggi Roma 1881 - Torino 1962 Chiesetta Notre Dame de la Guerison Courmayeur Olio su tela cm 50x35.
Nacque a Roma il 13 gennaio 1881 durante una tourneé dei suoi genitori, Andrea e Pia Marchi, attori nella compagnia Bellotti-Bon. Venne indirizzato agli studi classici, che svolsero tra Firenze e Lucca; ma all’età di sedici anni iniziò la sua formazione artistica presso lo studio di Vittorio Corcos a Firenze e, nel 1897, presso quello di Gaetano Esposito a Napoli. Nel 1898 avvenne il suo esordio pubblico in occasione della LII Esposizione annuale della Società di belle arti di Firenze con i dipinti Occasi di novembre mesti (Carducci) e Almeno c’è il fuoco, acquistato da un privato. Nello stesso anno si recò a Parigi, dove frequentò l’accademia del pittore Fernand Cormon. Rientrato in Italia, nel 1899 assistette alla mostra commemorativa in onore di Giovanni Segantini al palazzo della Società di belle arti di Milano, che fu una vera rivelazione per il M., affascinato dalla luce della pittura segantiniana, al punto da volerne carpire la tecnica in loco. Per questo motivo si trasferì, nello stesso 1899, nell’Engadina, dove già Segantini aveva lavorato in completo isolamento. Il soggiorno però si interruppe bruscamente nell’aprile del 1900, per la morte, a Roma, della madre. Dopo un breve periodo a Torino, il M. riprese le sue sperimentazioni dal vero a Forno Alpi Graie, in provincia di Torino. Sempre nel 1900 a Milano stipulò un contratto in esclusiva con il mercante Alberto Grubicy, che sancì la sua piena appartenenza al gruppo divisionista. L’anno seguente conobbe Giacomo Grosso, che lo introdusse al Circolo degli artisti e alla Promotrice delle belle arti di Torino. Sempre nel 1901 prese parte alla XLIII Esposizione della Società di incoraggiamento alle belle arti al Circolo degli artisti di Torino. L’anno successivo ottenne la sua prima personale al palazzo della Società di belle arti di Milano, nell’ambito della rassegna di pittori divisionisti organizzata da Grubicy. In questa occasione presentò solo dipinti di soggetto montano, dando avvio a quella fama di “pittore della montagna”, alla cui elaborazione contribuì l’abilità commerciale e promozionale di Grubicy, che pesò notevolmente sul giudizio della critica anche dopo la fine della stagione divisionista e del rapporto del Maggi con il mercante, nel 1913. Il contratto con Grubicy gli imponeva una produzione a ritmo serrato di dipinti. Tale condizione determinò una sorta di discrimine all’interno della sua produzione tra le opere destinate al pubblico, di buona fattura ma di scarsa ricerca, e quelle destinate alle esposizioni ufficiali, in cui tentò di innovare in senso personale il linguaggio divisionista. Nel 1904, dopo aver sposato Anna Oxilia, dalla quale ebbe due figlie, Giovanna e Pia, si trasferì nella località montana La Thuile, in Val d’Aosta, per approfondire lo studio dal vero. Nel 1905 presentò il dipinto Mattino di festa alla Esposizione internazionale di Venezia, acquistato dalla New South Wales Gallery di Sidney e successivamente intitolato Val d’Aosta. Italia. Nel 1907 esordì in ambito internazionale al Salon des peintres divisionnistes italiens a Parigi e fu invitato a partecipare all’Esposizione internazionale di Venezia, evento che segnò un momento importante nella sua carriera. Gran parte della critica colse la maturità ormai acquisita; una delle sue opere esposte, La prima neve, fu contesa da due prestigiosi musei, il Civico Museo Revoltella di Trieste e la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, che acquistò infine il dipinto. Si aprì così per il Maggi un periodo particolarmente felice, ricco di partecipazioni e riconoscimenti in importanti rassegne italiane ed estere. Nel 1908 fu presente alla V Esposizione d’arte italiana, itinerante in America meridionale; l’anno seguente si aggiudicò la medaglia d’oro di seconda classe alla X Internationale Kunstausstellung al Glaspalast di Monaco di Baviera. Sempre nel 1909 partecipò alla LXXIX Esposizione internazionale della Società amatori e cultori di belle arti di Roma e alla VIII Esposizione internazionale della città di Venezia, cui partecipò anche nel 1910. Alla Esposizione internazionale di Roma del 1911 presentò L’ultimo pascolo. La sala personale alla X Esposizione internazionale della città di Venezia del 1912 segnò una nuova svolta nella sua carriera. Per un anno l’artista concentrò gli sforzi su questo evento, che gli offriva l’occasione di riscattarsi dal marchio di “pittore della montagna” e nel contempo di mostrare il suo progressivo allontanamento dai modi divisionisti. In questa circostanza espose, infatti, oltre a opere di soggetto montano, anche una marina, Il mare, e quattro ritratti. La critica, polemica con l’istituzione per l’elevato numero di sale personali, non fu particolarmente benevola con lui. Ottenne, però, il favore del pubblico, favore confermato anche in ambito internazionale in occasione della personale alla galleria d’arte Gerbrands, ad Amsterdam, nel 1913, che gli valse numerose committenze. Sempre nel 1913 il M. lasciò La Thuile per stabilirsi definitivamente a Torino e per chiudere così la sua stagione di sperimentazione divisionista. Tuttavia, alla Biennale di Venezia del 1914, presentò ancora, accanto a opere come il Ritratto della contessa Olga Stenbock Fermor, vicino alla maniera di Grosso, un’opera di matrice segantiniana come Serenità (poi titolata L’ombra. La chiamata alle armi, nel luglio del 1915, non comportò l’interruzione della sua ricerca. Anzi, sia in montagna (con il 3 reggimento alpini) sia in mare (venne nominato commissario di bordo e imbarcato anche per rotte internazionali) ebbe modo di perfezionare il suo stile; e la sua pennellata divenne più ampia e distesa, soprattutto nelle marine. Congedato nel 1919, tornò a Torino. L’anno successivo fu nuovamente alla Biennale di Venezia, dove espose prevalentemente ritratti. La sua attività espositiva riprese intensa e foriera di nuovi successi, come l’acquisto, alla I Primaverile di Fiamma (Roma, 1922) del dipinto Chiesetta alpina da parte della Galleria nazionale d’arte moderna. Nello stesso anno, conobbe a Milano il suo nuovo mercante, Antonio Sianesi, con il quale riprese a dipingere diversificando, come in passato, la propria produzione tra le opere destinate al mercato e quelle più propriamente di ricerca. Nel 1926 giunse un nuovo, importante riconoscimento con l’acquisto nel corso della LXXXIV Esposizione nazionale della Promotrice delle belle arti di Torino del dipinto Neve da parte della Galleria civica di Torino, la cui politica di acquisizioni era stata oggetto di una forte polemica da parte dell’artista stesso nel 1923. In questi anni lo stile del M. subì l’inevitabile influenza della corrente Novecento, anche se ciò non comportò una vera adesione al movimento. In realtà la confluenza verso lo stile novecentista sembrò l’approdo naturale della sua ricerca, in termini sia di soggetto sia di stile, laddove la sua pittura, chiusa la fase divisionista, si era indirizzata sempre più verso una maggiore solidità nell’impianto compositivo. Nel 1935 fu nominato supplente di Cesare Ferro alla cattedra di pittura dell’Accademia Albertina di Torino. L’incarico segnò l’inizio della sua carriera di insegnante, che continuò ininterrotta fino al 1951 presso l’istituzione torinese e, fino alla morte, in forma privata. Parallelamente proseguì la sua attività espositiva presso numerose rassegne nazionali. Oltre alla continuativa partecipazione alla Biennale di Venezia, dove ottenne una nuova sala personale nel 1940 e dove espose anche nel 1942 e nel 1948, va ricordata la sua presenza, nel 1939, al primo Premio Bergamo e al primo Premio Cremona. A quest’ultimo fu presente anche negli anni successivi, riscuotendo sempre un grande successo; nella prima edizione vinse il terzo premio, l’anno successivo, il secondo e, nel 1941, vinse il primo premio con il trittico di intonazione retorica Italica gens. Nel 1947 fu nominato accademico di S. Luca. Nel contempo si diradarono i rapporti con il mercante Sianesi e nacque una nuova collaborazione con i galleristi Fogliato, presso i quali iniziò a esporre frequentemente, anche accompagnato dagli allievi, grazie ai quali la sua pittura mantenne sempre una certa freschezza, nonostante il ritorno al tema della montagna. Nel 1953 fu pubblicato il primo studio sistematico della sua opera, una monografia curata da Anna Maria Bounous. Nello stesso anno, con la partecipazione alla mostra Peintres du Piémont à Marseille, si chiuse la sua attività espositiva all’estero. I problemi di salute, aggravati dalla depressione seguita alla morte della moglie nel 1957, e alcune polemiche da lui suscitate (come quella per il mancato invito alla Biennale di Venezia del 1952), contribuirono a diradare i suoi impegni espositivi. Nel 1959 la grande retrospettiva Figure e paesaggi di C. M. alla galleria della Gazzetta del popolo a Torino segnò la sua definitiva consacrazione pubblica. L’11 maggio 1961 morì a Torino. -
Lot 22 Luigi Verga Milano 1894 - 1983 Valle di Gressoney Olio su cartone cm 39x54,5.
Luigi Verga (artista lombardo del XX secolo ). Nacque a Milano nel 1894, morì a Milano nel 1983 all'età di 89 anni. -
Lot 23 Arturo Castelli Brescia 1870-1919 Dopo il temporale Olio su tela cm 69,5 x 95,5.
Di lui si conosce molto poco ed ebbe vita breve. Autodidatta, osservando altri suoi colleghi all'opera nelle loro botteghe, realizzò sia affreschi che pittura a olio. Già sul finire del XIX secolo iniziò ad esporre all'Esposizione internazionale d'arte di Venezia, nel 1897, e vi tornò poi nel 1899, nel 1901 e nel 1903. -
Lot 24 Alberto Rossi Torino 1858-1936 Lungo il fiume Olio su tela cm 45,5x71.
Nato a Torino nel 1858, Alberto Rossi mosse i primi passi della carriera all’Accademia Albertina sotto la guida di Gamba e Gastaldi, apprendendo da quest’ultimo soprattutto la passione per colori particolarmente vivaci. Presentò il suo primo dipinto “Ritratto d’uomo” all’Esposizione di Torino del 1884 e nel 1887, ed espose a Venezia 5 suoi quadri: Accanto al fuoco; Dopo un acquazzone ; Tardo autunno e Valle d’Anirana Dopo un primo periodo in cui si dedicò soprattutto a scene di vita paesana e di campagna, la sua parabola artistica ebbe una svolta nel 1891 con il primo viaggio in Egitto. Dal 1891 al 1914 restò in Egitto, partecipando a diverse esposizioni ed ottenendo in premio una medaglia d’oro. Il pittore piemontese si dedicò infatti ai soggetti orientalisti, che rappresentano una delle parti più interessanti della sua produzione, quella che oggi ottiene maggiore favore anche nelle aste. Nella parte finale della carriera lasciò invece la pittura descrittiva, per abbracciare uno stile più impressionistico. Suoi dipinti sono ospitati nella Galleria d’arte moderna di Torino. Scomparve nel capoluogo piemontese il 6 ottobre 1936.