Asta 79 - Dipinti, disegni, sculture e oggetti di antiquariato dal XV al XIX secolo
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Lot 97 SCUOLA LOMBARDA, XVII SECOLO
Giuseppe condotto di fronte al Faraone
Olio su tela, cm. 124,7x170. Con cornice
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 98 SCUOLA VENETA, XVII SECOLO
Presentazione di Gesù al Tempio
Olio su tela, cm. 59,5x93. Con cornice
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 99 SCUOLA ROMANA, SECONDA META' DEL XVII SECOLO
Abramo visitato dagli angeli
Olio su tela, cm. 133x178. Con cornice antica
PROVENIENZA: Collezione privata, Centro-Italia. -
Lot 100 SCUOLA NAPOLETANA, XVII SECOLO
Moltiplicazione dei pani e dei pesci
Olio su tela, cm. 76x64
PROVENIENZA: Collezione privata, Lazio. -
Lot 101 SCUOLA ROMANA, SECONDA META’ DEL XVII SECOLO
Gioco di putti in un paesaggio con pappagallo e natura morta di frutta
Olio su tela, cm. 160x200. Dipinto in prima tela.
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 102 SCUOLA VENEZIANA, XVIII SECOLO
Vista, Udito, Tatto, Olfatto, serie di quattro Allegorie dei Sensi
Olio su tela, cm. 70x54. Con cornici antiche
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 103 SCUOLA FIAMMINGA, XVII SECOLO
Scontro di cavallerie con cannoneggiamento in primo piano
Olio su tela, cm. 74,5x95. Con cornice antica
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 104 FRANCESCO GRAZIANI (Napoli, attivo tra 1680 - 1730)
Paesaggi con figure, serie di 4 tele en pendant
Olio su tela, cm. 22,5x31. Con cornici antiche
Questa suite di quattro dipinti va ricondotta senza esitazioni all'interno della produzione paesaggistica più felice di Francesco Graziani. Principalmente noto come specialista nel genere delle battaglie, Graziani espresse pienamente le sue doti anche nel paesaggio di fantasia. Ritroviamo in questa serie di quattro tele le più caratteristiche soluzioni del Graziani paesaggista, come l’accentuato sviluppo obliquo dell’elemento roccioso sullo sfondo e di quello arboreo in primo piano, quest’ultimo caratterizzato dall’andamento sinuoso dei tronchi e dall’ampiezza delle fronde. L’utilizzo di chiare fonti di luce, volte alla piena leggibilità della scena, e di una corposa materia pittorica ne confermano l’attribuzione, suggerendone il confronto per esempio con le opere di medesimo soggetto oggi conservate presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma.
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 105 JEAN-BAPTISTE LALLEMAND (Digione, 1710 circa - Parigi, 1803), ATTRIBUITO
Cavaliere e contadini - Pastori e coppia di cavalieri in sosta presso rovine, Coppia di dipinti
Olio su tavola, cm. 17x23,5. Con cornici antiche
Questa coppia di dipinti, raffiguranti viandanti e popolani entro paesaggi ispirati alla campagna romana, esprime soluzioni compositive e cromatiche ricorrenti nella produzione italiana di Jean Baptiste Lallemand. Trasferitosi a Roma nel 1747, l’artista francese sviluppò una formulazione personale della scena di genere di tema bambocciante, con una cura particolare nella descrizione del paesaggio laziale, che si allinea al filone illustrativo di gusto aggraziatamente decorativo peculiare delle vedute di fantasia settecentesche
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 106 SCUOLA ROMANA, FINE XVIII SECOLO
Veduta con Ponte Milvio, pescatori e viandanti
Tempera su carta, cm. 70x94. Con cornice antica
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 107 SCUOLA FIORENTINA, SECONDO QUARTO DEL XVI SECOLO
Testa di Sibilla
Olio su tavola, cm. 50x42. Con cornice
PROVENIENZA: Collezione Bardi, Roma; Collezione privata, Roma.
In questa plastica effige di Sibilla si riconosce senza esitazioni un notevole frutto del primo manierismo tosco-romano, il cui principale testo sacro è naturalmente rappresentato dalla volta sistina di Michelangelo. L’immagine può essere letta come una specie di emblema felicemente riassuntivo di tutta la più aggiornata cultura figurativa centro-italiana all’altezza del quarto - quinto decennio del Cinquecento. Stilisticamente, infatti, oltre al modello delle Sibille sistine e della Cleopatra eseguita da Michelangelo per Tommaso Cavalieri, si percepisce qui un colto background che include Andrea del Sarto, Pontormo, Francesco Salviati e Sebastiano del Piombo. Tale commistione di elementi, veramente paradigmatica di questa straordinaria congiuntura dell’arte italiana, ha spinto in passato Elizabeth Pilliod a indirizzare decisamente l’attribuzione del dipinto qui in oggetto verso il giovane Jacopino del Conte, allievo a Firenze di Andrea del Sarto, segnalando sia le affinità della nostra tavola con opere del maestro (in particolare le Madonne della Pala di Gambassi e della Pala di Poppi della Galleria Palatina di Firenze), sia le notevoli analogie con dipinti fiorentini dello stesso Jacopino, quali la Madonna col Bambino e San Giovanni Battista della Gemäldegalerie di Berlino e la Madonna della Carità del Museo dell‘Ospedale degli Innocenti di Firenze. -
Lot 108 TROPHIME BIGOT (Arles, 1579 - Avignone, 1650), ATTRIBUITO
Suonatore di liuto
Olio su tela, cm. 71,5x63,5. Con cornice
Il dipinto è imperniato sul giovane suonatore di liuto ritratto all’interno di un ambiente buio, illuminato solo dalla luce fioca emessa dalla candela accesa posta sul margine sinistro della tela. Seduta in uno spazio angusto, la figura è intenta nell’esecuzione della melodia scritta sullo spartito adagiato sullo scrittoio. Il pittore adotta linee morbide, una pennellata accurata che leviga le superfici e una paletta cromatica dorata e brillante; la luce soffusa costruisce un'atmosfera misteriorsamente sospesa, col musicista che sembra rivolgersi al riguardante non appena finita l'esecuzione del brano. Il pittore mostra un'aggiornata cultura pittorica che include Pietro Paolini, Angelo Caroselli, Matthias Stom: ma una tangenza maggiore si riscontra col linguaggio e le soluzioni luministiche di Trophime Bigot, artista francese documentato a Roma tra il 1620 e il 1634, che sviluppa una sua peculiare chiave notturna del naturalismo caravaggismo, caratterizzata da un'esasperazione luministica determinata dagli effetti della luce artificiale. Una personalità ancora avvolta da molte zone d'ombra, strettamente intrecciata con quella del cosiddetto Maestro della Candela, e in attesa di un inquadramento filologico pienamente soddisfacente. Conforta questo orientamento attributivo il confronto con opere di simile impostazione riferite al Bigot e/o alla sua cerchia, quali i due San Girolamo della National Gallery di Ottawa e della Galleria Nazionale di Palazzo Barberini a Roma, Giuditta e Oloferne, della Galleria Nazionale di Parma, il San Sebastiano curato dalle pie donne del Museo di Bordeaux. -
Lot 109 PANFILO NUVOLONE (Cremona, 1581 - Milano, 1651), ATTRIBUITO
Natura morta con albicocche su un piatto metallico
Olio su tavola, cm. 26,3x35,5. Con cornice
Il dipinto è accompagnato da un'expertise del Prof. Franco Paliaga che attribuisce l’opera a Panfilo Nuvolone.
Le due belle nature che qui si presentano (questa e quella al lotto successivo) costituiscono una rara testimonianza di una delle più affascinanti congiunture della storia della natura morta italiana: quella che tra l'ultimo decennio del Cinquecento e i primi del Seicento vede nella Lombardia uno dei centri nevralgici nella genesi e affermazione di questo nuovo genere pittorico. Protagonisti principali di questa vicenda sono i milanesi Ambrogio Figino e Fede Galizia e il cremonese Panfilo Nuvolone, ai quali si dovrebbe aggiungere anche Caravaggio, se non fosse che i rapporti di quest'ultimo con la natura morta si devono ancora oggi circoscrivere all'esclusiva, sublime, sortita della Fiscella della Pinacoteca Ambrosiana. I due esemplari su tavola qui in oggetto si raccordano in particolare alla produzione del Nuvolone pur presentando caratteri che li accomunano anche al cospicuo corpus naturamortistico della Galizia: e del resto i due pittori sono così affini stilisticamente che molte opere sono state indifferentemente transitate nel catalogo di entrambi. Per l'accuratezza esecutiva, che mira al massimo effetto mimetico della frutta rappresentata, il sapiente gioco dei riflessi della luce sui recipienti e sulla frutta, l'austera semplicità dell'impaginazione, l'atmosfera silente e pensosa, la solida plasticità dei volumi, le due tavole si avvicinano a opere di Nuvolone come la Natura morta con pere, foglia di vite in un cesto di maiolica, di ubicazione ignota, Pesche e pere in una fruttiera in ceramica, in collezione privata, Mele cotogne su un tavolo, del Museo Civico Ala Ponzone di Cremona (per gli ultimi due vedi Natura morta lombarda, cat. della mostra, a cura di A. Veca, Milano 1999-2000, nn. 14 e 16, pp. 90-91 e 94-95).
PROVENIENZA: Collezione privata, Milano. -
Lot 110 PANFILO NUVOLONE (Cremona, 1581 - Milano, 1651), ATTRIBUITO
Natura morta con fragole in una coppa di ceramica e albicocche
Olio su tavola, cm. 26,5x35,5. Con cornice
Vedi scheda al lotto precedente - Il dipinto è accompagnato da un'expertise del Prof. Franco Paliaga che attribuisce il dipinto a Panfilo Nuvolone.
PROVENIENZA: Collezione privata, Milano. -
Lot 111 AMBITO DI GIROLAMO SICIOLANTE (Sermoneta, 1521- 1580 circa)
Madonna con Bambino, San Giovannino e Santa Elisabetta
Olio su tela, cm. 100x80. Con cornice
La sua composita cultura manierista e l'impianto stilistico avvicinano questa tela alla produzione di Girolamo Siciolante da Sermoneta, artista imbevuto della lezione raffaellesca, appresa in via diretta da Perin del Vaga con cui egli lavorò nelle logge di Paolo III a Castel Sant’Angelo.
Il nostro dipinto, pur risentendo dell’influsso di Perino, è caratterizzata da una ricerca di volumetria e solidità nelle figure e da una semplificazione dell’impianto compositivo che evidenziano suggestioni michelangiolesche, mediate attraverso Daniele da Volterra. La tela può essere datata nel terzo quarto del XVI secolo.
10000 -
Lot 112 ATELIER DI FRANCESCO ALBANI (Bologna, 1578 - 1660)
Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre
Olio su tela, cm. 99x136. Con cornice coeva in legno laccato e dorato
La tela costituisce una replica di ottima qualità, certamente eseguita nella bottega di Francesco Albani, di un prototipo del maestro realizzato nel 1647-49 per Cesare Leopardi di Osimo, attualmente da considerare disperso. L'invenzione dell'Albani è nota attraverso alcune versioni dipinte nella stretta cerchia del pittore, più o meno variate nella composizione e nel formato. Particolarmente vicina alla nostra è quella oggi conservata presso la Gemaldegalerie di Dresda, tradizionalmente riferita a Marcantonio Franceschini (Inv.228, cm 93.5 x 127).
BIBLIOGRAFIA: C.R.Puglisi, Francesco Albani, New Haven - London, Yale University Press, 1999, p.202, Cat. 127; D.Miller, Marcantonio Franceschini, Torino, Artema, 2001, p.182, Cat. 77. -
Lot 113 AMBITO DI BARTOLOMEO MANFREDI (Ostiano, 1582 - Roma, 1622)
Ecce Homo
Olio su tela, cm. 96x75. Con cornice
Già riferito in area napoletana al Maestro di Fontanarosa (alias Giuseppe Di Guido), il presente dipinto è stato in seguito avvicinato in via di ipotesi all'area emiliana, per la perfezione del disegno e il classico impianto anatomico, decisamente monumentale. Il dipinto tradisce, in effetti, una cultura figurativa molto composita, in cui lontane inflessioni venete, di marca tizianesca, vengono aggiornate alla luce dei modelli strettamente coevi del Guido Reni romano ma soprattutto di Caravaggio. Il punto di riferimento più marcato sembra, però, dover essere riconsciuto nel sapiente e levigato caravaggismo di Bartolomeo Manfredi, forte di un plasticismo e di un magistero disegnativo che ben si confanno alla nostra tela. In particolare, appare dirimente la comparazione con la figura di Cristo dell'Ecce Homo oggi al Brook Museum di Memphis (uno dei capolavori del pittore, probabilmente eseguito verso il 1613: vedi G.Papi, Bartolomeo Manfredi, Soncino, CR, 2013, p. 16), pressoché sovrapponibile a quella del nostro dipinto.
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma. -
Lot 114 PITTORE GENOVESE, SECONDO QUARTO DEL XVI SECOLO
Adorazione dei pastori
Olio su tela, cm. 118x156. Con cornice
Questa tela di notevole qualità illustra esemplarmente i caratteri salienti del naturalismo nella pittura italiana della prima metà del Seicento. Essi coinvolgono sia la sfera iconografica, con la predilezione per temi, ambientazioni, gesti e fisionomie derivate dall'osservazione diretta della realtà quotidiana, compresa la più semplice e povera; sia quella stilistica, grazie a soluzioni di ordine luministico e chiaroscurale tali da consentire una particolare aderenza all'impressione ottica del vero. Alla base di questa ricerca di mimesi del reale c'è sempre l'antecedente caravaggesco, che si rivelò particolarmente fertile in area napoletana e genovese. E' proprio all'interno di quest'ultima tradizione figurativa che si deve situare la nostra tela, che presenta tratti di stile che l'avvicinano a Orazio De Ferrari, Gioacchino Assereto, ma soprattutto a Domenico Fiasella, nella sua produzione più influenzata dalle scene notturne a lume artificiale di Gerrit van Honthorst e Mathias Stom, in combinazione con un più remoto influsso del pauperismo tipico delle più tarde Natività di Jacopo Bassano. L'Adorazione dei pastori fu un soggetto su cui Fiasella ebbe occasione di cimentarsi a più riprese. Tra gli esemplari che possono essere utilmente paragonati al nostro esemplare si ricordano quello giovanile della Galleria Nazionale di Palazzo Barberini in Roma e ancor più quelli successivi della chiesa di San Francesco a Sarzana e del Museo dei Beni Culturali dei frati Cappuccini a Genova. -
Lot 115 SCUOLA NAPOLETANA, TERZO QUARTO DEL XVII SECOLO
Cristo e la samaritana al pozzo
Olio su tela, cm. 96,5x122,5. Con cornice
Frutto di un'articolata cultura figurativa, la nostra tela si situa al centro di una congiuntura di particolare interesse della pittura napoletana intorno alla metà del Seicento. Si combinano qui influssi del classicismo emiliano con un'eco ormai trasfigurata della corrente naturalistica locale, tra Stanzione, Pacecco e Andrea Vaccaro. La tela s'impone per l'eleganza monumentale della composizione, ma soprattutto per la luminosità veramente mediterranea della sua paletta cromatica.
PROVENIENZA: Collezione privata, Napoli. -
Lot 116 SCUOLA LOMBARDA, SECONDO QUARTO DEL XVII SECOLO
Orazione di Cristo nell'orto degli ulivi
Olio su tela, cm. 193,5x133,5. Con cornice antica
Questo superbo dipinto inedito va riportato senza esitazione nell'ambito della pittura lombarda fra terzo e quarto decennio del Seicento. In particolare esso si mostra in linea con l'ardente misticismo di Francesco Cairo, che seppe raccogliere le istanze presenti nella pittura dei grandi maestri della generazione precedente - Cerano, Daniele Crespi e soprattutto Morazzone - e condurle sino alle più alte temperature espressive e spirituali. L'autore della tela che qui si presenta si concentra su un ideale momento estremo dell'episodio dell'orazione dell'orto, quando Cristo si abbandona rassegnato alla volontà di Dio, rilasciandosi esausto all'unico conforto degli angeli che lo sostengono. Si può cogliere con chiarezza il nesso profondo che lega questa immagine ad alcuni capolavori del Cairo della sua più ispirata produzione giovanile, entro il 1635. Si pensi all'Orazione dell'orto della Pinacoteca di Brera e della Pinacoteca Sabauda; il Sogno di Elia, della chiesa di S.Antonio Abate in Milano, che presenta strette analogie fra il volto del profeta e la testa del Cristo qui in oggetto; ma soprattutto L'estasi del Beato Andrea Avellino, sempre nella chiesa milanese di Sant'Antonio Abate, dove la flessione del corpo letteralmente senza peso del santo, come rapito della sua materia e a fatica sorretto dal chierico alle sue spalle, appare quasi sovrapponibile alla curva innaturalmente arcuata disegnata nel nostro dipinto dalla figura esanime del Cristo sorretto dagli angeli che lo circondano (cfr. F. Frangi, Francesco Cairo, Torino 1998).
PROVENIENZA: Collezione privata, Centro-Italia. -
Lot 117 JAN BIJLERT (Utrecht, 1598 - 1671)
Festino in onore di Bacco
Olio su tela, cm. 171x221. Con cornice
Questa tela monumentale esprime pienamente i caratteri salienti della produzione di Jan van Bijlert, con la sua declinazione "in chiaro" del naturalismo caravaggesco, la propensione per i soggetti umoristici a sfondo erotico e il gusto per la forzatura verso il registro grottesco di pose e fisionomie dei personaggi. Bijlert fu allievo a Utrecht di Abraham Bloemaert prima del canonico soggiorno a Roma, al principio del terzo decennio del Seicento, che, come per quasi tutti i pittori suoi concittadini, segnò l'incontro fatale con le opere di Caravaggio. Nel nostro dipinto si rinvengono molti dei motivi e dei tipi ricorrenti nella produzione di Bijlert, come documenta il confronto con dipinti quali I cinque sensi del Landesmuseum di Hannover, la Fanciulla con conchiglia del Museo PUschkin di Mosca, il Vecchio che seduce una fanciulla, del Centraal Museum di Utrecht. E' evidente qui l'influsso delle opere profane di Hendrick ter Brugghen, Dirck van Baburen e Gerrit van Honthorst, massimi esponenti della corrente caravaggesca dei pittori di Utrecht. L'attribuzione a Jan van Bijlert, attestata dalla firma, oltreché dall'evidenza dei dati stilistici, è stata ulteriormente confermata da Paul Huys Janssen, massimo esperto del pittore.
Firmato al centro della tela: "J. BIJLERT FEC.".
PROVENIENZA: Collezione Privata, Vienna. -
Lot 118 ANDREA VACCARO (Napoli, 1604 - 1670)
Crocifissione
Olio su tela, cm. 125x100. Con cornice
Sensibile sino alla sua prima maturità soprattutto ai modelli del caravaggismo napoletano, in primis Battistello Caracciolo, Vaccaro approdò progressivamente a un ponderato equilibrio fra un persistente, ma sempre più implicito, impianto naturalistico e una ragionata adesione al classicismo di matrice emiliana, fra Reni, Domenichino e Lanfranco, combinata con un attento studio di Van Dyck: una parabola per certi versi comune a quella di Stanzione, Cavallino e Guarino. La brillante cromia delle vesti della Vergine e della Maddalena, resa ancor più spiccata dal pallore degli incarnati e dall'oscurità dello sfondo, l'elegante semplicità della composizione, la composta eloquenza dei gesti, legano la nostra tela alla produzione matura del Vaccaro, nel sesto-settimo decennio del Seicento, in prossimità di opere quali lo Sposalizio mistico e la Stigmatizzazione di Santa Caterina da Siena, siglate e datate 1659 (Napoli, Santa Maria della Sanità), le quattro tele raffiguranti Storie di Tobia, oggi nel Museu d'Art de Catalunya di Barcellona, del 1667, la Madonna del Rosario di Palazzo Ameduri a Gioiosa Jonica. -
Lot 119 FILIPPO TEODORO DI LIAGNO, DETTO FILIPPO NAPOLETANO (Attivo a Roma, 1589 - 1629), ATTRIBUITO
Paesaggio con scena di tarantella
Olio su tela, cm. 75x120. Con cornice
Per la qualità del paesaggio con le rovine classiche e dell’episodio centrale col gruppo di fanciulle che danza la tarantella accompagnato da un suonatore di liuto questo dipinto può essere riferito a Filippo Napoletano. La pennellata libera e fluida, che sbozza le forme senza preoccuparsi della nitidezza del segno e il nuovo gusto fantasiosamente archeologico, che avvicina il pittore a Bril, Poelenburch e Breenbergh, richiamano altre invenzioni capricciose riferibili all’attività più matura di Filippo Napoletano, sviluppatasi a Roma fra il 1625 e la sua morte nel 1629. Paragoni stringenti possono essere istituiti coi due Paesaggi con rovine antiche (Chiarini 2007, nn. 117 e 118) con la coppia di Rovine antiche con figure della Galleria Palatina di Firenze (Id., n. 121a-b), del Paesaggio con rovine antiche e pastori, già New York, Richard Feigen & Co. (Id., n. 124), o alla Veduta di Bomarzo di collezione privata a Wassenaar (Id., n. 131).
Bibliografia di confronto:
M. Chiarini, Teodoro Filippo di Liagno detto Filippo Napoletano 1589-1629. Vita e opere, CentroDi, Firenze 2007.
6000 -
Lot 120 PITTORE TOSCANO, SECONDO QUARTO DEL XVII SECOLO
Suonatore di liuto
Olio su tela, cm. 85x66. Con importante cornice coeva in legno dorato, intagliato e scolpito
I dipinti di tema musicale ebbero una grande diffusione nella pittura europea del Seicento, conoscendo una speciale fortuna nell'ambito dei pittori di orientamento naturalista. Proprio il tema del Suonatore di liuto ricevette un'eccezionale spinta propulsiva dalle formidabili redazioni di Caravaggio, grazie alla loro miscela perfetta di realismo mimetico dell'esecuzione e ampiezza di risonanze allegoriche. Il nostro intrigante dipinto si colloca cronologicamente e stilisticamente ormai ai margini estremi dell'influenza caravaggesca, all'interno di un'intrigante connection toscana, che coinvolge Pietro Paolini, Astolfo Petrazzi, Rutilio Manetti, ma anche il romano Angelo Caroselli. In particolare, per la sapienza disegnativa, l'impianto luministico attentamente registrato, la stesura rifinita e levigata e una certa "vaghezza" dell'espressione, si direbbe centrato il richiamo all'ambito di Paolini, come suggerisce il confronto con opere di quest'ultimo quali Le età della vita (Lucca, Coll. Mazzarosa), il Ritratto virile e il Liutaio della Coll. Koelliker di Milano.
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma.