ASTA 191 - ARTE ANTICA E DELL'OTTOCENTO
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Lotto 49 ARTISTA EMILIANO DEL XVI SECOLO Ritratto d'uomo con libro. Olio su tavola. Cm 52,00 x 69,00. Opera fornita di certificato di esportazione.
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Lotto 50 TRAVERSI GASPARE (1722 - 1769) La filatrice. Olio su tela. Cm 63,00 x 75,00. Pubblicato in Nicola Spinosa, Tiziana Scarpa ( a cura di), Luce sul Settecento. Gaspare Traversi e l'arte del suo tempo in Emilia. Parma, Galleria Nazionale 4 aprile - 4 luglio 2004, fig. R43. Allievo di Francesco Solimena, dopo gli esordi napoletani fu attivo principalmente a Roma, dove giunse intorno al 1752. Tra le prime opere realizzate al suo arrivo a Roma spiccano le sei tele con temi del Vecchio e del Nuovo Testamento per la chiesa di San Paolo fuori le mura. Nella ritrattistica (Ritratto di canonico, 1770, Capodimonte), come soprattutto nelle tele di “genere” (Concerto, 1755, Museo Pignatelli), Traversi dimostrò la sua grande abilità nello studio psicologico e nella resa realistica dei personaggi, presi in prestito dagli ambienti aristocratici e popolari della Napoli borbonica. Nelle sue tele le scene di vita quotidiana assumono una dimensione monumentale, sia per il formato che per la tecnica raffinata, diventando strumento di analisi e critica delle contraddizioni interne alle classi sociali del tempo. Tra le sue opere si ricordano anche Il ferito (1752), La lettera segreta (1755) e Le sante Lucia, Agata e Apollonia (1753-58).
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Lotto 53 CAVAGNA GIOVANNI PAOLO (1556 - 1627) Madonna con Bambino e San Giovannino. Olio su tela . Cm 50,00 x 60,00. Gian Paolo Cavagna (Bergamo 1556- Bergamo 1627), compì l’apprendistato nella bottega bergamasca di Cristoforo Baschenis . Nella sua produzione possiamo rintracciare molteplici influssi stilistici provenienti dagli artisti dalla Scuola Veneta, come Tintoretto, Tiziano, Bassano e Veronese, dai quali apprese le tecniche manieriste e della tradizione artistica cremonese e bresciana, dalla quale fu influenzato per la carica espressiva di stampo nordicizzante; non da meno furono i nuovi orientamenti artistici prodotti dalla dominazione spagnola nel Nord Italia, come la resa oggettuale e l’interesse per i valori luministici. La prima commissione che lo segnalò come artista di primo piano nel contesto artistico bergamasco fu la ‘’Pala di S. Giovanni Evangelista’’, per la Basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo; da questo momento in poi l’artista fu richiesto da numerose famiglie patrizie,tra cui la famiglia Carrara, per le decorazioni dei loro palazzi. Per quanto riguarda la pittura di soggetto religioso, a seguito del Concilio di Trento, Cavagna operò da protagonista per la diocesi bergamasca, ideando nuove iconografie religiose di facile comprensione e rigore compositivo. A Cremona l’artista eseguì un imponente ciclo decorativo per la Biblioteca degli Agostiniani, con l’aiuto di Orazio Lamberti e Fra’ Sollecito, andati sfortunatamente distrutti agli inizi dell’800. Importanti sono anche i ritratti che ci ha lasciato, seppur in numero esiguo. La valutazione critica del Cavagna crebbe nell’ultimo quarto del Settecento, grazie al lavoro di critici e connaisseur come Pasta, Francesco Maria Tassi e Angelo Pinetti, attribuendo al pittore lombardo un posto di rilievo nella pittura bergamasca. Bigliografia comparativa L. Bandera. Da Gian Paolo Cavagna ai fratelli Galliari in Pittura .... Cinisello Balsamo, 1987. M. Gregori. Pittura a Bergamo, dal romanico al neoclassico. Cinisello Balsamo, A. G. Pizzi, 1991. A. Locatelli Milesi. Un maestro poco noto: Gian Paolo Cavagna. Bergamo, Emporium, 1935. F. Rossi. Giovan Paolo Cavagna in S. Martino. Bergamo, 1987 E.De Pascale - F.Rossi, "Giovan Paolo Cavagna e il ritratto a Bergamo dopo Moroni", catalogo della mostra, Quaderni dell'Accademia Carrara, n°14, Bergamo, 1998.
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Lotto 54 ARTISTA FIAMMINGO DEL XVII SECOLO Ritratto di donna con menestrello. Olio su tavola. Cm 59,50 x 74,50.
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Lotto 55 TREVISANI FRANCESCO (1656 - 1746) Ritratto del conte Nicolaus Pálffy. Olio su tela. Cm 71,00 x 95,50. Allievo a Venezia di Antonio Zanchi, giunse a Roma, dove la sua carriera si svolse per intero, nel 1678. Suo mentore fu il cardinale veneziano Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII, uno dei più importanti mecenati del momento (erano alle sue dipendenze anche il giovane Filippo Juvarra e alcuni compositori del calibro di Arcangelo Corelli, Alessandro Scarlatti e Georg Friedrich Händel). A Roma Trevisani divenne uno dei più importanti artisti che continuarono sulla scia di Carlo Maratta, come è evidente negli affreschi della cappella di S. Chiara a San Silvestro in Capite e nei tre dipinti con Storie della Passione di Cristo nella cappella del crocifisso della medesima chiesa (1696 - 1697), nei cartoni per i mosaici della cappella battesimale della Basilica di San Pietro (dove succedette al Baciccio nel 1709), nell'ovale con il profeta Baruch per San Giovanni in Laterano (1718 circa), nella pala con la Morte di S. Giuseppe nella cappella Sacripante a Sant'Ignazio, in quella con l'Estasi di S. Francesco nella Chiesa delle SS. Stimmate di San Francesco e nel Festino di Cleopatra della Galleria Spada. Del Trevisani è anche la pala d'altare, raffigurante la Madonna con il Bambino e sant'Antonio, sull'altar maggiore della Basilica di Nostra Signora e di Sant'Antonio a Mafra in Portogallo. Caratteristico della pittura di Trevisani è il sentimentalismo languido, con il pathos seicentesco che sfuma nell'elegia. Non a caso l'artista (che fu anche poeta) era affiliato all'Accademia dell'Arcadia. Bibliografia F. Petrucci, Pittura di Ritratto a Roma - Il ‘700, Andreina&Valneo Budai Editori, Roma 2010, pp. 347-357, fig. 259.
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Lotto 56 RUOPPOLO GIUSEPPE (1629 - 1693) Natura morta di pesche, uva e meloni. Olio su tela. Cm 81,00 x 65,00. Comunicazione scritta di Nicola Spinosa. Piuttosto scarsi sono i dati documentari su questo specialista di nature morte che il De Dominici ritiene essere nipote di Giovan Battista. La sua formazione è ipotizzabile solo attraverso l’esame stilistico delle opere, che rivelano la conoscenza della produzione dello zio insieme ad un influsso della prima maniera di Giuseppe Recco; proprio con quest’ultimo si sono verificate incertezze attributive a causa della forte relazione stilistica e della firma per iniziali, GR, che li accomuna. Per tale ragione la ricostruzione del suo corpus pittorico ha preso avvio dai dipinti firmati per esteso. In questa grande tela si riscontra la propensione del pittore a raffigurare la frutta in modo meticoloso, prestando moltissima attenzione agli effetti di rifrazione luministica secondo un gusto naturalistico tipico del retaggio caravaggesco diffuso nella cultura napoletana. La pennellata è fluida e carica di colore, la regia spaziale è magistralmente orchestrata e i vari piani compositivi sono collegati secondo un abile gioco di direttive costituite dal tralcio di foglie di vite disposto diagonalmente al centro del quadro, dall’inclinazione dei cesti di vimini che rovesciano i grappoli sul terreno, dalla disposizione studiata del corso d’acqua che spezza la continuità del piano d’appoggio e dal cassone sullo sfondo che sorregge il luminosissimo gruppo di pesche. Come si comprende non si tratta della tipica composizione su piani successivi tipica del principio del Seicento; con questa natura morta ci troviamo davanti ad un’opera di passaggio, già ambientata in un esterno, ma spogliata di tutti gli attributi che arricchiranno le opere del Ruoppolo in fasi più avanzate, attentamente controllata nella disposizione ma vibrante di un forte dinamismo interno. Da un punto di vista cronologico si può situare questa tela in un momento giovanile, ina fase vicina ai modi dello zio e del Recco. Bibliografia comparativa L. Salerno La natura morta italiana, Roma 1984, pp. 228-229; N. Spinosa La pittura napoletana del '600, Milano 1984; R. Middione, Giuseppe Ruoppolo, in La natura morta in Italia, a cura di F. Zeri, Milano 1989, II, pp. 923-925, n. 16.
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Lotto 57 GRIMALDI DETTO IL BOLOGNESE GIOVANNI FRANCESCO (1606 - 1680) San Pietro che trova il tributo. Olio su tela. Cm 93,30 x 72,00. Giovanni Francesco Grimaldi è uno dei più diretti continuatori della tradizione del paesaggio ideale inventato da Annibale Carracci a Roma all’inizio del Seicento. La sua formazione è avvenuta probabilmente nell’ambito dell’Accademia dei Carracci a Bologna. Nella capitale si lega ad Albani e al Gobbo dei Carracci, mantenendo così il suo rapporto con la cultura artistica dei paesaggisti bolognesi seguaci di Annibale Carracci, la cui maniera ebbe modo di studiare soprattutto dagli esempi del Domenichino, anche lui allievo di questo pittore operante a Roma. Questi nella sua bottega conservava molti disegni di Annibale che utilizzava per comporre i suoi dipinti e sui quali si esercitavano anche i suoi allievi. Nei paesaggi di Giovanni Francesco, infatti, è molto evidente l’influenza del classicismo di questi due artisti. Grimaldi arriva a Roma dalla natia Bologna all’età di circa venti anni; nel 1635 è ricordato tra i membri dell’Accademia di San Luca, di cui diverrà Principe per ben due volte (nel 1657 e nel 1665), e nel 1657 entra a far parte dei Virtuosi del Pantheon. Nella capitale ricevette commissioni da importanti personalità del tempo, come il marchese del Carpio e i papi. Agli anni Quaranta risalgono i suoi affreschi in palazzo Santacroce ai Catinari e in palazzo Peretti-Montalto, oggi Almagià; mentre nel 1645-47, insieme all’Algardi, dirige i lavori di decorazione di Villa Pamphilj fuori Porta San Pancrazio. Nel 1649-51 visita Parigi dove esegue alcune decorazioni per il palazzo del cardinale Mazzarino e per il Louvre, e al suo rientro a Roma nel 1651 svolge i noti lavori nella Galleria di Alessandro VII al Quirinale. La sua produzione di dipinti da cavalletto è molto rara; alcuni quadri si conservano ancora oggi in Francia, e risalgono probabilmente al suo soggiorno parigino, altri quattro, documentati, sono alla Galleria Borghese e furono comprati dalla famiglia nel 1678 direttamente dal pittore, e ancora due si trovano rispettivamente negli appartamenti privati di palazzo Colonna e nella Galleria Doria-Pamphilij. In questa tela Grimaldi manifesta il suo legame con Annibale Carracci e Domenichino, presentando un paesaggio di tipo classico ed eroico dove lo scenario naturale fa da sfondo alla storia dell’uomo. L’artista ambienta un episodio del Vangelo in un vasto paesaggio con una rustica capanna di paglia sulla destra e una veduta di una città in lontananza. In primo piano si svolge la scena in cui Pietro, incredulo, mostra ai Farisei la moneta d’argento che Gesù aveva promesso di fargli trovare nel ventre di un grosso pesce affinché potesse pagare il tributo richiesto da Tiberio per il Tempio. Bibliografia comparativa: L. Frati, Gio. Francesco Grimaldi detto il Bolognese, in “Arte e Storia”, XIV, 1895, 4, pp. 35-37; H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies-II: The Galleria, in “The Burlington Magazine”, CIV, 706, 1962, pp. 9-20; L’Ideale Classico del Seicento in Italia e la Pittura di Paesaggio, catalogo della mostra, Bologna, 1962; A. Nava Cellini, Il Borromini, l’Algardi e il Grimaldi per Villa Pamphilj, in “Paragone”, 159, 1963, pp. 73-74; L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, Roma, 1976, II, pp. 578-583; D. Batorska, Grimaldi’s Frescoes in Palazzo del Quirinale, in “Paragone”, 387, 1982, pp. 3-12
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Lotto 58 ARTISTA NORDEUROPEO DEL XVII SECOLO Ritratto di guerriero. Olio su tela. Cm 71,00 x 81,00.
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Lotto 59 JANSSENS ABRAHAM (1575 - 1632) Bottega di, Giove rimproverato da Venere. Olio su tela. Cm 181,70 x 147,90. Provenienza (etichetta al retro) Adolf Holzapfel, Dublin Herbert Ingram
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Lotto 60 BORDONE PARIS (1500 - 1571) San Giovanni Battista. Olio su tela. Cm 132,00 x 99,00. PROVENIENZA Vienna, collezione privata Nato a Treviso, Paris Bordone fu a Venezia a partire dal 1508. Qui apprese il gusto per il colore proprio della tradizione veneta, accostandosi a Giorgione e a Tiziano, per giungere a un tipo di pittura fantastica e intimistica. Vasari scrive che fu allievo di Tiziano, con il quale entrò subito in contrasto, tanto da fargli decidere di lasciare Venezia per intraprendere frequenti viaggi in Italia settentrionale e all'estero. L'influenza del maestro, tuttavia, pervade la sua pittura, specie le sue opere a carattere celebrativo e scenografico, come la celebre Consegna dell'anello al Doge delle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Nei dipinti a carattere pastorale e mitologico, di cui la grande tela in oggetto offre un esempio molto significativo, subì invece l'influenza di Giorgione. In questo quadro il giorgionismo è evidente nel carattere psicologico del San Giovanni, dallo sguardo ambiguo e sfuggente, e nel paesaggio dall'atmosfera misteriosa immerso nella bruma, sotto un cielo plumbeo attraversato da bagliori inquietanti che annunciano la tempesta. La postura artificiosa del santo rivela, invece, le arditezze raffinate e intellettualistiche del manierismo, che Paris ebbe modo di assimilare durante un viaggio in Francia compiuto nel 1538. Qui entrò in contatto con il manierismo internazionale di Primaticcio e Rosso Fiorentino, acquisendo da questi maestri un certo carattere celebrale. Questi elementi si uniscono a taluni assimilati da Lorenzo Lotto, quali la straordinaria ricchezza cromatica e il carattere familiare dei suoi personaggi, e altri appresi dal manierismo del Pordenone, come il gigantismo delle figure e la cura della loro resa anatomica. Bibliografia comparativa G. Canova, I viaggi di Paris Bordone, in "Arte veneta", 15, 1961, pp. 77-88; C. Phillip, Paris Bordone, in "The Burlington magazine", 28, 1915, pp. 93-98.
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Lotto 61 ZANCHI ANTONIO (1631 - 1722) Attribuito a. Lot e le figlie. Olio su tela. Cm 119,50 x 111,50. . Cornice presente
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Lotto 62 FRANS FRANCKEN II (1581 - 1642) Ambiente di. L'incontro di Giacobbe con Esaù. con cornice d'epoca intagliata e dorata. Olio su tavola. Cm 130,00 x 95,00. Opera fornita di permesso di libera circolazione.
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Lotto 63 TOEPUT DETTO IL POZZOSERRATO LODEWIJK (1550 - 1605) Scena di banchetto all'aperto. Olio su tela. Cm 203,00 x 123,00. Pittore, incisore e poeta, sembra che Ludovico Possoserrato fosse allievo di Hans Bol. Neerlandese ma trevigiano d’adozione, si trasferì quindi in Italia, soggiornando per un certo periodo a Venezia e compiendo viaggi a Firenze e Roma. Si stabilì quindi nel 1582 a Treviso dove svolse gran parte della sua attività. La sua pittura è strettamente legata a quella veneta: in particolare risente molto direttamente della lezione del Veronese e del Tintoretto. L’opera in esame è un raffinato esempio dello stile di questo singolare artista della sua piena maturità: le suggestioni dei giardini delle ville venete, animati da banchetti e concerti, si uniscono ai suggerimenti della pittura fiamminga, che porta all’aperto i passatempi dell’alta società. Grazie alla grafica circolavano in Italia stampe di dipinti come Paesaggio con castello di Hans Bol o ancora la Primavera di Lucas Valckenborch, che portavano sulla scena di una paesaggio innovatore gli spassi all’aperto dell’alta società delle Fiandre. È proprio dalla fusione di esperienze venete e suggerimenti fiamminghi che nasce la poetica delle opere più significative del Pozzoserrato, In un paesaggio nuvoloso tardo pomeridiano, che sembra presagire pioggia, si svolge una colazione al di sotto di un pergolato, che si nota in secondo piano. Al tavolo siedono anche dei musici. Nel primo piano invece, un tavolo con una tovaglia bianca con bordi rosso corallo e argento, riccamente adornato di frutta, pesche, fichi, ciliegie, melone, realizzata con maestria nella sua luminosità cromatica. Il cuoco porge nelle mani di un servitore un bel piatto di ciliegie, che sta per essere portato a tavola. In primo piano un davanzale di raffinati fiaschi dorati, che risaltano sul lino della tovaglia, oltre ad un piatto ed una brocca neri con profili in oro che si accostano ad un melograno maturo, un limone e una noce. Un giovane servitore scende le scale volgendo lo sguardo verso l’osservatore, coinvolgendolo nella scena di banchetto.. La composizione ricorda i dipinti del Tintoretto e del veronese anche se in modo più formale, mentre le figure ricordano quelle di Leandro Bassano. L’opera è databile alla piena maturità dell’artista e ne sono note diverse versioni, tutte con delle varianti: i personaggi sono molto simili, ma cambia la frutta posta sul tavolo e l’architettura delle ville. Nel dipinto passato in asta da Sotheby’s il 27 aprile 1960, n. 94, sulla destra della scena si ritrova una fontana al posto della villa, mentre la costruzione sulla sinistra è più maestosa, in un’altra versione, invece, passata in asta a Berlino alla vendita Van Diemen, 26-27 aprile 1935, n. 7, si intravede dietro la scalinata un secondo giovane servitore, e mancano sulla destra i due personaggi presenti nel dipinto in esame. Di un’altra versione conservata a Monaco di Baviera in collezione privata, dove il cielo presagisce un temporale, esisteva un disegno preparatorio al Gabinetto di Disegni di Berlino, poi andato perduto in un incendio . È stato ipotizzato che queste tele di conviti all’aperto potessero essere un’allegoria dell’autunno, vista la copiosità della frutta presente sul tavolo, elemento che da sempre esprime tale stagione, così come anche il cielo nuvoloso. Provenienza: Collezione privata svedese Bibliografia comparativa L. Menegazzi, Il Pozzoserrato, Venezia 1958, pp. 25-27; S. Mason Rinaldi, D. Luciani Toeput a Treviso, Ludovico Pozzoserrato, Lodewijk Toeput, pittore neerlandese nella civiltà veneta del tardo Cinquecento in Atti del seminario, Treviso, 6 - 7 novembre 1987, Asolo 1988, pp. 71-77.
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Lotto 64 POLI GHERARDO (1674 - 1739) Capricci architettonici con personaggi. Olio su tela. Cm 111,00 x 56,20. I due dipinti qui presentati sono due interessanti esempi della specializzazione di Gherardo Poli nella veduta immaginaria popolata di figure vivaci ispirate dalle incisioni di Jacques Callot e Stefano della Bella. Sebbene originario di Pisa fu attivo per tutta la sua carriera a Firenze, coinvolgendo un collezionismo sia cittadino sia straniero. I suoi dipinti di paesaggio sono caratterizzati da architetture fantastiche, sulla falsa riga del ruinismo di Panini e dal vedutismo di Marco e Sebastiano Ricci. bibliografia comparativa F. Canepa, Gherardo e Giuseppe Poli: la pittura di capriccio nella Toscana di primo Settecento, Ospedaletto 2002.
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Lotto 65 GATTI GERVASIO (1550 - 1630) Giocatori di carte. Olio su tela. Cm 120,00 x 90,50. Nacque intorno al 1549-50 quasi certamente a Cremona, dove da tempo risiedeva la sua famiglia. Il padre, Giovan Pietro, era fratello del pittore Bernardino dal quale il Gatti ereditò il soprannome di Sojaro. Presso lo zio condusse il proprio apprendistato, documentato a partire dai lavori per la cupola di S. Maria della Steccata a Parma dove Bernardino fu attivo dal 1560 al 1572. Il Gatti si formò dunque a diretto contatto con le opere dei maestri parmensi, filtrando la lezione che lo zio aveva assimilato dalla "maniera" romano-padana. Con poche eccezioni, l’artista lavorò sempre a Cremona, dove realizzò anche la sua prima opera documentata. Il S. Sebastiano con un fanciullo devoto fu infatti eseguito per ornare un altare laterale della chiesa di S. Agata. In quest’opera emerge una sensibilità verso stilemi veneti che fu propria anche di altri artisti cremonesi, tra cui soprattutto Antonio Campi, come testimonia il suo S. Sebastiano del 1575, oggi nelle raccolte del Castello Sforzesco di Milano. Il Gatti subì ancora l'influenza di Dosso nell'Annunciazione (Cremona, Museo civico) firmata nel 1580 per l'altare maggiore della chiesa di S. Maria in Betlem, parrocchia nella quale mantenne sempre la propria residenza. Questa pala rivela altre componenti che il pittore aveva potuto assorbire nella sua città: modi pordenoniani si uniscono infatti ad ascendenze mantovane mediate dalle esperienze dello zio Bernardino, e sembrano accogliere suggerimenti dal moderno linguaggio di Antonio Campi. Si ringrazia MarcoTanzi per aver confermato per iscritto l'autenticità dell'opera.
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Lotto 66 SIMONINI FRANCESCO (1686 - 1753) Dopo la battaglia. Olio su tela. Cm 222,80 x 125,00.
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Lotto 67 MANIFATTURA FRANCESE DEL XVIII SECOLO Quattro poltrone sagomate del periodo luigi XV, 1780 ca. legno. . con tapezzeria piccolo punto.
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Lotto 68 MANIFATTURA LOMBARDA DEL XVIII SECOLO Coppia di comodini lastronati e intarsiati a motivi floreali. legno. Cm 34,00 x 73,00 x 53,00. Restauri e difetti
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Lotto 69 MANIFATTURA TEDESCA DEL XVIII SECOLO Casettone a ribalta finemente lastronato a motivi geometrici, a quattro cassetti. Lastronato in legno di noce. Cm 105,00 x 97,00 x 55,00.
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Lotto 70 MANIFATTURA FRANCESE DEL XVIII SECOLO Ribalta lastronata e intarsia a motivi floreali con legni pregiati, con maniglie in bronzo dorato. Lastronato in legno di noce. Cm 93,00 x 101,00 x 50,00. a due cassetti più uno.
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Lotto 71 MANIFATTURA LOMBARDA DEL XVII SECOLO Cassettone a quattro cassetti in noce intagliato. Lastronato in legno di noce. Cm 143,00 x 102,00 x 67,00. Difetti.
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Lotto 72 MANIFATTURA OLANDESE DEL XVIII SECOLO Trumeau. Lastronato in legno di noce. Cm 240,00 x 118,00 x 65,00. finemente lastronato e intarsiato a due ante sagomate e tre cassetti bombé decorati a motivi animali e floreali con gambe terminanti a zampa di leone. restauri.
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Lotto 73 MANIFATTURA FRANCESE DEL XIX SECOLO Elegante scrivania in stile luigi XV, finemente lastronata, decorazioni in bronzo dorato. 1880 ca. Lastronato in legno di noce. Cm 167,00 x 77,00 x 92,00.
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Lotto 74 MANIFATTURA VENEZIANA DEL XVIII SECOLO Coppia di lanterne ad asta in legno intagliato e dorato. in legno dorato,. Cm 240,00.