ASTA 50: LIBRI, AUTOGRAFI E MANOSCRITTI
-
Lotto 25 Medici (detto il Magnifico) Lorenzo, Lettera firmata Laurentius de Medicis inviata a Ferrara a Luigia Strozzi. Datata 3 gennaio 1482, Firenze.
Manoscritto a inchiostro bruno. Testo e firma di mano di segretario. 1 carta, scritta 1 pagina (sette righe di testo). Al verso, nome del destinatario - Prudentissima affini / mea Dne Loise q. / [...] Francisci de Strozo / Ferrarie - e traccia di sigillo in ceralacca. Carta con filigrana. Piegatura della carta (a motivo della chiusura della lettera). Alcuni brevi strappi e minime lacune da ossidazione dell'inchiostro. Dimensioni: 210x155 mm. (1)Lettera scritta a ridosso dell'inizio della Guerra del sale (o guerra di Ferrara). Accorata risposta ad una richiesta di aiuto ricevuta da Luigia Strozzi: Prudentissima affinis mea etc. Io ricevetti adì passati una vostra lettera alla quale respondendo: prima mi dolgo delle vostre adversità non altrimenti ché se fussino di me proprio [...] perché così merita la coniunctione del parentado et l'amore che vi porto [...]. Lorenzo assicura tutto il suo aiuto: Ho facto quanto mi scrivete, che è una lettera a cotesto ill.mo signore pregando opportunamente quanto richieggono e i bisogni vostri et anchora l'asperità de' tempi [...]. Io p(er) quanto se aspecta ad me se posso fare per voi altro datene adviso che lo farò volentieri. Florentie die III Januarij 1482 Laurentius de Medicis. Questa lettera, nella metà del XIX secolo, era di proprietà personale del Mons. Giuseppe Antonelli, bibliotecario emerito e direttore del Museo di Ferrara. Per sua concessione venne pubblicata in Lettere di Lorenzo de Medici detto il Magnifico conservate nell'Archivio Palatino di Modena [...] a cura di Antonio Cappelli (Modena, Vincenzi 1863, p. 91). Il documento rimase anche in seguito in mani private, e non entrò a fare parte delle carte dell'Archivio Palatino di Modena. -
Lotto 26 Mussolini Edda, 3 lettere autografe inviate al giovane amico Marino Viarana. Anni 1928/29.
Manoscritti a inchiostro bruno su carte colorate e intestate EM della giovane figlia del Duce. 14 pagine scritte in totale. 2 buste conservate. Sono conservate le trascrizioni delle lettere. Dimensioni 190x290 mm ca. SI AGGIUNGONO: Id. 3 fotografie in b/n e sepia che ritraggono Edda (sempre elegante) a cavallo, in nave e accanto ad un edificio riccamente arabescato. Dimensioni 170x225 e 220x290. (6)I DOCUMENTO: Lettere d'amore e di amicizia scritte dalla giovanissima Edda, nelle quali la ragazza svela il suo temperamento libero e ribelle, ma al contempo intelligente e maturo. Flirtare con un giovanotto e parlare in modo scanzonato negli anni '20 era - per la figlia del Duce - un pericoloso azzardo. Lei lo sa bene e scrive: la collera di papà, verso chi manca, è terribile, e si preoccupa per i suoi amici. Del destinatario delle lettere, Marino Viarana, si hanno poche notizie: nacque a Biandronno (VA), divenne ufficiale, visse a Milano. Era un bel ragazzo di dieci anni più grande di Edda. Lei, pur giovanissima, si rivela scrittrice spiritosa e autoironica, oltre che instancabile viaggiatrice. Sprezzante è il suo pensiero sul probabile imminente matrimonio (combinato dal padre) con Ciano. Marino caro, [...] Da stamane alle sei vien giù un terribile diluvio con accompagnamento di tuoni, lampi e relativi simpatici fulmini [...] per farmi coraggio ho attaccato il grammofono (speranzosa di non sentire i tuoni) e ti scrivo (così non vedo i lampi). Uff. Marino, ci vorresti tu per farmi dimenticare la paura, ma tu sempre intelligente sei ad appena 600 chilometri di distanza [...] l'altra sera non feci in tempo a salutarti decentemente [...] pensa che il treno è partito in ritardo per colpa mia, scusa [...] quando il treno si è mosso [...] ho pianto senza un perché preciso, ero oppressa e molto triste. In qualche momento io sono di una scemenza incredibile. E tra le lacrime e la pioggia credevo di essere diventata un mascherone, invece [...] ero normale, bisogna proprio dire che i prodotti che uso per la mia toeletta sono della migliore marca. Stasera vado a teatro. Metterò l'abito nuovo, indossandolo mi darà l'impressione della stretta forte delle tue braccia. Il ragionamento è pedestre ma sento così. Giovedì partirò da Roma, mi fermerò un poco a Napoli e a Siracusa e dopo farò il giro del mediterraneo orientale. Tripoli, Egitto, Palestina, Rodi, Turchia, Grecia, Italia. Come gita non è malvagia. [...] La tua bimba ti ricorda tanto e ti promette di non flirtare e come suggello a questa promessa ti bacia sulla bocca. P.S/N.B. Però i baci a distanza non sanno proprio di niente [...] (31 gennaio 1928). Marino caro, grazie per il tuo romanzo [...] scommetto che ti stai innamorando di un'altra donna? Per me fai pure: sai che io non bado a simili piccolezze. Mi hai voluto bene per tre anni; è giusto che ora ti prenda un po' di vacanza. Scherzo; stamani sono un po' scemerella. Effetto della primavera e dei nervi [...] Niente paura per il coso del tennis; amicizia – nient'altro – pare logico che proprio ora mi prenda la briga di un nuovo flirt? Non bisogna mai esagerare [...] Poi, riferendosi a un biglietto di presentazione ad un podestà per la sorella di Marino, scrive: Bene, mio padre mi ha detto chiaro e tondo – dille che smetta di andare in giro con quel biglietto, altrimenti glielo faccio dire dai carabinieri. Dunque attenzione. La collera di papà, verso chi manca è terribile. Ti prego per il tuo, per il nostro bene, di stracciare quel biglietto [...] Se da quella traccia si scoprisse il resto, chissà che pandemonio succederebbe [...] E soprattutto silenzio. Parla e confidati solo con Donna Pia. Ho paura, tanta paura; dall'anno scorso io temo sempre per i miei amici [...] di mie foto puoi tenerne qualcuna, di quelle meno appariscenti [...] Edda tua [...] (s.d.) Marino caro [...] Stamani svegliandomi ero molto accasciata, ma poi guardandomi allo specchio l'accasciamento è passato. Sono molto bella oggi; quel che vuol dire la vanità femminile. Mio padre tornerà stasera con le ultime novità sul Sole dell'Avvenire. È sempre quello invernale, ma ormai è primaverile e poi sarà anche estivo; ci credi? La storia mi ha talmente annoiata che non riesco nemmeno più a prenderla sul serio, me ne infischio tranquillamente di tutto e di tutti: Facciano o non facciano, mi sposino o non mi sposino; per me è tutto uguale. A te non importa niente della capra, a me non importa niente del caprone. Questo dico senza mancare di rispetto a nessuno [...] Quell'affare del tennis (come dici tu) mi ha scritto una lettera molto carina; non è stupido il ragazzo [...] La mia risposta è stata piuttosto insultante, ironica e cattivuccia; una di quelle lettere che fanno venir voglia di prendere a schiaffi chi l'ha scritta. Tu sai che in quel genere sono insuperabile: Ti ho detto questo (mentre avrei potuto benissimo tacertelo) perché voglio che tu sappia sempre tutto di me [...] E tu che fai di bello a Milano? Ti prego di non combinarmi brutti scherzi [...] di non frequentare cattive compagnie e locali non per bene. [...] Tu una sera mi dicesti che io non avevo nessuna ragione di essere gelosa o pensare male di te; eppure quante volte a sentir gli alti, avrei dovuto esserlo [...] Marino caro, mi è venuto un minuto di barborino tremendo, passerà. Scrivimi e sii buono. Ti bacio e ti voglio bene. Edda tua (3 maggio 1929) -
Lotto 27 Mussolini Edda, 3 lettere autografe inviate al giovane amico Marino Viarana. Anni 1928/29.
Manoscritti a inchiostro bruno su carte colorate. 12 pagine scritte in totale. Buste conservate. Sono conservate le trascrizioni delle lettere. Dimensioni 190x290 mm ca. SI AGGIUNGONO: Id. 3 fotografie in b/n che ritraggono Edda vestita in spiaggia (con dedica autografa a Marino Viarana), in costume da bagno e, sempre in costume, su una piramide di giovanotti, tra i quali spicca Marino, abbracciato a lei. Dimensioni 180x235 mm. (6)I DOCUMENTO: In queste lettere la giovanissima Edda parla dei suoi viaggi, del suo amore per Marino Viarana e della disperazione di non poterlo sposare, per non deludere il Duce, che, dice: ne avrebbe grande dolore e questo non voglio. Tra i due è meglio che soffra io. Scrive di Riccione, dei suoi viaggi e delle sua tristezza. Caro Marino, questa è la mia ultima lettera ... amorosa. Ho deciso di troncare. È inutile illuderci. Io non potrò mai essere la tua compagna, dietro mio padre, c'è un'intera nazione che aspetta e pretende. Se io facessi un matrimonio d'amore non sarei scusata da nessuno [...] Ma vedi questo a me non importerebbe nulla, io me ne infischio del giudizio degli altri, mi sento così superiore alla loro intelligenza borghese e mediocre. Mio padre però ne avrebbe grande dolore e questo non voglio. Tra i due è meglio che soffra io [...] Io ti voglio bene ma non posso, non voglio sposarti [...] Sono sempre stata sola ed ho anche molto sofferto, se ora sono così, con un corpo giovanissimo e con un'anima decrepita e scettica non è tutta colpa mia. I miei non si sono preoccupati che dei miei bisogni materiali [...] Eppure ci vogliamo bene ma non mi hanno mai capito mentre io li conosco a meraviglia. Chissà quante volte, Marino ti penserò, ti chiamerò, mi verrà la tentazione di scriverti, di gridarti il mio amore [...] Parto domani ed andrò a Tripoli ed a Bengasi, il mio grande viaggio è tramontato per colpa del Sangue [...] farò la vita del deserto sola, ostinatamente sola anche se avrò intorno 50 persona. E penserò al mio Marino. Mio amore, la tua piccola bimba ti saluta e ti bacia disperatamente [...] (3 novembre 1928). Marino caro, ecco che la tua piccola viene a darti un po' di gioia con la prima delle tanto sospirate lettere. E pensare che m'ero fermamente proposta di non scriverti. Ho resistito tutt'ieri, già ero sicura della vittoria invece... Mio Dio non credevo di essere così debole nelle mie risoluzioni; la mia famosa forza di volontà se c'era prima ora sta scomparendo, anzi è già scomparsa sprofondata inabissata chi sa mai dove [...] Povero caro Marino che ora mi vuoi troppo bene, che non puoi pensare di perdermi, che per me vuoi lavorare, che per me rimetti a nuovo la tua bella anima di fanciullo, pensa piuttosto che il tuo amore non durerà eternamente, che un bel momento ti sarò indifferente [...] Donna pia die la mesta historia la prende con disinvolta filosofia. Ma non è proprio di parere favorevole; ha tanta fiducia in te; ci lascia fare all'amore perché sa che tu hai la testa a posto (e il vestito nuovo?), e che io sono molto piccola. Dice che un'unione fra noi non è possibile per tante questioni e anche perché tu non sei abbastanza ricco per me [...] Il comico è che con aria saputa mi dice: ed è proprio per questo che lei è così incerta ed oscillante. Disgraziata, non sa che, se io mi accorgerò di amarti, me ne infischierò delle ricchezze del mondo intero, quando c'è l'amore il resto cosa conta? Marino, mio amore ti bacia tanto la tua piccola bimba. Scrivimi (subito e presto). Villa Torlonia [...] (7 novembre 1928). Caro Marino, eccomi di ritorno, stanca (ma ormai riposata) e abbastanza felice. Mi ero talmente abituata a viaggiare che avrei continuato all'infinito senza alcun rimpianto e senza alcun desiderio di rivedere la Sacra Patria e le domestiche mura. Meno male che a Pasqua taglio di nuovo il cordame e me ne vado in Spagna. Ho avuto un grandissimo successo fra inglesi e indiani, la mia vanità femminile è soddisfatta. Il mio inizio dell'anno nuovo è stato molto meno allegro del tuo. Non ero sul "Tevere". Ritornavo dalla mia visita alla Maha-Rani di Scevancore. Ero in treno, dormivo [...] Ad ogni modo ti ho ricordato molte volte specialmente con gli uomini che mi facevano la corte ero obbligata a dire dei motti di spirito [...] Mentre facevo così l'idiota, qualche volta, ridevo di me e guardavo con un senso di pietà quel tipo che mi ascoltava e mi faceva gli occhi triglia, e rimpiangevo, ah sì, rimpiangevo le nostre le nostre gite in auto e i nostri balletti. Proprio vero che l'umanità mascolina, quell'aristocratica, in specie, è molto in decadenza [...] mercoledì mattina sarò a Milano, forse poi ripartirò per Cortina. Come trottola vivente, non c'è davvero male. Arrivederci mio bravo ragazzo, divertiti anche per me, nel folle Carnevale. Vivi felice e non pensarci. Tante belle cose. Edda (5 novembre 1929?) -
Lotto 28 Mussolini Edda, 4 lettere autografe inviate al giovane amico Marino Viarana. Anni 1928/29.
Manoscritti a inchiostro bruno su carte colorate e intestate EM della giovane figlia del Duce. 14 pagine scritte in totale. 2 buste conservate. Sono conservate le trascrizioni delle lettere. Dimensioni 190x290 mm ca. SI AGGIUNGE: Id. Una raccolta di fotografie in b/n (68 di piccolo formato, alcune firmate, una con dedica a Marino, su passepartout; 2 di formato grande (200x150 mm ca.); 13 di formato medio Ritraggono Edda in varie situazioni: con amici, in spiaggia, in nave, sugli sci, in viaggio ecc. Spesso nelle foto è presente Marino (quella con dedica ritrae lui con Edda in pattino nell'agosto 1926). Conservati fogli originali di album di raccolta foto e una busta autografa a Marino Viarana con timbro settembre 1927. (87)I DOCUMENTO: Edda parla scherzosamente con il suo innamorato Marino Viadana della sua serena impudicizia e del pudore nelle donne, ma accenna anche alla politica, ai grandi avvenimenti romani non piacevoli, riferendosi al sol dell'avvenire, simbolo socialista. Acuta osservatrice, Edda si annoia a Villa Torlonia e trova da ridire sui frequentatori di Riccione, in particolare sui tedeschi brutti e in abbigliamento da selva. I doveri e gli impegni le pesano ma lei si adatta per rispetto verso suo padre. Studia le lingue e viaggia in continuazione: i suoi resoconti di viaggio sono sarcastici e spiritosi. Marino caro, sono sola, proprio sola in casa. Papà è partito stamani per Forlì, Cesira è fuori per me. L'altro giorno un professore mi ha visitata e mi ha scoperto la colite con complicazioni all'appendice. [...] Mi seccherebbe fare un'operazione, non solo perché farsi tagliare non dev'essere simpatico, ma anche perché la cicatrice deturperebbe il mio ventre perfetto. Speriamo in Dio [...] Ti raccomando anche quelli che dicono che per i medici visitare una donna o una capra (chissà mai perché fra tante bestie ho scelto proprio la capra?) è la stessa cosa. Mi fanno ridere; anche se è solo per guardarti la lingua ti fanno spogliare, il più bello è che Cesira, vedendo la mia serena impudicizia mi ha buttato una vestaglia sulle gambe [...] Sono scoppiata in una clamorosa risata che li ha fatti rimanere un po' di palta tutti e due. Guarda un po' dove consiste il pudore nelle donne! Una vestaglia sulle gambe .... o un po' più in su e tutto il resto nudo, la gente è comica. Cosa ne dici? [...] Si preparano nel cielo romano grandi avvenimenti e non piacevoli. Pare certo che quel famoso sole dell'avvenire (che speravo fosse come l'altro) si sia invece deciso a spuntare [...] Marino caro, attendiamo gli eventi con calma. Ti bacio molto. Greta tua. Scrivimi subito, subito, subito e molto [...] (data non leggibile). Marino caro, grazie per la lettera; ti confesso che mi ha un poco stupita perché so che non sei un entusiasta della corrispondenza. Che noia! In questa benedetta villa non si sa proprio che fare, quali scherzi inventare per non liquefare di noia. La campagna che bella cosa; purché ci si passi veloci in treno o in auto o la si sorvoli con un potente apparecchio! Ieri andai a Riccione, c'è abbastanza gente; alcuni terribili bolognesi, donne dipinte come muri, quel rudero della Contessa Giustini (??) e una quantità di tedeschi brutti e in abbigliamento da selva [...] non essere più "Otello " di quel che meriti la questione: non bisogna mai esagerare e si deve ragionare; ma dimenticavo che un uomo innamorato ha naturalmente perduto la testa e di conseguenza anche il cervello [...] tante cose belle e care, Edda (s.d.). Marino caro, sono ancora molto accasciata per il brutto incidente che ti è arrivato. Sento la tua mancanza; ero tanto abituata a vederti, a parlarti che non riesco proprio a pensare che tu non verrai più qui, almeno fin che ci sarò io. Ad ogni modo, non si è chiaccherato sulla tua improvvisa partenza e probabilmente non avrai noie nemmeno a Milano [...] il giudizio degli altri mi interessa pochissimo. Marino caro, scrivimi e sii buono, continua, ti prego ad essere come quest'inverno. Sono state le cattive compagnie che hanno rovinato il tuo nome. Io ti aiuterò in tutti i modi. Salutami i tuoi, tante cose affettuose a te. Edda M. (s.d.). Caro Marino, ho digerito fino a pochi minuti fa una conferenza sull'India, ora per rifarmi ho bisogno di scriverti. Evidentemente sono troppo selvaggia per poter sopportare discorsi, conferenze e simili storie. Tra l'altro non ha detto nulla di speciale e per di più storpiando le parole, vezzo particolare degli abitanti di chillu paese. Che zuppa! Sono partita per questo viaggio con una indifferenza degna di me, come se avessi dovuto andare da Milano a Precotto. Andata, fermata e ritorno, due ore [...] non riesco né a entusiasmarmi, né a commuovermi né a far niente di completo. Sono un pallone frenato. Non riesco a capire il fenomeno; dalla mia partenza da Milano mi succede questo e mi secca molto. Ho paura che il mio cervello se ne stia andando in acqua. Bah speriamo bene! La vita di bordo è abbastanza vuota e tediosa. Si vive come ad un grande albergo. Ho incominciato a portare la maschera di società; sorrido spesso, rido qualche volta, fingo di non annoiarmi e soprattutto mai triste [...] Io non posso avere i nervi fuori posto quando 300 persone mi guardano [...] Mi sono scelta alcuni amici innocui, 50 anni e rotti che però sono i più simpatici. Ho i miei ballerini giovani quelli, ma abbastanza idioti. Non ce n'è nemmeno uno che valga la pena di essere guardato. Questo mi secca. Chiodo schiaccia chiodo e un piccolo, superficiale flirt farebbe forse passare la mia passioncella o quello che è [...] Come erano molto più divertenti i nostri balli al suono del grammofono [...] Sto rimbambendo a gran velocità, se continuo così al mio ritorno in Italia, si dovrà ricoverarmi in un pio istituto di deficienti. Bella prospettiva! Dopodomani sbarco a Massaua; speriamo non ci siano ricevimenti e cose affini altrimenti scoppio. Poi altri 10 giorni di navigazione; roba da pazzi. E finalmente, dopo tanti affanni, l'india. Sto perfezionando il mio inglese per non fare troppe brutte figure; passatempo come un altro [...] Tante belle cose. Edda Rispondimi subito presso il Consolato Italiano - Port Said - Egitto (credo) [...] (11 febbraio 1929, spedita da Port Said). -
Lotto 29 Napoléon - Imperatore dei francesi, Brevet d'honneur con firma autografa Bonaparte. Datato Quatre Pluviôse, anno 11 de la République Française (24 gennaio 1803).
Documento pergamenaceo manoscritto e a stampa. Oltre alla firma autografa del Premier Consul Buonaparte, il documento reca in calce anche quelle autografe del ministro della Guerra Louis-Alexandre Berthier e del segretario di Stato Hugues-Bernard Maret. Conservato sigillo cartaceo a secco. Dimensioni 450x340 mm. (1)Il Brevet d'honneur è conferito al luogotenente Le Maire per meriti militari, insieme alla spada d'onore della Repubblica francese. -
Lotto 30 Pea Enrico, Raccolta di 8 libri con dediche e firme autografe. Anni ’40 del XX secolo.
La raccolta comprende: Magometto. Milano: Garzanti 1942 - Vita in Egitto. Milano: Mondadori 1949 - Lisetta. Milano: Mondadori 1946 - Arie bifolchine. Firenze: Vallecchi 1943 - La passione di Cristo. L'anello del parente folle. Brescia: Morcelliana, 1940 - Zitina. Firenze: Vallecchi 1949 - Il forestiero. Firenze: Vallecchi 1943 - Il romanzo di Moscardino. Milano: Garzanti 1944. (8)- -
Lotto 31 Sciascia Leonardo, Testo autografo non firmato, inviato in risposta ad alcune sue domande su Stendhal. 1980
Manoscritto a inchiostro nero. 3 carte scritte al recto con intestazione Camera dei Deputati. Conservata anche la lettera dattiloscritta contenente le domande e la busta intestata, col nome della destinataria autografo di Sciascia. Dimensioni 210x295 mm. (1)Sciascia, profondo conoscitore di Stendhal, (scriverà qualche anno dopo Stendhal e la Sicilia), risponde magistralmente alle otto domande, relative alla psicologia delle passioni di Stendhal. D sull'ipocrisia: R Il problema dell'ipocrisia, del nascondersi, del cifrarsi è in Stendhal molto complesso. Semplificarlo in quella specie di mania di persecuzione che ebbe nei confronti delle polizie e di quelli che oggi diremmo servizi segreti è una limitazione e, in definitiva, un'incomprensione Ma ci sono dei testi critici illuminanti in proposito: e soprattutto quelli di Strobinski (L'occhio vivente [...]). Io ho persino avanzato l'ipotesi che Stendhal si nascondesse alla morte. (Una piccola nota nella Scomparsa di Majorana) [saggio di Sciascia del 1975]. Bisogna tener conto: dell'infanzia passata tra le donne e nel ricordo della madre; dell'amore alla madre; dell'odio alla zia Seraphie, dell'idea della passione (che diventa passione per la terra delle passioni, cioè l'Italia) [...]. D sulla censura dell'impulsività: R Ci sono passi nell'Henri Brulard, che a me pare spieghino tutto – e specialmente quelli che riguardano la madre [...]. D sul ricordo delle passioni: R Non credo solo nel ricordo. Il De l'amour io credo sia venuto fuori da una quotidiana registrazione: qualcosa di simile a quei diagrammi che negli ospedali si attaccano ai letti degli ammalati [...] come se Stendhal si fosse inoculato un virus e ne avesse seguito dentro di sé il decorso. D sulla passione per le donne: R C'è uno Stendhal libertino. Ma è un po' come il bambino che canta perché ha paura del buio [...]. D sull'Italia: R Anche l'Italia può essere considerata immagine della madre. Rispondendo alle ultime tra domande, Sciascia conclude: Per me, lo scrittore che più è da avvicinare a Stendhal è Tolstoi. -
Lotto 32 Vespucci Agostino, Lettera autografa, firmata Agostinus secretarius, inviata a Messer Niccolò Michelozzi in Firenze. Datata 15 ottobre 1515, Calatavit.
Manoscritto a inchiostro bruno. 1 carta scritta al recto (scritte 14 righe in totale). Al verso il nome del destinatario Spectabili viro Messer Nicolo Micholezzi Fiorentie. Il destinatario aggiunge: 1515 Da Ser Agostino Vespucci adi 20 di decembre. Testo italiano e latino. Sigillo in carta conservato. Dimensioni: 223x210 mm. (1)Agostino Vespucci (ca. 1462-1515), cugino del celebre Amerigo, è stato un importante funzionario della Cancelleria fiorentina e assistente di Niccolò Machiavelli. È noto anche per i suoi scritti su Leonardo da Vinci e la Gioconda. Vespucci scrive a Niccolò Michelozzi (ca. 1447-1527), allievo di Marsilio Ficino e amico del Poliziano, fedelissimo segretario di Lorenzo il Magnifico. Nel 1512 Michelozzi succedette a Machiavelli in qualità di Segretario della Cancelleria della Repubblica fiorentina, quando i Medici ripresero il controllo di Firenze. Agostino Vespucci esprime all'amico Michelozzi il desiderio di tornare a Firenze, dopo alcuni anni trascorsi in Spagna. Chiede notizie di Giovanni di Antonio Vespucci (ca.1486-ca.1524), nipote del celebre Amerigo e anch'egli navigatore. Giovanni, nel 1512 ereditò una parte dei beni dello zio Amerigo, tra cui le carte, le mappe e gli strumenti di navigazione. Nello stesso anno, in qualità di nocchiero, partì per le Indie Occidentali sbarcando nella zona dell'attuale Panama, scoprendo nuove terre e portando in Spagna straordinarie quantità d'oro.
Messer Niccolo mio patrone et patre. Degneretevi far dare lanclusa a mia mogliera et a voi mi raccomando mille volte. Harete visto quello scripsi o per littere o uero copie cosi al magnifico et illustrissimo nostro come alli Signori di pratica. Voi siate sul facto et siate siavio et amorevole per non so che mi vi dire altro salvo che horamai io vorrei ritornare et qua non fo nulla che giovi o rilievi un fico et costa non sarei al tutto inutile et lo cose mia non andrebbero in ruina. Doverranno pur horamai terminare di noi qualcosa, et so questo che tantus apparatus aut mole sua ruet aut e piglera immo a questa hora hara preso qualche sexto. [...] Et quando questo sia in tal caso potete fare quanto havete già buon tempo fa promesso et cosi vi prego et ripriego per lamor che portate a dio diretemene una parola per le prime che scriverrete et sia cosa risoluta che maggior gratia non posso ricevere in questo mondo et non crediate di far un minimo dispiacere alambassadore di quanto opererete o scriverrete per me perche lui dice che mi ha piutosto compassione, che altro et anche lui é in questo desiderio di rimpatriare ma non quanto sono io. Raccomandomi iterum a voi et vi prego vi ricordiate di me. Non altro. [...] Una sol parola di Giovanni Vespucci vorrei mi dicessi, ubi scilicet sit et an bene valeat [...]. -
Lotto 33 Vespucci Guidantonio, Lettera autografa firmata Guidantonius Vespucci Creator inviata a Francesco Gaddi. Datata 5 luglio 1479, Parigi.
Manoscritto a inchiostro bruno. 1 carta scritta al recto (scritte 12 righe in totale). Al verso: Domino Francisco Gaddo apud Cristianissinum Regem Francorum. Testo in italiano e latino. Piccole mancanze di carta con perdita di testo. Tracce di sigillo. Dimensioni: 134x212 mm. (1)Guidantonio Vespucci (1436-1501) figlio di Giovanni, fu giureconsulto famoso e uomo di ingegno e destrezza singolare, come scrisse Guicciardini. Fidatissimo di Lorenzo il Magnifico, divenne suo ambasciatore a Roma presso Papa Sisto IV e a Parigi presso Luigi XI.
Vespucci scrive a Francesco Gaddi (1441-1504), sovrintendente della Cancelleria dei Dieci di Firenze e uomo di fiducia di Lorenzo, che nel 1478 lo nominò oratore presso il Re di Francia. Nella lettera viene citato Baccio Ugolini (?-1494), accademico ficiniano, fiduciario di Lorenzo il Magnifico, per il quale fu ambasciatore in Francia, inviato a Basilea, rappresentante presso gli Aragonesi di Napoli. Poco prima della morte divenne vescovo di Gaeta. In questa lettera compare anche il nome di Monsignor di Argenton (Philippe de Commynes, 1445-1511), francese, storico e instancabile diplomatico che dal 1472 fu al servizio di re Luigi XI, impegnato in delicate missioni in Francia e in Italia. La lettera riguarda i rapporti tra Lorenzo de' Medici e il re di Francia, Luigi XI. Il periodo è quello della guerra tra papa Sisto IV e Firenze (Luigi XI operò in favore di Lorenzo). A causa della vendetta di quest'ultimo dopo la Congiura de' Pazzi (del 1478), Lorenzo aveva fatto uccidere, insieme ai membri della famiglia Pazzi, anche alcuni religiosi ritenuti loro complici; il Papa, non estraneo alla congiura, aveva allora dichiarato guerra a Firenze e scomunicato Lorenzo con tutti i notabili fiorentini. Alla data di questa lettera la guerra era ancora in corso.
Havendo messo fidato: vi mando le lettere orriginali: havute da lionetto sopra la commissione del Bacco (=Baccio) Ugholini. Stamani di nuovo ne ò parlato con Monsignor di Argenton, il quale in effecto mi rispuose non gli parare cosa da doversene travagliare. Et che lui non ne parlerebbe per chosa nessuna alla Maestà dal Re. Io ho scripto a Lorenzo tutto et dectogli mio parere et che da lui aspectero risposta quello gli pare da seguire in simil chosa. Quamvis habiamo facto ogni forza con Mons. di Argenton consenta vegnano dalla Maestà del Re niente dimeno a lui non é paruto per nulla dobiamo venire et piu tosto habiamo voluto errare per suo consiglio, che fare altrimenti per nostro parere ... Io ho scripto a Firenze pel cavalchatore di Milano. Il quale stimo sara piu presto a Lione che lo apportatore. Vale. [...]. -
Lotto 34 Vespucci Guidantonio, Lettera autografa firmata Guidantonius Vespucci orato, inviata a Francesco Gaddi presso il Re di Francia. Datata 11 marzo 1480, Roma.
Manoscritto a inchiostro bruno. 1 carta scritta al recto (scritte 28 righe in totale). Al verso: Magnifico Francisco de Gaddis oratori florentino apud regem francorum. Testo in italiano e latino. Sigillo in carta conservato. Dimensioni: 284x214 mm. (1)Guidantonio di Giovanni Vespucci (1436-1501) fu giureconsulto famoso e uomo di ingegno e destrezza singolare, come scrisse Guicciardini. Fidatissimo di Lorenzo il Magnifico, fu suo ambasciatore a Roma presso Papa Sisto IV e a Parigi presso Luigi XI. Vespucci scrive a Francesco Gaddi (1441-1504), sovrintendente della Cancelleria dei Dieci di Firenze e uomo di fiducia di Lorenzo, che nel 1478 lo nominò oratore presso il Re di Francia. Nella lettera è nominato il Bassa, Gedik Ahmet Pascià, comandante dell'esercito e della flotta di Maometto II che gravitava su Vellona [Valona], Antonio Calderini (1445-ca.1494), cancelliere fiorentino, all'epoca inviato di Lorenzo de' Medici presso re Luigi XI, e Monsignor di Argenton (Philippe de Commynes, 1445-1511), francese, storico e instancabile diplomatico che dal 1472 fu al servizio di re Luigi XI, impegnato in delicate missioni in Francia e in Italia. Argomento di questa lettera è la prima guerra dichiarata da Sisto IV, con l'aiuto di Napoli, agli Ottomani. L'esito venne celebrato dagli attaccanti come una vittoria, ma i Turchi, in realtà, non furono sconfitti. In questa importantissima lettera, Vespucci dapprima mette in guardia Gaddi dalle molte favole che circolavano sulla sconfitta dei Turchi da parte della flotta di Re Ferrando (Ferdinando I di Napoli): rotta data [sconfitta] perlarmata del Re Ferrando a Turchi [...] ma sol furon presi dodici paladree et tre fuste [...]. Poi Vespucci, che nel marzo 1480 (data di questa lettera) si trova a Roma, avverte Gaddi del pericolo di un attacco della flotta ottomana in Puglia e a Rodi. Informa anche del fatto che Re Ferrando era ito a campa presso Otranto. Pertanto, l'allarme per un possibile attacco della flotta ottomana circolava in Italia e in Francia già mesi prima dello sbarco turco in Puglia (il terribile sacco di Otranto del luglio 1480) e dell'assedio di Rodi. Nella lettera si accenna anche alla scontentezza dei senesi (malissimi contenti).
Caro Messer Francesco. Io credo che voi habbiate inteso la rotta data perlarmata del Re Ferrando a Turchi et perche se decto molte favole vi aviso chel vero è questo secondo dal nostro oratore che sta apresso alla Maesta del Re Ferrando sono avisato. Il Bassa non e preso, ma sol furon presi dodici paladree et tre fuste et morto circa a 800 turchi 200 ne furon presi et scampati circa 150 prigioni christiani chel Bassa sene menava. Ridussesi il Bassa alla Vellona con 8 galee che piu non ne havea et con il resto delle vele che intra tutte et le prese et le altre che li rimasono erano trentadue. Gli Magnifici oratori franzesi entrarono adi 8 del presente honorati secondo il costume, hieri hebbono la prima udienza del Papa nella qua le presentoron solo le lettere credentiali et ferono le salutationi usitate et differorono exporre la credenza a un altro di. Sono stato con loro et narratoli lo stato delle cose nostre et quello intorno accio habbino affare. Il Re Ferrando piu volte a richiesto il papa gli dia per terra uno subsidio di tremila fanti, non la voluto fare et dice bastarli il subsidio per mare. El Re ferrando secondo ha decto al nostro ambasciadore che la doverebbe fra 15 di esser ito a campa a Otranto che selo fara ne potrebbe havere honore innanzi che si rinnovi genti. Per le nuove che si sente per la via di Constantinopoli il turco sapparecchia in questanno a far due potentissimi exerciti, uno per la Puglia et laltro per Rodi, Dio non lasci exseguirli esuoi desideri. Io credo pure che il Re restituirà leterre che tiene, laltre rimarranno in pendente di che e Sanesi sono malissimi contenti et hanno facto ogni instanzia apresso al papa per impedire questa restituitone, ma poco e giovato loro. Credo questa restitutione sara cagione di far fare qualche novità in Siena et questo non vi di' sine aliquali fundamento. Nec alia se non che saluti el mio Ser Antonio Calderini et raccomandami per mille volte al mio Monsignor d'Argenton [...]. -
Lotto 35 Vespucci Guidantonio, Lettera autografa firmata Guidantonius Vespucci orator florentinus, inviata a Pierfrancesco Gaddi presso il Re di Francia. Datata Roma 19 marzo 1480.
Manoscritto a inchiostro bruno. 1 bifolio, scritte 3 pagine (scritte 70 righe in totale). Testo italiano e latino. Al verso della seconda carta il nome del destinatario: Magnifico Francisco de Gaddis oratori fiorentino Dignissimo Apud Regem Francorum. Sigillo in carta conservato. Dimensioni: 300x220 mm. (1)Guidantonio di Giovanni Vespucci (1436-1501) fu giureconsulto famoso e uomo di ingegno e destrezza singolare, come scrisse Guicciardini. Fidatissimo di Lorenzo il Magnifico, fu suo ambasciatore a Roma presso Papa Sisto IV e a Parigi presso Luigi XI. Vespucci scrive a Francesco Gaddi (1441-1504), sovrintendente della Cancelleria dei Dieci di Firenze e uomo di fiducia di Lorenzo, che nel 1478 lo nominò oratore presso il Re di Francia. Argomento di questa lunga e importantissima lettera è il costo della pace tra la Chiesa e Firenze (a seguito della guerra di papa Sisto IV contro la città, provocata dalla reazione dei Medici alla Congiura de' Pazzi), e al contempo la revoca della scomunica per Lorenzo il Magnifico ed i maggiorenti fiorentini. L'astutissimo Vespucci informa Gaddi (presso il re Luigi XI di Francia) di essere riuscito a ridurre di molto le richieste del Papa per la concessione della pace e la cancellazione della scomunica, in termini sia di denaro che di galee da utilizzare contra il Turcho (siamo nel periodo della prima guerra turca). Per soddisfare la richiesta economica di Sisto IV senza gravare sulle casse di Firenze, Vespucci ottiene dal Papa stesso, con mossa magistrale, la possibilità di imporre pesanti imposte ai preti toscani; in proposito scrive beffardo: in effecto questi preti cianno scomunicato et interdecti et loro faranno la spesa per ricommunicarci. Nel seguito della lettera, Vespucci accenna alle complicate situazioni degli arcivescovadi di Pisa e di Brescia, alla restituzione di terre, al duca di Calavria (Calabria: Alfonso II di Aragona, che un anno dopo guiderà le truppe di liberazione di Otranto dagli ottomani), ai veneziani che per soldi aiutavano i turchi: Viniziani [...] che portavano a prezo Turchi et altre cose dalla Vellona [Valona] a Otranto, alle liti tra Venezia e il Signor di Favenza [Faenza] ecc. Vespucci inoltre scrive a Gaddi che la scomunica cancellata dal Papa riguardava anche il Re di Francia [Luigi XI], che aveva parteggiato per Firenze: E stato gran fatiche acordare il Papa vogli condescendere a absolvere gli altri che non fussino nostri subditi. Avisandovi che in quelle scomuniche vi era compreso il Re e tutto il mondo (tout le monde, cioè la corte del Re). Vespucci inoltre conferma quanto già si sapeva circa la mancata cattura del bassa (Gedik Ahmet Pascià, comandante dell'esercito e della flotta di Maometto II) e descrive le navi catturate ai turchi: 14 palandree (palandre: grandi imbarcazioni a vela a fondo piatto), 4 fuste (galee sottili di basso pescaggio) e una nave di trecento botte (nave da circa 190 tonnellate di stazza). L'ultima parte della missiva riguarda l'esortazione degli oratori franzesi al Papa affinché favorisca la pacificazione dell'Italia, legandola alla disponibilità di Luigi XI a partecipare alla costosa guerra contro i turchi: fu la loro expositione in exhoratre la Santità di Nostro Signore a pacificare Italia et offeriva la Christianissimo Re volersi collegare con quelli volessino far lampresa contra il turco et spendere 300000 scudi lanno; in aggiunta a questo, gli oratori francesi chiedono al Papa una sorta di pacificazione francese: di obtenere una bolla come quella se facta per Italia che nessun principe oltramontano presuma di far guerra luno allaltro. Vespucci accenna anche ai: Mons. di Roano [Rouen], ai vicecancellieri di Noara, Siena, Malfecta, San Marco, Ulisbona, Milano, al vescovo di Thiano, al mio Mons. d'Argenton et d'Alba e al mio messer Carlo Visconti et a Maestro Antonio Calderini. Molto argute a pungenti, infine, sono due frasi del Vespucci; la prima è sui senesi: e Sanesi stanno in una gelosia maravigliosa de loro fuori usciti et fanno le guardie come se havessino il campo (militare) alluscio; la seconda è un consiglio a Gaddi, perché eviti di fare sciocchezze con l'amante giovane (insulfiore): vi ricordo guardarvi dalla Gianetona perche debba essere insulfiore et farebbivi scioccheggiare, siche vi conforto a tenervi alla Giana, la quale saluterete per mia parte.
Salve mi Gadde. In questa hora se fornito la conclusione et le scripture tutte con la Santità di Nostro Signore e accioche voi habbiate el particulare spunto te ne aviso in breve. Le cose nostre quando veni qua erano ridocti in questi termini che il Papa per la nostra absolutione ci havea imposto che noi concorressimo con 15 galee con Sua Santità nella expeditione contra il turco et oltra a questo ci avea imposto per taxa ventimila ducati. Tutto ho ridocto che per la taxa et per le galee si paghi quindici mila ducati, la meta per tutto marzo laltra meta per tutto maggio et diensili 5 corpi di galee corredati di tutto et rincontro habbiamo da Sua Santità poter riscuotere dal residuo delle imposte de preti semila ducati et acci progato per tre anni la imposta de preti a cinque mila ducati per anno per lo studio di Pisa che è intorno alla spesa si li da: in effecto questi preti cianno scomunicato et interdecti et loro faranno la spesa per ricommunicarci. Circa al facto dello arcivescovado di Pisa se apuntato che monsignor habbi larcivescovado: da altro canto che e governatori stiano tali che la Signoria se ne contenti. De frutti passati consumati non si ragioni che la electione dellarci vescovo vacando in qualunche modo saspecti a canonici di Pisa la prima volta: et tutto è restato dacordo et facto le scripture, excepto che il messo di Nostro Signore che porta le scripture a Firenze ha a concordarsi del tempo con li nostri excellentissimi signori fra quali si debbono dare le galee. La absolutione laquale habbiamo è plenissima et per noi et per tutti quelli che aliquo modo prestiterint auxilium consilium vel favorem, et inter alia ve che ciascuno si possa elegere il confessore che lo absolva et benedisca da tutte le sopradecte censure; et questo si è facto perche è gran disputa di ragione se la absolutione potest conferri in absentem. E stato gran fatiche acordare il Papa vogli condescendere a absolvere gli altri che non fussino nostri subditi. Avisandovi che in quelle scomuniche vi era compreso il Re e tutto il mondo. Avisovene accio che volendovi comunicare questo anno possiate fare il debito vostro. Le terre a questa hora credo ci siano state restituite, cioè quelle che tiene il Re. Laltre rimanghono a giudicare allarbitrio suo, ma ha promisso farcele rendere presto, ma con qualche nostro costo a Sanesi. Al Re si observa e capitoli della pace; circa la provisione si dava al duca di Calavria: circa a subsidii si gli abbino a dar contra a Turchi, si rimette nella discretione et de messi et de Signori fiorentini. Scripsivi per la mia ultima come il Bassa non era preso: ma solo erano state prese 14 palandree et 4 fuste, di poi è stato preso una nave di trecento botte con tre altri navili, e quali navili erano di Viniziani; credo percio persone che portavano a prezo Turchi et altre cose dalla Vellona a Otranto. E Viniziani a questi di havendo lite quelli di Ravenna con li huomini del Castel di Rossi, il quale è del Signor di Favenza, gittarono in terra certe case et ferono un fosso di loro propria auctorita che terminassi decti confini et dicesi volevano havere il decto Castel di Rossi, che è cosa di mala natura et dubitasi non sia a arte per turbare e subsidii savessino a dare al Re ferrando, essene decto al Papa il qual mostro farne poco caso, dicendo che la cosa non andrebbe piu innanzi. La Santità di Nostro Signore a questi di mando un messo a Vinegia a exhortare quella Signoria volessimo dar la possessione dellarcivescovado di Brescia a quel patriarcha che fu confinato; tennono il messo circa un mese, et di poi lo rimandorono sanza risposta, siche potete vede, re come hanno il Papa a loro discretione. Li oratori franzesi circa alle cose regie hebbono audienza prima privata et poi publica; exhoratre la Santità di Nostro Signore a pacificare Italia et offeriva la Christianissimo Re volersi collegare con quelli volessino far lampresa contra il turco et spendere 300000 scudi lanno, et narrorono quel disegno di taxa che il Re altre volte havea decto essendo noi costi, credo il fin loro, hanche non lo dichino, ma solo sia stato proposto dal Reverendissimo Monsignor di Roano, sia di obtenere una bolla come quella se facta per Italia che nessun principe oltramontano presuma di far guerra luno allaltro, et questo credo perche come sapete, possedendo il Re quello possiede, la guerra non fa per lui; fu dato loro 8 uditori Cardinali e quali son questi, e Reverendissimo Mons. di Roano, Vicecancellieri, Noara, Siena, Malfecta, San Marco, Ulisbona, Milano. Circa alle cose nostre dimostrarono la affectione ci portava cotesto Christianissimo Re. Ringratiorono il Pontefice de beneficii facti et circa la absolution delle censure et la restitution delle terre et conforterollo a perseguirci con li suoi favori. A me pare sian molto favoriti da Mons. di Roano, il quale credendo far cosa grata a cotesto christianissimo Re, ci a molto favoriti, si che lo officio vostro mi par che sia fargliele intendre: lo exito delle lor commissioni circa le cose soprascripte lo qual si abbi a essere per ancor non vi so dire. Octo di fa si parti di qui il vescovo di Thiano per essere in Ungheria et allo imperadore per tractar pace tra loro; secondo il parer mio non mi par huomo di condur simil cose. E Sanesi stanno in una gelosia maravigliosa de loro fuori usciti et fanno le guardie come se havessino il campo alluscio. Le genti del Re che erano nelle nostre Castella se ne sono partite: non altro se non che mi raccomandi alla Maestà del Re et captato tempore, lo avisate delle nuove soprascripte o de quella parte che vi pare; et similiter al mio Mons. d'Argenton et d'Alba et al mio messer Carlo Visconti et a Maestro Antonio Calderini; e vi ricordo guardarvi dalla Gianetona perche debba essere insulfiore et farebbivi scioccheggiare, siche vi conforto a tenervi alla Giana, la quale saluterete per mia parte. Nec alia; ex Urbe die XVIIII martii 1480 [...]. -
Lotto 36 Victoria Alexandrina - Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda, Royal Military Appointment con firma autografa della regina Vittoria. Datato 21 febbraio 1852, Buckingham Palace.
Documento a stampa con annotazioni manoscritte a inchiostro nero. Testo inglese. Piegature originali e, al verso, indicazione del destinatario. Sul lato sinistro del documento sono presenti il sigillo reale in carta con lo stemma della regina Vittoria, recante la dicitura Victoria Dei Gratia Britanniarum Reg. F.D. (Fidei Defensor), il timbro con la data di registrazione, e un Embossed Tax Stamp (particolare bollo a secco blu, con piccolo inserto metallico lucido: ricevuta pagamento tasse). Accanto al sigillo, la regina Vittoria ha apposto di suo pugno la firma Victoria R. dove R. è l'iniziale latina di Regina (o Rex) utilizzata dai reali inglesi. Dimensioni: 350x240 mm. (1)Nomina militare reale in favore di Charles Compton Abbott a Lieutenant del 75° Reggimento fanteria. -
Lotto 37 Bonifacius [papa VIII], Privilegio di papa Bonifacio VIII un favore dei Frati Agostiniani. Datato 11 marzo [1295], Laterano.
Manoscritto pergamenaceo a inchiostro bruno. Testo latino. Con 3 signa tabellionum. Alcune minime mancanze alle piegature del foglio, ma nel complesso buona conservazione. Dimensioni: 520x455 mm. (1)Privilegio concesso da Bonifacio VIII ai Frati Agostiniani – fratribus ordinis heremitarum sancti augustini - durante il primo anno di pontificato pontificatus nostri anno primo. Copia notarile dell'epoca Hec est copia cumsdam privilegij indulti a summo pontiffice domino Bonifatio pp VIII cuius tenor tali est [...]. Al piede, i nomi dei tre notai imperiali: Bonus filius Guadagni, Philippus Petri de Fabriano, Bernardo [?]. -
Lotto 38 Foglio pergamenaceo miniato proveniente da Libro d'Ore. XV secolo circa.
Manoscritto pergamenaceo impreziosito da decorazioni miniate. 1 foglio scritto recto e verso (15 righe). Testo in latino. Scrittura gotica francese. Specchio di scrittura (65x95 mm) e rigature in rosso. In totale 9 capilettera e 5 decorazioni lineari di completamento in oro e inchiostri blu e rosso. Ai margini del recto ed al margine sinistro del verso, pregevoli miniature (marginalia) a motivi fitomorfici policromi, con tocchi dorati. Dimensioni: 140x200 mm. (1)Elegante foglio proveniente da un libro d'ore di ambito francese il cui testo riporta gran parte del Salmo biblico n. 40: Beatus, qui intellegit sup(er) egenum et pauperem in die mala liberabit eum Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra, et non tradat eum in animam inimicorum ejus [...]. -
Lotto 39 Libro d'ore all'uso di Roma. XV secolo.
Manoscritto pergamenaceo a inchiostro bruno e rosso compilato con scrittura gotica. Fogli: [1] bianco, [12] Kalendarium, [184], [1] bianco. Testo in latino su una colonna di 12 righe (17 righe per il Kalendarium). Specchio di scrittura: Kalendarium: 75x60 mm. Libro d'ore: 60x50 mm ca. (è visibile la rigatura dei fogli). Nel manoscritto sono presenti: 2 fogli con miniature a piena pagina a motivi fitomorfi (un capolettera presenta una piccola mancanza di oro), 6 capilettera miniati (5 righe di altezza) in campo d'oro e decorazioni, anche a margine, a inchiostro blu, verde, rosa, viola. Il recto di tutti i 12 fogli del Kalendarium è impreziosito da una cornice marginale a morivi vegetali. 12 capilettera "KL" (Kalendas riferiti al giorno) vergati a inchiostro blu con decorazioni in rosso. Il testo, comprese le lettere dominicali, è compilato a inchiostro bruno e rosso. Nel testo del libro d'ore moltissimi piccoli capilettera (1 o 2 righe di altezza) miniati in oro o a inchiostro rosso e blu. Molti fogli con decorazioni a margine a inchiostro blu e rosso. 1 foglio scritto da altra mano (è il foglio che contiene l'inizio della sezione "Septem Psalmen penitentiales"). Alcuni fogli con inchiostro leggermente sbiadito, ma testo perfettamente leggibile. Legatura antica in piena pelle montata su assi di legno con impressioni a secco ai piatti e dorso a comparti. Con alcuni difetti. Fermagli originali mancanti e lecci in stoffa del XIX secolo ca. Alla costola due tasselli in carta. Contropiatti e fogli di guardia in pergamena. Tagli dorati. Dimensioni: 130x100 mm. (1)Libro d'ore rinascimentale destinato alla preghiera e alla devozione privata, pur attingendo gran parte dei suoi testi dall'ufficiatura liturgia (le ore canoniche in cui è divisa la giornata). Il libro d'ore contiene, dopo il Kalendarium, l'Ufficium Beatae Mariae Virginis, Ufficium Defunctorum, Septem Psalmi penitentiales cum litaniis (cui seguono le Litaniae Sanctorum), Officium parvum [Beatae Mariae Virginis] ad matutinum e Incipiunt canticum gradium. -
Lotto 40 Alfonso V d'Aragona, Documento firmato dal vice cancelliere del re e inviato a Giovanni re di Navarra. Datato 1 maggio 1455, Castellonovo Civitatis nostrae Neapolis.
Manoscritto a inchiostro bruno. Testo in latino. 1 carta, scritta 1 pagina. Al verso, la sigla reale e tracce di antico sigillo in ceralacca (con alcune tracce di carta gommata). Documento conservato in cartelletta intestata Librairie ancienne Georges Privat-Paris con nota di acquisto a matita da parte dell'antico proprietario: nov. '68. Dimensioni: 285x250 mm. (1)Il documento è scritto a nome di Alfonso, re di Aragona, Sicilia, Valenza, Sardegna, Corsica ecc. e riguarda un processo di rivendicazione di beni del cavaliere Francisco Brugnes, figlio legittimo di Jolanda de Perellos, a sua volta figlia ed ereditiera di Costanza de Proscita. Il re Alfonso V raccomanda ai giudici che si dovevano occupare del processo di Burgnes - che rivendicava i beni della madre - di svolgere il loro lavoro senza ritardi e con diligenza, pena un'ammenda di 5000 fiorini da versare al fisco reale. -
Lotto 41 Commissio Spectabilis et Generosi Viri Domini / Dominici Mauroceno Camerarii Brixiae. Datato 5 settembre 1467.
Manoscritto pergamenaceo a inchiostro bruno. 4 fogli (5 pagine scritte). Testo in latino. Legatura in pergamena floscia, con spago originale e sigillo in piombo del doge conservato (staccato) Christoforus Mauro dei gratia dux venetiarum etc. Conservato anche in biglietto di mano moderna con nota di provenienza. Dimensioni: 230x155 mm. (1)Istruzioni, o codice di comportamento, del doge Cristoforo Moro (doge dal 1462) a Domenico Morosini, incaricato di recarsi a Brescia in qualità di Camerario della Serenissima. Brescia, dal 1426, era sotto il controllo della Serenissima, e la Repubblica per esercitare il controllo inviò in città due Rettori: il Podestà, con potere politico a nome del Doge e del Senato, e il Capitano di Giustizia, giudice e comandante della Polizia e della guarnigione. Ogni Rettore, recandosi nella sede da gestire, portava con sé la Commissio, o codice di comportamento (ne è un esempio il documento qui presentato), che serviva per normare le varie incombenze. -
Lotto 42 Aragona Ferdinando II, Privilegio su pergamena con intestazione Ferdinandus e firma. Datato 19 ottobre 1480.
Manoscritto pergamenaceo a inchiostro bruno. Testo in latino. Dimensioni: 370x460 mm. SI AGGIUNGE: Documento pergamenaceo firmato con intestazione Francesco II Sforza Mediolani Dux. Datato 7 marzo 1532, Milano. Grande pergamena a inchiostro bruno e firma al piede del foglio. Lacci conservati in seta verde, bianca e dorata. Testo in latino. Dimensioni: 480x630. (2)I DOCUMENTO: Privilegio conferito da Ferdinando, dal 1468 re di Sicilia, Gerusalemme etc., al nobiles viros Oderiusim de Ugno et fratres de Guardia grelis [...]. II DOCUMENTO: Conferma di privilegio in favore della famiglia De Siccis. Francesco II Sforza fu l'ultimo duca di Milano. Con la sua morte senza eredi, nel 1535, si estingueva la dinastia degli Sforza di Milano. L'imperatore Carlo V, per evitare altre pretese, decise di annettere il Ducato di Milano ai suoi domini, passandolo poi al figlio Filippo che divenne re di Spagna. Il ducato passò così in mano spagnola. -
Lotto 43 Supplica per indulgenza plenaria firmata Sinibaldus Antonius Florentinus Non datato, ma 1490 circa.
Pergamena manoscritta impreziosita da decorazioni miniate. 1 foglio scritto al recto. Testo in latino a inchiostro bruno. Scrittura umanistica corsiva. Capolettera B policromo in campo d'oro, con lo stemma di papa Innocenzo VIII. Intestazione Beatissime Pater in lettere maiuscole blu e oro, incorniciate a inchiostro rosso e bruno. Bordi sinistro e superiore decorati a motivi fitomorfici policromi con tocchi dorati. Visibile la rigatura a secco dello specchio di scrittura. Scritte 14 righe di testo cui seguono 8 di invocazioni religiose. Al piede, a destra, l'indicazione: Antonius Sinibaldus Florentinus Scrib[...] Gratis Scripsit. Piccoli fori alle pieghe. Dimensioni: 375x295 mm. SI AGGIUNGE: Documento pergamenaceo con intestazione Bartolomeus Dei gratia episcopus Cornetanus. Datato 8 maggio 1457. Documento pergamenaceo manoscritto. 1 foglio scritto al recto, mano di cancelliere. Intestazione Bartolomeus in caratteri maiuscoli decorati. Visibile la rigatura a secco dello specchio di scrittura. Testo in latino a inchiostro bruno. Scrittura cancelleresca. Scritte 15 righe di testo. Al verso, sigla e nota manoscritta. Piccoli fori alle pieghe. Dimensioni: 510x302 mm. (2)I DOCUMENTO: Supplica scritta da Antonio Sinibaldi a nome della suocera Tommasia, già moglie di Bernardo de Paganelli, e madre di Diamante (moglie di Sinibaldi), affinché le venga concessa la remissione da tutti i suoi peccati. In questo manoscritto Sinibaldi precisa "gratis scripsit" sottolineando di non aver percepito alcun compenso per la sua opera professionale; analoga precisazione è presente anche nel libro d'ore – oggi conservato alla British Library - realizzato nel 1485 per Agostino Biliotti, mercante, amico di Leon Battista Alberti e Gonfaloniere di Giustizia a Firenze. Antonio (di Francesco) Sinibaldi (1443-c.1528) è stato un celebre copista, attivo a Firenze e a Napoli. Tra i suoi committenti è annoverato Giovanni d'Aragona, Mattia Corvino e Lorenzo de' Medici. Ad oggi si conoscono almeno 35 manoscritti da lui sottoscritti: tra questi l'Urbinate latino 666 e l'Urbinate latino 681 (oggi conservati alla Biblioteca Apostolica Vaticana). II DOCUMENTO: Assegnazione, da parte di Bartolomeus Dei gratia Episcopus Cornetanus pro sancta Romana Ecclesia et sanctissimo domino nostro Calisto papa tertio, del monastero delle suore domenicane di Perugia, extra duas portas burgi Sancti Petri, quale sede oportuna ad laudem omnipotentis dei et venerationem beate Katherine de Senis (Caterina da Siena). Bartolomeo Vitelleschi, (inizio 1400 – 1463) è stato, oltre che vescovo di Corneto (oggi Tarquinia), un amministratore (tra l'altro di Foligno e Perugia) e un condottiero, ma è ricordato anche come mecenate e letterato. -
Lotto 44 Relatione della congiura et morte del signor Duca Pierluigi di Parma et Piacenza [...] seguita in Piacenza l'Anno MDXXXXVII. Datata 1585.
Manoscritto cartaceo a inchiostro bruno in bella calligrafia. Carte 61 (da 43 a 61 bianche. Solo alcune, in fine, con annotazioni, scritte e segni vari di altra mano, fuori contesto). Testo in italiano preceduto da una introduzione, datata 1585, con alcune brevi sezioni di testo non compilate. Legatura in pergamena floscia con annotazioni e alcuni disegni informi. Dimensioni mm 200 x 265 mm. (1)Titolo completo: Relatione della congiura et morte del signor Duca Pierluigi di Parma et Piacenza, figlio naturale di Paolo III, seguita in Piacenza l'Anno MDXXXXVII, addì x di settembre. Il sottotitolo chiarisce l'argomento della relazione: dove si descrive distintamente l'origine, et causa, che mosse à così gran rissolutione, et gl'effetti che ne rissultarono, con molti documenti utili non solo à sudditi, ma à Principi medesimi, descritta dal signor Giuliano Rosellini segretario del signor Don Ferrando Gonzaga fratello del signor Duca Federico Primo di Mantova, et Governatore di Milano per la Maestà dello Invictissimo Carlo V. Interessante testimonianza, di agevole lettura, relativa ad uno dei più efferati delitti del periodo rinascimentale. -
Lotto 45 Sontuoso primo ǧuz᾽ di Corano safavide. Fine del XVI secolo.
Manoscritto arabo cartaceo completo, misurante al foglio mm. 370 x 250 ca. (prossimo al formato qat' al-nisf, analogo all’in-folio) e allo specchio di scrittura mm. 240 x 150 ca. (vicino a un qat'al-thuluth) riportante integralmente il primo juz' del Corano (I, 1 – II, 141). Carte 23 complessive [2 + 46 + 2 facciate]: 2 sguardie iniziali e 2 finali. Il codice non reca alcun colophon né altra esplicita notizia su datazione o provenienza, né sull’identità di committente o scriba. L’analisi degli elementi formali induce ad attribuirne la provenienza alla Persia orientale, verosimilmente all’area di Herat, oggi nell’Afghanistan occidentale, e a datarlo verso il finire del XVI secolo (1570 -90), in piena età safavide. Testo in arabo coranico scritto in stile muhaqqaq a modulo piuttosto ampio con sapiente finezza calligrafica disposto su 8 righi di testo a facciata e privo di reclamantes, vergato all’inchiostro nero e oro a righi alterni ad eccezione della doppia pagina di apertura (ar.: 'unwan) interamente in crisografia (ar.: tadhdhib). Il contenuto consiste nella prima di 30 ripartizioni di identica ampiezza (ar.: juz') destinate a una varietà di usi liturgici quali, ad esempio, la scansione recitativa quotidiana del libro sacro durante il mese di Ramadan. I versetti di questo primo juz' si estendono dal v. 1 della Sura I (al-Fatiha, "la Aprente"), fino al v. 141 della Sura II (al-Baqara, "la Vacca"). La prima Sura del Corano riveste la massima importanza per tutti i musulmani, di qualsiasi denominazione siano: è essa la più salmodiata e memorizzata, e costituisce una sorta di piccola summa dell’attitudine islamica nei confronti del Divino. Quanto ai vv. 1-141 della Sura "della Vacca", essi pongono a tema la distinzione tra credenti e miscredenti, la creazione dell’uomo e i miti narrativi sull’origine del male: dalla prima ribellione di Satana nel suo rifiuto di prosternarsi di fronte all’essere umano alla disobbedienza di Adamo ed Eva, culminata nella cacciata dal Giardino. L’ultima parte del primo juz' tratta infine dei popoli eletti da Dio a conservarne e diffonderne il Verbo, in particolare degli Ebrei discendenti da Abramo. Opera di eccelsa maestria appare la preziosa legatura, dal piatto anteriore in pelle fornito di ribalta simile a una parete d’oro in foglia abbellito da finissimi arabeschi a rilievo bassissimo e ornato dalle tradizionali mandorle, due minori speculari centrate su una maggiore. Notevoli i contropiatti in marocchino, dall’intricata e sovrabbondante serie di intagli e intarsî metallici inseriti, colorati a vivacissime tinte alternanti. Questo favoloso codice si è preservato fino ad oggi in condizioni eccezionalmente buone, nonostante gore d’acqua evidenti sulle sguardie e assai più tenui al margine superiore dei fogli, e tracce d’uso concentrate agli angoli inferiori delle carte. Il manoscritto esibisce un apparato decorativo sontuoso dalla fattura assai raffinata, segno dell’altissima committenza di rango nobiliare o cortese. Esso vanta un apparato decorativo di profusione, varietà e maestria squisite, come si può notare dal glorioso decoro dello 'unwan, caratterizzato da elementi "persiano-orientali" informati a una finissima simmetria dal contrappunto rigoroso, circondata da un glorioso sfondo "a tappeto" lapislazzulo minutamente venato di racemi policromi, su cui poggia un’alternanza di medaglioni amigdaloidi contesti di stupende nervature cromatiche. Meritano menzione anche la virtuosistica giustapposizione cromatica della cornice decorativa delimitante lo specchio di scrittura (pers.: jadval) che comprende ben dieci filetti colorati affiancati a bande di varia larghezza, come pure l’eleganza del decoro pertinente al testo: rosette e medaglioni marginali, policromi anch’essi, di forma discoidale e dentellati, realizzati esternamente allo specchio di scrittura a prescrivere l’inchino rituale (ar.: ruku') o la prosternazione (ar.: sujud), nonché i segni separatori dei versetti conformati a mo’ di gomitoli pentagonali in oro. Si può istituire un confronto dal proficuo parallelismo tra l’architettura decorativa di questo juz' e quella del Corano safavide in crisografia proveniente da Herat e posto all’incanto da Sotheby’s il 27/10/2021 (lotto 109). Scheda a cura di Alessandro Balistrieri. -
Lotto 46 1 Monte del Monte de' Paschi di Siena. Datato 4 settembre 1651.
Pergamena stampata con annotazioni e firme manoscritte. In testa al documento: lo stemma mediceo, quello della città di Siena e la Madonna della Misericordia sopra i tre monti, storico simbolo del Monte dei Paschi. Conservato sigillo in carta. Ottime condizioni. Dimensioni: 230x330 mm. (1) - -
Lotto 47 Regula Beati Augustini episcopi. Fine XVI – inizio XVII secolo.
Manoscritto pergamenaceo impreziosito da decorazioni miniate. 28 pagine in pergamena (22 scritte); 4 fogli di guardia in carta. Testo in latino. Legatura in pelle marrone, con impresse cornici dorate e armi, cimate con triregno e chiavi, di papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni (1501/2 - 1585). Al risguardo, ex libris di Leo Samuele Olschki. Conservati nastri di chiusura. Dimensioni: 150x210 mm. (1)Il volume è suddiviso in due sezioni, separate da fogli in carta: la prima sezione (2 pagg. scritte) contiene preghiere e invocazioni (Sacrae Preces), con capilettera e decorazioni in nero e rosso, ed è datata 1648. La seconda è la trascrizione integrale della Regula beati Augustini episcopi. La prima pagina di questa sezione, incorniciata con fiori, frutti policromi e tocchi dorati, presenta un grande capolettera A miniato in oro, blu e amaranto, oltre a tre tondi contornati in oro (due non più visibili, uno con tiara papale. Il margine superiore di questo foglio è stato leggermente rifilato di circa 1 cm.); le pagine successive, compilate a inchiostro nero e rosso, sono arricchite da capilettera inquadrati in blu e rosso, e da iniziali negli stessi colori; a fine testo, tre tondi policromi decorati con preghiere e simboli religiosi. -
Lotto 48 Statuta Burgi Vallis Tari [...] et Duce Ranutio Farnese confirmata et reformata. Non datato, ma XVII secolo.
Manoscritto a inchiostro bruno. Pagine [4], 181, [7] bianche. Testo in latino. Carte con filigrana. Tracce di umidità, ma testo leggibile. Cartonatura antica. Dimensioni: 280x185 mm. (1)Raccolta di statuti emessi dopo che i Farnese, all'inizio del XVII secolo, acquisirono il Borgo, oggi conosciuto come Borgo Val di Taro o Borgotaro. Gli statuti sono suddivisi in cinque libri (presenti in questo manoscritto).