Dipinti Antichi
-
Lotto 122 Bottega di Francesco Ruschi, sec. XVII
CORNELIA PRESENTA I SUOI FIGLI TIBERIO E GAIO SEMPRONIO GRACCO A UNA MATRONA CHE LE AVEVA MOSTRATO I SUOI GIOIELLI
olio su tela, cm 155x131,5
Dall’esemplare di Ruschi, già collezione Scarpa, Venezia
-
Lotto 123 Pittore alla corte di Rodolfo II di Praga, primo decennio sec. XVII
PSICHE SCOPRE L'IDENTITÀ DI AMORE
olio su tela, cm 201x257
Corredato da attestato di libera circolazione
Il dipinto narra la storia di Psiche e Amore, come tramandata da Apuleio nelle sue Metamorfosi. In particolare viene raffigurato il momento in cui Psiche, verificando la vera identità del suo amante, fa cadere una goccia di olio caldo dalla sua lucerna sul viso di Amore, il quale svegliandosi "si allontana in volo dai baci e dalle braccia della disperata sposa".
L'affascinante tela qui proposta, di grande effetto scenografico denota aspetti riconducibili alla cultura artistica italiana (veneto-emiliana) particolarmente ravvisabili nel sensuale nudo di Psiche, al contempo reso con forte plasticismo, e nella figura di Amore, memore degli esempi del manierismo fiorentino. Il brano poetico, in secondo piano, con figure danzanti dinanzi ad una finestra aperta su uno scorcio di cielo notturno con uno spicchio di luna, ricorda altresì alcuni esempi della cultura emiliana.
A questi elementi si aggiungono evidenti richiami stilistici con l'ambiente artistico rudolfino che a seguito del trasferimento a Praga nel 1583, divenne un fervente centro culturale grazie agli interessi di Rodolfo II che aveva dato vita alla Camera delle meraviglie più grande del suo tempo ricca di curiosità, opere d'arte e oggetti tra i più disparati.
Si riscontrano infatti affinità tra il nostro dipinto e le composizioni e figure femminili dei tre maggiori protagonisti della corte quali Barthlomeus Spranger (Anversa 1546-Praga 1611), Joseph Heintz il Vecchio (Basilea, 1564-Praga, 1609) e Hans von Aachen (Colonia 1552-Praga 1615) .
Le eleganti contorsioni tardomanieriste delle figure femminili ritornano spesso nei dipinti di Spranger, si ricorda a questo proposito Ercole e Onfale del Kunsthistorisches Museum di Vienna, Venere e Bacco della Niedersächsische Landesgalerie di Hannover e la Diana del Museo di belle arti di Budapest: tutti i quadri illustrati nel catalogo della mostra Prag um 1600:. Kunst und Kultur am Hofe Rudolfs II., Essen 1988, cat. 154, 157, 160).
Ulteriori affinità sono ravvisabili con il dipinto del medesimo soggetto di Joseph Heintz il Vecchio, conservato presso la Deutsche Barockgalerie di Augsburgo databile al primo decennio del Seicento e con il Pan e Selene di Hans von Aachen di collezione privata (datata 1605) sia per la composizione sia per il gioco di luci e ombre che disvelano i nudi e conferiscono anche al nostro dipinto un aspetto teatrale e allusivo.
-
Lotto 124 Attribuiti ad Alessandro Magnasco e Clemente Spera, secc. XVII-XVIII
PAESAGGI CON ROVINE CLASSICHE E FIGURE
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 123x207 ciascuno
(2)
-
Lotto 125 Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta
(Haarlem 1637-Milano 1701)
PAESAGGIO CON PASTORELLA IN RIPOSO E ARMENTI
PAESAGGIO CON PASTORE E PASTORELLA CON ARMENTI
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 72,5x97 ciascuno
firma solo in parte leggibile sulle rocce a destra
(2)
-
Lotto 126 Bartolomeo Bettera
(Bergamo 1639-documentato fino al 1688)
GLOBO TERRESTRE, STRUMENTI MUSICALI E SPARTITI SU UN PIANO COPERTO DA TAPPETO ORIENTALE
olio su tela, cm 118,5x156
Provenienza: già collezione Wertheimer, Parigi;
Mortimer Brandt, New York
Bibliografia: “The Art Journal” XXVI, 1966-67, 2 (riprodotto); M. Rosci, Baschenis, Bettera & Co. Produzione e mercato della natura morta del Seicento in Italia, Milano 1971, pp. 61, 63 nota 15, e 152, fig. 148; M. Rosci, Bartolomeo e Bonavenura Bettera. In I Pittori Bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento, III, Bergamo 1985, p. 164, n. 19; p. 178, fig.1.
Pubblicato per la prima volta come opera di Evaristo Baschenis, il dipinto qui presentato è stato restituito a Bartolomeo Bettera da Marco Rosci, che per primo ha affrontato in maniera sistematica la distinzione tra i due maggiori protagonisti della natura morta bergamasca, esaminando la fortuna collezionistica delle loro invenzioni e la loro ripetizione nelle rispettive botteghe.
Oltre a tracciare un catalogo sostanzialmente attendibile dei due maestri, lo studioso ha distinto altresì le personalità minori del cosiddetto “Monogrammista BB” e di Bonaventura Bettera che ne divulgano temi e invenzioni volgarizzandole nella cosiddetta “maniera bergamasca”, non priva di tangenze con la scuola romana e in particolare con l’opera del Maltese e dei suoi seguaci.
Interessato a una descrizione quasi inventariale degli oggetti preziosi che compongono la “natura silente” (tra gli strumenti musicali del nostro dipinto si intravede uno scrigno) inquadrata da un ricco tendaggio a motivi dorati, Bartolomeo Bettera è ormai lontano dalle astratte geometrie spaziali di Evaristo Baschenis, rigorose e ardite nella loro essenzialità. Tipica di Bettera è poi la resa estremamente realistica della trama del tappeto orientale su cui posano gli strumenti; nella tela qui presentata i suoi riflessi rosati scaldano appena la dominante tra il grigio e il bruno della composizione, su cui si accende la raffinatissima cromia del globo terrestre in primo piano a sinistra.
Presumibilmente collocabile nella tarda attività del pittore bergamasco in considerazione dell’ascendente esercitato sulla produzione del figlio Bonaventura (in particolare sulla natura morta firmata per esteso a Mosca, Museo Pushkin e su quelle nei musei di Vienna e Lubiana che ad essa si legano), il nostro dipinto è accostato dal Rosci alle tele già nella raccolta Venino a Bosto di Varese, tra le migliori della sua maturità (M. Rosci, 1971, figg. 146 e 147). A queste si può aggiungere la coppia illustrata dallo studioso in collezione Festa a Vicenza (ibidem, figg. 151 e 152), confrontabile sotto il profilo iconografico e compositivo.
-
Lotto 127 Carlo Manieri
(Taranto? documentato a Roma dal 1662 al 1700)
NATURA MORTA CON TAPPETO, CUSCINO, CHITARRA E SPADA
olio su tela, cm 82,5x110,5
Provenienza: già Galleria Giorgio Caretto, Torino
Bibliografia: M. Natale, La natura morta in Lombardia, in F. Porzio (a cura di), La natura morta in Italia, Milano 1989, I, pp. 210-211, fig. 236 p. 208 (come Anonimo pittore lombardo)
E’ piuttosto recente la riscoperta di Carlo Manieri, pittore di natura morta specializzato nella raffigurazione di sontuosi interni popolati da oggetti preziosi, tappeti e strumenti musicali, ma anche di fiori e frutta sullo sfondo di elaborate prospettive architettoniche. Attivo per le principali famiglie della Roma barocca dopo aver lavorato per un rivenditore di quadri, l’artista fu certo a capo di una bottega prolifica e ben organizzata, tale da soddisfare le richieste di una clientela sempre più propensa all’ostentazione del lusso, almeno dipinto.
La ricostruzione del suo imponente catalogo, come dei rapporti con altre personalità minori della scena romana attive nella stessa specialità, si deve alle ricerche di Ulisse e Gianluca Bocchi (Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Casalmaggiore 2005, pp. 525-576) che hanno accolto e sviluppato una proposta di Eduard Safarik. Già nel 1991 quest’ultimo aveva suggerito di riconoscere in una coppia di tele siglate “C.M.” e “C.M.F.” l’opera di Carlo Manieri, noto fino a quel momento quale autore di opere di tale soggetto descritte negli inventari di Filippo II Colonna (1714) e di Benedetto Pamphilj (1725) ma non rintracciate; altri dipinti di uguali caratteristiche recanti la medesima sigla si sono poi aggiunti al nucleo iniziale confermando questa ipotesi identificativa. Altre ricerche dei Bocchi su vari artisti minori documentati sulla scena romana quali Gian Domenico Valentino, ovvero il “Monogrammista G.D.V.” e Antonio Tibaldi, hanno suggerito di riportare a Roma, quale centro di produzione e non solo di scambio, una serie di opere che ricerche precedenti avevano invece collocato in area lombarda, alcune sotto l’etichetta della “bottega bergamasca” coniata per indicare una produzione vastissima e discontinua, in qualche modo legata agli esempi di Baschenis e dei Bettera ma aperta, per l’appunto, al gusto romano e in particolare alla produzione dell’allora misterioso Francesco Maltese.
E’ appunto il caso del nostro dipinto, pubblicato nel 1989 come opera di anonimo artista lombardo e ritenuto tra i gli esemplari più alti di questa tendenza. Sembra oggi opportuno restituirlo invece al catalogo di Carlo Manieri, di cui rappresenta a nostro avviso uno dei numeri più interessanti e più alti per qualità: straordinario è infatti il rigore compositivo con cui gli oggetti sono presentati, per una volta in numero ridotto ma non per questo meno opulenti; raffinatissimi gli accordi cromatici dei tessuti preziosi, restituiti con eccezionale maestria nei loro ricami e nelle pieghe pesanti. Un quadro, dunque, paragonabile ad analoghi dettagli presenti nelle opere migliori dell’artista romano tra quelle contraddistinte con la sua sigla.
-
Lotto 128 Scuola olandese, fine sec. XVII-inizi XVIII
NATURE MORTE DI FRUTTA E CRISTALLI
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 53x40,5 ciascuno
(2)
-
Lotto 129 Scuola emiliana, fine sec. XVII
NATURA MORTA CON VASSOIO DI FRUTTA E PIATTAIA SULLO SFONDO DI UN’ARCHITETTURA
olio su tela, cm 86x104,5
-
Lotto 130 Scuola francese, fine sec. XVIII-inizi XIX
PIATTO IN CERAMICA CON CILIEGIE
olio su tela, cm 24x34,5 senza cornice
-
Lotto 131 Scuola francese, sec. XIX
VASO DI FIORI CON INSETTO
VASO DI FIORI CON GRAPPOLO D'UVA
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 41x32,5 ciascuno, senza cornici
margini ridotti
(2)
-
Lotto 132 Pittore fiammingo, fine sec. XVII-inizi XVIII
COMPOSIZIONE FLOREALE IN UN PAESAGGIO
olio su tela, cm 77x57,5
Il dipinto presenta affinità stilistiche con le opere di Karol van Vogelaer, detto Carlo de’ Fiori, pittore olandese attivo a Roma nella seconda metà del Seicento.
-
Lotto 133 Baldassarre de Caro
(Napoli 1689-1750)
COMPOSIZIONI FLOREALI ENTRO VASI IN METALLO SBALZATO
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 65x44 ciascuno
monogrammati sul basamento “BDC”
(2)
Tra gli allievi di Andrea Belvedere Bernardo De Dominici ricorda anche Baldassarre De Caro che, prima di dedicarsi ai soggetti di cacciagione con cui incontrò il favore del pubblico napoletano, si distinse anche nella pittura di fiori emulando la freschezza e la maestria di Andrea. Quest’aspetto della sua attività, poco rilevante numericamente ma non certo minore, era illustrato finora dalla serie di quattro tele firmate e datate del 1715 conservate a Napoli, Villa Pignatelli, dalla raccolta del Banco di Napoli, e nella Pinacoteca Provinciale di Bari (cfr. D. Pagano, in Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli. Catalogo della mostra, Napoli 2009, pp. 438-49, con bibliografia precedente). A queste, da tempo note, si aggiungono oggi le tele qui offerte che ne ripropongono, simili anche nel formato e nella gamma cromatica, le raffinate caratteristiche e un medesimo repertorio floreale.
-
Lotto 134 Seguace di David Teniers, fine sec. XVII-inizi XVIII
INTERNO D’OSTERIA CON BEVITORI
olio su tavola, cm 43x64,5
-
Lotto 135 Cerchia di Antonio Tempesta, sec. XVII
LA CONVERSIONE DI PAOLO
olio su rame ovale, cm 23x30,5
al recto in basso numero 362 dipinto dell’inventario Barberini
alcune cadute di colore
-
Lotto 136 Attribuito ad Orazio Farinati
(Verona 1559 circa-1616 circa)
MATILDE DI CANOSSA A CAVALLO
olio su tela, cm 108,5x91,5
al recto iscrizione in latino e numero 305 dell’inventario Barberini
Del dipinto è nota la versione eseguita nel 1587 circa da Paolo Farinati (Verona 1524-1606), padre di Orazio, conservata presso il Museo di Castelvecchio, Verona, modello per il dipinto di Orazio dell’Abbazia di Polirone, San Benedetto Po che costituisce pertanto un’altra versione del dipinto qui presentato.
-
Lotto 137 Scuola italiana, seconda metà sec. XVIII
RITRATTO DEL PRINCIPE FRANCESCO BARBERINI E DELLE DUE SUE SORELLE
olio su tela, cm 50x62
sul retro della tela originale antica iscrizione a bistro “Ritratto del P.pe Francesco Barberini e delle due sue sorelle”
-
Lotto 138 Pittore romano, sec. XVII
RITRATTO DI MAFFEO BARBERINI PRINCIPE DI PALESTRINA IN ARMATURA CON IL COLLARE DEL TOSON D’ORO
olio su tela, cm 221x150
al recto numero d’inventario 545 dipinto della collezione Barberini
Nell’importante dipinto qui presentato viene ritratto Maffeo Barberini (1631-1685), figlio di Taddeo Barberini ed Anna Colonna, nato a Roma il 19 agosto 1631 ed ivi morto l’11 novembre 1685. Quarto principe di Palestrina, duca di Montelibretti e di Monterotondo, marchese di Corese, signore di Capranica, sposò il 15 giugno 1653 Olimpia Giustiniani, da cui ebbe cinque figli: Costanza sposata Caetani, Camilla sposata Borromeo, Francesco divenuto cardinale, Urbano destinato a continuare la casata e Taddeo sposato Muti.
Maffeo Barberini, effigiato secondo i dettami del ritratto ufficiale a figura intera con una ricca armatura, sullo sfondo di un’architettura e di un paesaggio in lontananza, indossa il Toson d’oro, onorificenza ricevuta nel 1668. Tale elemento costituisce un utile termine post quem per la datazione della nostra opera, pertanto successiva al Ritratto del principe Maffeo Barberini eseguito da Carlo Maratta, conservato in collezione privata, in cui non viene rappresentata l’onorificenza. L’attenzione per la resa aulica dei dettagli e di una puntuale descrizione fisionomica ravvisabile nel nostro dipinto, come in quello eseguito da Maratta, dimostra lo sviluppo di una ritrattistica derivata da Ferdinand Voet (1639-1700 circa) divenuto specialista in tale genere molto in voga presso l’aristocrazia romana.
Il principe Barberini fu inoltre un importante mecenate: commissionò la costruzione della Chiesa di Santa Rosalia a Palestrina (inaugurata nel 1677) e nel 1653 riaprì il Teatro delle Quattro Fontane, dopo che era rimasto chiuso per più di dieci anni. Fu inoltre collezionista di opere d’arte, come molti membri della sua famiglia, e proprietario della raccolta di suo zio Antonio Barberini che comprendeva almeno tre dipinti di Caravaggio.
Bibliografia di riferimento: F. Petrucci, Il principe romano. Ritratti dell’aristocrazia pontificia nell’età barocca, catalogo della mostra, Museo nazionale di Castel Sant’Angelo, Roma 2007, n. XXVI p. 80
-
Lotto 139 Scuola di Andrea de Lione, fine sec. XVII-inizi XVIII
SCENA DI BATTAGLIA
olio su tavola ovale, cm 34x53,5
sul retro della tavola assottigliata sigle “RU” incise
probabile trasporto da altro supporto
-
Lotto 140 Scuola genovese, inizi sec. XVIII
QUATTRO FIGURE FEMMINILI ALLEGORICHE
olio su tela, cm 44,5x124
-
Lotto 141 Scuola romana, fine sec. XVII
BATTAGLIA DI PONTE MILVIO
olio su tela, cm 170x270 senza cornice
-
Lotto 142 Seguace di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, sec. XVII
L’INCREDULITÀ DI SAN TOMMASO
olio su tela, cm 95x140
Dall’esemplare di Caravaggio, Bildergalerie, Potsdam
-
Lotto 143 Angelo Solimena
(Canale di Serino 1629-Nocera de’ Pagani 1716)
PIETÀ
olio su tela, cm 205x144
monogrammato “AS” e datato 16[..]6
Bibliografia: Angelo e Francesco Solimena, due culture a confronto, atti del convegno, a cura di Vega De Martini e Antonio Braca, Napoli 1994, p. 25 (il dipinto viene qui illustrato prima del restauro); S. Carotenuto, Pittori napoletani del Sei e Settecento nel territorio di Serino, Arte e territorio, a cura di Mario Alberto Pavone, Napoli 2008, tav. 8
Il dipinto qui presentato, riprodotto ma non citato nel volume di Simona Carotenuto (tav. 8), presenta strette affinità stilistiche con la Pietà della chiesa di San Bartolomeo a Nocera Superiore (1678), simile anche per impostazione compositiva, per l’uso di un cromatismo acceso e per il ricorrere di alcuni tipi fisionomici come ad esempio la figura della Maddalena.
Purtroppo non è possibile leggere chiaramente la data del nostro dipinto poiché l’iscrizione appare leggermente ripresa a seguito di antiche puliture eseguite sul dipinto.
-
Lotto 144 Luca Giordano e bottega
(Napoli 1634-1705)
ERMINIA RITROVA TANCREDI FERITO
olio su tela, cm 151x185,5
Corredato da parere scritto di Stefano Causa
"Il dipinto raffigura un episodio tratto dall’ultima parte della Gerusalemme Liberata (Canto XIX, 103-114). -
Lotto 145 Scuola napoletana, sec. XVII
RIPOSO DALLA FUGA IN EGITTO
olio su tela, cm 58,5x72,5, senza cornice