Dipinti del Sec. XIX
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Lotto 225 Nicolò Cannicci
(Firenze 1846 - 1906)
LE GRAMIGNAIE
olio su tela, cm 56x43,5Provenienza:
Pervenuto direttamente all’attuale proprietario per successione ereditaria dalla Collezione Renato Fucini
Esposizioni:
Gabinetto Viesseux, I Macchiaioli di Renato Fucini, Firenze, 1986, pag. 47, nr. 26.
Il dipinto che presentiamo in questo catalogo è un bozzetto preparatorio per il grande dipinto Le Gramignaie oggi di proprietà dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Si tratta di un particolare del gruppo di donne raffigurato sulla sinistra della composizione. -
Lotto 226 Carlo Follini
(Domodossola 1848 - Pegli 1938)
VEDUTA DELLA LAGUNA DI VENEZIA
olio su tela, cm 120x200
firmato e datato 1889
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Lotto 227 Giorgio Kienerk
(Firenze 1869 - Fauglia 1948)
VIA DEGLI ANSELMI
olio su cartoncino pressato, cm 45x34
firmato
sul retro: firmato, iscritto "Firenze" e titolato "La Via degli Anselmi nell'antico centro di Firenze, Elenco G. K. n. 900"
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Lotto 228 Fabio Fabbi
(Bologna 1861 - Casalecchio di Reno 1946)
SCORCIO DI CHIESA E PIAZZA SANT'ANDREA; PIAZZA DELLA FONTE
olio su tavoletta, cm 22x11; olio su tavoletta, cm 19x10
sul retro: titolati
uno firmato
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Lotto 229 Giovanni Segantini
(Arco, Trento 1858 - Schafberg 1899)
NATURA MORTA CON FRUTTA
olio su tavoletta finissima, applicata su pannello non coevo, diam. cm 74
firmato
Il dipinto è corredato di certificato di libera circolazione.
Giovanni Segantini nasce ad Arco nel 1858. Nel 1865 il padre lo manda da parenti a Milano dove tra varie vicissitudini si iscrive nel 1874 all’accademia di BBAA di Brera. Sostenendosi grazie al lavoro presso la bottega di L.Tettamanzi, artigiano decoratore che gli permette di frequentare i corsi dell’Accademia, nel 1879 durante l’esposizione di Brera viene notato dalla critica, ottenendo i primi riconoscimenti. E’ nel 1878 che conosce Bice Bugatti (sua compagna di tutta la vita) sorella del mobiliere Bugatti, per il quale eseguiva decorazioni per i mobili. Come la Dott.Quinsac dichiara:
“….. Melograni, meloni, mele, pere, uva, pesche, ciliege, ribes, nespole, prugne rosse e bianche, sono ripresi dal vero e trattati con una sensualità tattile, a pennellate spesse, e colori vibranti, resi quasi plastici nella forma, che invitano a mangiarli. S’individua una gioia nel studiare la frutta e anticiparne la degustazione che l’artista ha saputo tradurre in immagine e che conferisce al dipinto una forte carica vitale, tipica della tradizione realista lombarda.
Nel suo realismo quasi ingenuo, l’opera ha mantenuto una freschezza un’intensità visiva che la rendono pregevole e nello stesso tempo inconfondibilmente riferibile a quelli anni di formazione
in cui il giovane artista sperimentava con la natura morta, non soltanto perché era una fonte di facile reddito, ma per impadronirsi del vero, nella semplicità del vissuto quotidiano.” (C.F.R. A.M.P.Quinsac certificato 30/08/2013) -
Lotto 230 Galileo Chini
(Firenze 1873 - 1956)
DINTORNI DI CAMAIORE
olio su compensato, cm 35x44
firmato
sul retro: titolato
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Lotto 231 Giorgio Kienerk
(Firenze 1869 - Fauglia 1948)
LA PORTA VERDE
olio su tavoletta, cm 19x27
firmato
sul retro: firmato, titolato "La porta verde - Fauglia - Elenco G. K. n. 866"
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Lotto 232 Giorgio Kienerk
(Firenze 1869 - Fauglia 1948)
LA PIANTA ROSSA
olio su tavoletta, cm 19x27
firmato
sul retro: firmato, iscritto: "Firenze" titolato "La pianta rossa - Fauglia - Elenco G. K. n. 874"
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Lotto 233 Clemente Pugliese Levi
(Vercelli 1855 - Milano 1936)
IN RIVA AL LAGO
olio su tela, cm 79x130Esposizioni
XII Esposizione Internazionale di Venezia 1920 -
Lotto 234 Beppe Ciardi
(Venezia 1875 - Quinto di Treviso 1932)
CANOVE DI ASIAGO
olio su compensato, cm 35x45
firmato
sul retro: firmato e titolato -
Lotto 235 Oscar Ghiglia
(Livorno 1876 - Firenze 1945)
RITRATTO DI ELVIRA GONNELLI
olio su tela, cm 75x75
sul retro del telaio: iscritto "Ritratto della sig.na Elvira Gonnelli di Oscar Ghiglia fatto circa il 1916-17 a Firenze."
Bibliografia:
A. Marabottini - V. Quercioli, Oscar Ghiglia maestro del Novecento Italiano, Prato 1996, n.37 pag. 111, pag. 276.
Secondo la scheda pubblicata nel catalogo citato la scritta sul telaio è fuoriviante. Questo ritratto di Elvira Gonnelli è da comprendere nel gruppo di opere dipinte nella Libreria Gonnelli fra il 1910 e il 1911. Isa ricorda i seguenti dipinti: Le due sorelle al piano; Elvira suona; Elvira col gatto; Armonie di bianco e nero; Elvira con un mazzo di violette; Elvira col guanto; Nuca della Rina. Il nostro dipinto potrebbe identificarsi con Armonie di bianco e nero oppure forse più credibilmente col ritratto di Elvira col pianoforte citato da Oscar nell'Autobiografia (cfr. O. Ghiglia, Autobiografia, manoscritto, Firenze 1920).
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Lotto 236 Ulvi Liegi
(Livorno 1858 - 1939)
MONACHINE A CASTIGLIONCELLO
olio su cartoncino pressato, cm 33x44
reca doppia firma e datato '30
sul retro: etichetta Libreria Luigi Gonnelli "Ulvi Liegi, Bagnetti di Antignano (Livorno). Alla signora Anna Franchi affettuosamente, per il suo ottantesimo compleanno. Marzo 1947[...]"
Per confronti con opere di analogo soggetto vedi Giuliano Matteucci, Ulvi Liegi, Firenze 1970, tavv. 55 e 95.
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Lotto 238 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
RITRATTO DI YOI
carboncino e matita su carta, cm 87,5x64,5
iscritto, datato e siglato: "Ricordo di Voi nel primo anniversario, 21 ottobre 1945, Firenze, AM"
lievi danni
Edith (Yoi) Crosse, moglie di Antonio e madre di Fosco e Grato Maraini, era nata nel 1878 a Tallya, in Ungheria. Il padre era inglese e la madre ungro-polacca. Apprezzata scrittrice e autrice di vari libri editi in inglese aveva adottato il nome di Yoi e firmava i scoi scritti Yoi Pawloswska, dal cognome materno. Tra i suoi scritti: A year of strangers; Those that dream; A child went Forth; Little Dressmakers in love; In a grain of sand, edito nel 1922 e corredato da sei disegni di Antonio Maraini. Yoi aveva sposato Antonio in seconde nozze nel 1912 e da allora figura spesso come ritratta e come silhouette allegorica nell'opera di Antonio. Grazie ai numerosi interessi, che proveniavano dalla formazione cosmopolita ed anglosassone, Yoi ebbe un grande ascendente sullo spirito già curioso e disponibile del Maraini, orientandosi verso la raffinata misura della propria cultura inglese. Fu lei che sostenne il marito nella definitiva
decisione di darsi all'arte e che nel 1912 gli dette l'appoggio necessario per attuare il suo desiderio di trasferirsi a Firenze, città amata e idealizzata fin dagli anni della giovinezza.
Morì a Firenze mentre Fosco era deportato in Giappone.
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Lotto 239 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
MATERNITA'
bassorilievo in pietra serena, cm 120x105
Di questa opera esiste un’altra versione che si trova presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, acquistata alla Biennale d’arte di Venezia, Mostra personale di Antonio Maraini, del 1921. -
Lotto 240 Antonio Maraini
(Roma 1886 Firenze 1963)
FIGURA FEMMINILE CON CARTIGLIO
bassorilievo in gesso centinato, cm 137x54
danni
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Lotto 241 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
SANTA CECILIA
scultura in gesso, alt. cm 133 circa
danni
Di questo gesso esiste l'originale in bronzo, ubicazione sconosciuta. Fu esposto alla Biennale di Venezia del 1930.
Bibliografia
F. Bardazzi, Antonio Maraini Sculture, Firenze 1984, pp. 28. 29. 66, Tav. 6
Un senso di espansione fluida e distesa prevale ormai nella realizzazione della Santa Cecilia. La posa della Santa allude alla santa Cecialia di Raffaello, ma la fanciullesca nudità del flautista rivela la conoscenza delle inquietanti figure di adolescenti moderni in attitudini classiche predilette da Hans Thoma, ma in genere care agli artisti tedeschi
dell'800. Ancora più inattesa, quasi ridicolo è l'accostamento fra l'aspetto
rinascimentale dell'angiolino e la forma moderna del suo organetto: inanimato fantasma, capitato lì per caso, da un fragile mondo popolato di Arlecchini e Pulcinella, usciti dai pennelli di Severini. Ma è nel brano formato dal mandolino e dal cartiglio, appoggiati all'abito della Santa vista di spalle, che la fantasia dellartista si accende, acccrescendo questopera bizzarra dellironia delle nature morte di Severini, Tozzi, Paresce, dello spirito ambiguo e insieme scherzoso di una certa cultura del tempo. L'artista conclude il colto gioco iniziato con la Santa Cecilia nella Tomba di Carlo Loeser, eseguita nel 1929 per il cimitero degli Allori di Firenze, raffinato inventario degli elementi ormai codifocati nelle composte opere di quei pittori, lo strumento, la brocca, il libro, il cartiglio, il torso femminile, compagno ideale dei nudi di Tozzi.
Da F. Bardazzi, Antonio Maraini Scultore, op. cit.
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Lotto 242 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
LA PREVIDENZA
scultura in gesso, alt. cm 200
Studio per il palazzo delle Assicurazioni di Stato di Roma
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Lotto 243 Antonio Maraini
(Roma 1886 Firenze 1963)
L'ABBONDANZA
scultura in pietra forte, cm 107x74
danni
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Lotto 244 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
MADONNA COL BAMBINO
scultura in gesso patinato e terracotta, cm 110x74
Bibliografia
F. Bardazzi, Antonio Maraini Scultore, Firenze 1984, pagg. 11, 12, 59
Nel 1920, costruendo la Maternità, sul brano della Madonna del Presepio, il Maraini ricompone le forti sintesi e le abbreviazioni di quelle figurine di santi e pastori entro ritmi più misurati. Una fotografia che risale agli anni ‘20 ci aiuta a capire quale sentimento gli avesse ispirato quest’opera, che il Maraini volle inserita su una delle pareti esterne di Torri di Sopra, la sua casa fiorentina in cui visse dalla metà dagli anni ‘20, emblema della pace e degli affetti familiari, nobilitato dal ricordo di un tabernacolo quattrocentesco, al quale allude la struttura architettonica del bassorilievo. Nel tono rude, ma ricco di sostanza umana della Maternità, il Maraini giocava su uno degli aspetti che più lo affascinavano dell’arte fiorentina di quel periodo, cioè, l’intervento della mano capace dell’uomo, nel creare una città “tutta scolpita nel macigno dei suoi colli, come una gigantesca opera d’arte, ora grezza e ora cesellata”. Emilio Cecchi esalta, la Maternità di Antonio collegandola alla “lezione della nostra rinascenza, diciamo più popolare e familiare”: in tal modo anch’egli pone in luce il carattere quattrocentesco di questa scultura, filtrato esercizio del Maraini sulle opere tarde di Jacopo della Quercia, uno degli artisti rinascimentali più amati nel giro fiorentino e assurto oramai, nei termini del tempo, al ruolo più comune. Fra gli altri, Ugo Ojetti, che possedeva un bassorilievo di Jacopo, la Madonna del Cardinale Casini, ne sottolineava la volontà di parlar poco, lento e netto, la scelta della sintesi, delle forme e, in generale, la critica contemporanea vedeva in lui l’esponente primo di quella linea più semplice e rude del rinascimento toscano che, meglio di ogni altra, sembrava incarnare le esigenze di allora, definite nei termini di sobrietà, semplificazione dei piani, sintesi dei volumi. Proprio queste qualità si richiedevano agli artisti del tempo, a proposito dei quali ci si esprimeva con un linguaggio analogo e a cui si attribuiva, come somma lode il riferimento a Jacopo della Quercia. Così Ojetti citava Jacopo, parlando di Andreotti, mentre il Maraini apprezzava “la solidità di un buon senso quasi contadino” di Cézanne, altro lume al quale ci si appellavacontinuamente. La sottigliezza del Maraini, sta quindi nell’aver operato in quel bassorilievo una sovrapposizione di piani, innestando lo stile di uno scultore, del quale era in corso un revival, su un tipo di plastica moderna, indicata anch’essa come quercesca.
Da F. Bardazzi, Antonio Maraini Scultore, op. cit. -
Lotto 245 Antonio Maraini
(Roma 1886 - Firenze 1963)
DAPHNE
scultura in bronzo, alt. cm 210
firmato
Un bozzetto preparatorio per la scultura è stato venduto in asta Pandolfini in data 18.03.2008, lotto 49.
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Lotto 246 Angelo Morbelli
(Alessandria 1853 - Milano 1919)
LAGO D’ISEO
olio su tela, cm 30x51
firmato
sul retro del telaio: iscritto “Maria Erici Zitti Banzolini / Consegnato al Cavaliere Angelo Morbelli il 30 ottobre 1903 per essere reso”
L’autenticità dell’opera è stata confermata da Giovanni Anzani. Il dipinto sarà inserito nel prossimo catalogo ragionato dell’opera di Angelo Morbelli a cura di Giovanni Anzani
Il dipinto, opera autentica di Angelo Morbelli, è uno studio, assai avanzato, a giudicare dalle dimensioni e dall’esecuzione particolarmente curata, rispetto ad altri noti, dello sfondo, raffigurante il lago d’Iseo, di Per sempre, del quale si acclude una riproduzione,
esposto a Milano nel 1906, alla Mostra Nazionale di Belle Arti (cat. p. 113, Sala XL, n. 30) e, quindi, l’anno seguente, a Roma, alla LXXVII Esposizione internazionale di Belle Arti della Società Amatori e Cultori (cat. p. 18, Sala E n. 146), opera erroneamente conosciuta a seguito della mancata identificazione, con più titoli di pura invenzione (Terrazza sul lago d’Iseo, Abbandonata, La convalescente, Lago d’Iseo, Addio; e cfr. a tal proposito Archivi del divisionismo, Roma 1969, vol. II, n. VI. 116 e tav. 1465). Elaborato sul modello di S’avanza (1894-1896), di cui peraltro elude il motivo funereo a vantaggio di un clima più disteso e di un fare pittorico aggiornato sulle nuove tendenze figurative, primo fra tutti il floreale con i suoi ritmi eleganti e sinuosi, Per sempre risulta improntato a un’atmosfera di sottile malinconia, suggerita da certi linearismi ed estenuazioni di intonazioni liberty nella resa della figura e, nel medesimo tempo, dal contesto paesaggistico soffusamente evocativo e non distante dai precedenti lacustri di Ranzoni.
Giovanni Anzani
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Lotto 247 Federico Zandomeneghi
(1841-1917)
“Jeune fille au fichu rouge”
(Giovinetta col foulard rosso)
Olio su tela cm. 53 x 41
Firmato in basso a sinistra
Il dipinto è corredato da attestato di libera circolazione.
Provenienza: Durand Ruel Parigi (fot.n°4237), Angelo Sommaruga Parigi, Collezione privata.
Bibliografia: E. Piceni, Zandomeneghi, cat. esp. Galerie Durand-Ruel, Parigi 1967, n°491; E. Piceni, Zandomeneghi, catalogo generale dell’opera (seconda edizione a cura di R. Capitani e M.G. Piceni), Bramante, Busto Arsizio 1991, n°51.
Il mondo del “Venitien”, al contrario di altri impressionisti, è prevalentemente legato al lavoro in atelier, soprattutto per quanto riguarda il filone della rappresentazione intimistica femminile della piccola borghesia.Tuttavia, la produzione artistica di Zandò presenta una nutrita serie di splendidi “en plein air”, nei quali le “Parigine” escono dalle loro case e si addentrano nella natura diventandone parte integrante. L’impressionismo naturalistico di Zandò è gioioso, come in questo delizioso profilo di fanciulla che si staglia netto su uno sfondo di fogliame dalla gamma cromatica smagliante e rigogliosa, cui fa da contrappunto l’acceso foulard rosso e giallo, dettaglio che suggerisce una particolare attenzione per i gusti femminili dell’epoca, “souvenir” del periodo in cui l’artista disegnava modelli per le riviste di moda. Le sue sono scelte degne di un pittore il cui stile discende dai grandi coloristi veneti, e che durante la sua carriera seppe rinnovarsi continuamente. Il quadro qui presentato ha un suo fascino tutto particolare. Non si tratta solo di un ritratto femminile su sfondo di natura. La fanciulla guarda lontano. Non sappiamo cosa o chi guardi: l’immagine è simile al “close-up” di un fotografo che, colpito dall’intensità dell’espressione della giovane, ha puntato il suo obiettivo sul capo e sulle spalle della ragazza, lasciando allo spettatore la curiosità di sapere, ma anche la libertà di immaginare, cosa stesse accadendo fuori dall’ inquadratura.
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Lotto 248 Federico Zandomeneghi
(1841-1917)
“Sur l’herbe”
(Fanciulla nel prato o sull’erba)
Olio su tela cm.46 x 38
Firmato in basso a sinistra
Il dipinto è corredato da attestato di libera circolazione.
Provenienza: Durand Ruel Parigi (fot.n°2075), Angelo Sommaruga Parigi, Luigi Bordoli Milano, Collezione privata.
Esposizioni: Mostra postuma di Federico Zandomeneghi, Galleria Pesaro, Milano, febbraio 1922, n°8; Artisti dell’Ottocento italiano, Galleria Narciso, Torino 1966.
Bibliografia: M. Cinotti, Zandomeneghi, Bramante Editrice, Busto Arsizio 1960, tav. 69; E. Piceni, Zandomeneghi, cat. esp. Galerie Durand-Ruel, Parigi 1967, n°288 tav. XLVII; E. Piceni, Zandomeneghi, catalogo generale dell’opera (seconda edizione a cura di R. Capitani e M.G. Piceni), Bramante, Busto Arsizio 1991, n°288; Fondazione E. Piceni, Federico Zandomenghi. Catalogo generale. Nuova edizione aggiornata e ampliata, scritti di Camilla Testi, Maria Grazia Piceni, Enrico Piceni, con la consulenza di Roberto Capitani, Milano 2006, n°538.
La caratteristica tipica degli Impressionisti fu quella di dipingere “en plein air” e di ritrarre quanto rientrava nel loro campo visivo con pennellate rapide e incisive, in modo da catturare le fuggevoli “impressioni” di luce e colore che l’occhio umano percepisce continuamente, ma che prima di allora non erano mai state raffigurate. Questo rivoluzionario approccio artistico trasformò la superficie pittorica in un morbido flusso dove i vari piani si fondevano l’uno nell’altro, e dove il paesaggio usato come sfondo diveniva anch’esso protagonista.
Il dipinto qui rappresentato è uno squisito “en plein air” di Zandomeneghi. La giovane e graziosa signora in primo piano, che indossa una blusa rosa alla moda, è completamente immersa nel paesaggio che la circonda. Il campo alle sue spalle appare inondato dalla luce del sole e a tratti ombreggiato forse da grandi alberi fuori campo o da nubi passeggere. Lei siede sull’erba all’ombra, in una posa morbida e naturale, mentre volge dolcemente il bel viso dai tratti ottocenteschi verso chi la sta ritraendo. Il quadro fu infatti dipinto dal “Vénitien” a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando lavorava assiduamente per il suo “patron”, il famoso gallerista Paul Durand-Ruel.
L’opera ha un taglio assai moderno: presuppone la continuazione del soggetto oltre ai bordi dell’inquadratura scelta dal pittore. Non a caso Mia Cinotti definì quadri come questo “[...] pose da istantanee fotografiche [...] figure tagliate […] in modo che alcune parti dell’immagine restano fuori dal dipinto”.
Anche in quest’opera il talento di Zandomeneghi viene evidenziato dal superamento degli eccessi di scrupolo nell’impaginazione impressionistica e una giustezza di rapporti fra le figure e il paesaggio. Il dipinto fu particolarmente apprezzato dalla committenza, tanto che Zandò ne eseguì anche un pastello (N°537 Cat.Gen. F.E.P. foto archivio Durand-Ruel Paris 19384).
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Lotto 249 Federico Zandomeneghi
(1841-1917)
“I Guanti neri”
Pastello cm.60 x 45
Firmato in basso a sinistra
Il dipinto è corredato da attestato di libera circolazione.
Provenienza: Angelo Sommaruga Parigi, Luigi Bordoli Milano, Collezione privata.
Esposizioni: Federico Zandomeneghi. Impressionista veneziano (a cura di E. Sacerdoti
e T. Sparagni), Fondazione Marzotta, Foro Buonaparte 50, Milano, 20 febbraio-20 giugno 2004, n°53.
Bibliografia: E. Piceni, Zandomeneghi, cat. esp. Galerie Durand-Ruel, Parigi 1967, n°144 tav. XVI; E. Piceni, Zandomeneghi, catalogo generale dell’opera (seconda edizione a cura di R. Capitani e M.G. Piceni), Bramante, Busto Arsizio 1991, n°144 tav. XXI; Federico Zandomeneghi. Impressionista veneziano (a cura di E. Sacerdoti e T. Sparagni), Fondazione Marzotta, Foro Buonaparte 50, Milano, 20 febbraio-20 giugno 2004, tav. 53 colori.
Zandomeneghi ci rivela in questo eccezionale pastello uno dei temi a lui più cari, ovvero la quotidianità dell’universo femminile colta in intimi momenti di vita privata. I suoi impianti compositivi ricordano alcune soluzioni di Degas e saranno fonte di ispirazione per il giovane Toulouse-Lautrec; l’essenzialità dell’architettura scenica e l’inserimento nel quadro di oggetti d’uso quotidiano sono caratteristiche tipicamente impressioniste.
Nella composizione qui presentata, gli oggetti si riflettono sulla superficie lucida di un tavolino. La protagonista del dipinto, vestita di uno splendido abito giallo, è colta nell’atto di sfilarsi un paio di lunghi guanti di neri. Il gesto le è così consueto che sembra farlo in modo distratto, come assorta nei propri pensieri. Si tratta proprio di una di quelle “pagine di diario” che narrano “un momento di vita […] immagine tenera e luminosa d’una piccola società” - metafora coniata dal critico Enrico Piceni per descrivere la splendente intonazione di molti celebri quadri di Zandò. Eppure, a ben guardare, non si tratta di un momento di rilassata intimità quotidiana. La posizione degli oggetti, il forte verticalismo dello stipite, e soprattutto quella sequenza ascendente di colori primari (blu, giallo, rosso) conferiscono all’intera composizione un ritmo nervoso e assai moderno come del resto è moderno il taglio dell’opera, nella quale si percepisce appena sulla destra il frammento di una cornice, e dove l'inquadratura scelta dal pittore tronca il tavolino e gli oggetti su di esso appoggiati. Quadri come questo rispondono alla necessità del “patron” di Zandomeneghi, il famoso gallerista e patrocinatore degli Impressionisti Paul Durand-Ruel, di trovare “un pittore di figure nuovo da imporre ai clienti” perché “Degas non produce più se non a sbalzi e a capriccio, Renoir fa lo stesso…”, come spiegò lo stesso Zandomeneghi all’amico Diego Martelli in una lettera del 9 ottobre 1894.