ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE
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Lotto 49 Carlo Antonio Tavella (Milano 1668 - Genova 1738)
San Girolamo in meditazione
Olio su tela
St. Jerome on meditation
Oil on canvas
118 x 90 cm
Allievo del pittore Giuseppe Merati e poi di G. Grevembroeck, detto il, il Solfarolo, dopo un lungo viaggio in Emilia, a Firenze e a Livorno, si stabilisce a Genova. A Milano, sul finire del XVII secolo, incontra Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, il quale lo spinge alla rappresentazione paesaggistica. Nel 1701 lo ritroviamo a Genova, ove riflette sul paesaggio eroico di Salvator Rosa e sul paesaggio secondo i canoni filosofici e moralistici del Poussin. Si riscontra una profonda trasformazione nel suo stile oramai maturo. Alla sua prima maniera, caratterizzata da una paletta fredda, ora si aggrazia con tonalità più calde, mentre le composizioni si arricchiscono di una articolazione teatrale e fantasiosa. Molte sue opere si trovano nelle quadrerie genovesi, e il gabinetto civico dei disegni di Palazzo Rosso possiede una serie di suoi disegni
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Lotto 50 Joseph Heintz il giovane (Augsburg 1600 - Venezia 1678) cerchia - circle
Doge elargisce monete in piazza san Marco dopo l’elezione
Olio su tela
Doge hands out coins in St. Mark's Square after the election
Oil on canvas
110 x 145 cm
Figlio di Joseph Heintz il vecchio, pittore di corte di Rodolfo II, Joseph Heintz nasce ad Augusta verso il 1600. In giovane età opera presso la bottega di Matthäus Gundelach e, prima di scendere in Italia, frequenta anche l’atelier di Matthias Kager, già allievo a Venezia di Hans Rottenhammer. Nel 1625 il giovane Joseph è in Italia, attivo a Venezia e a Roma, dove esegue una Veduta di villa Borghese. Nei primi anni Trenta del Seicento è a Venezia, dove poi risiede costantemente sino alla morte. In città la sua attività assume molta ammirazione, e a coronamento di questo gli viene commissionato il Ritratto del doge Francesco Corner, da collocarsi nella Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale. Nella tela in questione si vede il corteo dogale dopo la elezione, quando il doge per ingraziarsi il popolo spargeva monete alla folla. L’opera si connota con la produzione di Heintz il Giovane sia per l’intonazione serale che spesso contraddistingue le sue tele sia per l’attenzione alle feste e alle occasioni legate alle tradizioni popolari veneziane. Ad un’analisi dei personaggi, inoltre, si può osservare come essi siano affini a quelli che notiamo nelle opere di Joseph Heintz. In particolare, un buon testimone di confronto è l’opera “La caccia ai tori in campo San Polo”, oggi a Venezia presso il Museo Correr
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Lotto 51 Polidoro da Lanciano, Polidoro de' Renzi, Polidoro Lanzani, Polidoro Veneziano (Lanciano 1515 circa - Venezia 1565) attribuito - attributed
Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino
Collocato entro splendida cornice veneziana d’epoca
Olio su tavola
Madonna with Child and young St. John
In a splendid Venetian frame
Oil on panel
50 x 40 cm
La notevole tavola, sebbene in non perfetto stato conservativo, mostra una qualità pittorica che fa supporre sia stata eseguita da maestro di origine marchigiana. Essa è assolutamente di qualità superiore delle tante copie di bottega che appaiono nel mercato, un accurato restauro può riportare al fasto autentico della sua primigenia immagine. La formazione di Polidoro da Lanciano è incerta e probabilmente avviene a Venezia dove la famiglia pare si fosse trasferita, la sola testimonianza certa è del 1536, quando il suo nome viene registrato nella Fraglia dei Pittori Veneziani. Frequenta la bottega di Tiziano Vecellio, dove, col tempo, pare sia diventato collaboratore esterno “a chiamata”. Oltre all’apprendistato col Tizano egli si forma osservando e facendo proprie l’aarte di Paris Bordon e Bonifacio de Pitati, nonché s’avverte la ricezione di elementi del Salviati insieme all’aggiornamento del brano di paesaggio sulle coeve ricerche di Lambert Sustris.
Degli anni Quaranta abbiamo la sua unica opera documentata, la “La Discesa dello Spirito Santo”, realizzata per l'altare maggiore della chiesa omonima alle Zattere e oggi conservata presso le Gallerie dell'Accademia della città lagunare. E’ in questo periodo che egli evolve la sua produzione pittorica assumendo suggestioni del Tintoretto e del Veronese; amplia e aggiorna le sue composizioni di lirismo plastico ottenuto con un più profondo uso del chiaroscuro, da un più articolato dinamismo scenico e da un più articolato e squillante cromatismo. La tavola in esame si può collocare al periodo giovanile, quando preponderanti sono gli stimoli del Tiziano, ovvero nel periodo in cui esercita a favore della collezione private con piccoli dipinti d’appartamento, all’epoca molto in uso a Venezia. Un elemento molto importante da tenere in considerazione è il fatto che l’invenzione, perlomeno per quanto pubblicato dal Mancini o negli archivi di mercato, non ha alcun riferimento puntuale con quanto prodotto da Polidoro, rappresenta un unicum all’interno della produzione dell’artista. Questa invenzione, nei fatti, seppur affine a altre del maestro, non è stata sfruttata dalla bottega, come accadde per opere similari ripetute infinite volte; nella fattispecie “Madonna con Gesù Bambino e santa Caterina” (vedi collezione Martini a Museo di Cà Rezzonico a Venezia) oppure “Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino”, scena rivolta a sinistra, sul modello della “Madonna con Gesù, San Giovannino e una Santa” della chiesa di San Pietro a Perugia
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Lotto 52 Margherita Volò, Margherita Caffi (Cremona 1647 - Milano 1710)
Vaso di fiori
Olio su tela
Flowers vase
Oil on canvas
53 x 36 cm
Il padre Vincenzo Volò era pittore di fiori: si presume che Margherita sia stata allieva del padre. Fu una pittrice famosa ai suoi tempi per la "rara di lei abilità in dipingere fiori sopra qualsivoglia stoffa di seta, e sopra tele e carte: e segnatamente sulle pergamene, le quali assai ricercate le erano, e a caro prezzo pagate" (Lancetti). Da giovane sposa il pittore cremonese Ludovico Caffi, artista formato a Bologna presso D. M. Canuti, specializzato nel dipingere fiori e tappeti. Margherita è stata pittrice di fama sin dalla giovane età, osservando gli inventari antichi in particolar modo milanesi. Le sue nature morte sono pervase da un elegante gusto decorativo: i fiori, con pochi frutti, sono disposti in modo del tutto irreale e fantastico contro uno sfondo scuro, su cui risaltano delicate tinte rosa, bianchi, gialli e rossi vivaci. I contorni sono mossi e sfrangiati, la pennellata densa e vibrata, la sua tecnica l’avvicina a quanto prodotto in Veneto da Elisabetta Marchioni e pare anticipare se non influenzare quanto prodotto da Francesco Guardi, altrimenti detto il Maestro dei Fiori Guardeschi e/o Pseudo Guardi
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Lotto 53 Massimo Stanzione (Frattamaggiore o Orta di Atella 1585 - Napoli 1656) attribuito - attributed
San Tommaso d’Aquino
Olio su tela
St. Thomas
Oil on canvas
46 x 37 cm
Tale è stata l’ammirazione per l'arte di Massimo Stanzione è stato soprannominato il Guido Reni napoletano, è effettivamente uno tra i più importanti pittori della Scuola napoletana del Seicento. Le sue opere uniscono l'influenza della pittura emiliana del Reni e Domenichino con il tenebrismo del post-Caravaggio. Partito quale ritrattista, assume poi una connotazione di pittore barocco e dedito ai tempi sacri. Infatti, i lavori più importanti di Stanzione sono infatti riconosciuti nelle grandi pale d'altare così come nei cicli di affreschi per le chiese napoletane. Ricordando alcuni dei suoi capolavori, si possono citare gli affreschi e i dipinti per la cappella di San Mauro (1631-1637) e per la cappella del Battista (1644-1651) nella Certosa di San Martino a Napoli; il dipinto raffigurante San Patroba che predica ai fedeli di Pozzuoli, realizzato per la Cattedrale di Pozzuoli intorno al 1650; il ciclo di affreschi per la basilica di San Paolo Maggiore a Napoli; il Sacrificio di Bacco, oggi al Prado di Madrid. Rivale artistico di Jusepe de Ribera, domina al pari col pittore napoletano-spagnolo la scena a Napoletana della prima metà del Seicento. Lo Stanzione ha segnato fortemente l’ambiente pittorico napoletano a lui succeduto, essendo stato un importante caposcuola. Egli ha un seguito vasto ed immediato convertendo alle sue tematiche anche pittori, come Filippo Vitale e Francesco Guarino, che fino ad allora si erano espressi nel solco della tradizione naturalista. Tra i tantissimi suoi allievi o seguaci citiamo: Andrea Vaccaro, Bernardo Cavallino, il Pozzuolano detto Lionardo, Muzio Rossi (Nunzio), Francesco Gaetano, Giuseppe Piscopo, Santillo Sannini e Giovan Battista Spinelli, Pacecco De Rosa, Onofrio Palumbo, Domenico Gargiulo, Francesco De Benedictis, Giovanni Ricca, Giuseppe Marullo, Nicola Marigliano, Antonio De Bellis, Agostino Beltrano, Giuseppe Beltrano (suo fratello), Carlo Rosa, Domenico Finoglia, Giacinto De Popoli, Andrea e Niccolò Malinconico, Giovanni Fulco, Francesco Altobello (allievo di Carlo Rosa), Nicolò De Simone. Tutte personalità artistiche, spesso di altissimo livello, che stigmatizzano inequivocabilmente l’importante apporto di Massimo Stanzione
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Lotto 54 Giovanni Stanchi (Roma 1608 - 1673 circa) e ignoto figurista
Vergine orante con ghirlanda di fiori
Olio su tela
Praying Virgin with garland of flowers
Oil on canvas
90 x 68 cm
La bottega degli Stanchi è formata da tre fratelli: Giovanni Stanchi (Roma 1608 - 1673 circa), Niccolò Stanchi (Roma 1623/26 - 1690 circa) e Angelo Stanchi (Roma 1626 - notizie sino al 1673). Ricordati spesso nei pagamenti dell’epoca come “Famiglia Stanchi”, tra i tre emerge la figura di Giovanni, il più dotato, il quale opera per i Barberini i Chigi e i Colonna. Nel 1660 collabora con Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori e con Carlo Maratta, autore di putti, alla realizzazione di gli specchi della galleria di Palazzo Colonna. La presenza degli Stanchi non si ferma solo a Roma, Giovanni spettano le due ghirlande, oggi a Palzzo Pitti e Uffizi, mentre Niccolò, abile decoratore, affresca nel senese e a Firenze per Flavio Chigi. La loro formazione non è ancora stata definita, ma essi si ricollegano Giovanni Battista Crescenti e Pietro Paolo Bozzi detto Il Gobbo dei Frutti o Il Gobbo dei Carracci, mentre la luminosità dei fiori pare derivare dalle novità introdotte in Italia da Daniel Seghers
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Lotto 55 Heinrich Hermans ( Düsseldorf 1862 - 1942)
Veduta del golfo di Napoli da Capodimonte
Olio su tela
Firmato in basso a sinistra
Naples bay view from Capodimonte
Oil on canvas
Signed lower left
174 x 252 cm -
Lotto 56 Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 - Anversa 1640) bottega / allievo - workshop
Diana cacciatrice
Olio su rame
Diana the huntress
Oil on copper
29 x 41 cm
In prima istanza, è doveroso far notare come l’opera presenti un “ripensamento”, elemento importante che normalmente è ritenuto fondamentale per determinare che un’opera non sia una copia. Il braccio dell’ancella che suona il corno alle spalle di Diana è stato modificato, in quanto la traccia (ripensamento) ce lo presenta più spostato alla nostra sinistra. L’opera non ricalca l’originale di Pieter Paul Rubens, in quanto presenta un lunga serie di variazioni che comprendono il cielo, il paesaggio e le fisionomie delle figure. Restando comunque fermi ad una tesi attributiva, giustamente cauta, si nota l’altissima qualità pittorica, tale da permetterci d’ipotizzare che essa sia stata eseguita all’interno dell’atelier del celeberrimo maestro, ergo sotto la sua diretta visione, da uno dei suoi migliori collaboratori. Tanti sono gli allievi e collaboratori del maestro degni di essere citati, tra cui Van Dyck, Jordaens, Frans Snyders, Jan Brueghel, Daniel Seghers, Theodor van Thulden, Gaspard de Crayer, Vincent Adriaenssens, Cornelis e Paul de Vos, Pieter van Mol
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Lotto 57 Bernardo Cavallino (Napoli 1616 - 1656) copia del XIX secolo da - 19th century copy from
Apparizione di Gesù Bambino a sant'Antonio da Padova
Olio su tavola
Apparition of the Child Jesus to Saint Anthony of Padua
Oil on panel
87 x 60 cm
L’opera, di indubbia qualità, nasce probabilmente per uso privato o monastico nel XIX secolo, e si rifà alla nota opera del Cavallino, oggi alla Galleria Nazionale di Capodimonte di Napoli
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Lotto 58 François Perrier (Pontarlier 1590 - Parigi 1650) bottega di - workshop
Morte di Adone
Olio su tela
Death of Adonis
Oil on canvas
64 x 88 cm
Della giovinezza e dei primi studi di François Perrier non si hanno notizie, ma sappiamo che arrivò a Roma in concomitanza del Poussin nel 1628. Il primo soggiorno dura quattro anni, e egli si applica nella bottega del Lanfranco. Torna in Francia, a Lione, ove conosce lo scultore Jacques Sarrazin, anch’egli precedentemente residente a Roma. In seguito si sposta a Parigi, e collabora con Simon Vouet. Torna a Roma nel 1635, diventato ormai pittore maturo e di alto livello: propositore di un linguaggio personale che accoglie e fonde varie influenze, da Nicolas Poussin a Simon Vouet, Andrea Camassei, Pietro da Cortona e i cortoneschi
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Lotto 59 Domenico Fedeli detto Domenico Maggiotto (Venezia 1712 - 1794) attribuito - attributed
La venditrice di vino
Olio su tela
The wine seller
Oil on canvas
72 x 54 cm
Nato a Venezia nel 1712, di umile estrazione, Domenico Fedeli frequenta sin dall'età di circa dieci anni lo studio veneziano del pittore G.B. Piazzetta a S. Giuliano, condividendo l’alunnato e/o collaborazione con Giulia Lama, Egidio dall’Oglio, Francesco Capella, Giuseppe Angeli e Antonio Marinetti detto il Chiozzotto. Iscritto alla fraglia dei pittori veneziani nel 1750, l'anno seguente il Maggiotto fa parte del Collegio dei pittori, ricoprendo varie cariche amministrative. L'artista non si è mai allontanato da Venezia, città dove continuò ad operare almeno sino al nono decennio del secolo, tramandando al figlio Francesco il vasto repertorio dei suoi soggetti estratti dalla impareggiabile lezione del Piazzetta di cui è stato uno dei più importanti allievi. La produzione pittorica del Fedeli è divisa in tre periodi: il primo “piazzetesco” (1740-1754); quello della crisi di rinnovamento, ispirato da G. B. Tiepolo (1755-1765); l’ultimo, ove prevale la ripresa dei modelli giovanili prima in stile nordico e arcadico (1765-1780 ca.). L'opera in questione ci riconduce al Maggiotto, discepolo del Piazzetta, e delle sue teste di carattere riviste quali soggetti di genere di gusto bucolico e pastorale. I dati che ci conducono alla tesi attributiva sono molteplici: la scenetta di genere a mezzo busto, la conduzione pittorica molto svelta, l’uso della terra rossa come preparazione di fondo ed oggi riaffiorante, e l'esoftalmo della ragazza (i caratteristici occhi “a palla” sporgenti, dei personaggi del Maggiotto) e infine la stretta connessione con “Ragazza venditrice di frutta” del Rijksmuseum Amsterdam
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Lotto 60 Scuola emiliana del XVII secolo
Cristo risorto
Olio su tela
Emilian school of the 17th century
Resurrected Christ
Oil on canvas
95,5 x 48 cm -
Lotto 61 Scuola italiana del XIX secolo
Madonna del velo col bambino dormiente
Olio su tela
Italian school of the 19th century
Madonna of the Veil with the Sleeping Child
81 x 100 cm
Dipinta dal grande caposcuola bolognese Guido Reni (1575-1642), un tempo collocata in uno degli altari della basilica romana di Santa Maria Maggiore, oggi è conosciuta grazie ad un consistente numero di repliche e copie
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Lotto 62 Valentino Rovisi (Moena 1715 - Moena 1783)
Deposizione di Cristo
Olio su tela
Deposition of Christ
Oil on canvas
27 x 24 cm
Il giovane Valentino Rovisi giunge nella città lagunare nel 1728, a dodici anni, verosimilmente tramite i contatti del padre, fornitore di legname della Serenissima. Da quanto scrive Giuliano Dal Mas, frequenta l’Accademia, e i buoni risultati gli sono valsi l’assunzione presso la bottega di Giovanni Battista Tiepolo, ove rimase ad operare per quattordici anni. Poco prima della metà del secolo, forse spinto dalla nostalgia della sua terra e dalla possibilità di emanciparsi dall’ambiente artistico veneziano dominato dai grandi nomi, torna a Moena. Ha operato nell’Agordino e nella valle del Biois nel bellunese, in Val di Fiemme, Val di fassa, Trento e soprattutto nella sua Moena. L’opera può essere riferita al pittore trentino per la tecnica, provinciale, ma mai sgarbata, per il buon disegno, che denuncia la sua formazione veneziana, infine per la stretta affinità fisionomica dei personaggi con le opere del pittore tutt’oggi presenti nella chiesa di Alleghe
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Lotto 63 Hans Bock (Saverne 1550 - Basel 1624)
Adorazione dei pastori
Olio su tavola
Opera firmata H. Bock, datata 1603 in centro a destra e in basso al centro
Provenienza: Tajan (S.V.V.), Parigi 28/03/2007
Adoration by the shepherds
Oil on panel
Signed H. Bock, dated 1603 in the center part on the right side and in the lower center side
Provenance: Tajan (S.V.V.), Paris 28/03/2007
87 x 54 cm
Bock è ritenuto uno dei più importanti pittori e disegnatori attivi tra il XVI e il XVII secolo. Giunge a Basilea intorno il 1570, ove esegue cicli di affreschi che gli garantiscono un’ampia notorietà. Ad un’analisi stilistica del nostro dipinto, si nota come egli sia stato sedotto dal manierismo italiano, probabilmente tramite qualche pittore rudofino, dal momento che le cronache non ci trasmettono nessuna notizia in merito ad un suo soggiorno italiano. In particolare vi sono note venete e del Bassano nello specifico, riscontrabili nel gruppo dei pastori a destra e, in modo particolare, in quello in primo piano, inginocchiato. Ad equilibrare la scena, dal lato opposto un mirabile angelo musico dal corpo sinuoso e dalla sopraffina plastica eleganza. Questa figura, dal candido manto, ci rimanda allo statuaria e possente pittura di Bartholomäus Spranger, al quale, evidentemente, il nostro pittore guardava. Grazie alle sue doti di eccelente disegnatore e alla sua ampia cultura pittorica, Bock si iscrive di diritto tra i grandi artisti del Manierismo europeo. Insieme a Karel van Mander, Hans von Aachen, Joachim Wtewael, Cornelis van Haarlem, è uno dei più significativi rappresentanti del Manierismo nordico
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Lotto 64 Paul Bril (Anversa 1554 - Roma 1626) bottega
Paesaggio boschivo con caccia al cervo
Olio su rame
Landscape with deer hunting
Oil on copper
22 x 30 cm
Secondo il biografo Karel van Mander, Paul Bril studia ad Anversa con Damiaan Wortelmans. Suo fratello Matthijs (1550-1583), valente pittore, nel 1575 è a Roma per soddisfare alcuni incarichi ottenuti in Vaticano. Paul segue il fratello poco dopo, i due collaborano assieme realizzando gli affreschi nella Scala Santa in Vaticano e una serie di lunette nel Palazzo del Laterano raffiguranti dei paesaggi. Perso il fratello nel 1583, Paul decide di stabilirsi a Roma, ove continua la sua opera di frescante, anche se ben presto la sua specializzazione diventano piccoli quadri, spesso su rame, eseguiti nel suo studio. Da attento e raffinato artista, a Roma, osserva e assimila elementi del paesaggismo ideale dei Carracci e di Adam Elsheimer, attento osservatore della natura. I suoi paesaggi persero la dimensione fantastica e trovarono, grazie all’inserimento delle figure umane, una aderenza più realistica. Lo studio della luce, poi, lo portò ad usarla come elemento unificante. Nelle sue piccole e deliziose prove paesaggistiche, popolate di viandanti e cacciatori, la sua tavolozza si caratterizza per le tinte chiare e mattutine, intrise di verdi e celesti cristallini.
A riprova della tesi attributiva, si osserva come il cavaliere in basso al centro sia il medesimo in “Paesaggio con caccia al cinghiale”, eseguita per il Cardinale Carlo de’ Medici nel 1617. Inoltre, la stessa figura si ritrova nell’opera “An Extensive Landscape with Hunters Crossing a Field Being Ploughed (1620)”, olio su tela, 66,09 x 88,5 cm, passata in asta in data 08/07/2010 presso Sotheby's Londra, dipinto firmato datato "PA. BRILL1620 in basso a sinistra. Nella tela medicea compare, come nel nostro rame, il cavaliere proveniente da sinistra e diretto incontro al precedente personaggio. Queste quattro figure, oltre che ad essere identiche sono posizionate nella stessa posizione all’interno dell’opera, proponendo un interessante appunto sulla costruzione prospettica e spaziale, di Bril, tramite le figure. Sempre a Firenze, conservato presso il polo museale cittadino, vi è un piccolo dipinto su rame di 21 x 28 cm, un’opera titolata “Caccia al cervo” firmata e datata 1595 in cui si osserva l’identica immagine del cervo in fuga e il cane che da sotto si lancia per morderlo
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Lotto 65 Giuseppe Zais (Forno di Canale 1709 - Treviso 1781)
Scontro tra cavallerie
Olio su tela
Clash of cavalry
Oil on canvas
22 x 32 cm
Giuseppe Zais è uno dei paesaggisti principali del panorama veneziano del Settecento. Giunto in laguna dalle valli bellunesi, inizia a dipingere seguendo gli esempi del conterraneo Marco Ricci. In un secondo tempo, addolcisce le sue scene campestri seguendo la moda di gusto francese imposta con l’arrivo di Zuccarelli a Venezia. Con la dipartita di quest’ultimo per l’Inghilterra, per qualche anno Zais assume il palco d’onore in seno al paesaggismo veneto d’arcadia. La sua guida è stata il parmigiano Simonini, dal quale si smarca “per un dinamismo espressivo e da pittoricismo più sostanzioso”. come scrive il Prof. Sestieri nel suo “I pittori di battaglie”. L’opera non presenta alcun dubbio attributivo, e può essere liberamente confrontata con le scene di battaglia dell’artista bellunese. Segnaliamo: un’opera quasi identica, pubblicata dal Prof. Sestieri nel suo “I pittori di battaglie”, figura 17 a pagina 527; la "Scena di battaglia", pag. 246, in "Dipinti veneti della collezione Luciano Sorlini"
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Lotto 66 Valerio Castello (Genova 1624 - 1659) cerchia - circle
Sacra Famiglia e San Giovannino
Olio su tela
The holy family and St. John
Oil on canvas
98 x 74 cm
Figlio di Bernardo Castello, Valerio fa praticantato presso la bottega di Domenico Fiasella e poi di Giovanni Andrea de Ferrari, anche se nessuno di questi due pittori sarà fondamentale per il suo stile. Il giovane artista esce dagli schemi consolidati della corrente naturalistica, e tra il 1640 e il 1645 soggiorna sia a Parma sia a Milano. Queste esperienze fuori città gli hanno permesso di osservare i maestri del passato e i grandi interpreti della pittura barocca, a cui aggiunge una predilezione personale per la pittura fiamminga e veneta, ampiamente presente nelle collezioni genovesi. Da questo percorso articolato nasce la sua espressione pittorica dinamica che ricorda Palma il Giovane e il tardo manierismo veneto, non senza una grazia estetica e plastica delle figure, che fa supporre una sua ispirazione al Parmigianino; infine, un forte sbattimento chiaroscurale ricorda Giulio Cesare Procaccini. Un’altra fonte di ispirazione la ritroviamo in Rubens e Van Dyck, già presenti a Genova nei decenni passati e che in città avevano lasciato opere significative. Seppur la sua carriera sia stata breve, ampia è stata l’influenza della sua arte verso i suoi discepoli. Vista la sua fulminea maniera di praticare pittura, non diede luogo ad una bottega normalmente concepita, ma una cerchia di giovani abili a cogliere la matrice tecnica, formale e contenutistica di Valerio. Il solo a lavorare realmente al fianco di Valerio Castello è Domenico Piola, collaboratore per i cicli di pittura murale. Secondo le fonti antiche, quattro sono gli artisti formati da Valerio: Bartolomeo Biscaino, Giovanni Paolo Cervetto, Giovanni Battista Merano e Stefano Magnasco. Merita menzione un altro pittore fortemente influenzato dal Castello, ovvero Antonio Lagorio, genovese di nascita, che ha lasciato le sue uniche tracce a Parma. Il soggetto è stato variamente trattato da Valerio Castello e la sua cerchia, del nostro dipinto non abbiamo il prototipo originale, ed è noto grazie alle varie versioni dei suoi seguaci, come quella pubblicata a pag. 236, figura C5 nella Monografia “Valerio Castello" di Camillo Manzitti
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Lotto 67 Scuola italiana / lombarda del XVII secolo
Crocifissione
Olio su tela
Italian / Lombard School of the 17th century
Crucifixion
Oil on canvas
168 x 127 cm
L’opera mostra sotto il manto di vernice offuscata e i restauri delle qualità non trascurabili. Il forte pathos umano e divino di questo Cristo in croce, che si offre a noi nel buio soppraggiunto sul Calvario, ha richiami alla scuola milanese del Seicento, una scena guidata dai grandi maestri come Francesco Cairo, Giovan Battista Crespi detto il Cerano, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Giulio Cesare Procaccini, seguiti da altrettanti pittori meno noti ma di ottimo valore: per citarne alcuni ricordiamo Giovan Battista Discepoli, Chignoli Girolamo, Melchiorre Gherardini detto il Ceranino, Ercole Procaccini il Giovane, Antonio Busca. Dentro questa schiera di artisti e botteghe nasce e si espande questa pittura fortemente naturalista ed espressionista, e in questo ambito si cela l’autore dell'opera in questione, che merita un restauro e uno studio approfondito
L’opera mostra sotto il manto di vernice offuscata e i restauri delle qualità non trascurabili. Il f
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Lotto 68 Giuseppe Mazza (Milano 1817 - 1884) attribuito - attributed
Il voto del crociato
Olio su tela
The crusader vote
Oil on canvas
64 x 52 cm
Ardente patriota, Giuseppe Mazza ha combattuto la Prima e la Seconda Guerra d’Indipendenza. All’Accademia di Brera e frequenta i corsi di Sabatelli e Hayez, che lo ritiene uno dei suoi migliori allievi. Dopo alcuni viaggi di formazione in varie città italiane, sempre all’Accademia di Brera presenta tele di soggetto patriottico, legate allo stile accademico di Hayez. Nella seconda metà dell’Ottocento sono numerosi i dipinti che, con proposito didascalico e moralistico, raffigurano personaggi e vicende significative per l’Italia. Facendo seguito al dibattito milanese sull’opportunità di rinnovare i contenuti della pittura italiana, concentrati sui temi storici e all’ambientazione medievaleggiante, e constatata la fama dei pittori dediti alla pittura di genere che immortalava la vita quotidiana, come Domenico e Girolamo Induno, Giuseppe Mazza si cimenta nella rappresentazione di soggetti meno aulici e più vicini alla sensibilità popolare. Ne nasce una pittura narrativa in chiave intimista e poetica, dedicata a fatti di cronaca e vita ordinaria.
L’opera si avvale di una lettera di Paul Nicholson, pubblicata in risposta ad un quesito dell’allora proprietaria, che recita: Il soggetto rappresentato è un crociato, probabilmente colto nel momento in cui la madre che lo benedice. L'opera rappresenta un paradigma morale tipico della pittura risorgimentale, che nasconde una esortazione agli italiani a ribellarsi contro l'oppressore straniero. Il dipinto potrebbe addirittura identificarsi con l'opera presentata da Giuseppe Mazza all'esposizione di Brera del 1853. Il soggetto ricorda anche il celebre "Addio alla mamma del volontario", preso invece dalla vita contemporanea che Gerolamo Induno dipinse in più versioni: non a caso, forse, poichè i fratelli Induno, come Giuseppe Mazza, erano allievi di Hayez. Per quanto riguarda l'assenza di una firma, va tenuto presente che anche il dipinto esposto a Brera ne è privo: indicato come "di commissione", il pittore ritenne forse fosse superfluo aggiungerla
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Lotto 69 Jean Preudhomme o Preud'ho(m)me o Prudhomme (Rolle 1732 - Neuville 1795) attribuito - attributed
La cacciata di Hagar
Olio su tela
The Expulsion of Hagar
Oil on canvas
109 x 139 cm
Jean Preudhomme si forma a Parigi con Jean Baptiste Le Prince e Jean-Baptiste Greuze. Si specializza come paesaggista e come pittore di animali, anche se il tema a lui più congeniale è il ritratto. Molto apprezzato dalla borghesia, in una pubblicazione degli anni’80 del Settecento è descritto come un “ritrattista à la mode”. I dipinti di Preudhomme, in particolare i ritratti, sono rari sul mercato dell'arte: il suo ritratto di Franz Rudolf Frisching è uno dei suoi dipinti più noti. I suoi dipinti sono conservati al National Museums of Scotland e al Musée Rath. La storia di Agar è raccontata nella Genesi ai capitoli 16 e 21: siccome Sara non riesce a dare un figlio al marito Abramo, gli offre la propria schiava, una straniera di nome Agar, con l'obiettivo di adottarne il figlio al momento del parto. Da questa unione nascerà Ismaele. Quando si accorge di essere incinta, Agar perde ogni rispetto per la sua padrona, che finisce col maltrattarla. In seguito, anche Sara riesce a generare un figlio, Isacco, ma - quando lo vede scherzare col fratellino Ismaele - scoppia in Sara una profonda rabbia, al punto che Abramo è costretto ad allontanare Agar e suo figlio
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Lotto 70 Scuola veneta del XVIII secolo
Paesaggio con pastore e ponte
Paesaggio con pastorella e antica torre
Olio su tela
Venetian school of the 18th century
Landscape with shepherd and bridge
Landscape with shepherdess and ancient tower
Oil on canvas
36 x 48 cm
La bella coppia di opere è la testimonianza dell’ampia produzione paesaggistica avvenuta in Veneto per mano di una nutrita schiera di pittori, ad oggi ancora anonimi o poco conosciuti, al seguito del successo di Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta, Antonio Maria Marini, Marco Ricci, Antonio Stom, Bartolomeo Pedon, Giuseppe Zais, Antonio Diziani e Francesco Zuccarelli: tutti artisti che invece hanno segnato l’epoca e sono studiati ed apprezzati tutt’oggi. Tra i pittori esclusivamente paesisti, cosiddetti minori, possiamo citare: Pietro Brancaleone, Francesco Antonio Canal, l’engmatico Maestro delle Montagne Azzurre, Domenico Pecchio, Tomaso e Andrea Porta, Giuseppe Roncelli, Gaetano Zais e il ferrarese Giuseppe Zola per affinità stilistica. A questa già cospicua schiera vanno aggiunti moltissimi altri artisti che producevano paesaggi non costantemente, e un gran numero di artisti rimasti nell’anonimato: tra questi, l’autore delle nostre due tele, che mostrano un carattere arcadico desunto da Marco ricci nella rivisitazione fatta dallo Zais della prima maniera. Infine, la pastorella con la cesta in testa, pratica poco comune in Veneto, è stata desunta da qualche opera di Pieter Mulier, visto che coincide perfettamente con una delle due figure femminili in “Figure di lavandaie presso un ponte” dei Musei Civici di Arte e Storia, Pinacoteca Tosio Martinengo, di Brescia. Questi elementi permettono di porre l’interessante coppia nel panorama del paesaggismo veneto del secondo quarto del XVIII secolo
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Lotto 71 Gaspare Diziani (Belluno 1689 - Venezia 1767) attribuito - attributed
Riposo dalla fuga in Egitto
Olio su tavola
Rest from the escape into Egypt
Oil on panel
20,5 x 112,5 cm
Gaspare Dinziani è inizialmente allievo di Antonio Lazzarini, ultimo interprete provinciale, ma non spregevole, del tenebrismo barocco. Lasciata la natia Belluno per Venezia, inizia la sua vera formazione, prima nella scuola di Gregorio Lazzarini, poi in quella del conterraneo Sebastiano Ricci, che lascia un’impronta indelebile nello stile artistico di Gaspare. La sua felicità esecutiva , cifra stilistica non comune, gli offre immediato successo e ottiene molte commissioni per le scenografie di teatri veneziani. Come scenografo lo ritroviamo nel 1717 a Monaco e quindi a Dresda, alla corte di Sassonia. Nel 1720 rientra a Venezia, dove compare tra gli iscritti alla fraglia dei pittori. Nel corso del secondo decennio del Settecento iniziò una prolifica attività, dipingendo sia opere a tema sacro sia mitologico, oppure decorazioni in ville private e scenografie teatrali. Nel 1726, su invito del cardinale Pietro Ottoboni, soggiorna per un breve periodo a Roma, dove esegue dei lavori per S. Lorenzo in Damaso, oggi perdute. Nel 1727 realizzò l’Estasi di san Francesco in S. Rocco a Belluno, ritenuto il suo primo dipinto firmato e datato, nel quale si denota l’influenza del Ricci. Al quarto decennio appartengono le attività di S. Stefano a Venezia (1733), Chioggia al duomo, presso chiesa del Carmine di Venezia e S. Giustina a Padova; gli affreschi dello scalone di palazzo Ricatti a Castelfranco Veneto e le decorazioni dello scalone dei Gesuiti e del salone di Ca’ Zenobio ai Carmini a Venezia, nonché in palazzo Spineda a Treviso. Tra il 1750 e il 1751 è a Bergamo, dove affresca il soffitto di S. Bartolomeo, e tra il 1755 e il 1758 decorò alcune stanze di Ca’ Rezzonico a Venezia, città dove nel 1760 eseguì tele per la chiesa del Carmine e per la scuola di S. Giovanni Evangelista. Questa lunga, ma parziale, lista di commissioni è la testimonianza di quanto fossero cospicue ed elevate frequenza e il tenore delle richieste. Diziani a metà del secolo è uno tra i principali interpreti della pittura veneziana, grazie al suo linguaggio raffinato e spettacolare, esaltato dal un vibrante cromatismo; diverso, forse meno intellettuale e sofisticato, ma più incisivo degli altri interpreti del tempo come Gian Antonio Pellegrini, da poco defunto, come Antonio Balestra, i contemporanei Jacopo Amigoni, Francesco Fontebasso e Giambattista Pittoni. Il Riposo durante la fuga in Egitto, qui esaminato, probabilmente nato come dipinto sovraporta, è ambientato in un paesaggio che il bellunese usa con particolare assiduità, vedi per esempio Venere, Cupido e Bacco della collezione Cini. Le figure sono eseguite con il brio e l’efficacia tipiche di Gaspare, esse vibrano di colore nel paesaggio scabro, ove la visione della brulla pedemontana veneta rappresenta simbolicamente il deserto, sebbene la pennellata sia veloce e incisiva, la santa famiglia è sorretta da un disegno impeccabile. Il San Giuseppe, riconoscibile per la fisionomia tipica dei vetusti uomini del Diziani, è nella sua posa una variante della Temperanza di Palazzo Spineda a Treviso. La Madre di Dio, a sua volta, ricalca la posa di un’altra allegoria di Palazzo Spineda, ovvero la Prudenza, vista in controparte. Infine, il Bambino lo ritroviamo in uno dei due angioletti in basso a destra della Annunciazione dei Musei Civici di Belluno, nonché nell’angioletto in basso della tela dedicata al a Sant’Antonio e San filippo Neri del Museo Civico di Treviso.
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Lotto 72 Michiel o Michael Sweerts (Bruxelles 1618 - Goa 1664) attribuito - attributed
Interno con vecchia che fila la lana e ragazzo
Olio su tela incollata su tavola
Interior with an old woman spinning wool and a boy
Oil on canvas applied on panel
36 x 47 cm
Michiel Sweerts giunge a Roma, dove incontra il gruppo di artisti olandesi e fiamminghi guidati dal pittore Pieter van Laer detto Il Bamboccio, che erano dediti a rappresentare scene di vita popolare a Roma e delle campagne romane. Grazie al nomignolo del van Lear il gruppo prese il nome di Bamboccianti. La loro pittura rappresentava con teatralità la quotidianità del popolo, i fatti raccontati non erano presi dal reale, ma erano vere e proprie messe in scena per raccontare il folklore della città eterna, all’epoca sovraffollata a causa delle recenti crisi agrarie del contado. Il disagio sociale, vertiginosamente accresciuto, acuiva il malessere; le strade erano colme di girovaghi, mendicanti, venditori ambulanti, contadini, e soldataglia. Sweerts è ritenuto universalmente a latere dei bamboccianti, in quanto i suoi personaggi popolari mantengono una dignità, anche se malinconica, viste le condizioni. Sweerts non guarda al popolo minuto con l’ilarità di gran parte dei suoi colleghi, che vedevano nelle scene che dipingevano uno spettacolo indegno ma divertente. Dopo aver lasciato Roma torna nelle Fiandre, dove apre una scuola d'arte. Successivamente partì come missionario per la Cina, ma viene espulso dal paese. Raggiunge Goa, in India, dove muore nel 1664. L’opera presenta le tipiche tematiche e tecniche di Sweerts, dal buio inteso della stanza emergono le due figure. La tecnica è minuta e preziosa, l’anziana donna è ritratta con sorprendente realismo. Per una verifica puntuale si veda l’interno con donna e fanciullo presentato da Christie's il 3 luglio 2012 a Londra