ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

martedì 14 settembre 2021 ore 15:00 (UTC +01:00)
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  • Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719)  bottega di - workshop of
    Lotto 13

    Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719) bottega di - workshop of

    Morte di Adone

    Olio su tela

    Ovale 

    L’opera si presenta con una bella cornice d’epoca

    Death of Adonis

    Oil on canvas

    Oval

    The work has a beautiful period frame 

    118 x 90 cm


    Per un breve periodo, l'apprendistato di Carlo Cignani si svolge da G. B. Cairo, pittore bolognese semi sconosciuto, e successivamente nell’atelier di Francesco Albani. Contemporaneamente frequentava un'Accademia privata d'arte a Bologna, guidata dallo stesso Albani assieme a Alessandro Tiarini e il Guercino. Dopo le prime e fortunate commissioni cittadine lo ritroviamo a Roma per decorare una galleria nel casino Farnese fuori porta S. Pancrazio, commissione mai iniziata e poi passata dal Cardinale Gerolamo Farnese a Filippo Lauri. Sempre all’Urbe, assistito da Emilio Taruffi, gli sono commissionati due e grandi affreschi sulle pareti destra e sinistra dei presbiteri della grande chiesa di S. Andrea della Valle. Nel 1665 il Cignani ritorna a Bologna, dove risiede sino al 1684, anno in cui si trasferisce a Forlì. In questi decenni ha dipinto decorazione a fresco di quattro sovrapporte con Apparizioni dell'arcangelo S. Michele nella chiesa di S. Michele in Bosco, sopra le quadrature illusionistiche dipinte da D. Santi detto il Mengazzini. Questo suo intervento è chiaramente ispirato alla morbida grazia dei putti del Correggio, suo maggior ispiratore, a lui giunto tramite il suo maestro Francesco Albani che, fra tutti gli allievi di Annibale Carracci, fu probabilmente quello più influenzato dalla pittura mitologico-pastorale dell’Allegri. Nell'arte del Cignani, in effetti, oltre al Correggio si avverte la lezione di Guido Reni e la sua anima classicistica; l’arte di Carlo, in effetti, è caratterizzata da uno stile dignitoso delle figure, da forme gentili e tondeggianti, da un'elegante calma compositiva. Negli anni Settanta il suo studio si era ormai affermato e si avvelava di svariati collaboratori, tra i quali spiccano i nomi di Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini. Nel 1683 Cignani intraprende la più importante opera della sua carriera, ovvero la decorazione della cupola della cappella della Madonna del Fuoco nella cattedrale di Forlì con la grandiosa Assunzione della Vergine, opera che lo obbliga a stabilirsi in Romagna. Va ricordato il ruolo preminente di Cignani nella fondazione dell'Accademia Clementina, la prima accademia d'arte di Bologna, patrocinata dalla città, organizzata nel primo decennio del Settecento dai più eminenti artisti di Bologna e da vari personalità della nobiltà cittadina. La sua arte ha vissuto oltre la sua morte, avvenuta a Forlì il 6 settembre 1719, grazie all’esorbitante e impressionanante numero di pittori usciti dalla sua bottega: ricordiamo il figlio Felice Cignani, Clemente Ruta, Antonio Catalani “il Romano”, Giulio Aldrobrandini, Giacomo Alboresi, Giulio Benzi, i veronesi Antonio Calza Sante Prunato, Alessandro Marchesini, i ferraresi Maurelio Scannavini e Giacomo Parolini, Ludovico David, Giovan Camillo Sagrestani, Giuseppe Maria Crespi, Francesco Mancini, Federico Bencovich e Ignazio Stern, oltre ai già citati Franceschini e Quaini. Il riferimento puntuale e convincente a favore della tesi attributiva lo ritroviamo nel giovane protagonista della tela “Agar e Ismaele” della collezione Graf von Schonbornsche Schlossverwaltung, pubblicata a pag 197, foto 68, della monografia redatta da Beatrice Buscaroli Fabbri. Inoltre, come ci indica acutamente il Professor Michele Danieli, è molto probabile che il prototipo per il nostro Ismaele sia la figura in primo piano nel “Martirio di Sant’Agnese" del Domenichino, oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna

  • Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719) bottega di - workshop of
    Lotto 14

    Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719) bottega di - workshop of

    Narciso

    Olio su tela

    Ovale

    L’opera si presenta con una bella cornice d’epoca

    Narcissus

    Oil on canvas 

    Oval

    The work has a beautiful period frame

    118 x 90 cm


    Per un breve periodo, l'apprendistato di Carlo Cignani si svolge da G. B. Cairo, pittore bolognese semi sconosciuto, e successivamente nell’atelier di Francesco Albani. Contemporaneamente frequentava un'Accademia privata d'arte a Bologna, guidata dallo stesso Albani assieme a Alessandro Tiarini e il Guercino. Dopo le prime e fortunate commissioni cittadine lo ritroviamo a Roma per decorare una galleria nel casino Farnese fuori porta S. Pancrazio, commissione mai iniziata e poi passata dal Cardinale Gerolamo Farnese a Filippo Lauri. Sempre all’Urbe, assistito da Emilio Taruffi, gli sono commissionati due e grandi affreschi sulle pareti destra e sinistra dei presbiteri della grande chiesa di S. Andrea della Valle. Nel 1665 il Cignani ritorna a Bologna, dove risiede sino al 1684, anno in cui si trasferisce a Forlì. In questi decenni ha dipinto decorazione a fresco di quattro sovrapporte con Apparizioni dell'arcangelo S. Michele nella chiesa di S. Michele in Bosco, sopra le quadrature illusionistiche dipinte da D. Santi detto il Mengazzini. Questo suo intervento è chiaramente ispirato alla morbida grazia dei putti del Correggio, suo maggior ispiratore, a lui giunto tramite il suo maestro Francesco Albani che, fra tutti gli allievi di Annibale Carracci, fu probabilmente quello più influenzato dalla pittura mitologico-pastorale dell’Allegri. Nell'arte del Cignani, in effetti, oltre al Correggio si avverte la lezione di Guido Reni e la sua anima classicistica; l’arte di Carlo, in effetti, è caratterizzata da uno stile dignitoso delle figure, da forme gentili e tondeggianti, da un'elegante calma compositiva. Negli anni Settanta il suo studio si era ormai affermato e si avvelava di svariati collaboratori, tra i quali spiccano i nomi di Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini. Nel 1683 Cignani intraprende la più importante opera della sua carriera, ovvero la decorazione della cupola della cappella della Madonna del Fuoco nella cattedrale di Forlì con la grandiosa Assunzione della Vergine, opera che lo obbliga a stabilirsi in Romagna. Va ricordato il ruolo preminente di Cignani nella fondazione dell'Accademia Clementina, la prima accademia d'arte di Bologna, patrocinata dalla città, organizzata nel primo decennio del Settecento dai più eminenti artisti di Bologna e da vari personalità della nobiltà cittadina. La sua arte ha vissuto oltre la sua morte, avvenuta a Forlì il 6 settembre 1719, grazie all’esorbitante e impressionanante numero di pittori usciti dalla sua bottega: ricordiamo il figlio Felice Cignani, Clemente Ruta, Antonio Catalani “il Romano”, Giulio Aldrobrandini, Giacomo Alboresi, Giulio Benzi, i veronesi Antonio Calza Sante Prunato, Alessandro Marchesini, i ferraresi Maurelio Scannavini e Giacomo Parolini, Ludovico David, Giovan Camillo Sagrestani, Giuseppe Maria Crespi, Francesco Mancini, Federico Bencovich e Ignazio Stern, oltre ai già citati Franceschini e Quaini. Il riferimento puntuale e convincente a favore della tesi attributiva lo ritroviamo nel giovane protagonista della tela “Agar e Ismaele” della collezione Graf von Schonbornsche Schlossverwaltung, pubblicata a pag 197, foto 68, della monografia redatta da Beatrice Buscaroli Fabbri. Inoltre, come ci indica acutamente il Professor Michele Danieli, è molto probabile che il prototipo per il nostro Ismaele sia la figura in primo piano nel “Martirio di Sant’Agnese" del Domenichino, oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna

  • Pietro Labruzzi (Roma 1739 - 1805)
    Lotto 15

    Pietro Labruzzi (Roma 1739 - 1805)

    Ritratto di nobiluomo

    Olio su tela

    Portrait of a nobleman

    Oil on canvas

    64 x 82 cm


    La formazione artistica di Pietro Labruzzi resta a tutt'oggi ancora poco chiara per la mancanza di precisi dati cronologici. Risale al 1753 la prima precoce opera documentata raffigurante la Madonna con i SS. Anna e Gioacchino, eseguita per la chiesa romana di S. Maria della Luce, nell'ambito degli interventi di decorazione voluti dai padri minimi e affidati a un gruppo di artisti di cultura napoletana, fra i quali figuravano Sebastiano e Giovanni Conca e Onofrio Avellino; ciò lascerebbe supporre, vista anche l'affinità stilistica, che Pietro sia cresciuto seguendo l’accademismo partenopeo frequentando Conca e arricchita però dall'influenza di Pompeo Batoni e da richiami del Cortona. Negli anni Settanta, con la riforma classicista dello stile, il suo linguaggio va a semplificarsi assumendo i toni severi e l'essenzialità. In occasione dell’intervento decorativo patrocinato da Pio VI per il duomo di Spoleto, affidato a Corvi, Cristoforo Unterperger, Bernardino Nocchi e Cavallucci, Pietro esegue una serie di dipinti. Labruzzi opera con successo anche in ambito ritrattistico seguendo le orme dettate da Batoni nel secondo Settecento. Il nostro dipinto va attribuito a Pietro Labruzzi per la pertinenza al gusto neoclassico romano, alimentato da Pompeo Batoni, Anton Raphael Mengs e Anton von Maron. Il personaggio, posizionato con elegante imponenza, è colto con la massima cura e raffinatezza del suo vestire. Un utile confronto lo ritroviamo nel celeberrimo ritratto Giovanni Battista Piranesi del Museo di Roma, oppure il ritratto datato 1783 “Ritratto di gentiluomo con sfondo di ninfeo” pubblicato da Giancarlo Sestieri, figura 562, in “Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento

  • Cesare Fracanzano (Bisceglie 1605 - Barletta 1651) Cerchia di- circle of
    Lotto 16

    Cesare Fracanzano (Bisceglie 1605 - Barletta 1651) Cerchia di - circle of

    San Francesco di Paola

    Olio su tela

    St. Francis of Paola

    Oil on canvas 

    91 x 74 cm 


    L'impostazione dell’opera in questione rimanda a diversi influssi desunti dai modelli ribereschi per l’accentuato naturalismo del volto e delle belle mani. La luminosità, invece, ci porta a riflettere sull’influenza svolta nel sud Italia da Pietro Novelli, detto il monrealese Anton Van Dyck. Non mancano citazioni bolognesi, di Guido Reni in particolare. Questa fitta rete di indizi porta alla scuola pittorica dell'Italia meridionale, che ha visto a Napoli la sua capitale. La cerchia o un seguace di Cesare Fracanzano potrebbe essere realisticamente l’autore dell’opera, ispirato alla fase ultima dell’artista, quando ammorbidì il suo naturalismo riberesco e il chiaroscuro, producendo una pittura più solare ed estasiata, sulla linea di Guido Reni

  • Scuola romana del XVIII secolo da Guido Reni
    Lotto 17

    Scuola romana del XVIII secolo da Guido Reni

    Madonna col Bambino dormiente

    Olio su vetro 

    Roman School of the 18th century from Guido Reni

    Madonna with sleeping Child

    Oil on glass

    43 x 35 cm


    L’immagine originale di questa dolce scena spetta al maestro bolognese Guido Reni, da cui è stata tratta quest'opera di assoluta qualità. Questo motivo reniano ha avuto ampio e duraturo successo, tanto da essere replicato da Francesco Gessi e da Sassoferrato. Fu anche fonte di ispirazione per i pittori del primo settecento romano che rivisitavano la lezione reniana, come Francesco Trevisani, Sebastiano Conca, Benedetto Luti, Carlo Maratta, Ignazio Stern, Francesco Mancini, per citare i nomi più importanti

  • Agostino Scilla (Messina 1629 - Roma 1700) attribuito - attributed
    Lotto 18

    Agostino Scilla (Messina 1629 - Roma 1700) attribuito - attributed

    Cartesio

    Olio su tela

    Descartes

    Oil on canvas

    67 x 56 cm


    Dopo i primi studi umanistici nella sua città, è apprendista nella bottega di Antonino Barbalonga Alberti.


    Agostino Scilla si trasferisce a 17 anni Roma, dove ha modo di studiare i grandi maestri del Rinascimento e frequentare la scuola di Andrea Sacchi. Nel 1651 torna a Messina, operando come pittore. La sua fama e le conseguenti commissioni gli hanno permesso di aprire una sua bottega, dove tra i molti si sono formati Giuseppe Balestriero, Placido Celi, Antonio Madionai. Su commissione del Principe Antonio Ruffo ha decorato la terza camera del palazzo “Alla Marina”, dipingendo l’affresco intitolato “Sposalizio del Merito e della Virtù che scaccia Invidia e Avarizia“. A causa della sua partecipazione alla rivolta anti spagnola del 1674 a Messina, fugge in Francia, dove dipinge il quadro “La conversione della Maddalena” nella chiesa di Bouliac. Quattro anni più tardi, rientrando verso Roma, soggiorna a Torino, decorando il Salone del Palazzo Reale con figure allegoriche rappresentanti la Fortezza e la Giustizia. Giunto all’Urbe fa parte dell’Accademia di San Luca per cui dipinse un “Autoritratto” e un “San Gerolamo”. L’opera si caratterizza per una pittura di tocco e inquadrata nella corrente “neoveneziana” presente a Roma e portata in auge da Pier Francesco Mola e Salvator Rosa, che trova emuli e seguaci in vari artisti soprattutto di estrazione nordica, come Monsù Bernardo, Daniel Seitter ma anche gli italiani Gerolamo Troppa o Antonio Gherardi. Un confronto edificante lo si ritrova nell’opera “Tolomeo” (già mercato francese, pubblicata a pag. 206 de “Mola e il suo tempo- pittura di figura a Roma dalla Collezione Koelliker” a cura di Francesco Petrucci) poi passato in asta presso Hampel, il 5 luglio 2017

  • Daniel Vertanghen (Amsterdam o L'Aia 1601 - Amsterdam 1681/1684) e aiuti
    Lotto 19

    Daniel Vertanghen (Amsterdam o L'Aia 1601 - Amsterdam 1681/1684) e aiuti

    Diana e Callisto

    Olio su tela

    Diana and Callisto

    Oil on canvas

    104 x 158


    Daniel Vertanghen è da sempre ritenuto allievo di Cornelis van Poelenburch o Poelenburgh, condivide l’esperienza d’apprendistato assieme a Dirck van der Lisse, Jan van Haensbergen e Abraham van Cuylenborch. Versatile artista, egli si è dedicato ai più disparati temi pittura di genere, paesaggistica, ritratti, dipinse soggetti storici, mitologici e religiosi. I suoi paesaggi erano ambientazioni naturalistiche per episodi mitologi o biblici. La sua produzione di questo genere trova affinità con quanto realizzato da Poelenburch, del quale col tempo è diventato collaboratore. Puntuali riscontri stilistici per l’opera presentata li ritroviamo in “Ninfa e satiri” del Museo Nazionale di Budapest, “Diana e le ninfe al bagno” del Finnish National Gallery di Helsinki in “Diana e ninfe” del National Gallery of Denmark di Copenhagen

  • Francesco Salvatore Fontebasso (Venezia 1707 - 1769) bottega di - workshop
    Lotto 20

    Francesco Salvatore Fontebasso (Venezia 1707 - 1769) bottega di - workshop

    Aman si getta ai piedi di Ester chiedendo pietà

    Olio su tela

    Haman throws himself at Esther's feet asking for mercy

    Oil on canvas 

    73 x 54 cm


    Francesco Fontebasso si forma nella bottega di Sebastiano Ricci, anche se la sua pittura denuncia un’influenza di Giambattista Tiepolo, come testimoniano lo Sposalizio di Santa Caterina e l'Adorazione dei pastori. Intorno alla metà del Settecento opera a "Ca' Zenobio”, nei pressi di Treviso, ove dipinge a fresco raffinate decorazioni a stucco le allegorie della Giustizia, della Pace e delle Virtù. Sempre sulle orme del Tiepolo dipinse anche la sala da ballo della villa. Lavora anche a Padova, Treviso e a Trento, per poi recarsi a San Pietroburgo tra il 1761 ed il 1762, dove realizza tele e affreschi per il Palazzo d'Inverno. Va segnalato che Domenico Fontebasso dipinse secondo lo stile paterno. La tela in questione porta i segni indelebili dello stile di Fontebasso e in certi passaggi raggiunge vette pittoriche ( come nel caso dell'abito della regina e il tessuto che scende dalla base del trono, nonché la bandiera e lo scudo in primo piano) che fanno supporre che vi sia l’intervento, seppur limitato, del maestro. L’opera non compare nella monografia, quindi può essere una libera invenzione di bottega su schemi del maestro, oppure tratta da qualche opera andata perduta. I riferimenti puntuali a cui far riferimento sono “Ester e Assuero”, collezione Lord Sherborne, “Salomone e la regina di Saba” del Museo Diocesano Tridentino di Trento, e “Il giudizio di Salomone” del Kumstmuseum di Basilea

  • Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)
    Lotto 21

    Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)

    Veduta lacustre 

    Olio su tela

    Lake view

    Oil on canvas

    68 x 102 cm


    Nato a Venezia il 15 ottobre del 1665 nella parrocchia di San Bartolomeo, Pedon è con Antonio Marini e Marco Ricci uno dei migliori protagonisti del paesaggio barocco veneto tra Sei e Settecento. Il suo stile elabora quanto giunto tra le lagune da Johann Anton Eismann, Hans de Jode, Ernest Daret, Cornelio Dusman, Jan e Andries Both e Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, tutti pittori paesaggisti nordici operanti a Venezia o nella sua terraferma. Uomo di cultura, oltre alla pittura Pedon era un fine letterato sebbene conducesse una vita piuttosto sregolata e dedita al vizio, motivo, forse, del fatto che la Fraglia dei Pittori lo vede iscritto per un solo anno, nel 1716. Dopo secoli di oblio la sua opera è stata rivalutata nel corso del ‘900 e grazie ad un primo nucleo di dipinti monogrammati. Dopo un’iniziale impostazione nordica, contrassegnata da scoscese rupi, quasi onnipresenti, nel corso della sua maturazione artistica, Pedon scorge nel Ricci il suo nuovo mentore: la sua pittura si fa così più dolce e colorata, e diventa piacevolmente arcadico, nel complesso, il suo modo di fare paesaggio. E’ utile ricordare come egli inizialmente fosse stato convenzionalmente chiamato “Maestro delle foglie bugnate” per il suo modo di dipingere le foglie picchettando gli alberi con l’ocra al fine di realizzare le foglie, particolare presente anche nell'opera in questione. 

    La tela in esame è da assegnare alla seconda fase del maestro veneziano, cioè a cavallo dei secoli, quando il suo graduale ma continuo allontanamento dai modi nordici è ben avviato, ma non completato, in favore di un’esposizione più pacata di ampie vedute paesaggistiche popolate di genti intente al loro lavoro umile e intenso, di rosiana memoria. Per quest’opera, che possiamo tranquillamente dir veneta, il confronto più utile lo troviamo in Hans de Jode e il suo “Paesaggio con porto” del Museo di Castelvecchio a Verona.

    Pedon ha aperto l’angolo visivo e trasformato una visione concentrata in un piccolo anfratto in una visione di ampio respiro, che abbraccia l’intero specchio lacustre. L’intonazione cromatica è grigia, come si può riscontrare in de Jode. I pescatori hanno atteggiamenti pesanti che ricordano quanto proposto da Magnasco e Ricci e il loro paesaggio eroico, ma in generale la tragicità barocca è superata: la piacevolezza del paesaggio prevale su ogni altro elemento. Infine, interessante notare come le imbarcazioni disperse nello specchio d’acqua abbiano curiose vele “a dente” non dissimili da quelle che Noel Cochin, detto Monsù Cussin o Cochin de Venise, pittore francese presente a Venezia sul finire del Seicento, dipingeva e che si possono ritrovare nello splendido paesaggio conservato al Museo Civico di Treviso

  • Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)
    Lotto 22

    Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)

    Paesaggio con fiume e ponte romano 

    Olio su tela

    Landscape with river and roman bridge

    Oil on canvas

    54 x 86 cm


    Nato a Venezia il 15 ottobre del 1665 nella parrocchia di San Bartolomeo, Pedon è, con Antonio Marini e Marco Ricci, uno dei migliori protagonisti del paesaggio barocco veneto tra Sei e Settecento. Il suo stile elabora quanto giunto tra le lagune da Johann Anton Eismann, Hans de Jode, Ernest Daret, Cornelio Dusman, Jan e Andries Both e Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, tutti pittori paesaggisti nordici operanti a Venezia o sulla terraferma. Uomo di cultura, oltre a dedicarsi alla pittura Pedon era un fine letterato sebbene conducesse una vita piuttosto sregolata e dedita al vizio, motivo, forse, del fatto che la Fraglia dei Pittori lo vede iscritto per un solo anno, nel 1716. Dopo secoli di oblio, la sua opera è stata rivalutata nel corso del ‘900, grazie ad un primo nucleo di dipinti monogrammati. Dopo un’iniziale impostazione nordica, contrassegnata da scoscese rupi, quasi onnipresenti, nel corso della sua maturazione artistica Pedon scorge nel Ricci il suo nuovo mentore. La sua pittura si fa più dolce e colorata, ed è piacevolmente arcadico, nel complesso, il suo modo di fare paesaggio. E’ utile ricordare come all'inizio egli fosse stato convenzionalmente chiamato “Maestro delle foglie bugnate” per il suo originalissimo modo di dipingere le foglie picchettando gli alberi con l’ocra al fine di realizzare le foglie, particolare presente anche nell'opera in questione.

    La tela in esame è da assegnare alla fase estrema del maestro veneziano, quando oramai ha completamente lasciato ogni asperità nordica, le turbolenze atmosferiche a vantaggio di una narrazione posata e arcadica ove descrive il fare di contadini, pastori e pescatori disseminati tra i campi e i corsi d’acqua. L’opera si contraddistingue per la presenza, centrale, del ponte romano a tre arcate. Esempi di manufatti simili erano disseminati nel contado veneto, di questi, oggi rimangono Ponte Molino a Padova e Ponte Pietra a Verona. Lo splendido paesaggio per l’equilibrata composizione, bilanciata dalle grandi querce laterali, per la complessità espositiva e il bellissimo degradare prospettico sino ai lontani monti, nonché per la cura e la vivacità scenica dei personaggi, è da annoverare tra le massime espressioni del paesaggismo di Pedon nella sua fase tarda al pari del “Paesaggio fluviale con pescatori” della collezione Crédit Agricole FriulAdria, oppure il “Paesaggio con lavori agricoli”, Fototeca Zeri, numero scheda 68550

  • Giuseppe Ghezzi (Comunanza 1636 - Roma 1721)
    Lotto 23

    Giuseppe Ghezzi (Comunanza 1636 - Roma 1721)

    La guarigione miracolosa di Tobia per mano dell'Arcangelo Raffaele

    Olio su tela

    The miraculous healing of Tobias by the hand of the Archangel Raphael

    Oil on canvas

    99 x 135 cm


    Nato a Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, è stato allievo del padre Sebastiano Ghezzi. Giunto a Roma matura nell’orbita di Pietro da Cortona, allargandola all’influenza di Carlo Maratta e il Baccicia anche se non manca da parte sua un’attenzione per la pittura veneta al Guercino e Lanfranco. Ne determina una pittura di forte impatto, caratterizzata da una paletta cromatica accesa e vivida prestata a raffigurazioni dove coesistono attenzioni naturalistiche ed effetti barocchi.

    La tela trova precisa corrispondenza con le due opere della Fototeca Zeri: Ghezzi Giuseppe, Tobia ridona la vista al padre (Entry number 48640); Ghezzi Giuseppe, Guarigione di Tobia (Entry number 48641)

  • Alessandro Tiarini (Bologna 1657 - 1668) e collaboratori - and workshop
    Lotto 24

    Alessandro Tiarini (Bologna 1657 - 1668) e collaboratori - and workshop

    Compianto del Cristo deposto

    Olio su tela

    Lamentation of the deposed Christ

    Oil on canvas

    94 x 127 cm


    L’opera è accompagnata da uno studio del dottor Emilio Negro disponibile su richiesta


    La formazione di Alessandro Tiarini avviene presso Prospero Fontana, successivamente si lascia influenzare da Bartolomeo Cesi. Tornato a Bologna dopo un soggiorno di lavoro a Firenze, inevitabilmente si accosta alla scuola dei Carracci, facendo proprie le loro istanze naturalistiche, avvicinandosi specialmente all'opera di Ludovico Carracci, di cui denuncia il forte e sofferto sentire religioso. Le sue opere si caratterizzano per come le sue figure s’impongono entro composizioni scure, di impressionante gravità, illuminate con luce altamente drammatica. Di questo periodo il capolavoro esemplificativo è da ritenersi la “Deposizione di Cristo nel sepolcro”, opera realizzata per la chiesa di Sant'Antonio del Collegio Montalto, ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, a cui la nostra tela fa evidente riferimento.

    Successivamente, entra in contatto con gli ambienti pittorici di Parma, Venezia e Ferrara, dedicandosi alla riscoperta dell’opera del Correggio. In questa seconda fase schiarisce la tavolozza, mentre le figure acquistano monumentalità e perdono la loro estremizzazione drammatica, godendo maggiore naturalezza

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ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE


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