ASTA 88 - ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA. Con una sezione dedicata all’arte a Roma tra le due guerre.
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Lotto 145 FERRUCCIO FERRAZZI
Roma, 1891 - 1978
Doppio autoritratto, 1943
Encausto su terracotta entro teca, 14,5 x 24,5 cm
Riferimento “Diario IX - 13 giugno 1943 - 14 settembre 1946”, in particolare 31 ottobre 1943, p. 30 (riportato sotto la mattonella)
Firma in alto: Ferrazzi
Autentica su foto dell’Archivio Ferrazzi, Roma, 2007
Autentica su foto della Galleria Sant’Agostino, Torino
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 77.
Buone condizioni
Cornice, senza vetro, entro teca in parte -
Lotto 146 FERRUCCIO FERRAZZI
Roma, 1891 - 1978
Studio per Orizia, 1939
Olio su tavola, 15 x 10 cm
Firma, titolo e data in alto a destra: Ferrazzi, Orizia, 1939
Etichetta al retro della Galleria d’Arte Netta Vespignani, Roma
Autentica su foto dell’Archivio della Scuola Romana, Roma, 2007
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 147 FRANCESCO TROMBADORI
Siracusa, 1886 - Roma, 1961
Fiori di ciliegio
Olio su tela, 31 x 25,5 cm
Firma in basso a sinistra: F. Trombadori
Autentica su foto di Donatella Trombadori, Roma, 2011
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 84.
BIOGRAFIA: Il padre Antonino è libraio, incisore e plasticatore di pupi da presepio. Durante la giovinezza Francesco frequenta la scuola tecnica. Nel 1907 si trasferisce a Roma dove segue i corsi dell'Accademia di Belle Arti e la scuola libera del nudo. Tra i maestri c'è Giuseppe Cellini, tra i compagni di corso troviamo Cipriano Efisio Oppo, Amerigo Bartoli, Mario Broglio,Virgilio Guidi. Nel 1911 tiene la sua prima personale, nel Foyer del Teatro Massimo di Siracusa. Nel 1913 inizia a frequentare lo studio di Enrico Lionne (1875-1921) confermando la propria tendenza verso la pittura divisionista, allora molto in voga a Roma. Nel 1915 parte per la guerra: nell'agosto 1916 è ferito sul Podgora nell'azione per la presa di Gorizia. Alla fine del conflitto Trombadori è nuovamente a Roma. Frequenta assiduamente la Terza Saletta del Caffè Aragno. E’ anche in contatto con l’ambiente di Bragaglia, come è testimoniato da una serie di ritratti in fotodinamica e dalla sua presenza nell'Index. Il rapporto di stima proseguirà anche quando l’artista entrerà nella sua fase "neoclassica" . Dal 1920 vive a Villa Strohl-fern. Nel 1921 è nominato professore di disegno all'Istituto Tecnico di Civitavecchia . Partecipa alla I Biennale romana. Lavora anche come illustratore, per il libro di novelle di Henry Barbusse "L'uomo e la donna". Nel 1922 ,agli "Amatori e Cultori" presenta "Siracusa mia!", che può essere considerato come il punto di arrivo del suo periodo divisionista. Nei primi anni Venti Trombadori dedica molto tempo allo studio della pittura antica, cercando una via personale nel difficile rapporto tra avanguardia e tradizione. La Seconda Biennale Romana, nel 1923, è l'occasione per confrontare il suo lavoro con quello di altri "compagni di strada", da Antonio Donghi a Carlo Socrate a Nino Bertoletti, con i quali espone in una sala di intonazione "neoclassica" e purista. .
Nel 1924 espone alla Biennale di Venezia e alla Esposizione di venti artisti italiani presso la galleria Pesaro di Milano. Alla Terza Biennale romana nel 1925 espone nella stessa sala di de Chirico (artista al quale è legato da un rapporto di reciproca stima ed amicizia) di Antonio Donghi, Francesco Di Cocco e Filippo De Pisis. Sempre nel 1925 inizia la sua attività di critico d’arte, pubblicando su "L'Epoca" due scritti dedicati a Fattori e alla morte di Spadini e ne "L'Opinione" un testo sulla situazione artistica italiana. Fin dalla primavera del 1925 Trombadori è in contatto con Margherita Sarfatti e con il comitato organizzatore del "Novecento Italiano" , che oltre ad invitarlo come artista lo incaricano di propiziare la partecipazione di altri esponenti dell’ambiente romano, da Bandinelli a De Chirico a Bartoli a Donghi. Nel febbraio del 1926 si inaugura a Palazzo della Permanente di Milano la I mostra del Novecento italiano alla quale partecipa con tre opere. Anche più interessante per i risvolti romani del "Novecento " è la mostra dei "Dieci artisti del Novecento Italiano" che viene presentata da Margherita Sarfatti nell'ambito della XCIII Esposizione di Belle Arti della Società Amatori e Cultori. Il nucleo è rappresentato da Virgilio Guidi e Carlo Socrate , Gisberto Ceracchini , Riccardo Francalancia , Trombadori presenta quattro tele (due paesaggi e due nature morte). Nella sua pittura inizia a manifestarsi un nuovo interesse per il paesaggio, frequentemente esposto nelle mostre nazionali ed internazionali.
Nel 1931 partecipa con tre opere alla Prima Quadriennale, pubblicando anche su "Gente nostra" varie recensioni, utili per capire le sue preferenze nel panorama italiano. Ricordiamo che nel 1930 Trombadori recensisce con attenzione anche la mostra di due giovani "espressionisti": Mafai e Scipione. Prosegue la sua partecipazione alle mostre del Novecento Italiano, che in questo periodo si tengono soprattutto all'estero (Buenos Aires 1930, Stoccolma 1931, Oslo 1932). Nel 1931 partecipa con un dipinto alla Exhibition of Contemporary Italian Painting nel museo di Baltimore (USA). Una piccola personale è accolta dalla Biennale di Venezia del 1932. Tra le altre mostre degli anni Trenta possiamo ricordare le varie edizioni della Biennale di Venezia, della Quadriennale di Roma, e delle Sindacali, alle quali partecipa sempre con piccoli gruppi di opere.
Nel 1938 appare per le edizioni di "Circoli" la prima monografia, quaranta opere introdotte da un testo di Adriano Grande. La sua collaborazione a "Circoli" è molto intensa e qualitativamente alta, con articoli che spaziano dalla recensione libraria alla pittura del seicento. All'inizio degli anni Quaranta c'è da segnalare un momento abbastanza curioso, rappresentato dai quadri dipinti per il salone dell’Aeronautica alla Biennale di Venezia del 1942 e poi esposti anche alla Mostra dell'arte aeronautica della Galleria di Roma (1943). Una evasione dal repertorio consueto ma forse anche un segno delle difficoltà di lavoro nel periodo bellico. L'ultimo periodo della guerra è particolarmente duro: nell'aprile 1944 è arrestato dalla banda Koch che operava a Roma al servizio dei tedeschi e dei fascisti. Viene ristretto nella pensione Jaccarino per strappargli notizie del figlio Antonello ricercato dalle SS.
Dopo la guerra inizia un nuovo periodo pittorico, dedicato a una originale e raffinata lettura del paesaggio romano in chiave neometafisica. Tra le mostre possiamo ricordare le personali alla Galleria del Pincio (Roma 1951) alla "Tartaruga" (Roma 1955) al Centro San Babila (Milano 1960) alla Galleria Russo (Roma 1961). Dal 1950 in poi fa frequentemente ritorno in Sicilia.
BIBLIOGRAFIA: "Trombadori", catalogo della mostra a cura di M.Fagiolo dell’Arco, V.Rivosecchi, Roma, 1986;
V. Rivosecchi, Trombadori, in "Nove maestri della scuola romana", Torino 1992;
Catalogo generale della Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, a cura di G. Bonasegale, Roma 1995;
"Venezia e la Biennale. I percorsi del gusto", a cura di F. Scotton, Venezia 1995.
Ottime condizioni
Cornice, vetro, passepartout -
Lotto 148 FRANCESCO TROMBADORI
Siracusa, 1886 - Roma, 1961
Natura morta con pollo spennato, 1928
Olio su tela, 60,5 x 69,5 cm
Firma in basso a destra: F. Trombadori
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, pp. 82-83;
“Nove Maestri della Scuola Romana”, a cura di F. D’Amico, F. Gualdoni, M. Quesada e V. Rivosecchi, Edizioni Seat, Torino, 1992, p. 89;
“Trombadori”, a cura di M. Fagiolo dell’Arco e V. Rivosecchi, De Luca Editore, Roma, 1986, n° 21.
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 149 GIACOMO MANZÙ
Bergamo, 1908 - Roma, 1991
Cardinale, 1945 circa
Scultura in bronzo patinato, 28,2 x 14 x 15,6 cm
Firma incisa alla base: Manzù
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: Paolo VI, Il papa degli artisti, Museo di Roma - Palazzo Braschi, 8 dicembre 2018 - 17 febbraio 2019, Museo di Roma - Palazzo Braschi, cat. della mostra a cura di A. D’Amico, Rome, 2018, pp. 68/70/99.
Ottime condizioni -
Lotto 150 GIOVANNI OMICCIOLI
Roma, 18901 - 1975
Barche
Olio su tela, 40 x 60 cm
Firma in basso a destra: Omiccioli
BIOGRAFIA: È stato un pittore italiano, uno dei rappresentanti della cosiddetta Scuola Romana, artista fra i più popolari ed amati, specialmente dai romani de Roma a causa anche delle sue dinamiche rappresentazioni di "partite di calcio", è diventato il simbolico pittore di Via Margutta.
Dopo l'adesione alla Scuola Romana, nel 1928, si legò soprattutto a Mafai e ad Antonietta Raphaël, collaborando spesso anche con Scipione e Raffaele Frumenti. La sua attività pittorica iniziò nel 1934; pochi anni dopo, nel 1937, presenterà tre opere alla IV Mostra del Sindacato Fascista di Belle arti. Dello stesso anno è la sua prima personale alla Galleria Apollo di Roma.
Frequentò l'Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni '40 e '70 e fu attivo anche sul piano politico e, con Mario Mafai, Guttuso ed Afro realizzò la prima testata de L'Unità nel 1945, subito dopo la Liberazione. Nello stesso anno partecipò alla I Mostra dell'Arte contro le barbarie, promossa dal quotidiano comunista alla Galleria di Roma e presentata in catalogo da Antonello Trombadori, con un'opera di forte impegno politico (La fucilazione di Bruno Buozzi).
Vincitore di un'edizione del Premio Marzotto con Il Pastore con la capretta, Omiccioli è stato presente nelle più importanti rassegne: di particolare rilievo l'invito con un'antologica all'Ermitage di Leningrado, la personale alla Galleria d'Arte La Medusa di Napoli; durante gli anni cinquanta partecipa a collettive a Pittsburg, Boston, Tokyo, espone alla mostra itinerante nei paesi scandinavi organizzata dall'Art Club, alle Quadriennali romane del 1955, 1959 e poi del 1966, alle Biennali veneziane del 1952, 1954, 1956. Presenta nel 1959 un dipinto su faesite, Cristo crocifisso, alla VIII Biennale d'Arte Sacra a Bologna. Durante gli anni sessanta espone a tre edizioni della Rassegna di Arti figurative di Roma e del Lazio (1961, 1963, 1965) e alla VI Biennale di Roma del 1968.
Nel 1960 fu invitato alla “11ª edizione del premio Avezzano-rassegna nazionale delle Arti Figurative” ad Avezzano (AQ), insieme a R. Brindisi, S. Cavallo, G. Ceracchini, V. Ciardo, E. Fantuzzi, C. Levi, M. Rosa, G. Straghota, F. Trombadori, A. Vangelli ed altri.
Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in Medio oriente e in Nordafrica.
Ottime condizioni
Cornice, vetro -
Lotto 151 GIOVANNI STRADONE
Nola, 1911 - Roma, 1981
Marcia Longa, 1962
Olio su tela, 30 x 40 cm
Firma e titolo al retro: Stradone, Marcia Longa
Autentica su foto di Cristiano Giulio Sangiuliano, Christies’s Italia, 2005
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 51
BIOGRAFIA: Giovanissimo frequenta lo studio di Ferruccio Ferrazzi e nel contempo si dedica all'entomologia. Dopo un esordio pittorico in linea con le ricerche svolte dai "tonalisti", guarda con particolare interesse all'espressionismo di Mafai e soprattutto di Scipione. Caratteristico della produzione di questi anni è il tentativo di ridurre l'immagine a semplice movimento materico, così da assumere dei valori altamente intimistici. Risale al 1935 la sua prima apparizione pubblica nella mostra dei Prelittoriali, poi nel 1939 espone alla Galleria delle Terme. Negli anni Quaranta con una serie di disegni fortemente legati alla drammatica situazione del periodo, la sua inventiva artistica raggiunge una fase saliente. Nel 1942 espone con Monti, Gentili, Natili e Mazzacurati alla Galleria di Roma; nel 1945 alla Galleria dello Zodiaco e nel 1947 con Scialoja, Ciarrocchi e Sadun alla Galleria del Secolo. In questa occasione Cesare Brandi conia per la prima volta la definizione dei "quattro pittori fuori strada", evidenziando l'originalità creativa del gruppo rispetto alla contemporanea arte italiana, troppo legata ad un lessico di tipo neo-cubista. Successivamente porta l'espressionismo alle estreme conseguenze formali fino a giungere alle soglie dell'Informale
BIBLIOGRAFIA: G. Dessì, "Giovanni Stradone", Roma 1950;
G. de Chirico, "Giovanni Stradone", Roma 1964;
V. Rivosecchi, A. Trombadori, "Roma appena ieri", Roma 1986.
Credits: Netta Vespignani, Francesca F.R. Morelli, Valerio Rivosecchi
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 152 GUGLIELMO JANNI
Roma, 1892 - 1958
Peperoni verdi, 1922
Olio su tavola, 42 x 27 cm
Firma al retro: G. Janni
Timbro e autentica di Romeo Lucchesi, Libero de Libero, Alberto Ziveri, 10 luglio 1972
Timbro della Galleria Russo & Russo, La Barcaccia, Roma
BIOGRAFIA: Nasce dall'avvocato Giuseppe Janni e da Teresa Belli, nipote del grande poeta Giuseppe Gioachino Belli, la cui eredità letteraria eserciterà molto fascino sulla personalità dell'artista. Tra il 1902 e il 1914 studia al Liceo Classico e si laurea in giurisprudenza. Dopo la guerra si iscrive al corso di decorazione tenuto dall'artista liberty Giulio Bargellini all'Accademia di Belle Arti. Dopo il diploma collabora con Bargellini e contemporaneamente si dedica ad approfondire la sua cultura letteraria e filosofica. Esordisce nel 1921 alla I Biennale romana . Intorno al 1924 è chiamato dal suo maestro a decorare la sede centrale della Banca d'Italia, dove affresca la Storia della moneta italiana. Tra il 1926 e il 1927 seguono altre collaborazioni: al Ministero degli interni e della Giustizia, all' Istituto Nazionale delle Assicurazioni e alle Terme di Montecatini. La prima fase della sua produzione è caratterizzata soprattutto da soggetti religiosi. Nel 1923 espone San Tarcisio (disperso) alla II Biennale romana; nel 1925 al Concorso Artistico Francescano di Milano invia San Francesco. Nel 1927 partecipa al Concorso di Pittura dell'Associazione Nazionale degli Artisti di Firenze con uno dei suoi capolavori: San Sebastiano.In questo periodo diventa amico di Alberto Ziveri e si distacca progressivamente da Bargellini. Nel 1928 affresca la cappella votiva per i caduti nella chiesa di San Bartolomeo a Busseto (Parma), dove dimostra una particolare attenzione a Piero della Francesca. Nel 1929 partecipa alla I Mostra del Sindacato Laziale Fascista degli Artisti. E’ notato positivamente da Roberto Longhi, che scrive sulle motivazioni in prevalenza letterarie caratterizzanti la sua pittura.
Nel 1931 all'Esposizione Internazionale d'Arte Sacra Cristiana Moderna a Padova partecipa con le Opere di Misericordia. Negli anni trenta i soggetti della sua pittura sono caratterizzati dalla "vocazione al mito", che l'artista trascende attraverso una tormentata e sensuale contemplazione della bellezza virile, a volte celata attraverso il tema ambiguo e mondano del mascheramento. Lo dimostra ad esempio "Endimione", tela con la quale nel 1931 partecipa alla "Exhibition of Contemporary Italian Painting" di Baltimora (Usa). Nel 1934 prende parte alla "Exhibition of Contemporary Italian Painting", mostra itinerante negli Stati Uniti , organizzata da Dario Sabatello .
Tiene la sua prima personale nella Galleria della Cometa a Roma nel 1936. La presentazione in catalogo è di Giuseppe Ungaretti. Vi espone un nutrito gruppo di opere tra cui: Figura d'aprile, Giovani atleti, Lo specchio, Figura di Balletto. La critica accoglie molto favorevolmente la sua mostra, al punto che l'anno seguente allestisce nella stessa galleria la seconda personale, dove presenta anche Cassandra e Pesi e trapezi. Sempre nel 1936 partecipa per l' unica volta alla Biennale di Venezia, accomunato ai protagonisti del tonalismo. Frattanto in gennaio ha accettato di esporre tre opere nell'Esposizione d'Arte italiana Contemporanea di Budapest.
Nel 1937 è a Parigi con Alberto Ziveri per visitare l'Esposizione Universale. Verso la fine dell' anno, proprio mentre sembra affermarsi come artista , attraversa una crisi esistenziale, che lo porta a rinunciare definitivamente alla pittura, dopo aver realizzato complessivamente poco meno di duecento opere (delle quali diverse ridotte allo stato di frammento).
Dal 1938 si concentra esclusivamente sullo studio degli inediti di Giuseppe Gioachino Belli, raccolti nella biblioteca di famiglia. Fino al 1956 lavora alla biografia Belli e la sua epoca, d'ispirazione proustiana, della quale però non arriverà a vedere la pubblicazione.
BIBLIOGRAFIA: R. Lucchese, Guglielmo Janni, Roma 1972, con scritti di G. Ungaretti, L. de Libero e A. Ziveri; M. Fagiolo, Janni, catalogo della mostra, Roma 1986, con bibliografia precedente; scuola romana, catalogo della mostra, a cura di M.Fagiolo e V.Rivosecchi, con la collaborazione di F.R. Morelli, Milano 1988, ; V.Rivosecchi, in Piero della Francesca e la pittura del Novecento, catalogo della mostra, a cura di M.Fagiolo e M.Lamberti, Venezia 1991, F. Morelli, Guglielmo Janni, in La pittura Italiana, il Novecento, Ed. Electa.
Credits: Netta Vespignani, Francesca F.R. Morelli, Valerio Rivosecchi
Buone condizioni
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 153 GUGLIELMO JANNI
Roma, 1892 - 1958
Cerimonia liturgica n°, 1936-37
Olio su tavola, 60 x 31 cm
Titolo e data al retro: Cerimonia liturgica n° 2, 1937
Etichetta al retro della Galleria La Gradiva, Roma
Dichiarazione di autenticità di A. Ziveri e L. De Libero
Buone condizioni
Cornice, senza vetro, con passepartout -
Lotto 154 GUGLIELMO JANNI
Roma, 1892 - 1958
Donna con pavone, 1935 circa
China e china acquarellata su carta, 27 x 21 cm
Autentica su foto dell’Archivio della Scuola Romana, Roma, 2017
Buone condizioni, piccolo strappo in basso a sinistra
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 155 KATY CASTELLUCCI
Laglio, 1905 - Roma, 1985
Ritratto di donna in pelliccia
Olio su tavola, 38 x 27,5 cm
Firma in basso a destra: K. Castellucci
BIOGRAFIA: Soggiorna per due anni a Parigi, dove studia danza con Isadora Duncan e partecipa alla "Pantomima futurista" di Prampolini al Théatre de la Madeleine. Nel 1928 ritorna a Roma dove conosce Ziveri e Fazzini. Frequenta le Scuole serali di San Giacomo . Nel 1932 esordisce alla III sindacale e nel 1933 Dario Sabatello le dedica un articolo su "Il Tevere", intitolato La figlia del reggimento. Alla metà degli anni Trenta attraversa un periodo di crisi, ma già nel 1936 espone alla "Galleria della Cometa", insieme ad Adriana Pincherle.
In questi anni la sua pittura ricorda molto da vicino quella di Ziveri e Mafai, caratterizzandosi via via per i suoi cromatismi accesi .
Nel 1943 allestisce una personale alla Galleria Minima di via del Babuino.
Durante la guerra partecipa alla Resistenza. Nel 1946 si trasferisce a Milano, dove si dedica all’insegnamento, tralasciando la pittura. Torna a esporre solo nel 1961 alla Galleria Lo Zodiaco di Roma. Da notare anche la sua attività in campo teatrale (Costumi per La Mandragola, 1953; scene per La fata Morgana, 1954)
BIBLIOGRAFIA: Caterina Castellucci, catalogo della mostra, a cura di F. Benzi, R. Lucchese, F. Pirani, Roma 1988
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 156 MARIO BROGLIO
Piacenza, 1891 - San Michele di Moriano, 1948
Ricordi, 1926
Olio su tela, 45 x 52 cm
Firma in basso a sinistra e al retro: Mario Broglio
Autentica su foto di Romeo Lucchese
Autentica su foto di Enrico Crispolti, 1993
BIOGRAFIA: Studia all'Accademia di Belle Arti di Roma, e negli anni giovanili viaggia attraverso l'Europa compiendo varie esperienze letterarie e artistiche. Esordisce a Roma nell'ambito delle Secessioni; di questo periodo rimangono scarse testimonianze, che valgono a sottolineare ancor più la singolarità del distacco con le esperienze successive . Tra il 1918 e il '23 fonda e dirige la rivista "Valori Plastici" e organizza inoltre l'attività espositiva del gruppo in Germania e in Italia. Attraverso la rivista elabora un vasto programma di ridefinizione dei valori del passato, schierandosi in difesa della metafisica, fino allo studio dei quattrocentisti e dei "primitivi" italiani. Con Flaminio Martellotti e Vittorio E. Barbaroux è il creatore della collezione di "Valori Plastici", che impone le opere di de Chirico, Carrà, Morandi, Martini. Insieme alla moglie Edita, dopo la fine della rivista, avvia l'importante casa editrice che pubblica opere fondamentali come il" Piero della Francesca" di Roberto Longhi e il "Giotto" di Carrà. La sua azione di uomo di cultura è sotto certi aspetti analoga a quella della sua pittura: volontà di ritorno all'ordine; apertura all'Europa (l'influsso avuto sulla nuova oggettività, ad esempio); saldi riferimenti al museo. Espone gruppi di opere alla II e III Quadriennale di Roma (1935 e '39); la XXV Biennale di Venezia gli dedica una mostra postuma, presentata da Carlo Carrà (1950). Le sue opere manifestano una ricerca di levigata politezza della materia pittorica, fino alla scelta rigorosa degli oggetti per le nature morte, in cui si colgono riflessi delle analoghe esperienze condotte in pittura dalla moglie Edita, che, dotata di maggiori qualità pittoriche, interviene spesso nella realizzazione dei suoi dipinti.
BIBLIOGRAFIA: C. Carrà, Mario Broglio, in catalogo XXV Biennale, Venezia 1950; P. Fossati, Valori Plastici 1918-1922, Torino 1981; M. Quesada, scheda in cat. Roma 1934, Modena 1986; Catalogo della mostra scuola romana, a cura di M. Fagiolo, V. Rivosecchi, collaborazione F. Morelli, Milano 1988; Realismo magico, catalogo della mostra, a cura di M. Fagiolo, V. Rivosecchi, appendice documentaria a cura di F. R. Morelli, Verona, Milano 1988-’89..
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 157 MARIO MAFAI
Roma, 1902 - 1965
La Fantasia, 1941
Olio su tela, 22,7 x 29,5 cm
Firma in basso a destra: Mafai
Autentica su foto di Giulia Mafai, 1975 con timbro della Galleria d’Arte Ciak di Elisa Magri, Roma
BIOGRAFIA: Il padre è notaio, la madre dirige la Pensione "Salus" a Piazza Indipendenza. Il giovane Mafai abbandona gli studi regolari intorno al 1917 per dedicarsi alla pittura. Nel 1924 stringe amicizia con Gino Bonichi (Scipione) e insieme frequentano la scuola libera del nudo all'Accademia di Belle Arti.
Nel 1925 si lega alla Raphaël da poco giunta da Parigi, dalla quale avrà tre figlie, Miriam (1926), Simona (1928) e Giulia (1930).
Nel 1927 Mafai e Antonietta vanno ad abitare nella casa-studio in Via Cavour, frequentata anche da Scipione e Mazzacurati. Nello stesso anno Mafai esordisce nella "Mostra di studi e bozzetti" organizzata dall’Associazione Artistica Nazionale in Via Margutta. Nel 1928 espone alla XCIV Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti.
In questo periodo Mafai frequenta insieme a Scipione la Biblioteca di Storia dell’Arte di Palazzo Venezia, stringe rapporti di amicizia con Ungaretti, de Libero, Sinisgalli, Beccaria, Falqui.
Nel 1929 espone, con Scipione e altri, al "Convegno" di giovani pittori a Palazzo Doria. C.E. Oppo appoggia il gruppo dei giovani romani e scrive dell’antimpressionismo di Mafai, che espone paesaggi e ritratti, richiamando i nomi di Utrillo, Derain, Vlaminck. Di lì a poco Longhi, recensendo la I Sindacale del Lazio, conia per il terzetto Mafai- Scipione- Raphaël la fortunata definizione "Scuola di Via Cavour".
Ai primi del 1930 parte con la moglie per Parigi, ma nel novembre è di nuovo a Roma per una personale, con Scipione, alla Galleria di Roma diretta da P.M. Bardi. E' una fase di transizione; i tenebrosi impasti che gli derivano dalle suggestioni museali cedono a un rinnovato interesse per la luce. Nel 1931 espone alla I Quadriennale di Roma, che farà conoscere la sua opera, con quella di altri esponenti della scuola romana, in una mostra itinerante negli Stati Uniti (1931-32); esordisce alla XVIII Biennale di Venezia (1932).
Gli anni 1933-34 lo vedono impegnato in un intenso lavoro, che produrrà alcune fra le sue opere maggiori, Donne che distendono al sole (1933), Nudo in riposo (1933, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), Lezione di piano (1934) e la serie dei Fiori. Nel 1935 la II Quadriennale accoglie una sua personale con 29 dipinti, che sancisce la sua posizione e gli frutta un premio di 25.000 lire. Nello stesso anno si inaugura a San Francisco la "Exhibition of Contemporary Italian Painting", mostra itinerante organizzata da Sabatello, che rappresenta la recente svolta in senso tonale della pittura romana. Il successo è ribadito dalla personale alla Galleria della Cometa (1937), dove compaiono fra l'altro alcune delle sue celebri Demolizioni, raffinate meditazioni coloristiche che traggono spunto dagli sventramenti in atto nel centro storico. Alla XXI Biennale di Venezia (1938) ha una sala insieme a Ziveri. Nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Genova, per sottrarre Antonietta alle discriminazioni razziali; gli sono vicini i collezionisti e amici Jesi e Della Ragione, incontra Manzù, Guttuso, Birolli, si lega di amicizia con Sbarbaro. Alla seconda mostra milanese di "Corrente" alla Galleria Grande (1939) espone le prime Fantasie, grovigli di nudi in conflitto o grottesche mascherate, dove i più vari riferimenti (Goya, Géricault, Grosz) si affollano in una concitata atmosfera di terrore che preannuncia la guerra.
Nel 1940 tiene un'importante personale alla Galleria Barbaroux di Milano; vince il Premio Bergamo con Modelli nello studio (1940, Milano, Pinacoteca di Brera). Nel 1941 ha una personale a Genova con Marino Marini. Nel 1943 ritorna a Roma e nel '44 è tra i principali espositori della mostra "Arte contro la barbarie" promossa da "L'Unità" alla Galleria di Roma, dove presenta le Fantasie.
Aderisce al P.C.I. e nel '48, in una lettera a "Rinascita", s'impegna, con altri, per un'arte contro il formalismo senza contenuti. Nello stesso anno la XXIV Biennale di Venezia ospita un'importante personale, che raccoglie opere dal 1938 al '47. Da quel momento è un susseguirsi di mostre e premi (ricorderemo quello alla VII Quadriennale del '55). La Biennale del '58 accoglie 15 tele sul tema del Mercato, che abbandonano stretti riferimenti alla realtà nel prevalere di pure tessiture cromatiche. Gli esiti ulteriori di questa ricerca non figurativa sono esposti in una serie di mostre, alla Galleria La Tartaruga di Roma (1959), alla Galleria Blu di Milano e alla Bussola di Torino (1960), alla VI Biennale di San Paolo del Brasile (1961).
E' l'ultimo periodo: dal raffinato cromatismo di Ricordi inutili (1958), Rinascere (1959), Ciò che rimane (1960) si conclude con le spoglie e drammatiche Corde del 1960-63. In un primo bilancio dell'arte italiana fra le due guerre Mafai ha un posto di rilievo nella mostra storica sulla scuola romana curata da Castelfranco e Durbè alla Quadriennale del '59. Tiene la sua ultima personale alla Galleria L'Attico di Roma nel 1964; in una nota in catalogo il pittore sottolinea la coerenza interna del suo lavoro, che, in un arco di oltre quarant'anni, lo ha portato a scelte innovatrici non per ansia di novità o frettoloso adeguamento, ma per esplorare, oltre l'essere, il possibile.
BIBLIOGRAFIA: L. de Libero, "Mafai", Roma 1949;
Mario Mafai, V. Martinelli, "Mafai", Roma 1967;
Catalogo della mostra Mario Mafai, a cura di G. Sangiorgi e J.Recupero, Roma 1969;
"La pittura di Mafai", R. De Grada, Milano 1969;
M.Mafai, "Diario 1926-65", a cura di G. Appella, Roma 1984;
Catalogo della mostra Mario Mafai 1902-1965, a cura di F.D'Amico, G. Appella, F. Gualdoni cat. mostra, Palazzo Ricci e Pinacoteca Comunale, Macerata 1986;
M. Fagiolo Dell'Arco, V.Rivosecchi, "Mafai", Roma 1986;
Catalogo della mostra I fiori di Mafai, a cura di M.Fagiolo Dell'Arco, Roma 1989;
Catalogo della mostra "I Mafai - Vite parallele", a cura di M.Fagiolo dell’Arco, apparati critici F. R. Morelli Roma 1994.
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 158 MARIO MAFAI
Roma, 1902 - 1965
Rose e boccetta di inchiostro, 1956
Olio su tela, 42 x 56,5 cm
Firma e data in alto a destra: Mafai, 1956
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 159 MARIO MAFAI
Roma, 1902 - 1965
Donnina con l’abito azzurro, 1958
Acquarello su carta gialla, 24 x 18,5 cm
Firma in basso a destra: Mafai
Autentica su foto dell’Archivio della Scuola Romana, Roma, 2012
Buone condizioni
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 160 MARIO MAFAI
Roma, 1902 - 1965
Contadina, 1951
Olio su tela, 70 x 50 cm
Firma e data in alto a sinistra: Mafai, 1951
Autentica su foto di Giulia Mafai, Roma, 2018
Buone condizioni
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 161 MINO MACCARI
Siena, 1898 - Roma, 1989
Lo Scioglilingua
Tecnica mista su carta marroncina, 50 x 70 cm
Firma e titolo in basso: Lo Scioglilingua, Maccari
Autentica su foto dell’Artista
BIOGRAFIA: Il padre è professore di lettere. Maccari si laurea in giurisprudenza. Partecipa come ufficiale di complemento alla prima guerra mondiale. Nel 1922 prende parte alla Marcia su Roma. Nel 1924 inizia a collaborare come grafico al settimanale "Il Selvaggio", pubblicando le sue prime lineografie caricaturali. Tra il 1929 e il ‘31 è a Torino comeredattore della "Stampa" diretta in quel momento da Curzio Malaparte. Molto intensa la sua presenza, oltre che su "I1 Selvaggio", sulle pagine di "Quadrivio", "L'Italia letteraria", "L'Italiano" e "Omnibus" di Longanesi, poi durante la guerra su "Primato" di Bottai e successivamente sul "Mondo" di Pannunzio, fino a "Documento" di Federigo Valli. Numerose le sue cartelle di grafica, fra cui l'Album di Vallecchi (1925), Il trastullo di Strapaese (1928), Linoleum (1931). Illustra La vecchia del Bal Bullier di Antonio Baldini (1934) e nel 1942 pubblica la cartella Album, cui seguono Come quando fuori piove e Il superfluo illustrato.
Fino agli anni Trenta, la partecipazione alle esposizioni non è molto frequentenel 1938 tiene a una personale alla XXI Biennale di Venezia ed espone alla Galleria L'Arcobaleno di Venezia, presentato Roberto Longhi. Nel 1948 ottiene il Premio internazionale dell'incisione alla Biennale veneziana.
Maccari, con la sua opera grafica "mette in luce il contrasto tra il mondo intellettuale e mla realtà autentica della vita itailana, ne valuta i sintomi, li raggruppa, ne intende il valore documentario, (...) convinto che l’Italia ha il senso della sua storia infunzione del suo avvenire e non deve essere turbata dai ‘problemi’, dalle complicazioni, dalle artificiose e deviatrici ‘necessità’". (F. D’Amico, 1986).
BIBLIOGRAFIA: "Mino Maccari", Catalogo della mostra, a cura di G. Appella, Macerata 1990.
Buone condizioni, piccola macchia di umidità in alto
Cornice, vetro, passepartout -
Lotto 162 MINO MACCARI
Siena, 1898 - Roma, 1989
Donna con la sigaretta in bocca
Olio su tela, 30 x 40 cm
Firma in basso a destra: Maccari
Buone condizioni
Cornice, vetro -
Lotto 163 MIRKO BASALDELLA
Udine, 1910 - Cambridge, 1969
Crocifissione - Progetto definitivo per l’opera eseguita in Vaticano nel 1966
Inchiostro di china su carta, 61 x 101 cm
Firma in basso a destra: Mirko
Etichetta al retro della galleria antiquaria di Liborio Merolli
PROVENIENZA: Collezione Afro Basaldella;
Collezione Liborio Merolli, 1950
BIOGRAFIA: Fratello di Afro e Dino Basaldella, studiò al Liceo artistico di Venezia, all'Accademia di Firenze e alla Scuola dell'arte di Monza. Lavorò nello studio di Arturo Martini come allievo fino al 1933, quindi si trasferì a Roma. Qui conobbe gli artisti della scuola romana quali: Scipione, Corrado Cagli (di cui sposò la sorella Serena), Antonietta Raphaël, Fazzini, Mazzacurati, Leoncillo.
Tenne la sua prima mostra nel 1935 alla Galleria La Cometa, galleria di proprietà della contessa Mimì Pecci Blunt e nella quale erano direttori artistici Libero de Libero e un giovanissimo Corrado Cagli. Un viaggio a Parigi, compiuto nel 1937 assieme al fratello Afro, lo aprì ad una visione più completa dell'arte uscendo dai confini della cultura mediterranea, assorbendo quella europea.
Nel 1935 si stabilì a Roma ed entrò nel gruppo milanese di Corrente. A New York, presso la galleria Knoedler nel 1947 tenne una mostra che ripeterà nei due anni successivi.
Tra il 1949 e il 1951 realizzò i tre cancelli delle Fosse Ardeatine, imponente scultura in bronzo. Questa significativa esperienza indirizzò Basaldella verso la ricerca di un nuovo modo di fare scultura, con strutture e materiali diversi da quelli tradizionalmente usati, tra cui cemento, reti metalliche, fili di ferro, materie plastiche.
Negli anni successivi ci furono molte visitazioni della cultura orientale, dell'iconologia mitica, dei totem, dei reperti assiri, mesopotamici, ebraici e precolombiani. Il periodo che va dal 1953 al 1960 fu caratterizzato dall'utilizzo di lamine di rame e di ottone ritagliate. Di quel periodo sono la serie dei Leoni di Damasco e delle Chimere.
Nel 1957 fu chiamato a dirigere il Design work shop al Carpenter Center fot the Visual Arts della Harvard University di Cambridge nel Massachusetts, da qui la sua scultura viene orientata verso direzioni tecnologiche, meccanicistiche e verso stimolazioni fantastiche dell'artigianato sacrale dei pellerossa, alcuni temi obbligati della scultura vennero riportati in forme archeologiche.
Nel 1962 partecipò, insieme ai più importanti scultori internazionali dell'epoca, alla mostra Sculture nella città organizzata da Giovanni Carandente nell'ambito del V Festival dei Due Mondi a Spoleto. Presentò due sculture in bronzo del 1961: Totem e Motivo dentato.
Nella seconda metà degli anni sessanta si dedicò ad una nuova serie di legni dipinti, gli ultimi bronzi e bronzetti nascono dalla capacità dello scultore di plasmare ogni tipo di materia, dai materiali di scarto ai mattoni, ai residui dei materiali d'incarto industriale. Infine ricompaiono anche i temi dichiaratamente figurativi ispirati alla tematica biblica degli anni trenta, carichi di raffinate memorie culturali.
Discrete condizioni, mancanze alla carta e leggere macchie di umidità
Cornice, vetro -
Lotto 164 NINO BERTOLETTI
Roma, 1889 - 1971
La sposa, 1941
Olio su tavola, 64 x 50 cm
Autentica al retro della figlia del pittore
BIOGRAFIA: Inizia a dipingere giovanissimo e si dedica alla pittura appena terminati gli studi, con una formazione più personale che accademica. Esordisce nel 1909 all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Rimini. Nel 1911 a Roma espone alla Mostra del Cinquantenario. Partecipa alla I Mostra della Secessione romana. Intorno al 1913 prende studio a Villa Strohl-fern, dove rimane per circa tre anni. Dopo la guerra espone alla II Biennale romana (1923), dimostrandosi sensibile al clima del "ritorno all'ordine" , in una declinazione neoclassicista. Partecipa alla I Mostra del Novecento italiano (1926). Dotato di un vasta cultura e portato a un aristocratico "dilettantismo", stringe rapporti di amicizia con Cecchi, Pirandello, de Chirico, al quale dedica un ritratto nel 1924. Spirito schivo e alieno da polemiche, preferisce lavorare nell'isolamento; la sua partecipazione alle mostre è, di conseguenza, limitata. Nel 1927 alla XCII Esposizione degli Amatori e Cultori espone nel gruppo dei "Dieci artisti del Novecento Italiano" presentato da Margherita Sarfatti; partecipa alle Sindacali e alle Biennali di Venezia; ha una sala personale alla II Quadriennale (1935) è presente alle mostre degli Amatori e Cultori (1927 e '30) e alle Biennali di Venezia. Nell'autopresentazione alla II Quadriennale ribadisce la sua fedeltà al dato naturale e l'estraneità a mode e programmi culturali, in Italia e fuori. Della sua personalità lasceranno un affettuosa testimonianza alcuni fra i protagonisti della vita artistica romana (de Chirico, Guttuso, Levi, de Libero) in occasione della retrospettiva allestita all'Ente Premi Roma nel 1974.
BIBLIOGRAFIA: J. Recupero (a cura di), N.B., cat.mostra, Ente Premi, Roma 1974;
V. Rivosecchi, “Bertoletti 1919-1939”, Roma 1990, con saggi di M. Fagiolo, J. Recupero.
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 165 NINO BERTOLETTI
Roma, 1889 - 1971
Pasquarosa che legge, 1938
Olio su tela, 50 x 64,5 cm
Dichiarazione di autenticità al retro del figlio Carlo Francesco Bertoletti, 2002
Un esemplare simile è pubblicato in V. Sgarbi, “Nino Bertoletti”, Edizioni La Gradiva, Roma, 1987, TAV. 56 (titola e data il dipinto “Leggendo il giornale”, 1960).
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro
-
Lotto 166 NINO BERTOLETTI
Roma, 1889 - 1971
Studio di donna
Matita su carta marroncina, 30 x 20 cm
Timbro dell’Artista in basso a destra
Buone condizioni
Cornice, vetro, passepartout -
Lotto 167 NINO BERTOLETTI
Roma, 1889 - 1971
Studio di donna di schiena
Matita su carta grigia, 30 x 20 cm
Timbro dell’Artista in basso a destra
Buone condizioni, leggere pieghe alla carta
Cornice, vetro, passepartout -
Lotto 169 ORFEO TAMBURI
Jesi, 1910 - Parigi, 1994
Parigi, 1953
Olio su tela, 38 x 46 cm
Firma e data in basso a destra: Tamburi 53
BIOGRAFIA: Si trasferisce a Roma in giovane età , frequentando l’ Accademia di Belle Arti e iniziando a collaborare alle più importanti riviste letterarie e artistiche. Espone alla III Sindacale Laziale (1932) e alla I Mostra Nazionale del Sindacato degli artisti (Firenze, 1933); nel 1934, presentato da Alfredo Mezio, espone al Bragaglia Fuori Commercio e nel 1935 alla II Quadriennale di Roma. Dopo un soggiorno a Parigi (1935) è nuovamente a Roma. Nel 1936 esegue nel Palazzo dell’Anagrafe un affresco dal titolo Carnevale romano. Nel 1939 è presente alla III Quadriennale e alla seconda mostra milanese di "Corrente", dove espone con il gruppo romano . Insieme a Guttuso, Guzzi, Montanarini, Ziveri, Fazzini, espone nel gennaio 1940 alla Galleria di Roma in una mostra significativa del nuovo clima "realista". Lo stesso anno viene incaricato di realizzare sei pannelli per l’atrio dell’E42 (rimarranno allo stato di bozzetto). E’ presente alla Biennale di Venezia e nel 1941 ha una personale alla Galleria Barbaroux di Milano. Gino Severini gli dedica una piccola monografia. Nei suoi anni romani , Tamburi si dedica soprattutto al paesaggio e il suo contributo maggiore si esplica nella fresca vena disegnativa.
Nel 1944 pubblica il volume di disegni Piccola Roma, con una poesia di Ungaretti, e illustra anche le Passeggiate romane di Stendhal. Nel 1947 si reca a Parigi, che dal quel momento diventa la sua città.
BIBLIOGRAFIA: Orfeo Tamburi, catalogo della mostra , Sasso Marconi 1982 (con bibliografia precedente).
Buone condizioni, restauro in alto a sinistra
Cornice, vetro -
Lotto 170 ORFEO TAMBURI
Jesi, 1910 - Parigi, 1994
Bosco, 1945
Acquerello su carta, 26 x 21 cm
Firma e data in basso a destra: O. Tamburi, 45
Discrete condizioni, piccolo strappo in alto a sinistra e restauro al centro
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 171 PERICLE FAZZINI
Grottammare, 1913 - Roma, 1987
Donna accovacciata, 1959
Pennarello su carta, 46 x 33 cm
Firma, luogo e data in basso a destra: Pericle Fazzini, Roma, 1959
BIOGRAFIA: Nasce a Grottammare,in provincia di Ascoli Piceno,il 4 maggio 1913 da Vittorio e Maria .Giovanissimo, inizia a lavorare nella falegnameria di famiglia, accanto ai numerosi fratelli, apprendendo a intagliare il legno e dedicandosi alla scultura nei momenti liberi. Intorno al 1929 il poeta Mario Rivosecchi, compaesano di Pericle eamico di famiglia,convince il padre a assecondarne il precoce talento, inviandolo a studiare a Roma.
Fazzini si trasferisce a Roma nel 1930, iniziando a frequentare i corsi della scuola libera del nudo e a osservare la scultura barocca.Tra i suoi primi amici troviamo il pittore Alberto Ziveri, con il quale divide i primi studi e alcune esperienze iniziali (da notare la partecipazione alla IV Triennale di Monza,1930, dove i due collaborarono con l'architetto razionalista Luigi Moretti alla realizzazione della Casa del poeta). Nel 1931 Fazzini vince il concorso per un monumento al Cardinale Dusmet (mai realizzato, il bozzetto è a Catania, Palazzo degli Archivi). I suoi interessi si estendono alla scultura moderna: negli appunti si trovano tracce di una giovanile ammirazione per Rodin, Bourdelle e Maillol. Nel 1932 con il bassorilievo Uscita dall'arca vince il concorso per il Pensionato artistico nazionale,che garantiva per due anni un discreto mensile e l'uso di uno studio sul Campidoglio. E' l'inizio di un periodo di lavoro molto intenso i cui primi frutti appaiono nel gennaio 1933 in una mostra presso la galleria di Dario Sabatello, tenuta insieme ad Alberto Ziveri e a Giuseppe Grassi. L'esposizione ha un notevole successo di critica: viene paragonata per il suo impatto sull'ambiente romano a quella di Mafai e Scipione tenutasi tre anni prima alla Galleria di Roma ed ottiene recensioni favorevoli da parte di Piero Scarpa, Corrado Cagli, Alberto Neppi, Dario Sabatello. In febbraio Fazzini espone nuovamente al Circolo delle Arti, ottenendo nuovi riscontri di critica da parte di Cipriano Efisio Oppo e Giuseppe Pensabene. Si ampliano le sue amicizie nell'ambiente romano: per il tramite di Giuseppe Ungaretti conosce Marguerite Caetani, principessa di Bassiano e animatrice della rivista "Commerce", che nel 1934 lo invita a partecipare ad una collettiva a Parigi (insieme a E.Vuillard, P-Bonnard, D. deSegonzac, A.Masson, C.Cagli).Una delle tre sculture in legno inviate (il Ritratto di Anita) viene acquistata dal Musée Jeu de Paume. Questo periodo di successi culmina nel 1935 con la partecipazione alla II Quadriennale d'Arte Nazionale: i due altorilievi Danza e Tempesta suscitano una notevole emozione e ottengono un premio di 10.000 lire. Nonostante il talento dell'artista si esprima in queste opere con la massima libertà di mezzi,la loro energia convince anche critici di orientamento tradizionalista come Margherita Sarfatti e Emilio Cecchi: "Fazzini- scrive quest'ultimo - debutta come il diciassettenne Michelangelo della zuffa dei centauri, ma sopra superfici dieci volte tanto"(in "Circoli", Roma, 1935,III). Dopo la partecipazione alla mostra Art Italien des XIX et XX siècles (Parigi, Jeu de Paume) e ai Littoriali dell'arte Fazzini riceve l'invito a partecipare alla Biennale di Venezia, ma inaspettatamente il Pensionato Artistico decide di non rinnovargli la borsa di studio, mettendolo così di fronte a serie difficoltà economiche.
1935- 1943 "Momenti di solitudine"
Gli anni tra il 1935 il 1938 sono piuttosto difficili. Con il denaro del premio vinto alla quadriennale lo scultore prende in affitto lo studio di via Margutta dove lavora per il resto della sua vita. Si isola dall'ambiente artistico romano, realizzando in solitudine alcuni dei suoi massimi capolavori, come il Ritratto di Ungaretti e la Danzatrice e partecipando alle esposizioni pubbliche con opere di minore impegno, talora legate al temi della propaganda al regime. Nel 1938 pone tuttavia fine al suo isolamento partecipando alla Biennale di Venezia con un gruppo di sculture che lo afferma ai massimi livelli della ricerca europea: oltre al Ritratto di Ungaretti ne fanno parte i cosidetti Momenti di solitudine, due figure in legno rappresentanti un Giovane che ascolta e un Giovane che declama, realizzati con una insolita politezza formale. Esse costituiscono il punto di arrivo di una ricerca tenacemente perseguita per tutto il corso degli anni Trenta sulla falsariga della scultura greca: dall'arcaismo delle prime espressioni (si veda il Ritratto di Anita n.2, dipinto in legno come gli antichi xoana) fino alla compiutezza classica di Fidia e oltre, all'eleganza proporzionale di Lisippo e alla libertà compositiva e dinamica dell'ellenismo. Un confronto compiuto da Fazzini senza il minimo senso di inferiorità e senza scendere mai nella citazione, ma viceversa con un massimo di originalità . Nel 1939 ,in occasione della II Quadriennale, questo confronto si estende ad altri modelli: il Passaggio del Mareb, bassorilievo raffigurante un momento della guerra di Etiopia non può non ricordare le superfici tormentate e il senso di dramma storico delle colonne onorarie romane, in un momento in cui gli artisti erano chiamati a confrontarsi con una situazione politica sempre più aspra . E' il momento di "Corrente", la rivista fondata a Milano per raccogliere le energie e i dissensi della giovane arte italiana. Fazzini,con altri artisti romani partecipa alla seconda mostra proposta dal movimento, nel dicembre 1939 alla Galleria Grande di Milano. Nel gennaio 1 940, sempre sulla via di un ancora incerto e nascente "realismo" prende parte con R. Guttuso, V. Guzzi, L. Montanarini , O. Tamburi, A.Ziveriad una importante collettiva alla Galleria di Roma. Nel giugno 1940 sposa Anita Buy, la scrittrice a cui era da tempo legato, poco dopo parte per il servizio militare, raggiungendo dapprima Padova , poi Zara.
Nel 1941-42 durante il soggiorno nella cittadina dalmata ha modo di continuare a lavorare: molti disegni vengono inviati alle riviste "Primato", "Documento", "Domus", lo scrittore Curzio Malaparte gli acquista il rilievo Danza per collocarlo nella celebre villa di Capri, ma soprattutto, Fazzini da' il via a una produzione che si rivelerà molto fruttuosa negli anni a venire,quella dei "bronzetti", realizzati con l'antica tecnica della "cera perduta". L'ultimo periodo del servizio militare lo trascorre a Viterbo, aggregato al corpo dei paracadutisti. Congedato 1'8 settembre del 1943 fa ritorno a Roma., dedicandosi ad una importante scultura appena iniziata allo scoppio della guerra: il Ragazzo con i gabbiani. Realizzata in legno con tracce di colore, essa raffigura un giovane intento a raccogliere conchiglie sulla riva del mare,con alcuni gabbiani che gli volano intorno, un tema difficilissimo da rendere in scultura, in cui la figura umana appare come il mezzo per evocare la luce dell'estate, l'aria e il volo, il rumore del mare. Pensando a sculture come questa Ungaretti definì Fazzini "lo scultore del vento", per la sua capacità di suggerire e rappresentare gli aspetti più eterei e lirici della natura.
Il dopoguerra
"Nel dopoguerra - ricorda Fazzini - iniziò per me un nuovo periodo creativo. Ripresi il discorso interrotto con la Figura che cammina, in cui avevo tentato di realizzare una scultura assoluta, sublimazione della figura umana al di là della suasessualità. Terminai le sculture interrotte durante la guerra e poi mi dedicai alla creazione di nuove forme: il punto di arrivo delle mie ricerche sono la Sibilla e il Profeta, due simboli dell'uomo nel suo rapporto mistico e ascetico con l'universo, due figure che nel loro spazio riassumono l'ansia e la promessa di un nuovo "regno dello spirito" (cfr. Fazzini, catal., Roma I984, p.82). Prima ancora delle due sculture ricordate dall'artista, vide la luce il fucilato, una delle più intense espressioni figurative del dramma bellico appena concluso e una delle prime creazioni fazziniane in cui emerge un sentimento religioso del dolore e della sofferenza umana, un tema sul quale l'artista tornerà con frequenza dando sfogo ad un lato pessimista, amaro e lucido del suo carattere . Nel 1946 Fazzini espone alla Galleria del Secolo di Roma accanto a A. Corpora, R. Guttuso, S.Monachesi, G.Turcato, con opere realizzate dieci anni prima: è il segno di un volontario ricongiungimento a quelle esperienze nel segno della sintesi formale con cui aveva iniziato il suo cammino. Allo stesso modo va intesa la vittoria al Premio Torino del 1947 con una scultura del 1939, Anita in piedi, e infine la partecipazione alla prima "mostra del fronte nuovo delle arti" (giugno I947, Milano, Galleria della Spiga) accanto a quegli artisti (Leoncillo, N. Franchina, A. Corpora , E. Vedova, R. Guttuso ecc.) che allora proponevano una ricerca linguistica basata sulla sintassi cubista (o neocubista) come tentativo di riallacciare i fili con la cultura europea.
Fazzini,ben preparato a queste ricerche fin dalla sua giovanile adesione al clima del razionalismo architettonico e da una innata propensione alla sintesi della forma, ne trasse utili insegnamenti giungendo con la Sibilla (vincitrice nel I949 del Premio Saint Vincent) e con il Profeta a esiti di alta qualità. Nel 1950-51 riprende il rapporto con l'architettura realizzando grandi figure di angeli per la cappella di Santa Francesca Cabrini (Roma , S.Eugenio), nell'aprile del 1951 la Fondazione Premi Roma ospita una vasta antologica, introdotta in catalogo dagli scritti degli amici R.Lucchese e G.Ungaretti. Lo stesso anno l'Accademia di San Luca gli conferisce il Premio Einaudi.
Successi internazionali
Nel 1952 tiene una personale alla Alexander Jolas Gallery di New York,inaugurando un periodo di attività in campo internazionale. Lo stesso anno l'editore De Luca pubblica la prima monografia, a cura di R.Lucchese.
Nel 1954 partecipa alla Biennale di Venezia con una personale che gli vale il primo premio per la scultura. L'anno dopo ottiene la cattedra di scultura all'Accademia di Firenze: vi insegnerà per quattro anni, pur continuando a risiedere a Roma. Successivamente insegnerà nell'Accademia di Belle Arti di Roma (1958-1980). Del 1956-57 è uno dei progetti più arditi: quello per un monumento alle vittime di Auschwitz (non realizzato): "Doveva essere una grande superficie orizzontale di sessanta metri di lato, come una piazza concava, scavata da sentieri che passavano in mezzo alle figure dei morti .E la gente camminando verso il centro si trovava a poco a poco sempre più in basso, fino ad avere le teste scolpite all'altezza degli occhi " ( cfr.Fazzini,cit.,p.88). Negli anni seguenti si fa sempre più importante l'impegno in opere a carattere monumentale: nel 1959-60 esegue il portale in bronzo della chiesa di S.Giovanni Battista sull'Autostrada del Sole (presso la stazione di Firenze nord) con scene raffiguranti Il Passaggio del Mar Rosso e L'arrivo dei Re magi. Tra il 1961 e il 1965 si dedica alla Fontana per il Palazzo dell'ENI a Roma EUR, immaginando di "proiettare all'esterno il sottosuolo, isolandone un frammento in maniera tale che si abbia la sensazione delle profonde stratificazioni della terra sino alle viscere da cui viene estratto il petrolio" (cfr.Fazzini,cit.,p.88). Del 1964-65 è il Monumento alla Resistenza in Ancona e dello stesso periodo il bozzetto per un mai realizzato Monumento a Kennedy: doveva essere una grande stele (30 metri di altezza) con tagli e fenditure nel senso della lunghezza che scoprivano, in controluce,il profilo di Kennedy (una prova in dimensione ridotte,successivamente intitolata Metamorfosi e fusa in bronzo,venne donata anni più tardi alla sua città natale). Nel 1965-66 conclude il suo lavoro per il Palazzo della Federconsorzi a Roma: nel 1955 aveva compiuto sulla facciata un lungo fregio (52 metri per l,l5 di altezza) dal titolo I campi, nel 1965-66 realizza all'interno del palazzo un altorilievo in legno dal titolo Il solco, un campo arato tra due file di olivi contorti in cui, rievocando il paesaggio marchigiano, Fazzini ritrovò la straordinaria energia dei suoi rilievi giovanili. Mentre in Italia si moltiplicano le commissioni per imprese pubbliche, crebbe l'interesse all'estero: nel 1961 tiene una personale a Darmstadt, nel 1962 alla Kunsthalle di Dusseldorf. Nel 1963 in Giappone appare una nuova monografia, contribuendo alla crescente notorietà dell'artista in questo paese, particolarmente interessato alla scultura italiana (vi esporrà in mostre personali e collettive nel 1970,'71,'72,'73). Da un punto di vista stilistico gli anni Sessanta sono ricchi di esperimenti: proseguendo la sua ricerca di astrazione dalle forme naturali Fazzini realizza per la Quadriennale del 1965 la Conchiglia, una grande scultura mobile in bronzo.Per il porto di San Benedetto del Tronto progetta il Monumento al marinaio (non realizzato), una grande forma bianca ispirata ai movimenti del mare, al vento e al volo dei gabbiani, che doveva innalzarsi per 26 metri di altezza e muoversi alle correnti d'aria.
La Resurrezione
Nel 1970 inizia l'avventura della Resurrezione, la grande scultura per la Sala delle Udienze in Vaticano, che per la sua portata storica può essere considerata come il punto di approdo di tutta la sua ricerca. E' facile trovarvi riassunti i grandi amori di Fazzini, il "senso fisico di pelle sulle costole" che nel 1930 lo aveva avvicinato al barocco e a Rodin, il sentimento mistico della natura, che lo spinge a reinventare le forme di alberi e nuvole aperti a ventaglio intorno al Cristo.Infine il "mestiere" che gli permette anche in questo caso di adattare soluzioni tecniche nuove e avanzate (il punto di partenza della fusione era un prototipo a grandezza naturale realizzato in una sorta di polistirolo con l'aiuto di chiavi elettriche incandescenti). La genesi della scultura è piuttosto lunga: i primi contatti con il Vaticano si ebbero nel 1965, ma la decisione finale arriva solo nel 1972, grazie all'intervento personale di Paolo VI . I1 lavoro e la successiva fusione richiesero quasi sette anni, fino all'inaugurazione che avviene il 28 settembre 1977. L'episodio evangelico è ripensato da Fazzini come una grande esplosione che sconvolge l'orto di Getsemani. Cristo emerge da una composizione di elementi naturali, in basso roccia, radici, rami contorti di ulivo, più in alto nuvole e infine un'ampia corona di saette. Durante le ultime fasi di lavorazione (nell'agosto del 1975) l'artista, provato dalla grande fatica, viene colpito da trombosi. La ripresa avviene lentamente e i suoi ultimi anni trascorrono in relativa tranquillità, tra lo studio di via Margutta e la casa costruita a Grottammare presso un bosco di querce secolari. Fazzini si dedica soprattutto ai bronzetti, all'incisione e anche a raccogliere i molti scritti e appunti.
Due grandi antologiche ripropongono al pubblico la sua lunga carriera: la prima ad Avezzano nel I983, la seconda, nel dicembre 1984 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, ancora una volta accanto ad Alberto Ziveri. Tra le fonti di ispirazione principali negli ultimi anni ritroviamo gli spazi aperti dell'Adriatico, suggeriti ora in una serie di pastelli che aggiungono alla ricerca formale la suggestione del colore, in una estrema sintesi figurativa .
Muore a Roma il 4 dicembre 1987. In uno dei suoi ultimi appunti si legge: "La morte e la vita sono la medesima cosa, fanno parte dell'infinito mistero in cui gli uomini e i piccoli invisibili insetti hanno lo stesso peso, in un sempre più misterioso universo che non si logora mai".
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: G.Ungaretti, R. Lucchese,Pericle Fazzini (catalogo della mostra all' Ente Premi Roma) Roma 1951; R.Lucchese, Pericle Fazzini, Roma 1952 (con bibliografia precedente, antologia della critica e Appunti dell'artista); D.Durbè, M.Fagiolo dell'Arco,V.Rivosecchi, Fazzini (catalogo della mostra alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna), Roma 1984 (con bibliografia precedente); Catalogo Fazzini, a cura di G. De Feo, J. Teshigawara, V. Rivosecchi, Tokio 1990; Catalogo Fazzini, a cura di A . Masi, Napoli 1992; Catalogo Fazzini e Grottammare, a cura di V. Rivosecchi, Grottammare 1996.
Buone condizioni, leggere gore di umidità
Cornice, vetro, con passepartout -
Lotto 172 PERICLE FAZZINI
Grottammare, 1913 - Roma, 1987
Studio di figura, 1945
Pennarello su carta, 57 x 40 cm
Firma, luogo e data in basso a destra: Pericle Fazzini, Roma, 1945
Buone condizioni, leggere gore di umidità
Cornice, vetro, con passepartout -
Lotto 173 PERICLE FAZZINI
Grottammare, 1913 - Roma, 1987
Ragazzo al sole
Scultura in bronzo dorato su base lignea, 15 x 20 x 12 cm (18,5 x 20 x 12 cm con la base)
Firma e luogo incise sulla scultura: Fazzini, Roma
Autentica su foto dell’Artista
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Pericle Fazzini”, a cura di F. Bellonzi, Edizioni La Gradiva, 1987
Buone condizioni -
Lotto 174 RENATO MARINO MAZZACURATI
Galliera, 1907 - Parma, 1969
Strage degli Innocenti, 1943
Altorilievo in gesso su base lignea, 100 x 130 x 33 cm
Firma e data in basso a sinistra: Mazzacurati 943
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Mazzacurati la felicità della compiutezza espressiva”, a cura di S. Bonfili e A. Agati, Palombi Editori, 2009, p. 91 n° 36.
BIOGRAFIA: Sin da giovanissimo impara il mestiere frequentando gli studi dello scultore Scanapia e del pittore Beccaluva, e consolida la sua formazione lavorando presso un parente scalpellino nel Veneto; la probità artigianale derivata da questa prima fase è ricordata da Mazzacurati con la massima considerazione. L'esordio avviene nel 1925 alla Mostra d'arte triveneta Nel 1926 a Roma , frequenta la scuola libera del nudo all'Accademia ; conosce Scipione, Mafai e la Raphaël, formando con loro quel sodalizio che Longhi chiama la "Scuola di Via Cavour". Alcuni paesaggi e nature morte di quegli anni richiamano il mondo morandiano . Alla fine degli anni Venti è assistente di Arturo Martini nello studio di Villa Strohl-fern; intorno al '30, a causa di necessità contingenti, lavora come scultore funerario, mettendo a frutto il suo collaudato virtuosismo. I primi anni Trenta sono densi di attività: fonda con Scipione la rivista "Fronte", illustra i Canti orfici di Campana, e soggiorna a Parigi per alcuni mesi, guardando alle varie tendenze della scultura. Questi influssi conferiscono alle sue composizioni un dinamismo inquieto e drammatico, in cui la purezza stessa del segno rifiuta di comporsi classicamente. Emblematica, a questo riguardo, è la serie dei piccoli nudi in bronzo dei primi anni Trenta. Tra il 1934 e il '35 si ritira a Gualtieri, in Emilia, per approfondire il linguaggio della scultura che da allora diviene per lui pressoché esclusivo. Durante questo soggiorno è tra i primi ad aiutare materialmente, incoraggiandolo nella pittura, Antonio Ligabue, il più noto naif italiano. Nel 1936 si trasferisce definitivamente vicino a Civitavecchia dove fa la spola con Roma, e nel 1942 espone alla Galleria di Roma con Gentilini, Stradone, Natili e Monti. Negli anni della guerra il suo stile, già improntato a un vigoroso realismo, assume sempre di più i toni di un violento espressionismo, spinto fino a una carica grottesca e caricaturale che ricorda Daumier, come nelle serie della Strage degli innocenti degli Imperatori e delle Gerarchie.
BIBLIOGRAFIA: G.C. Argan, Marino.Mazzacurati in "Atti dell'Accademia Nazionale di S. Luca", Roma 1965-66;
M. Maccari, Mazzacurati cat. mostra, Accademia Nazionale di S. Luca, Roma 1966;
V. Martinelli, Scipione e Mazzacurati pittore, in Studi in onore di V. Viale, Torino 1 967;
M.M., cat . mostra, Municipio, Reggio Emilia 1983, con scritti di R. De Grada, G.C. Argan, R. Guttuso, M. Maccari, C. Marzi, G. Persichetti;
M. De Luca, , V. Mazzarella, R. Ruscio, Il Museo Marino Mazzacurati. Opere dalla donazione Carla Marzi, Reggio Emilia 1995;
è in preparazione un volume a cura di R. Ruscio sull'Archivio Mazzacurati del Museo di Reggio Emilia.
Ottime condizioni -
Lotto 175 RICCARDO FRANCALANCIA
Assisi, 1886 - Roma, 1965
Santa Chiara ad Assisi, 1932
Olio su tavola, 40,5 x 44 cm
Firma, titolo e data in basso a destra: R. Francalancia, Santa Chiara, Assisi, 1932
BIOGRAFIA: Nasce ad Assisi il 9 novembre 1886 da Emma Tini, di famiglia gentilizia, e da Gustavo, ricco proprietario terriero. In giovinezza compie studi classici e si laurea in Scienze politiche e coloniali presso l'Università di Roma.
Dopo il 1913 vive a Roma, si impiega presso il Credito italiano e inizia a prendere contatto con l'ambiente artistico e culturale della capitale, frequentando la Casa d'Arte Bragaglia e la "terza saletta" del Caffè Aragno. La passione per la pittura si manifesta intorno al 1919. Sono di questa data i primi timidi paesaggi e molti disegni, spesso legati a una vena fantastica e surreale, vicina a quella dell'amica Edita Zur-Muehlen Broglio, pittrice e animatrice di "Valori Plastici" .
Nel 1921 Mario Broglio gli offre la possibilità di esporre nella mostra Das junge Italien che tra la primavera e l'inverno di quell'anno è ospitata in varie città tedesche. Dalle carte dell' "Archivio di Valori Plastici" risulta che alcuni quadri di Francalancia entrano a far parte della "quadreria" che Broglio mette in piedi a fini commerciali insieme a Mario Girardon, finanziatore della rivista.. Nel 1922 è nuovamente Mario Broglio ad appoggiare l'amico presentando un suo gruppo di opere esposto alla "Fiorentina Primaverile" insieme alle altre del gruppo di "Valori Plastici". In questo periodo Francalancia abbandona l'impiego in banca per dedicarsi interamente alla pittura. Nel corso degli anni Venti espone alla Biennale romana ( 1925) e a varie mostre del "Novecento Italiano". La prima personale è del 1928, alle "Stanze del libro" in Piazza Rondanini. Trentatré le opere esposte, dai paesaggi dell'Umbria e del Lazio, alle nature morte, agli interni. Propiziatore della mostra è il collezionista Angelo Signorelli, autore anche di una presentazione in catalogo. Nel giro di pochi giorni quasi tutti i dipinti vengono venduti, tra gli acquirenti troviamo Alfredo Casella che si aggiudica due paesaggi e l'interno malinconico. Notevole anche l'attenzione della critica. Francalancia ha ormai un posto riconosciuto nel panorama artistico romano, quando nel 1929 espone alla prima mostra Sindacale viene accolto da Roberto Longhi con il nomignolo "la clarissa del Banco di Roma", per ricordare i suoi trascorsi lavorativi e la sua tendenza a una pittura contemplativa, eppure alcuni dei suoi dipinti (ad esempio il Ritratto di Sergiacomi) rivelano strane assonanze anche con il versante più espressionista della "Scuola romana", tanto che alla Seconda sindacale (1930) li troviamo nella stessa sala di quelli di Mafai e Scipione. La partecipazione alla Quadriennale(1931), alla Biennale di Venezia del 1932, la vittoria nello stesso anno del premio per l'Arte Sacra a Padova, segnano un momento di buoni successi. Il suo nome è ormai regolarmente affiancato a quelli di Trombadori e Donghi all'interno delle ricerche del "realismo magico", anche se ormai la fortuna di questo tipo di pittura comincia declinare. Anche un critico fine come Alberto Francini , recensendo la Biennale del '32, preferisce usare la definizione denigratoria di "metafisica addomesticata" .Tra il 1933 e il '34 Francalancia soffre di una malattia nervosa che lo costringe a durissime cure cliniche e a lunghe soste nel lavoro. Nel 1935 lo troviamo con tre dipinti alla II Quadriennale romana. Riprende a dipingere intensamente, lavorando sui temi consueti: i paesaggi umbri e laziali, la natura morta, la veduta romana. Negli anni successivi le mostre più importanti si tengono a Roma alla galleria delle Terme (1942) alla "Palma" (1951) alla "Tartaruga" (1956), alla "Nuova Pesa" (1964). Nel dopoguerra continua ad essere apprezzato soprattutto come paesaggista, ottenendo in questo campo alcuni riconoscimenti (Villa S.Giovanni 1957, Acitrezza 1961) Nel catalogo di una personale alla galleria "Il Camino" pubblica per la prima volta uno scritto sulla propria pittura, scelto tra le centinaia di fogli che da anni riempie di appunti, aforismi, pensieri: "L'opera d'arte non deve far rimanere perplesso e sorpreso lo spirito di chi osserva, come di fronte a qualche cosa di eccezionale e di incomprensibile, ma deve destare un sereno sentimento di commozione tanto profondo e invadente quanto più è espressa la commozione che l'artista prova davanti alla natura./.../". Muore a Roma il 20 maggio 1965.
BIBLIOGRAFIA: V.Guzzi, Riccardo Francalacia, Ed.Bora-Esse Arte, Bologna-Roma 1978;
Catalogo della mostra Francalancia, a cura di V. Rivosecchi, Roma Accademia Nazionale di San Luca 18 dicembre 1986-17 gennaio 1987, Ed.De Luca, Roma 1986.
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 176 RICCARDO FRANCALANCIA
Assisi, 1886 - Roma, 1965
Natura morta con uva, 1938
Olio su tavola, 33,5 x 44 cm
Firma e data in basso a destra: R. Francalancia, 938
Autentica su foto dell’Archivio della Scuola Romana, Roma, 2010
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 73.
Buone condizioni, piccola scheggiatura sul legno in basso
Cornice, senza vetro -
Lotto 177 RICCARDO FRANCALANCIA
Assisi, 1886 - Roma, 1965
Vaso con papavero, 1953
Olio su tela, 45 x 35 cm
Firma e data in basso a destra: R. Francalancia 953
Buone condizioni, leggerissime cadute di colore
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 178 RICCARDO FRANCALANCIA
Assisi, 1886 - Roma, 1965
Poli nel Lazio
Olio su tela, 50 x 70 cm
Firma e data in basso a destra: Francalancia, 1925
Etichetta al retro del Premio Marzotto, Vittoriano, Roma
Buone condizioni, leggere cadute di colore
Senza cornice, senza vetro -
Lotto 179 ROBERTO MELLI
Ferrara, 1885 - Roma, 1958
Natura morta con pere, 1940
Olio su tela, 34 x 25 cm
Firma e data in basso a destra: Melli 40
BIOGRAFIA: Nasce in una famiglia di commercianti. Inizia a dipingere e a scolpire molto giovane presso il pittore Nicola Laurenti e lo scultore Arrigo Minerbi a Ferrara. Nel 1902 si trasferisce con la madre a Genova dove inizia a lavorare come apprendista presso un intagliatore in legno e realizza le prime xilografie. Negli anni seguenti entra in contatto con il vivace ambiente culturale genovese, partecipando con scritti e illustrazioni all'attività del periodico "Ebe".
Nel 1910 si trasferisce a Roma, dove è inizialmente appoggiato dallo scultore Giovanni Prini. Nel 1913 partecipa alla prima mostra della "Secessione romana", segue con attenzione le manifestazioni futuriste. Nel 1915 insieme a V.Costantini, G.Fioresi, C.E. Oppo e G.Pizzirani costituisce il "Gruppo Moderno Italiano". Già a questa data appare chiara una costante del suo lavoro: la volontà di sostenere l'attività artistica attraverso pubblicazioni, manifestazioni, conferenze. Così nel 1918 lo troviamo accanto a Mario Broglio nell'organizzazione della rivista "Valori Plastici", sulla quale pubblica vari scritti( Prima rinnegazione della scultura). Dopo la partecipazione (come pittore e scultore) alle mostre di "Valori Plastici" in Germania e a Firenze (1921 e 1922) inizia per Melli un periodo di crisi spirituale ed economica. Nel corso degli anni Venti l’artista segue varie strade, occupandosi anche di cinematografia e cartellonistica. Solo all'inizio degli anni Trenta riprende a interessarsi di arti figurative, dapprima in veste di critico e poi anche come pittore: ricomincia a esporre nel 1932 alla terza mostra Sindacale, unicamente in veste di pittore. La sua figurazione attentamente costruita per zone di colore piano e senza chiaroscuro, memore del periodo di "Valori Plastici", della metafisica e della lezione morandiana, è in questo periodo una delle matrici del cosiddetto tonalismo. Melli stringe amicizia con i giovani esponenti di questo indirizzo e, con Giuseppe Capogrossi e Emanuele Cavalli, firma il Manifesto del Primordialismo Plastico. La sua attività di critico continua negli anni Trenta in una rubrica dal titolo "Visite ad Artisti" per la rivista "Quadrivio". Del 1936 è l'unica mostra personale di questi anni, alla "Galleria della Cometa" (con una presentazione di Libero de Libero ), la sua attività espositiva viene infatti interrotta bruscamente nel 1938, quando le leggi razziali gli tolgono il diritto di partecipare a pubbliche esposizioni e lo conducono a una nuova profonda crisi. Il lavoro riprende dopo la guerra. Dal 1945 insegna pittura all'Accademia di Belle Arti di Roma, ritorna a esporre in alcune collettive e nel 1947 alla "Galleria del Secolo", presentato da Renato Guttuso. Nel 1950 tiene una vasta antologica presso la galleria "La Strozzina" di Firenze (la mostra, presentata da C.L.Ragghianti è poi riproposta alla Galleria Gian Ferrari di Milano). La Biennale di Venezia del 1950 gli dedica una personale. Negli ultimi anni continua la sua attività parallela di artista e critico. Nel 1957 esce presso de Luca il suo volume di poesie Lunga favolosa notte. Nell’anno della morte la Galleria Nazionale d’Arte Moderna gli dedica una retrospettiva, curata da N. Ponente e P. Bucarelli.
BIBLIOGRAFIA: Roberto Melli, Catalogo della mostra a cura di G.Appella e M.Calvesi, Macerata1992 (con bibliografia precedente).
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 180 ROBERTO MELLI
Ferrara, 1885 - Roma, 1958
Testaccio, 1945
Olio su tela, 45 x 60 cm
Firma e data in basso a sinistra: Melli 45
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 61;
“Melli”, a cura di G. Appella e M. Calvesi, Palazzo Ricci, 13 giugno, - 15 ottobre, Leonardo-De Luca Editori, Macerata, 1992, tav. 113.
Buone condizioni, piccola giuntura della tela al retro
Cornice, senza vetro -
Lotto 181 ROBERTO MELLI
Ferrara, 1885 - Roma, 1958
Natura morta con vaso e scimitarra, 1943
Olio su tavola, 50 x 63,5 cm
Firma e data in basso a sinistra: Melli 43
Firma e luogo al retro: Roberto Melli, Roma
Etichetta al retro della Mostra “Alberto Melli”, Palazzo Ricci, Macerata, 1992
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Melli”, a cura di G. Appella e M. Calvesi, Leonardo-De Luca Editore, Roma, 1992, n° 109
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 182 ROBERTO MELLI
Ferrara, 1885 - Roma, 1958
Veduta del Tevere, 1950
Acquerello su carta, 28,5 x 26 cm
Firma in basso a sinistra: Melli 50
Etichetta al retro della Mostra “Alberto Melli”, Palazzo Ricci, Macerata, 1992
Discrete condizioni, leggerissime macchie di umidità e leggere piegature della carta
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 183 ROLANDO MONTI
Cortona, 1906 - Roma, 1991
Mascherina, 1942
Olio su tavola, 40 x 25,5 cm
Firma e data in basso a destra: R. Monti, 42
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “I Maestri della Scuola Romana”, a cura di A. Statuti, Firenze, 2014, p. 71;
“Rolando Monti, dal tonalismo all’astrazione lirica”, a cura di M. Margozzi, Museo Boncompagni Ludovisi, Roma, 2009-2010, p. 51, fig. 140;
“Rolando Monti. Arte in Italia 1935-1955”, a cura di P. C. Santini, Edifirenze, 1992, p. 282, fig. 423;
“Rolando Monti. Olii-tempere-disegni 1930-1957”, a cura di M. Fagiolo dell’Arco, Galleria Incontro d’Arte, Roma, 1989, fig. 129;
“Rolando Monti”, a cura di G. Sangiorgi e G. Petroni, Catalogo della mostra, Palazzo Barberini, Ente Premi Roma, 1982, p. 45, n° 20.
Buone condizioni, leggere cadute di colore
Cornice, senza vetro -
Lotto 184 SILVIO CANEVARI
Viterbo, 1893 - Roma, 1932
Il Rematore, 1929
Scultura in gesso patinato, h. 82 cm
Firma sulla base: S. Canevari
Gesso preparatorio de Il rematore, scultura donata dalla provincia di Genova e tradotta in marmo dalla ditta Morosini di Massa Carrara. La statua giunge nel cantiere dello Stadio dei Marmi il 13 dicembre 1930 e il 10 gennaio 1931 viene sistemata accanto al Pugilatore, in una delle due nicchie della facciata posteriore dell'Accademia di Educazione Fisica.
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: Mostra retrospettiva dello Scultore Silvio Canevari, scritto in catalogo della “III Mostra del Sindacato regionale Fascista delle Belle Arti di Roma e del Lazio”, Pinci editore, Roma, 1932, pp. 16 - 17;
“Seconda mostra Nazionale d'Arte ispirata allo sport”, catalogo della mostra, Roma, Mercati Traianei 1940;
Opera riprodotta in “Le tre Venezie”, rivista mensile, n° 11 - 12 novembre - dicembre 1940;
H. Schmidt, “Silvio Canevari”, in Il corpo in corpo, catalogo della mostra a cura di Bruno Mantura, Spoleto de Luca edizioni d'arte 1990;
G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del 900. Generazione maestri storici, Tomo Terzo, edizioni Bora, p. 16;
“Enrico del Debbio architetto”, catalogo della mostra, Roma Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, 2006;
“Silvio Canevari e il monumento ai caduti di Civita Catellana”, Istituto d'Arte Midossi, Civita Castellana, 2006;
G. Rigamonti, Le statue dello Stadio dei Marmi, Università degli studi della Tuscia, 2006;
M. Margozzi, “Lo sport nell'arte degli anni Trenta”, scritto in catalogo della mostra “Novecento, arte e vita tra le due guerre”, Silvana editoriale, 2013;
Opera riprodotta in “Marie Claire Maison”, edizione italiana, Milano, maggio 2016.
Buone condizioni -
Lotto 185 SILVIO CANEVARI
Viterbo, 1893 - Roma, 1932
Il Pugilatore, 1930
Scultura in gesso patinato, h. 82 cm
Firma sulla base: S. Canevari
Bellissimo bozzetto in gesso raffigurante il Pugilatore vittorioso realizzato da Silvio anevari per il Foro Mussolini. La scultura, tradotta in marmo dalla ditta Morosini di Massa Carrara, viene sistemata il 9 aprile 1931 in una delle due nicchie della facciata posteriore dell'Accademia di Educazione Fisica, nel
grandioso complesso compiuto a Roma fra il 1927 ed il 1933 da Enrico Del Debbio.
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: Mostra retrospettiva dello Scultore Silvio Canevari, scritto in catalogo della “III Mostra del Sindacato regionale Fascista delle Belle Arti di Roma e del Lazio”, Pinci editore, Roma, 1932, pp. 16 - 17;
“Seconda mostra Nazionale d'Arte ispirata allo sport”, catalogo della mostra, Roma, Mercati Traianei 1940;
Opera riprodotta in “Le tre Venezie”, rivista mensile, n° 11 - 12 novembre - dicembre 1940;
H. Schmidt, “Silvio Canevari”, in Il corpo in corpo, catalogo della mostra a cura di Bruno Mantura, Spoleto de Luca edizioni d'arte 1990;
G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del 900. Generazione maestri storici, Tomo Terzo, edizioni Bora, p. 16;
“Enrico del Debbio architetto”, catalogo della mostra, Roma Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, 2006;
“Silvio Canevari e il monumento ai caduti di Civita Catellana”, Istituto d'Arte Midossi, Civita Castellana, 2006;
G. Rigamonti, Le statue dello Stadio dei Marmi, Università degli studi della Tuscia, 2006;
M. Margozzi, “Lo sport nell'arte degli anni Trenta”, scritto in catalogo della mostra “Novecento, arte e vita tra le due guerre”, Silvana editoriale, 2013;
Opera riprodotta in “Marie Claire Maison”, edizione italiana, Milano, maggio 2016.
Buone condizioni -
Lotto 186 VINCENZO (ENZO) ASSENZA
Pozzallo, 1915 - Roma, 1981
Mondine
Bassorilievo in maiolica smaltata, 120 x 52 x 5 cm
Discrete condizioni, fêlure lungo tutto il lato corto -
Lotto 187 VIRGILIO GUZZI
Molfetta, 1902 - Roma, 1978
Ragazza con cesta in testa, Anni ‘30
Olio su tavola, 50 x 40 cm
Firma in basso a destra: Guzzi
PROVENIENZA: Collezione privata, Roma
BIOGRAFIA: Esponente della Scuola Romana fu presidente dell'Accademia di San Luca dal 1974 al 1976. Critico de Il Tempo, fu docente all'Accademia di belle arti di Roma. Ha fatto parte di numerose commissioni di pittura estemporanea.
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 188 VIRGILIO GUZZI
Molfetta, 1902 - Roma, 1978
Tavolo tondo, 1974
Olio su tela, 70 x 50 cm
Firma in basso a sinistra: V. Guzzi
Timbro al retro della Galleria La Barcaccia, Roma
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 189 VIRGILIO GUZZI
Molfetta, 1902 - Roma, 1978
Ritratto di giovane ragazza, 1927
Olio su tela, 46 x 38 cm
Firma in basso a destra: V. Guzzi
Firma, luogo e data al retro: Virgilio Guzzi, Roma, 1927
Ottime condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 190 VIRGILIO GUZZI
Molfetta, 1902 - Roma, 1978
Vaso di fiori
Olio su tela, 55 x 45 cm
Buone condizioni
Cornice, senza vetro -
Lotto 191 ANSELMO BUCCI
Fossombrone, 1887 - Monza, 1955
Monumento a Vittorio Emanuele, 1933
Matita e acquerello su carta, 53,3 x 85 cm
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Anselmo Bucci. Roma Sentieri Sublimi”, a cura di D. Astrologo, F. Antonacci e D. Lapiccirella, 2 dicembre 2010 - 31 gennaio 2011, Roma, 2010, n° 1
Ottime condizioni
Cornice, vetro e passepartout -
Lotto 192 ANSELMO BUCCI
Fossombrone, 1887 - Monza, 1955
Colonna Traiana, 1933
Carboncino, acquerello e tempera su carta, 30,5 x 24 cm
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Anselmo Bucci. Roma Sentieri Sublimi”, a cura di D. Astrologo, F. Antonacci e D. Lapiccirella, 2 dicembre 2010 - 31 gennaio 2011, Roma, 2010, n° 3
Ottime condizioni
Senza cornice, senza vetro, con passepartout -
Lotto 193 ANSELMO BUCCI
Fossombrone, 1887 - Monza, 1955
Veduta dal Foro Traiano, 1933
Carboncino, acquerello e tempera su carta, 31 x 48 cm
PUBBLICAZIONI ED ESPOSIZIONI: “Anselmo Bucci. Roma Sentieri Sublimi”, a cura di D. Astrologo, F. Antonacci e D. Lapiccirella, 2 dicembre 2010 - 31 gennaio 2011, Roma, 2010, n° 5
Ottime condizioni
Senza cornice, senza vetro, con passepartout