LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI Sessione unica
Thursday 29 February 2024 hours 18:00 (UTC +01:00)
Guglielmo Ciardi (1842 - 1917) L'aratura (Il lavoro nei campi), 1872 circa
Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
L'aratura (Il lavoro nei campi), 1872 circa
Olio su tela
44 x 95 cm
Firma: in basso a sinistra, "Ciardi"
Elementi distintivi: al verso della cornice, "CIARDI in pennarello
Provenienza: collezione privata, Biella
Bibliografia: Maria e Francesco Pospisil, “Guglielmo Ciardi”, Firenze, 1946, tav. 45; Giuseppe L. Marini, a cura di, “Il valore dei dipinti italiani dell'Ottocento e del primo Novecento”, Torino, 1999, p. 205; “Ottocento. Catalogo dell'arte italiana dell'Ottocento”, n. 28, Milano, 1999, p. 118; Giuseppe Pavanello, “Venezia: dall'età neoclassica alla ‘scuola del vero’”, in G. Pavanello, a cura di, “La pittura nel Veneto. L'Ottocento”, I, Milano, 2002, p. 77, fig. 118; Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale dei dipinti”, Crocetta del Montello, 2007, p. 291, n. 368; Stefano Bosi, scheda in Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 36-39, 161
Esposizioni: “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017
Stato di conservazione. Supporto: 85% (rintelo e rintelaiatura)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (cadute di colore e ritocchi)
La formazione di Guglielmo Ciardi è segnata dall’alunnato presso l’Accademia di belle arti di Venezia sotto la guida di Domenico Bresolin, rinnovatore del paesaggismo veneto, e dal viaggio di perfezionamento nel 1868 a Firenze, Roma e Napoli, che gli permette di conoscere la pittura di Fattori, Signorini, Costa, Palizzi e Morelli. Alla lezione del “vero” appaiono ispirate le opere della prima maturità dell’artista realizzate tra il 1868 e il 1869 tra il Canale della Giudecca e la campagna trevigiana. Come indicato da Nico Stringa, l’artista volta le spalle alla città edificata per «imboccare la strada di un completo e quasi disarmato colloquio con la “nuda” natura, abbassando al minimo gli elementi narrativi e descrittivi (e decorativi) e le conseguenti potenzialità cromatiche, aprendo la strada a un approccio sintetico» (Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi: l’istinto del vero”, in Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale”, cit., pp. 27-45, p. 37-38). Nei primi anni Settanta i paesaggi lagunari e campestri sono popolati da pescatori e contadini, raffigurati senza retorica all’interno dell’ambiente naturale, che diviene il protagonista assoluto. Appartiene alla serie delle vedute campestri realizzate in questo periodo “L’aratura”, una tela dal caratteristico formato allungato della tradizione macchiaiola. Si tratta di un dipinto di delicato equilibrio, perfettamente bipartito dalla linea dell’orizzonte e costruito sul contrasto tra i toni caldi e terrosi della parte inferiore e i toni freddi di quella superiore. Il bianco e l’azzurro descrivono le variazioni di luce del cielo corrusco di rade nubi e la neve sulla cima dei monti lontani. La scena si svolge alla fine dell’autunno: due uomini completano l’attività dell’aratura, mentre due donne sono pronte alla semina. Si tratta di figure impersonali, ritratte di spalle o di profilo, dai volti irriconoscibili. Ciò che conta è, infatti, il bilanciato e sereno rapporto tra la natura e le attività umane. La pacata gestualità delle figure assume una dimensione mitica, in analogia con la contemporanea pittura dei campi francese da Millet a Breton.
Teresa Sacchi Lodispoto