#79: Dipinti d'alta epoca e Antiquariato #79: Dipinti d'alta epoca e Antiquariato
Saturday 20 January 2024 hours 17:00 (UTC +01:00)
Fabrizio Santafede (Napoli 1555 ca.-1626) - Annunciazione, contornata dalle scene della Passione di Cristo
Fabrizio Santafede (Napoli 1555 ca.-1626) - Annunciazione, contornata dalle scene della Passione di Cristo H cm 177x136 Perizia del professore Claudio Strinati: «Si tratta di un’opera ragguardevole, preziosa testimonianza, a mio avviso, della prima fase di attività del grande pittore napoletano che divenne uno dei protagonisti assoluti della vita artistica partenopea del primo venticinquennio del Seicento. L’ opera qui in esame, però, va datata prima e più precisamente nella fase in cui Santafede ebbe l’incarico, abbastanza ben documentato nelle fonti, dalla pala dell’altare maggiore, raffigurante una Madonna e Santi, della Cattedrale di Matera, che ancorché non firmata è opera certa e databile intorno al 1580-83. Un confronto tra il dipinto qui in esame e la colossale pala di Matera conferma il riferimento al Santafede giovane della nostra opera nonché una datazione analoga, forse, per il nostro dipinto, da spostare leggermente in avanti, cioè alla metà dell’ultimo decennio del sedicesimo secolo.
Notevolissime, peraltro, le scene della vita di Cristo intorno all’Annunciazione, in cui si notano chiaramente gli influssi dei grandi manieristi soprattutto (ma non esclusivamente) fiamminghi operosi a Napoli nella seconda metà del Cinquecento come Teodoro d’ Errico o Aert Mytens. Peraltro è ancora molto forte in queste splendide e fervide scenette l’influsso di Marco Pino da Siena il grande pittore che ebbe una presenza a Napoli determinante e condizionò non poco anche il Santafede ai suoi esordi.
Nella Annunciazione già risulta evidente tuttavia la connessione, poi prediletta dal Santafede stesso, con la grande pittura fiorentina del tardo Cinquecento su cui Santafede, forse anche per influsso di Belisario Corenzio che in quel tempo a Napoli deteneva una sorta di monopolio delle committenze maggiori, modellò la sua magnifica cifra stilistica di nitore e compostezza classicheggiante unita ad una nobilissima e maestosa espressività, memore anche della lezione della scuola romana che egli di certo conobbe e apprezzò.
Magnificamente conservato, il nostro dipinto è quindi una bellissima testimonianza della decisiva svolta in chiave classica della pittura meridionale nell’estremo scorcio del sedicesimo secolo.
In fede,
Claudio Strinati»Perizia del professore Claudio Strinati: «Si tratta di un’opera ragguardevole, preziosa testimonianza, a mio avviso, della prima fase di attività del grande pittore napoletano che divenne uno dei protagonisti assoluti della vita artistica partenopea del primo venticinquennio del Seicento. L’ opera qui in esame, però, va datata prima e più precisamente nella fase in cui Santafede ebbe l’incarico, abbastanza ben documentato nelle fonti, dalla pala dell’altare maggiore, raffigurante una Madonna e Santi, della Cattedrale di Matera, che ancorché non firmata è opera certa e databile intorno al 1580-83. Un confronto tra il dipinto qui in esame e la colossale pala di Matera conferma il riferimento al Santafede giovane della nostra opera nonché una datazione analoga, forse, per il nostro dipinto, da spostare leggermente in avanti, cioè alla metà dell’ultimo decennio del sedicesimo secolo.
Notevolissime, peraltro, le scene della vita di Cristo intorno all’Annunciazione, in cui si notano chiaramente gli influssi dei grandi manieristi soprattutto (ma non esclusivamente) fiamminghi operosi a Napoli nella seconda metà del Cinquecento come Teodoro d’ Errico o Aert Mytens. Peraltro è ancora molto forte in queste splendide e fervide scenette l’influsso di Marco Pino da Siena il grande pittore che ebbe una presenza a Napoli determinante e condizionò non poco anche il Santafede ai suoi esordi.
Nella Annunciazione già risulta evidente tuttavia la connessione, poi prediletta dal Santafede stesso, con la grande pittura fiorentina del tardo Cinquecento su cui Santafede, forse anche per influsso di Belisario Corenzio che in quel tempo a Napoli deteneva una sorta di monopolio delle committenze maggiori, modellò la sua magnifica cifra stilistica di nitore e compostezza classicheggiante unita ad una nobilissima e maestosa espressività, memore anche della lezione della scuola romana che egli di certo conobbe e apprezzò.
Magnificamente conservato, il nostro dipinto è quindi una bellissima testimonianza della decisiva svolta in chiave classica della pittura meridionale nell’estremo scorcio del sedicesimo secolo.
In fede,
Claudio Strinati»