Dipinti Antichi
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Lot 118 Scuola fiorentina del XVI secolo Madonna col Bambino e San Giovannino tempera su tavola centinata cm 64x33 - cm 107x60 Collezione Imperiali, Roma, discendenti duca Paolo Camillo Thaon di Revel e di Sant'Andrea, Duca del Mare, Torino
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Lot 119 Scuola di Cusco, Vicereame del Perù Maria Bambina filatrice (Virgen niña hilandera) Il tema della fanciulla che fila avrebbe origine nell’ambito sivigliano, dove durante il XVII secolo si popolarizzò l'immagine della Virgen niña che tesse, filando, meditando o pregando. Il soggetto si ispira ai Vangeli Apocrifi, in particolare al Protovangelo di Giacomo, che narra come Maria, a tre anni, fosse incaricata della realizzazione del velo del Tempio, premonizione della morte di Cristo. Nel Vicereame del Perù, la versione predominante della Virgen niña era quella come filatrice. In quest'opera, probabilmente realizzata da meticci e indigeni, Maria Bambina indossa il costume ñusta, tipico delle principesse Inca, con fascia e tupu (spilla) andini.
La ricca cornice riflette il simbolismo degli specchi, che nella tradizione andina sono strumenti di introspezione e comunicazione con il mondo spirituale, essenziali nei rituali, oltre a svolgere una funzione decorativa. tempera su tavola cm 21,5x17,5 - con cornice cm 53x49 Valdivieso, Enrique, Una Virgen niña hilando y un Niño de la Espina de Juan Simón Gutiérrez, Laboratorio de arte, 15, 2002
Alfonso Maria Di Nola (a cura di), Evangelo apocrifo della Natività, Pseudo-Matteo, Parma, Guanda, 1963
De Mesa, José e Gisbert, Teresa, Historia de la Pintura Cuzqueña, Instituto de Arte Americano e Investigaciones Estéticas, Buenos Aires, 1962 -
Lot 120 Scuola di Cusco, Vicereame del Perù Madonna col Bambino Quest'immagine risale a una produzione artistica tra i secoli XVII e XVIII, un periodo in cui l'arte religiosa si espanse nella regione andina. Gli autori di questi dipinti sono per lo più anonimi, poiché vengono classificati in base alle scuole artistiche sviluppatesi con l'arrivo degli artisti europei in America.
Il nostro dipinto, esempio di devozione mariana andina, raffigura la Vergine con una corona d'oro, simbolo di divinità, poiché solo i re, considerati più vicini a Dio, portavano corone. Questo conferisce alla Vergine un aspetto divino e regale, con abiti sontuosi, tra cui un mantello rosso granato impreziosito da accenti dorati, che risalta insieme al bambino Gesù, avvolto in un abito decorato di rosso e oro.
La ricca cornice riflette il simbolismo degli specchi, che nella tradizione andina sono strumenti di introspezione e comunicazione con il mondo spirituale, essenziali nei rituali, oltre a svolgere una funzione decorativa.
tempera su tavola cm 17,5x13,2 - cm 51x56,5 De Mesa, José e Gisbert, Teresa, Historia de la Pintura Cuzqueña. Instituto de Arte Americano e Investigaciones Estéticas, Buenos Aires, 1962
Bethell, Leslie. The Cambridge History of Latin America. Cambridge University Press, 1995. -
Lot 121 Pittore del XVI secolo Madonna con Bambino e San Giovannino
olio su tavola 69x56 cm con cornice/ 52x39 cm senza cornice -
Lot 122 Pittore del XVI secolo Cristo portacroce Il dipinto, databile al XVI secolo, rinvia alla scuola veneto-cretese sviluppatasi a partire dal XV secolo. L'opera è attribuibile ad un madonnero attivo in un centro greco come Creta soggetto all'influenza veneziana. Raffigura Cristo che porta la croce ed è allestito in una antica cornice in legno intagliato e dorato.
Iscrizione in alto a sinistra Cistogramma "IC XC".
tempera su tavola fondo oro cm 31x26 - in cornice cm 37,5x33 Famiglia Imperiali, Roma, discendenti di Paolo Camillo Thaon di Revel e di Sant'Andrea, Duca del Mare, Torino -
Lot 123 Pittore del XVI secolo Cristo crocifisso con la Madonna e San Giovanni Evangelista olio su tavola cm 50x38,5 - con cornice cm 61x50
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Lot 124 Andrea Mantegna (copia da) Orazione di Cristo nell'orto di Gethsemani La scena raffigura Cristo inginocchiato in preghiera su un gradino roccioso, con lo sguardo rivolto a un angelo. Più in basso, gli apostoli Pietro, Giacomo il Maggiore e Giovanni giacciono addormentati, immersi in un sonno profondo. Il paesaggio circostante è ampio e ricco di alberi, resi con grande attenzione ai dettagli. In alto sulla sinistra, si intravede una città collinare che rappresenta un’ideale Gerusalemme, impreziosita da monumenti che richiamano le città italiane. Lungo la strada si avvicina il gruppo di soldati guidato da Giuda Iscariota, pronto ad arrestare Gesù.
Il dipinto trova confronto con la tavola di Andrea Mantegna, dello stesso soggetto, oggi al Musée des Beaux Arts di Tours, Francia e ha affinità con la tavola dell'Orazione nell'orto di Londra. Olio su tela applicata su tavola cm 63x89 - in cornice cm 87,5x115 collezione Imperiali, Roma, discendenti duca Paolo Camillo Thaon di Revel e di Sant'Andrea, Duca del Mare, Torino -
Lot 125 Scuola napoletana del XVIII secolo La Santissima Trinità 1784 Scritta in basso "Ex Regali Monte SS. Trinitatis Convalescentium, et Defunctorum Neapoli erecto XXX. Augusti 1784"
olio su tela cm 46,5x31 - con cornice cm 54,5x38,5 -
Lot 126 Scuola veneta del XVI secolo Santissima Trinità
olio su tela cm 38,5x28,5 - con cornice cm 44,5x34,5 -
Lot 127 Scuola di Cusco, Vicereame del Perù Madonna Addolorata Olio su tela cm 76,5x58 - con cornice cm 87,5x69
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Lot 128 Scuola fiorentina del XVI secolo Madonna col Bambino, San Giovannino e due Santi Si tratta di una versione della Madonna col Bambino e San Giovannino di Andrea del Sarto, conservata nella Wallace Collection di Londra. Di quest'opera esistono numerosi esemplari, tra cui due conservati al Museo del Prado di Madrid (inv. 333 e 338), uno presso la Alte Pinakothek di Monaco di Baviera (inv. 509), uno nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli, uno a Salisbury e uno nel Museo di Belle Arti di Le Havre. olio su tavola cm 87x67 - con cornice cm 157x126 Berenson, Bernard, I pittori italiani del Rinascimento, Firenze, Sansoni, 1965, p. 103, 108, 109-110, 260
Museo Nacional del Prado, Catálogo de las pinturas, Museo del Prado, Madrid, 1985, pp. 621.
Museo Nacional del Prado, Museo del Prado. Inventario general de pinturas (I) La Colección Real, Espasa Calpe, Madrid, 1990, pp. nº911
S. J. Freedberg, Andrea del Sarto, I, Cambridge 1963, p. 89
Ingamells, John, The Wallace Collection. Catalogue of Pictures, The Wallace Colection, London, 1985, pp. 332-338
F. von Reber, Katalog der Gemälde Sammlung der Kgl. Alteren Pinakothek in München, München 1898, p. 236 -
Lot 129 Giovanni Lanfranco (attribuito a) Madonna con Bambino olio su tela 117x93.5 cm con cornice
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Lot 130 Pittore napoletano del XVII secolo Giacobbe e Rachele al pozzo
olio su rame ovale cm 55x45,5 - con cornice cm 69x57,5 -
Lot 131 L'Orbetto Giuseppe e la moglie di Putifarre Il dipinto raffigura la moglie di Putifarre nel momento in cui trattiene per la veste lo schiavo Giuseppe, in un disperato tentativo di sedurlo trascinandolo verso il proprio letto. Il soggetto è tratto dall'Antico Testamento (Gen 39,7-20). Giuseppe, figlio di Giacobbe, dopo essere stato venduto dai fratelli, divenne schiavo al servizio di Putifarre, consigliere del faraone in Egitto. La moglie di Putifarre si innamorò di Giuseppe e cercò di sedurlo, ma lui la respinse. Invece di accettare il rifiuto, lei calunniò Giuseppe, accusandolo di attentare al suo onore e facendolo imprigionare. Esiste un’opera analoga, registrata negli archivi F. Zeri (c.i. F1768) e conservata in collezione privata, raffigurante lo stesso soggetto e di dimensioni simili. Secondo una perizia di Federico Zeri, l’opera è attribuibile ad Alessandro Turchi, detto l’Orbetto, e può essere riferita alla sua fase matura, successiva al trasferimento a Roma. Zeri osserva come l’artista abbia realizzato ulteriori versioni del medesimo soggetto, su supporto in lavagna, sebbene nessuna di queste raggiunga la qualità dell’opera in questione.
olio su tela cm 41x50 - con cornice cm 51x60cm Giovanni Romano, catalogo a cura di, Pittura italiana del '600, Giorgio Morandi e Associati, Modena, 1990, p. 247
Eugenia Acquaviva Gaudenzio, Alessandro Turchi: un pittore veronese nella Roma del Seicento, Edizioni CSSR, Roma, 1962 -
Lot 132 Cornelis van Poelenburgh (attribuito a) Paesaggio con ninfe In questa tavola sono evidenti i richiami allo stile di Cornelis van Poelenburgh, grande pittore olandese nato a Utrecht intorno al 1594, che visse a Firenze al servizio della corte granducale, lasciando un consistente numero di opere nelle collezioni medicee. Il dipinto può essere datato probabilmente tra il 1621 e il 1627, durante il suo soggiorno a Roma. In primo piano verso la destra sono raffigurate tre ninfe di figure robuste e solide, un'interpretazione illusoria del nudo femminile, che rimanda alla tradizione della scultura antica. Sullo sfondo, si apre un paesaggio laziale caratterizzato da linee sinuose che sfumano verso l'orizzonte. olio su tavola cm 32x40 - con cornice cm 43x52 Luigi Salerno, Pittori di paesaggio del seicento a Roma, Istituto Italiano di Credito Fondiario, Roma, U. Bozzi, vo. I, p. 224-237
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Lot 133 David Teniers II (attribuito a) La Tabaccheria delle scimmie Il dipinto qui presentato si ispira a La Tabagie de singes di David Teniers il Giovane (1610–1690), opera del XVII secolo oggi conservata al Musée des Beaux-Arts di Chartres (olio su pannello, cm 26,2 x 21,5). Si tratta di una rappresentazione zoo-antropomorfica, appartenente al genere della singerie, in cui le scimmie, travestite e atteggiate come esseri umani, mettono in scena situazioni quotidiane per sottolineare, con sottile ironia, la vanità e la futilità di alcune attività umane. Ambientata all'interno di una taverna, la scena mostra tre scimmie intente a fumare la pipa, mentre una quarta – in veste di cameriere – si dispone a versare il vino. Concepita come una satira dei costumi umani, l’opera riflette la tradizione iconografica che vede nella scimmia un simbolo del vizio e dell'imitazione parodica. olio su tavola cm 20x25 - con cornice cm 31x36,2
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Lot 134 Pittore fiammingo del XVI secolo L'Estate di Bacco o Il Trionfo della Vendemmia olio su tavola cm 38x56,5 - con cornice cm 58,5x77,5
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Lot 135 Jean Baptiste van Mour (attribuito a) a) Donna turca nel suo appartamento / b) Ragazza turca che prende il caffè sul divano Vanmour o van Mour fu un pittore fiammingo-francese, noto per le sue raffigurazioni della vita nell'Impero Ottomano durante il regno del Sultano Ahmed III. Nato a Valenciennes, studiò con Jacques-Albert Gérin e attirò l'attenzione del Marchese Charles de Ferriol, che lo portò a Costantinopoli nel 1699. Qui dipinse cento opere sulla vita locale. Dopo il ritorno di De Ferriol in Francia, Van Mour lavorò per altri diplomatici, avvalendosi di assistenti per adempiere a tutti gli impegni. Le sue opere furono raccolte nel Recueil de cent estampes représentant différentes nations du Levant, che ebbe grande influenza in Europa Occidentale. Nel 1725 ricevette il titolo di Peintre Ordinaire du Roy en Levant.
La nostra coppia di dipinti riflette la vita domestica delle donne della classe alta della società ottomana e suggerisce l'attribuzione a Vanmour o a uno dei suoi collaboratori per composizione e vicinanza stilistica.
coppia di olii su tela cm 32x25,5 - con cornice cm 39,5x33,5 Recueil de cent estampes representant differentes Nations du Levant avec de nouvelles estampes de cerimonies turques qui ont aussi leurs explications. - Istanbul : Sevket Rado, 1979. - [(Ripr. facs. dell'ed.: Paris : Collombat, 1714 (1715?)]
Intersecting Worlds - Ambassadors and Painters - Ambassador Portraits and Art Patronage of Ambassadors From The 17th to The 19th Century With Works Selected From Suna and Inan Kirac Foundation Orientalist Paintings Collection, Pera Muzesi Yayinlari, R. Baris Kibris Editori, Istanbul, 2015 -
Lot 136 Pieter Schoubroeck La predica del Battista tra una folla di astanti in un paesaggio Si riporta integralmente la scheda redatta dal Professor Eduard A. Safarik in data 18 giugno 1990, nella quale si attribuisce il dipinto a Pieter Schoubroeck (Hessheim, circa 1570 – Frankenthal, 1607).
Allievo, forse, di Gillis van Coninxloo, l’artista fu attivo in Italia intorno al 1595, contribuendo significativamente alla diffusione dei caratteri peculiari della scuola di Frankenthal, in particolare per quanto concerne le ambientazioni paesistiche in soggetti di carattere mitologico, biblico o tratti dalla storia classica. Il dipinto in esame si configura come esemplare rappresentativo di tale poetica espressiva, basata su una narrazione densa, popolata da una moltitudine di figurine, in cui la scena principale raramente domina, risultando piuttosto assorbita nell’insieme compositivo. Quest’ultimo si distingue per un equilibrato bilanciamento tra vivaci notazioni figurative, rese con cromatismo brillante e gradevole, e puntuali sottolineature paesaggistiche, chiaroscurate e ben delineate — tipiche, in questo caso, le imponenti querce.
Tra le opere utili al confronto, si segnalano strette analogie con il dipinto su rame di identico soggetto conservato presso lo Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig, nonché con il quadro Cristo guarisce un malato della Staatliche Gemäldegalerie di Kassel. Opere come quella qui analizzata, per la loro peculiare meticolosità descrittiva, devono infine essere considerate come imprescindibili precedenti per la formazione di Adam Elsheimer. olio su tela Olio su tela, Cm 62x73,5 - Cm 78,5x89 (con cornice) Collezione Privata, Roma W. Bernt, Die Niederländischen Maler des 17. Jahrhunderts, III, München 1948/1960, fig. 743
L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, I, Roma 1977-1978, p. 42, fig. 7.1 -
Lot 137 Antiveduto Gramatica (cerchia di) Ritratto di Beato Pietro Borghese L'identità del ritratto è suggerita dalla presenza dello stemma a destra della figura, recante nel campo il drago, che caratterizza la famiglia Borghese.
Iscrizione sul retro della tela, ora coperta dal rifodero ma di cui esiste una riproduzione fotografica: Ritratto del beato Pietro Borghesi/Del'Ordine Gesuato Fond il B.to Gioni Colombi.../Siena/Historia Degl'Huomini Illustri del Pad.re Paolo Marigi/al Cap XXXIII Stampato in Venet L'an.o MDCIIII olio su tela 58x48.5 cm con cornice / 40x30 cm senza cornice Christie's, Dipinti, Disegni Antichi e cornici, Roma, 4 Dicembre 2000, lotto n. 420, riprodotto -
Lot 138 Pittrice romana del XVII secolo Ritratto di Madre Francesca Montioux 1628 L'identità del personaggio raffigurato è attestata dall'iscrizione presente in alto sulla tela: 'LA MADRE FRANCESCA MONTIOUX FRANCESA - ÆTATIS 50 - ANNO 1628'. Si tratta del ritratto di Madre Francesca Montioux all'età di 50 anni.
Figlia di Claudio Montioux, appartenente a una nobile famiglia parigina, Francesca nutriva fin da bambina il desiderio di conservare la propria verginità e dedicarsi completamente al Signore. Ancora molto giovane, rifiutò il matrimonio imposto dai genitori e decise di seguire la propria vocazione. Fuggì segretamente dalla casa paterna e si rifugiò presso le suore cappuccine, vestendo l’abito di San Francesco: una tonaca grigia con il cordone, un soggiolo bianco in testa, e sempre scalza, indossò quell’abito, sia d’estate che d’inverno, fino alla morte. I genitori tentarono invano di ritrovarla e ormai libera, Francesca fu animata dal desiderio di recarsi in Terra Santa, fermandosi prima a Roma, dove giunse all’età di 20 anni per ricevere la benedizione da Papa Clemente VIII, il 23 marzo 1598. A Roma fu accolta nella casa della Contessa di Santa Fiora, dove ebbe modo di incontrare il Sommo Pontefice. Questo, preoccupato per la sua figura magra e delicata, la sconsigliò dal proseguire il viaggio verso la Palestina, temendo per la sua sicurezza attraverso terre infedeli. Le ordinò di considerare Roma come la sua 'Gerusalemme' e di non partire. Francesca, obbediente alla volontà papale, accettò il consiglio e, nel cuore, si unì spiritualmente a Gesù Cristo, dedicando la propria vita alla sua missione spirituale.
Poco dopo, conobbe la fiamminga Francesca Gorsij, grazie al comune legame con il confessore Padre Antonio Riccioni, penitenziere in San Pietro. Francesca Gorsij era giunta a Roma dalle Fiandre nel 1600, durante l'Anno Santo. Da giovane era stata affidata a una zia monaca per ricevere un'educazione cattolica. Nonostante il desiderio di consacrarsi a Cristo, fu costretta dai genitori a sposare un gentiluomo fiammingo. Rimasta vedova dopo soli diciotto mesi, decise di dedicarsi completamente a Dio. Si recò a Colonia, dove visse cinque anni impegnata in opere di carità, sostenendosi con il proprio lavoro e donando tutto ciò che aveva in più ai poveri. Successivamente, partì per Roma come pellegrina.
Nel 1602, le due Francesche fondarono insieme la Congregazione di Santa Orsola, presso il convento delle Sante Rufina e Seconda in Trastevere. L’opera era dedicata alla formazione spirituale di giovani zitelle consacrate a Dio. Nonostante le difficoltà iniziali, tra cui la povertà, riuscirono a portare avanti il loro progetto, vivendo di elemosine e lottando per ottenere il riconoscimento ufficiale.
Dopo la morte di Francesca Montioux, avvenuta nel 1628, la guida della Congregazione passò a Francesca Gorsij. Entrambe furono ammirate per la loro santità e lasciarono un’impronta profonda nella vita spirituale romana. Francesca Gorsij morì nel 1641, ma l’opera da loro avviata continuò a prosperare, ispirata dal loro esempio di carità e devozione.
Il ritratto fu con ogni probabilità realizzato da una monaca della stessa comunità. Le Oblate di Santa Orsola seguivano una regola molto rigida e conducevano una vita ritirata, il che rendeva poco plausibile l’ingresso di uomini nel convento, nemmeno per motivi artistici. È quindi probabile che il dipinto sia nato all’interno del convento, come frutto del lavoro di una religiosa. Nelle comunità femminili del tempo, non era raro che alcune suore fossero istruite in arti come la pittura, la musica o la calligrafia, spesso vissute come forme di devozione o strumenti per documentare la vita spirituale.
L’opera, pur semplice nello stile e sobria nei dettagli, riesce a trasmettere la dignità del ruolo della madre superiora e lo spirito di raccoglimento che caratterizzava la Congregazione.
olio su tela cm 97x72,5 - con cornice cm 116x91,5 Ernesto Iezzi, Studio storico della chiesa e del monastero delle SS. Rufina e Seconda in Trastevere, Roma, San Nilo, 1980
Pierre Hélyot and Maximilien Bullot, Histoire des ordres religieux, vol. 4, Paris, 1715, pp. 229-32, Suite de la Troisieme Partie, Chap XXXI
Filippo Bonanni’s Ordinum religiosorum in ecclesia miltanti catalogus, v. 2, n. 103
Iconografia Storica degli Ordini Religiosi e Cavallereschi, Opera di Gaetano Giucci, Roma 1845, Vol III, pg. 158-159
Marie-Andrée Jégou, Les Ursulines du Faubourg St Jacques à Paris 1607-1662, Origine d'un monastère apostolique, Presse Universitaires de France, Paris, 1981 -
Lot 139 Simone del Tintore Natura morta con fiori, pere, ficchi, mela cotogna olio su tela cm 57,5x72 - con cornice cm 70x84,5 (con cornice) Collezione Privata, Roma Francesca Baldassari, Una natura morta di Simone Del Tintore, caravaggesco di Toscana, Sinalunga, Pienza, 2014
Miklos Boskovits, Studi di storia dell'arte in onore di Mina Gregori, Silvana Ed., Firenze, 1994, p. 238 -
Lot 140 Pittore Napoletano del XVIII secolo Natura morta con funghi e serpente Di formato ovale e dominato da toni intensi e ombrosi, questo affascinante dipinto raffigura una scena di sottobosco in cui natura e mistero si fondono in una composizione di forte suggestione visiva. L’opera, verosimilmente ascrivibile alla scuola napoletana del Settecento, si distingue per l’accurata resa naturalistica e per una teatralità cromatica che richiama la sensibilità barocca del sud Italia. Tra il fogliame fitto e le profondità d’ombra, emerge un grappolo d’uva matura, funghi selvatici e una serpe che si insinua silenziosa tra gli elementi del paesaggio, infondendo alla scena una tensione latente e un senso di vitalità sospesa. La forma sinuosa del serpente, associata al frutto, richiama simbolicamente la sensualità, il desiderio e la natura ambigua dell’attrazione. Il contrasto tra la penombra dominante e i tocchi luminosi di bianco e rosso, che risaltano nei riflessi dell’uva e nelle venature dei funghi, dona all’insieme un vibrante dinamismo visivo, guidando lo sguardo lungo un percorso quasi simbolico. La composizione ovale si configura come una sorta di finestra aperta sulla natura, ma anche come metafora della caducità e della seduzione nascosta nella bellezza del mondo naturale. olio su tela cm 60x45 - con cornice cm 73x57
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Lot 141 Erasmus Quellinus il Giovane Madonna con Bambino, San Giovannino e Santa Elisabetta Figlio dello scultore Erasmus Quellinus I, Erasmus Quellinus il Giovane è stato un pittore fiammingo, incisore, disegnatore e progettista di arazzi che lavorò in vari generi, tra cui la pittura storica, il ritratto, l'allegoria, la battaglia e la pittura di animali. Fu allievo di Peter Paul Rubens e uno dei suoi più stretti collaboratori negli anni 1630. Dopo la morte di Rubens nel 1640, divenne uno dei pittori di maggior successo delle Fiandre. Le opere di Quellinus si trovano in diversi musei europei, come il Museo del Prado di Madrid, la Galleria Nazionale di Vienna, l'Alte Pinakothek di Monaco, l'Ermitage di San Pietroburgo, la Galleria degli Uffizi di Firenze, il Museo Nazionale di Arte Antica di Lisbona, il Museo di Belle Arti di Anversa, il Museo Suerdmont-Ludwig di Aquisgrana, la Gemäldegalerie di Berlino e il Museo Reale di Belle Arti di Bruxelles.
Il dipinto, raffigurante una Sacra Famiglia con Santa Elisabetta e San Giovannino, si ispira a Rubens e si conoscono diverse repliche. Va confrontato con l'incisione di Schelte Admas Bolswert che riproduce la Sacra Famiglia di Rubens, conservata nella raccolta dell'Earl of Lonsdale nel Lowther Castle, e della quale esiste una copia nella Galleria Palatina a Firenze, attribuita a Jan van den Hoecke. Si tratta di una versione giovanile di Quellinus, molto simile a quella riprodotta nel catalogo ragionato dell'artista di De Bruyn.
olio su tela cm 147x110 Collezione Privata, Roma Jean-Pierre De Bruyn, Erasmus II Quellinus (1607-1678). De schilderijen met catalogue raisonné, Luca Verlag Freren, 1988, p. 114