IL CULTO DELL'ARREDO. II FASE. BASI D'ASTA RIBASSATE

IL CULTO DELL'ARREDO. II FASE. BASI D'ASTA RIBASSATE

Wednesday 16 April 2025 hours 17:00 (UTC +01:00)
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Lots from 25 to 48 of 232
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  • Monogrammista FES, Germania (XIX secolo), (?)
Ritratto maschile
    Lot 28

    Monogrammista FES, Germania (XIX secolo), (?)
    Ritratto maschile
    Smalto su metallo
    15,3 x 12,2 x 1,2 cm (la placca)
    17,7 x 14 x 0,8 cm (la cornice)

    Firma: monogrammi « F » ed « ES » ai margini inferiori

    Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (una scheggiatura maggiore in corrispondenza del pendaglio)
    Stato di conservazione. Superficie: 85%

    Con cornice originale in metallo

  • Lorenzo Gignous (1862 - 1958)
Fiume con pescatore
    Lot 29

    Lorenzo Gignous (1862 - 1958)
    Fiume con pescatore
    Olio su cartone
    47,7 x 32 cm (luce)

    Firma: “L Gignous” al recto
    Elementi distintivi: al recto sul vetro etichetta Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
    Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
Lampadario monumentale
    Lot 30

    Archimede Seguso (1909 - 1999), Vetreria
    Lampadario monumentale
    Vetro soffiato di Murano, metallo, parti elettriche
    469 x 385 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    «L'oggetto riprende in modo fedele il lampadario del '700, ma con il vetro lattescente introdotto nell'800» (Rosa Barovier Mentasti, comunicazione orale del 24 novembre 2020). La altezza del corpo illuminante a partire dal soffitto è di 603 cm.
    Il lampadario monumentale è stato acquistato da Veneto Banca per € 180.000.

    Nota bene: l'oggetto va ritirato a cura e spese dell'acquirente, incluso smontaggio dalla rete elettrica, presso Villa Spineda Gasparini Loredan, Venegazzù (Volpago del Montello).

  • Europa (XX secolo)
Coppia di candelabri a cinque luci
    Lot 32

    Europa (XX secolo)
    Coppia di candelabri a cinque luci
    Bronzo dorato, legno impiallicciato
    40 x 17,8 x 18 cm (ogni candelabro)
    17,6 x 1,8 cm (candela media)

    Elementi distintivi: Elementi distintivi: sotto le basi, tre etichette (cue della Banca Popolare di Intra) con riferimenti inventariali
    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (depositi)

  • Primo Conti (1900 - 1988)
Composizione astratta, 1973
    Lot 34

    Primo Conti (1900 - 1988)
    Composizione astratta, 1973
    Litografia e serigrafia su carta
    33,3 x 24,2 cm

    Firma: “Primo Conti” a matita al recto
    Data: “1973” a matita al recto
    Altre iscrizioni: tiratura “61/100” a matita al recto
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta anonima con dati dell'opera; etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
    Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Kirman
    Lot 35

    Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
    Tappeto Kirman
    Vello in lana su armatura in cotone
    398 x 319 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)

    Bel medaglione floreale di forma ovale accompagnato da due pendenti sempre a motivo riccamente floreale come tipico nei tappeti di Kirman.

  • François Boucher (1703 - 1770)
La nascita di Adone, 1726 circa
    Lot 36

    François Boucher (1703 - 1770)
    La nascita di Adone, 1726 circa
    Olio su tela
    64,4 x 81,3 cm

    Firma: iniziali "f.b." sull'urna


    Elementi distintivi: al verso, a stampo l'indicazione di inventario "45 G"; una etichetta con riferimento inventariale ed alcune indicazioni a gesso relative ad un passaggio d'asta
    Provenienza: Ange-Laurent de La Live de Jully (1725-1779) (vendita del 5-14 maggio 1770, l. 92) ?; Louis-François Metra (1738-1804) (?); Pieter Locquet (1700-1782) (vendita del 22 settembre 1783, l. 58); Laurente Grimod de la Reynière (1733-1792) (vendita del 3 aprile 1793, l. 24); Le Rouge; Vendita anonima, 15 dicembre 1834, l. 27; Henri Didier (1823-1868) (vendita del 15-17 giugno 1868, l. 39); Pauline-Léontine-Elisabeth-Désirée Mesnage dite Mademoiselle Denain (1823-1892) (vendita del 6-7 aprile 1893, l. 2); Matthieu Goudchaux, Parigi (1810-); Semenzato, Milano (4 maggio 1989, l. 75 a-b); Beni Artistici Italiani Spa (Gruppo Cragnotti), fino al 1995; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: "Almanach des Beaux-Arts", 1762, pp. 188, 190, n. 20 (?); La Live - Mariette, "Catalogue historique du Cabinet de peinture et sculpture francaise de M. de La Live", 1764 (?); A. de La Fizelière, "Catalogue de Tableaux de l'Ecole francaise, tiré de collections d'amateurs, par Ph. Burty", in "Gazette des Beaux-Art"s, t. VIII, Parigi, 1860, p. 61; W. Bürger, "Exposition de tableaux de l'Ecole francaise ancienne tirés de collection d'amateurs (suite et fin)", in "Gazette des Beaux-Arts", Parigi, 1860, pp. 255-277 (1 settembre) e pp. 333-358 (15 settembre), 1860, p. 342; L. Duvaux, "Livre-Journal de Lazare Duvaux (1748-1758)", vol. I-II, Parigi, 1873, p. CLXXX; Ed. e J. de Goncourt, "L'Art du XVIIIe siècle", Parigi, 1880, vol. I-II, 3a edizione, pp. 138, 190; P. Mantz, "François Boucher, Lemoyne et Natoire", Parigi, 1880, pp. 67, 117; A. Michel, "François Boucher", in "Les Artistes célèbres", Parigi, 1889, p. 12; G. Kahn, "Boucher. Biographie critique", Parigi, 1904, pp. 19, 27; A. Michel, a cura di, "François Boucher. Catalogue par L. Soullié e Ch. Masson", Parigi, 1906, n. 210; P. de Nolhac, "François Boucher. Catalogue par Georges Pannier", Parigi, 1907, pp. 8, 14, cat. p. 109; P. de Nolhac, "Boucher, premier peintre du Roi", Parigi, 1925, pp. 21 e 32; G. Isnard, "Faux et imitations dans l'art", t. II, p. 120; A. Ananoff, con la collaborazione di D. Wildestein, "François Boucher", vol. I-II, Losanna-Parigi, 1976, vol. I, n. 38, pp. 174-176 (con immagini di altra versione); A. Ananoff - D. Wildenstein," L'opera completa di Boucher", Milano, 1980, pp. 87-88, cat. 38 (con immagine di altra versione); Christie's, "Ven House Sale", Londra, 22 giugno 1999, scheda del lotto 650 (con riferimento ad altre opere); Christie's, "Old Masters", New York, 15 ottobre 2020, scheda del lotto 59 (con riferimento ad altre opere)
    Esposizioni: Tableaux et dessins de l'école française du XVIIIe siècle, tirès de collections d'amateurs, Galerie Martinet, Parigi, 1860, n. 86 quater (prestito di H. Didier, come Lemoyne); De Watteau à Proud'hon, Gazette des Beaux-Arts, Parigi, 1956, n. 7



    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 75% (reintelatura e reintelaiatura)
    Stato di conservazione. Superficie: Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e integrazioni)

    L'opera, in pendant con la successiva, è dedicata alla storia di Adone, narrata da Ovidio nelle "Metamorfosi" (Libro X, versi 532-860).
    Teia, re della Assiria, vantava la straordinaria bellezza di sua figlia Mirra (o Smirna), celebrandola come superiore ad Afrodite. La dea, per vendetta, portò Mirra a desiderare il proprio padre e a giacere per dodici notti con lui fino a quando Teia scoprì l'inganno e cercò di ucciderla. Afrodite, presa da pietà, ne favorì la fuga, mutandola in un albero: le lacrime di Mirra si trasformarono allora nella profumata resina che porta il suo nome.
    La tela in esame rappresenta la nascita di Adone, frutto di questa relazione incestuosa. Il bambino è appena nato: al dolore della madre - il tronco dell'albero è straziato e nell'alto fusto si riconosce un volto contratto in uno spasmo - si oppone la serenità delle ninfe, le quattro giovani donne a destra della scena. Afrodite, in piedi appoggiata all'albero, già stupita per la bellezza del bambino, lo consegna a Persefone, regina del mondo sotterraneo, che appare qui inginocchiata con il piccolo in braccio, in modo che possa nasconderlo e prendersi cura di lui. La bellezza di Adone, ormai cresciuto, suscita una disputa tra Afrodite e Persefone, entrambe follemente innamorate, che Zeus compone, stabilendo che il ragazzo trascorra un terzo dell'anno con ognuna delle due dee e il restante terzo dove preferisce, e il giovane sceglie Afrodite. La decisione di Zeus distingue così tre grandi cicli della natura, il tempo del riposo nello scuro inverno e il tempo della luce nella primavera, a cui segue la pienezza della vita e dell'amore nell'estate. La storia continua nella seconda tela, che rappresenta la morte di Adone a seguito di una ferita di caccia, nonostante il soccorso di Afrodite, scesa dal cielo su un carro d'oro trainato da cigni.
    Di questa fortunata invenzione Boucher realizzò diverse versioni, che sono state spesso confuse, contribuendo a rendere molto complesso e incerto il tema attributivo. La versione in formato orizzontale più nota è il pendant acquistato da António de Medeiros e Almeida (1895-1986) in un'asta al Palais Galliera, Parigi, il 22 novembre 1972, reso noto agli studi da Hermann Voss nel 1953 ("François Boucher’s Early Development", in "The Burlington Magazine", vol. 95, n. 600, Marzo 1953, pp. 80 – 93, in particolare p. 86 e ill. 47 e 48) ed oggi esposto alla Casa-Museu Medeiros e Almeida a Lisbona, come proveniente dalla collezione La Live de Jully (Samantha Coleman Aller, scheda consultata il 26 gennaio 2022 nel sito del Museo). Una identificazione, tuttavia, non possibile, per ragioni di misure. Infatti, nella documentazione della vendita La Live de Jully, i dipinti risultano avere una dimensione di "H. 2 pieds; L. 2 pieds 6 p.", ossia di 2 piedi di base per 2,5 di altezza, il che, essendo il piede francese pari a 32,5 cm, significa 65x81,25 cm, la dimensione dei dipinti di Veneto Banca. La vicenda è complicata dalla presenza di due incisioni realizzate da Gérard Jean-Baptiste Scotin e Michel Guillaume Aubert a partire dalle opere La Live de Jully, annunciate sul "Mercure de France" nell'Aprile del 1733 (Pierrette Jean-Richard, "L’Oeuvre gravé de François Boucher", 1978, n. 191, 1585 e 1586), che richiamano nei particolari i dipinti portoghesi, segnalando l'esistenza di almeno due prototipi orizzontali leggermente diversi (si veda per esempio, nella "Nascita" di Adone incisa, l'accenno al carro di Afrodite sul margine sinistro). Una ulteriore complicazione bibliografica ricorre per il fatto che il pendant è catalogato da Ananoff e Wildenstein con le misure delle opere di Veneto Banca e con le immagini di un altro pendant (probabilmente Medeiros e Almeida, come suggerisce lo sviluppo verso il centro della composizione del tronco a sinistra nella "Morte di Adone").
    Alastair Laing, sulla base di una nota manoscritta nel catalogo della vendita del 1770, già conservata nella biblioteca Doucet, segnala che il pendant La Live de Jully venne comprato dal banchiere e giornalista francese Louis-François Metra (1738-1804) per la Zarina Caterina: disperso senza tracce in Russia, il pendant non sembra dunque identificabile né con la versione di Veneto Banca né con la versione Medeiros e Almeida.
    Secondo lo specialista, la provenienza dei dipinti di Veneto Banca è, invece, tracciabile «dal 1783, quando essi compaiono nella vendita della collezione di Pieter Locquet, ad Amsterdam, il 22 settembre 1783 (lotti 57 e 58), dalla quale ritornarono in Francia, nella collezione del finanziere e patrono dell'architettura Laurent Grimod de la Reynière (1734 – 1793), padre del celebre gastronomo Alexandre Laurent Grimod de la Reynière. Rovinato dalla Rivoluzione, egli li mise in asta il 3 aprile 1793 (l. 24) dove furono acquistati dal mercante Le Rouge». La loro storia successiva è correttamente descritta da Alexandre Ananoff e Daniel Wildenstein nel loro catalogo dell'opera di François Boucher, 1976 (n. 38 e 39, pp. 174-176), fino alla collezione di Matthieu Goudchaux a Parigi. Nel 1985, secondo una lettera inviata dal pittore-restauratore Marco Grassi al Prof. Laing, le opere erano in una collezione privata a Lugano, e sono apparse in asta pochi anni dopo a Milano presso Semenzato (4 maggio 1989, l. 75 a-b), a cui probabilmente appartenevano. Infatti, Veneto Banca è entrata in possesso delle opere in una negoziazione con il Gruppo Cragnotti, divenuto azionista di maggioranza di Semenzato nel 1992.
    Un altro punto cruciale nella complessa ricostruzione storica consiste nella datazione delle opere. Secondo Alaistair Laing, l'annuncio sul "Mercure de France" delle incisioni del 'pendant La Live de Jully' nell'aprile 1733, suggerisce una datazione per queste composizioni a non prima del 1732, benché Ananoff e Wildenstein ne anticipino la datazione al 1730, «apparentemente senza sapere che nella versione della Banca de "La nascita di Adone" la base dell'urna poggiata sul terreno era iscritta "F.B. 1730" quando apparve nell'asta Semenzato nel 1989», «una aggiunta tarda, tesa a supportare l'idea che Boucher abbia dipinto le opere in Italia e che poi è stata rimossa» (comunicazione del 22 maggio 2022). Laing propone, per i dipinti di Veneto Banca, una datazione intorno al 1726, in consonanza con altre due opere di tema ovidiano, una versione - questa volta verticale - de "La morte di Adone" (di cui si conoscono due esemplari: il primo, Ananoff-Wildenstein 1976, n. 87, recentemente battuto da Christie's New York il 15 ottobre 2020, ed il secondo apparso da Collin du Bocage presso l'Hôtel Drouot, il 21 maggio 2021) ed un dipinto con Selene/Diana che piange Endimione morto, in cui le figure sono assai simili a Venere e Adone nell'analogo dipinto di Veneto Banca. Fondamentale per la datazione è proprio la prima versione della "Morte di Adone" "verticale", pressoché delle stesse dimensioni (79.3x63,5 cm) dei dipinti di Veneto Banca: essa, infatti, venne dipinta da Boucher come pendant per la tela con "Venere e Marte" di Carle van Loo oggi al Museum of Fine Arts, Houston (inv. BF.1978.24), che sappiamo risalire al 1726 dalla "Vie de Carle van Loo" di Michel François André-Bardon, presentata alla Académie Royale nel 1765. La versione verticale della "Morte di Adone" deve essere stata dipinta nello stesso anno o poco dopo, e così la coppia di dipinti di Veneto Banca. In quella fase della sua carriera, Boucher aveva bisogno di denaro, ed era portato a ripetere i suoi dipinti di successo, ma non era nella posizione di impiegare assistenti di studio che potessero dipingerli per lui. Il Prof. Laing reputa pertanto il pendant di Veneto Banca autografo dell'artista.
    In una ideale cronologia delle esperienze di Boucher con il mito di Adone, certamente l'invenzione risale alla versione verticale, dove il formato consente di accentuare l'importanza delle figure secondo le regole del "Grand Style", mentre le opere di Veneto Banca, il cui sviluppo orizzonte privilegia l'aspetto scenografico, sembrano occupare una posizione precedente rispetto ai dipinti, di maggiori dimensioni e più rifiniti, della Casa-Museu Medeiros e Almeida. In favore di una datazione precoce del pendant in asta si osservano anche il trattamento pittorico e la cromia molto vicini al capolavoro di analogo soggetto del maestro di Boucher, François Lemoyne (1688-1737), datato "1729" (Nationalmuseum, Stockholm, inv. NM 854). Non a caso, anche con riguardo al pendant in esame, forse a partire dalla esposizione presso Martinet del 1860 (in cui le opere comparivano come Lemoyne), Burger annotava, che «Burty restituait à Boucher quatre prétendues tableaux de F. Lemoyne et celà au grand contentement du propriétaire» (p. 342). E secondo Duvaux, 1873, la restituzione è stata guidata non da un fatto stilistico ma dalla scoperta del monogramma dell'artista sull'urna (p. XLXXX). Per Isnard, nelle due tele di Veneto Banca Boucher intenzionalmente falsifica il suo maestro non avendo ancora sviluppato un proprio stile. Benché il pendant in asta sia definitivamente da datare prima del soggiorno italiano dell'artista (1727-1731), iniziato come libero studente della Academie de France a Roma insieme a Carle van Loo - Boucher era di due anni più giovane di Van Loo, ed i loro primi lavori vennero spesso confusi - si riscontrano in esse, come nei dipinti "verticali", alcuni elementi veneti, forse da ascrivere al documentato passaggio di Sebastiano Ricci a Parigi nel dicembre 1716 (quando il suo ospite, il collezionista Pierre Crozat, lo introdusse a Watteau), in quelli che Pierre Rosenberg ha definito "i misteriosi inizi del giovane Boucher". Sebastiano, nel dicembre 1720, divenne membro della Academie de France e solo nel 1978 è stato restituito a Boucher il "Sacrificio di Gedeone", un dipinto del Louvre, a lungo creduto del maestro bellunese. Questa ricchezza di suggestioni è efficacemente sintetizzata da Mantz: «Questa pittura cristallizzata che ha fatto scambiare alcuni Lemoyne per dei Watteau, queste tinte laccate della Scuola di Venezia, che Boucher non tarda a prendere per sempre ... tutto, in queste due tele, ha il tocco di Lemoyne» (1880, pp. 67, 117).
    Come si comprende la storia collezionistica e la fortuna bibliografica delle tele rimangono molto complesse e di non univoca interpretazione per la sovrapposizione di fonti ed opere, ma la attribuzione delle opere a Boucher è confermata in punto di ideazione e stile.

    L'opera, come il pendant, è conservata in una cornice rococò.

    Siamo grati al Prof. Alaister Laing (+) per aver confermato la attribuzione dell'opera a Francois Boucher su base fotografica e per il prezioso supporto dato nella schedatura.

  • François Boucher (1703 - 1770)
La morte di Adone, 1726 circa
    Lot 37

    François Boucher (1703 - 1770)
    La morte di Adone, 1726 circa
    Olio su tela
    64,3 x 81,6 cm

    Elementi distintivi: al verso, a stampo l'indicazione di inventario "44 G"; una etichetta con riferimento ad un sequestro, una con riferimento ad un numero di inventario ed una terza non leggibile
    Provenienza: Ange-Laurent de La Live de Jully (1725-1779) (vendita del 5-14 maggio 1770, l. 92) ?; Louis-François Metra (1738-1804) (?); Pieter Locquet (1700-1782) (vendita del 22 settembre 1783, l. 57); Laurente Grimod de la Reynière (1733-1792) (vendita del 3 aprile 1793, l. 24); Le Rouge; Vendita anonima, 15 dicembre 1834, l. 27; Henri Didier (1823-1868) (vendita del 15-17 giugno 1868, l. 40); Pauline-Léontine-Elisabeth-Désirée Mesnage dite Mademoiselle Denain (1823-1892) (vendita del 6-7 aprile 1893, l. 3); Matthieu Goudchaux, Parigi (1810-); Semenzato, Milano (4 maggio 1989, l. 75 a-b); Beni Artistici Italiani Spa (Gruppo Cragnotti), fino al 1995; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: "Almanach des Beaux-Arts", 1762, pp. 188, 190, n. 20 (?); La Live - Mariette, "Catalogue historique du Cabinet de peinture et sculpture francaise de M. de La Live", 1764 (?); A. de La Fizelière, "Catalogue de Tableaux de l'Ecole francaise, tiré de collections d'amateurs, par Ph. Burty", in Gazette des Beaux-Arts, t. VIII, Parigi, 1860, p. 61; W. Bürger, "Exposition de tableaux de l'Ecole francaise ancienne tirés de collection d'amateurs (suite et fin)", in "Gazette des Beaux-Arts", Parigi, 1860, pp. 255-277 (1 settembre) e pp. 333-358 (15 settembre), 1860, p. 342; L. Duvaux, "Livre-Journal de Lazare Duvaux (1748-1758)", vol. I-II, Parigi, 1873, p. CLXXX; Ed. e J. de Goncourt, "L'Art du XVIIIe siècle", Parigi, 1880, vol. I-II, 3a edizione, pp. 138, 190; P. Mantz, "François Boucher, Lemoyne et Natoire", Parigi, 1880, pp. 67, 117; A. Michel, "François Boucher", in "Les Artistes célèbres", Parigi, 1889, p. 12; G. Kahn, "Boucher. Biographie critique, Parigi, 1904, pp. 19, 27; A. Michel, a cura di, "François Boucher. Catalogue par L. Soullié e Ch. Masson", Parigi, 1906, n. 206; P. de Nolhac, "François Boucher. Catalogue par Georges Pannier", Parigi, 1907, p. 8, cat. p. 109; P. de Nolhac, "Boucher, premier peintre du Roi", Parigi, 1925, pp. 21 e 32; A. Ananoff, con la collaborazione di D. Wildestein, "François Boucher", vol. I-II, Losanna-Parigi, 1976, vol. I, n. 39, pp. 175-176 (con immagine di altra versione); A. Ananoff - D. Wildenstein, "L'opera completa di Boucher", Milano, 1980, p. 88, cat. 39 (con immagine di altra versione); Christie's, "Ven House Sale", Londra, 22 giugno 1999, scheda del lotto 650 (con riferimento ad altre opere); Christie's, "Old Masters", New York, 15 ottobre 2020, scheda del lotto 59 (con riferimento ad altre opere)
    Esposizioni: Esposizioni: Tableaux et dessins de l'école française principalement du XVIIIe siècle, tirès des collections d'amateurs, Galerie Martinet, Parigi, 1860, 86 quinquies; Parigi 1956, 8

    Vincoli: Il lotto è dotato di attestato di libera circolazione rilasciato il 29 luglio 2021.

    Stato di conservazione. Supporto: 75% (reintelatura e reintelaiatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e integrazioni)

    L'opera, in pendant con la precedente, è dedicata alla storia di Adone, narrata da Ovidio nelle "Metamorfosi" (Libro X, versi 532-860).
    Teia, re della Assiria, vantava la straordinaria bellezza di sua figlia Mirra (o Smirna), celebrandola come superiore ad Afrodite. La dea, per vendetta, portò Mirra a desiderare il proprio padre e a giacere per dodici notti con lui fino a quando Teia scoprì l'inganno e cercò di ucciderla. Afrodite, presa da pietà, ne favorì la fuga, mutandola in un albero: le lacrime di Mirra si trasformarono allora nella profumata resina che porta il suo nome. La prima tela del pendant rappresenta la nascita di Adone, frutto di questa relazione incestuosa. Ma la storia continua. La bellezza di Adone, ormai cresciuto, suscita una disputa tra Afrodite e Persefone, entrambe follemente innamorate, che Zeus compone, stabilendo che il ragazzo trascorra un terzo dell'anno con ognuna delle due dee e il restante terzo dove preferisce, e il giovane sceglie Afrodite. La decisione di Zeus distingue così tre grandi cicli della natura, il tempo del riposo nello scuro inverno e il tempo della luce nella primavera, a cui segue la pienezza della vita e dell'amore nell'estate.
    In un giorno di caccia - ecco il soggetto della tela in esame - il giovane viene aggredito da un cinghiale e ferito a morte. Afrodite, scesa dal cielo su un carro d'oro trainato da cigni, seduta su una nuvola, avvicina una mano al volto dell'amato, che ormai giace senza forze, tra gli amorini piangenti, i cani e le prede della caccia appena interrotta. Secondo alcune tradizioni, il cinghiale sarebbe stato inviato da Artemisia, dea della caccia, per proteggere la castità dei giovani dall'influenza dell'amore: e difatti uno dei putti spegne la fiaccola a terra. Secondo altre, sarebbe una vendetta di Ares, amante di Afrodite. Bione di Smirne, poeta ellenistico, sviluppa il tema in un "Canto in morte di Adone": racconta, pare per primo, che le lacrime di Afrodite e le gocce di sangue di Adone, divennero fiori, rose e anemoni rossi, questi ultimi dipinti al centro della composizione.
    Di questa fortunata invenzione Boucher realizzò diverse versioni, che sono state spesso confuse, contribuendo a rendere molto complesso e incerto il tema attributivo. La versione in formato orizzontale più nota è il pendant acquistato da António de Medeiros e Almeida (1895-1986) in un'asta al Palais Galliera, Parigi, il 22 novembre 1972, reso noto agli studi da Hermann Voss nel 1953 ("François Boucher’s Early Development", in "The Burlington Magazine", vol. 95, n. 600, Marzo 1953, pp. 80 – 93, in particolare p. 86 e ill. 47 e 48) ed oggi esposto alla Casa-Museu Medeiros e Almeida a Lisbona, come proveniente dalla collezione La Live de Jully (Samantha Coleman Aller, scheda consultata il 26 gennaio 2022 nel sito del Museo). Una identificazione, tuttavia, non possibile, per ragioni di misure. Infatti, nella documentazione della vendita La Live de Jully, i dipinti risultano avere una dimensione di "H. 2 pieds; L. 2 pieds 6 p.", ossia di 2 piedi di base per 2,5 di altezza, il che, essendo il piede francese pari a 32,5 cm, significa 65x81,25 cm, la dimensione dei dipinti di Veneto Banca. La vicenda è complicata dalla presenza di due incisioni realizzate da Gérard Jean-Baptiste Scotin e Michel Guillaume Aubert a partire dalle opere La Live de Jully, annunciate sul "Mercure de France" nell'Aprile del 1733 (Pierrette Jean-Richard, "L’Oeuvre gravé de François Boucher", 1978, n. 191, 1585 e 1586), che richiamano nei particolari i dipinti portoghesi, segnalando l'esistenza di almeno due prototipi orizzontali leggermente diversi (si veda per esempio, nella "Nascita di Adone" incisa, l'accenno al carro di Afrodite sul margine sinistro). Una ulteriore complicazione bibliografica ricorre per il fatto che il pendant è catalogato da Ananoff e Wildenstein con le misure delle opere di Veneto Banca e con le immagini di un altro pendant (probabilmente Medeiros e Almeida, come suggerisce lo sviluppo verso il centro della composizione del tronco a sinistra nella "Morte di Adone").
    Alastair Laing, sulla base di una nota manoscritta nel catalogo della vendita del 1770, già conservata nella biblioteca Doucet, segnala che il pendant La Live de Jully venne comprato dal banchiere e giornalista francese Louis-François Metra (1738-1804) per la Zarina Caterina: disperso senza tracce in Russia, il "pendant" non sembra dunque identificabile né con la versione di Veneto Banca né con la versione Medeiros e Almeida.
    Secondo lo specialista, la provenienza dei dipinti di Veneto Banca è, invece, tracciabile «dal 1783, quando essi compaiono nella vendita della collezione di Pieter Locquet, ad Amsterdam, il 22 settembre 1783 (lotti 57 e 58), dalla quale ritornarono in Francia, nella collezione del finanziere e patrono dell'architettura Laurent Grimod de la Reynière (1734 – 1793), padre del celebre gastronomo Alexandre Laurent Grimod de la Reynière. Rovinato dalla Rivoluzione, egli li mise in asta il 3 aprile 1793 (l. 24) dove furono acquistati dal mercante Le Rouge». La loro storia successiva è correttamente descritta da Alexandre Ananoff e Daniel Wildenstein nel loro catalogo dell'opera di François Boucher, 1976 (n. 38 e 39, pp. 174-176), fino alla collezione di Matthieu Goudchaux a Parigi. Nel 1985, secondo una lettera inviata dal pittore-restauratore Marco Grassi al Prof. Laing, le opere erano in una collezione privata a Lugano, e sono apparse in asta pochi anni dopo a Milano presso Semenzato (4 maggio 1989, l. 75 a-b), a cui probabilmente appartenevano. Infatti, Veneto Banca è entrata in possesso delle opere in una negoziazione con il Gruppo Cragnotti, divenuto azionista di maggioranza di Semenzato nel 1992.
    Un altro punto cruciale nella complessa ricostruzione storica consiste nella datazione delle opere. Secondo Alaistair Laing, l'annuncio sul "Mercure de France" delle incisioni del "pendant La Live de Jully" nell'aprile 1733, suggerisce una datazione per queste composizioni a non prima del 1732, benché Ananoff e Wildenstein ne anticipino la datazione al 1730, «apparentemente senza sapere che nella versione della Banca de "La nascita di Adone" la base dell'urna poggiata sul terreno era iscritta "F.B. 1730" quando apparve nell'asta Semenzato nel 1989», «una aggiunta tarda, tesa a supportare l'idea che Boucher abbia dipinto le opere in Italia e che poi è stata rimossa» (comunicazione del 22 maggio 2022). Laing propone, per i dipinti di Veneto Banca, una datazione intorno al 1726, in consonanza con altre due opere di tema ovidiano, una versione - questa volta verticale - de "La morte di Adone" (di cui si conoscono due esemplari: il primo, Ananoff-Wildenstein 1976, n. 87, recentemente battuto da Christie's New York il 15 ottobre 2020, ed il secondo apparso da Collin du Bocage presso l'Hôtel Drouot, il 21 maggio 2021) ed un dipinto con "Selene/Diana che piange Endimione morto", in cui le figure sono assai simili a Venere e Adone nell'analogo dipinto di Veneto Banca. Fondamentale per la datazione è proprio la prima versione della Morte di Adone "verticale", pressoché delle stesse dimensioni (79.3x63,5 cm) dei dipinti di Veneto Banca: essa, infatti, venne dipinta da Boucher come pendant per la tela con "Venere e Marte "di Carle van Loo oggi al Museum of Fine Arts, Houston (inv. BF.1978.24), che sappiamo risalire al 1726 dalla "Vie de Carle van Loo" di Michel François André-Bardon, presentata alla Académie Royale nel 1765. La versione verticale della "Morte di Adone" deve essere stata dipinta nello stesso anno o poco dopo, e così la coppia di dipinti di Veneto Banca. In quella fase della sua carriera, Boucher aveva bisogno di denaro, ed era portato a ripetere i suoi dipinti di successo, ma non era nella posizione di impiegare assistenti di studio che potessero dipingerli per lui. Il Prof. Laing reputa pertanto il pendant di Veneto Banca autografo dell'artista.
    In una ideale cronologia delle esperienze di Boucher con il mito di Adone, certamente l'invenzione risale alla versione verticale, dove il formato consente di accentuare l'importanza delle figure secondo le regole del "Grand Style", mentre le opere di Veneto Banca, il cui sviluppo orizzonte privilegia l'aspetto scenografico, sembrano occupare una posizione precedente rispetto ai dipinti, di maggiori dimensioni e più rifiniti, della Casa-Museu Medeiros e Almeida. In favore di una datazione precoce del pendant in asta si osservano anche il trattamento pittorico e la cromia molto vicini al capolavoro di analogo soggetto del maestro di Boucher, François Lemoyne (1688-1737), datato "1729" (Nationalmuseum, Stockholm, inv. NM 854). Non a caso, anche con riguardo al pendant in esame, forse a partire dalla esposizione presso Martinet del 1860 (in cui le opere comparivano come Lemoyne), Burger annotava, che «Burty restituait à Boucher quatre prétendues tableaux de F. Lemoyne et celà au grand contentement du propriétaire» (p. 342). E secondo Duvaux, 1873, la restituzione è stata guidata non da un fatto stilistico ma dalla scoperta del monogramma dell'artista sull'urna (p. XLXXX). Per Isnard, nelle due tele di Veneto Banca Boucher intenzionalmente falsifica il suo maestro non avendo ancora sviluppato un proprio stile. Benché il pendant in asta sia definitivamente da datare prima del soggiorno italiano dell'artista (1727-1731), iniziato come libero studente della Academie de France a Roma insieme a Carle van Loo - Boucher era di due anni più giovane di Van Loo, ed i loro primi lavori vennero spesso confusi - si riscontrano in esse, come nei dipinti "verticali", alcuni elementi veneti, forse da ascrivere al documentato passaggio di Sebastiano Ricci a Parigi nel dicembre 1716 (quando il suo ospite, il collezionista Pierre Crozat, lo introdusse a Watteau), in quelli che Pierre Rosenberg ha definito "i misteriosi inizi del giovane Boucher". Sebastiano, nel dicembre 1720, divenne membro della Academie de France e solo nel 1978 è stato restituito a Boucher il "Sacrificio di Gedeone", un dipinto del Louvre, a lungo creduto del maestro bellunese. Questa ricchezza di suggestioni è efficacemente sintetizzata da Mantz: «Questa pittura cristallizzata che ha fatto scambiare alcuni Lemoyne per dei Watteau, queste tinte laccate della Scuola di Venezia, che Boucher non tarda a prendere per sempre ... tutto, in queste due tele, ha il tocco di Lemoyne» (1880, pp. 67, 117).
    Come si comprende la storia collezionistica e la fortuna bibliografica delle tele rimangono molto complesse e di non univoca interpretazione per la sovrapposizione di fonti ed opere, ma la attribuzione delle opere a Boucher è confermata in punto di ideazione e stile.

    L'opera, come il pendant, è conservata in una cornice rococò.

    Siamo grati al Prof. Alaister Laing (+) per aver confermato la attribuzione dell'opera a Francois Boucher su base fotografica e per il prezioso supporto dato nella schedatura.

  • Felice Casorati (1883 - 1963)
Il bacio di Giuda
    Lot 38

    Felice Casorati (1883 - 1963)
    Il bacio di Giuda
    Incisione su tavella di gesso su carta da spolvero
    47,6 x 32,2 cm

    Firma: al recto, “F. C.” a gessetto al recto
    Altre iscrizioni: tiratura “48/60”; “Il bacio di Giuda” a gessetto al recto
    Elementi distintivi: timbro a secco dello "ATELIER CASORATI" al recto; sul verso, etichetta anonima con dati dell'opera; etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario

    Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: Luigi Carluccio, "Felice Casorati. Opera grafica", Milano 1966, p. 81 n. 27; "Felice Casorati. Opera grafica", introduzione di Giorgio Trentin, Cesuna 1988, n. 54
    Esposizioni: "Felice Casorati. Opera Grafica", Casuna, Galleria Stamperia Tuttagrafica, giugno 1988

    Stato di conservazione. Supporto: 70% (strappi)
    Stato di conservazione. Superficie: 85%

    Nel 1966 da Luigi De Tullio, Milano, sono stati stampati 60 esemplari numerati da 1 a 60, più 5 esemplari contrassegnati dalle lettere A, B, C, D, E. Le stampe sono numerate a mano e convalidate con timbro a secco «Atelier Casorati».

  • Persia settentrionale (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
Tappeto Varamin
    Lot 39

    Persia settentrionale (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
    Tappeto Varamin
    Vello in lana su armatura in cotone, con nodo asimmetrico
    314 x 214 cm

    Elementi distintivi: etichetta Galleria Martinazzo, Montebelluna
    Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Esemplare prodotto nella regione di Varamin, con disegno a piccoli vasi detto Zil-i-sultan, a fondo bianco più tipico dei tappeti persiani di Abadeh.

  • Enrico Benetta (1977)
Senza titolo (Cinema Italia-Eden, Montebelluna)
    Lot 41

    Enrico Benetta (1977)
    Senza titolo (Cinema Italia-Eden, Montebelluna)
    Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
    155 x 105 cm

    Firma: “EBenetta” sul verso

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Nell'opera l'artista ha elaborato l'immagine del Cinema Italia-Eden, a Montebelluna.

  • India (I quarto del XX secolo)
Tappeto Agra
    Lot 42

    India (I quarto del XX secolo)
    Tappeto Agra
    Lana su cotone con nodo asimmetrico aperto a sinistra
    572 x 345 cm

    Provenienza: Carla Cingi, Modena; Veneto Banca SpA in LCA

    Certificati: Scheda di Raffaele Verolino, non datata

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (integrazioni localizzate, per esempio sul campo rosso nella parte inferiore; usura delle cimose)

    Numerosi abraches, visibili soprattutto nella bordura, che mostrano l’integrazione dei cambi di lana in tessitura. L’impianto decorativo riprende quello degli antichi tappeti caucasici detti a draghi, qui stilizzati nelle foglie disposte a griglia. È possibile che l’esemplare sia stato prodotto in una prigione britannica in India, durante il periodo coloniale.

  • Luigi Nono (1850 - 1918)
Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, 1874
    Lot 43

    Luigi Nono (1850 - 1918)
    Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, 1874
    Olio su tela
    102 x 66 cm

    Firma: “L. IX” al recto
    Data: “1874” al recto
    Altre iscrizioni: “Coro di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia” sul telaio
    Elementi distintivi: sul telaio, tre etichette di corniceria “Pietro Biasutti”, Venezia

    Provenienza: Senatore Alessandro Rossi, Schio (?); Casa d'aste Il Ponte, Milano, asta 29 maggio 2003, lotto 977; collezione privata, Meduna di Livenza, Treviso; Galleria Nuova Arcadia, Padova (fino al 2009); Veneto Banca SpA in LCA

    Bibliografia: "Memorie della Società Veneta Promotrice di Belle Arti", anno X (1874), Venezia, 1875, p. 28 n. 99; "Esposizione delle opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera. Anno 1874", n. 274; Camillo Boito, "Scultura e pittura d'oggi. Ricerche", Milano, 1877, pp. 124-125; Pompeo Molmenti, "Mostra del pittore Luigi Nono", in "Quarta esposizione internazionale d'arte della città di Venezia", Venezia, 1901, pp. 142-143; Pompeo Gherardo Molmenti, "Luigi Nono", in "Il Secolo XX", vol. 1, marzo 1919; Arturo Lancellotti, "Centenario di Nono", in "Gazzettino" Sera Venezia, 12 ottobre 1950; Mario Nono, "Luigi Nono nell'Arte e nella vita", Firenze, 1990, pp. 21-22; Nico Stringa, scheda, in Giuseppe Pavanello, Nico Stringa, a cura di, "Ottocento veneto. Il trionfo del colore", Treviso, 2004, p. 266 -267 n. 70 (ill.); Paolo Serafini, "Il pittore Luigi Nono (1850-1918). Catalogo ragionato dei dipinti e dei disegni", Torino, 2006, p. 29 n. 55 e p. 267 (in commento alla scheda di catalogo)
    Esposizioni: Società Veneta Promotrice di Belle Arti, Venezia, 1874; Esposizione delle opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera. Anno 1874, Milano, 1874; Ottocento veneto. Il trionfo del colore, a cura di Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, Treviso, Fondazione Cassamarca, 15 ottobre 2004 – 27 febbraio 2005

    Stato di conservazione. Supporto: 75 % (due lacerazioni ricomposte)
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (abrasioni da contatto)

    L'opera, esposta nel 1874 sia alla Promotrice di Venezia che all'Accademia di Brera a Milano, appartiene alla produzione giovanile di Luigi Nono, che appena tre anni prima aveva completato gli studi all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Come già "Le sorgenti del Gorgazzo", dipinto con il quale aveva esordito a Brera nel 1873, anche "Il Coro di Santa Maria Gloriosa dei Frari" mostra chiaramente l'artista orientato, sulla scia della lezione di Ciardi e dei Macchiaioli, verso quella fedele rappresentazione del vero che lo farà imporre tra i principali esponenti della stagione realista in Veneto. La tela viene esposta insieme a "Prima della processione", dipinto attualmente di ubicazione ignota, probabilmente concepito come pendant, sebbene non ne conosciamo le dimensioni. In entrambe le opere protagonista è la chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, oggetto di numerosi quadri di pittori di area veneziana. Se in "Prima della processione" l’attenzione è centrata nella vestizione delle due dimesse figure e lo spazio della cappella Corner appare come lo sfondo in cui si collocano casualmente gli strumenti della cerimonia, nell’opera in oggetto è l’ambiente del coro quattrocentesco, meticolosamente descritto, con i suoi stalli di legno intagliati e l’organo di Giovan Battista Piaggia, il vero protagonista della composizione. La solennità dell’insieme è accentuata dalla visione dal basso e dall’effetto di luce che, scendendo dalla finestra, accende i profili dell’organo e degli stalli. Un contesto maestoso dove le figure hanno il ruolo di comparse, sia quelle del fondo, viste solo parzialmente, sia le due femminili in primo piano in atto di leggere un libro, finemente abbigliate e notevoli per la resa pittorica e luministica, contribuendo così a dare alla scena quel marcato accento di quotidiana verità che l’artista svilupperà poi nella sua produzione successiva. Nell'esposizione braidense le due opere richiamavano l'attenzione di Camillo Boito che, in un articolo del 1874 su "Nuova Antologia", poi ripubblicato nel 1877 nel volume "Pittura e scultura d'oggi", dopo aver sottolineato l'impegno realista del giovane artista, teso al «veder giusto» e al «riprodurre esatto», sottolineava una certa durezza nella trattazione delle figure, riscattata tuttavia dal meticoloso disegno dell'architettura interna: «Nella sua veduta di una Cappella, nel suo Coro della Chiesa dei Frari a Venezia, le figure che si vestono per la processione sono più pesanti che non l'altare con i pilastri e le statue, le macchiette sono più legnose che non il legno degli stalli gotici e dorati, i quali, disegnati perfettamente, mostrano con verità da far strabiliare, i loro lustri e il sudicio e le ragnatele e la polvere; ma l'organo in alto e le colonne e le volte delle navate schiacciano il resto, perché il pittore non ha voluto lasciare indietro e annebbiare nulla di ciò che stava di contro al suo sguardo inquisitore» (Boito 1877). Sulla base di questa recensione, nel catalogo generale dell'artista, Paolo Serafini ha posto dubbi sulla reale identificazione di questo dipinto con l'opera esposta nel 1874, data invece per certa da Nico Stringa nel catalogo della mostra "Ottocento veneto. Il trionfo del colore", da lui curata nel 2005 a Treviso insieme a Giuseppe Pavanello. A sostegno delle sue perplessità Serafini sottolinea che Boito nella descrizione del quadro tralascia di citare le due figure in primo piano ponendo l'accento solo sulle macchiette del fondo: «le macchiette del fondo sono pittoricamente le più felici, mentre sono proprio le due figure in primo piano ad essere le meno riuscite e più legnose» (Serafini 2006, p. 29 n. 55). Altri scrupoli nell’includere l’opera nel catalogo generale derivano poi, secondo Serafini, dal fatto che sia Pompeo Molmenti sia Arturo Lancellotti citano questo quadro come una piccola tela (Molmenti 1919; Lancellotti 1950), e che non esistono disegni preparatori della composizione. Allo stesso tempo tuttavia lo studioso sottolinea sia la qualità generale del dipinto, sia la mancanza di altre opere di Nono conosciute raffiguranti questo soggetto, sia la rispondenza tra la figura di vecchio sullo sfondo e il "Ritratto di vecchio" eseguito da Nono tempo prima (ripr. in Serafini 2006, pp. 12-13, n. 10) e conclude ritenendo che al momento attuale degli studi l'identificazione possa essere presentata come una valida proposta.
    Proprio sulla base dell’indubbia qualità di esecuzione e sul considerare l’opera una tela di piccole dimensioni - se paragonata alle misure dei dipinti che normalmente affollavano in quegli anni le esposizioni pubbliche, - e, quindi, perfettamente rispondente alle descrizioni di Molmenti e di Lancellotti, in questa sede si ritiene di appoggiare l’identificazione proposta da Nico Stringa, pur nell’assenza di disegni preparatori o bozzetti.
    Come lo stesso Serafini sottolinea, pur derivandone l'ipotesi dell'esistenza di più versioni, «La storia collezionistica del dipinto è documentata da una lettera di Luigi Nono alla fidanzata Rina Priuli, senza data perché consegnata a mano dal fratello Lorenzo Priuli, ma certamente della fine del 1887 o degli inizi del 1888: "la persona viaggiante sulle nuvole, lo seppi stamane da fonte attendibilissima - 35 minuti di ritardo - è il senatore Rossi di Schio, il quale possiede un mio Coro dei Frari e una Convalescenza» (Serafini 2006, p. 29).

    Sabrina Spinazzé

  • Persia nord occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
    Lot 44

    Persia nord occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
    Tappeto Goravan
    Vello in lana su armatura in cotone, con nodo simmetrico
    361 x 253 cm

    Elementi distintivi: Etichetta “A.H.” al verso, con riferimento a provenienza iraniana
    Provenienza: “A.H.”, Iran; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (danni ad una finitura laterale, shirazi, e alle frange)
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (usura, depositi)

  • Pittore marchigiano (I quarto del XVI secolo)
Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Lot 45

    Pittore marchigiano (I quarto del XVI secolo)
    Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Olio su tavola
    39,4 x 29,8 cm

    Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
    Provenienza: Luigi Vittorio Roncoroni, Parma; Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA

    Certificati: expertise di Stefano Trojani del 1985 (come anonimo allievo di Antonio da Fabriano, in copia)

    Stato di conservazione. Supporto: 60% (parchettatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 50% (cadute di colore circoscritte, per esempio nella regione del libro; due ampie fessurazioni verticali risarcite; danni da urto; ridipinture)

    Il dipinto deriva dalla Madonna Solly, dipinta da Raffaello verso la fine del 1504, e si deve quindi datare a non prima del 1505. Il modello raffaellesco era assai famoso e fu plagiato molte volte da importanti pittori, come per esempio il perugino Eusebio di San Giorgio (1470 ca. - post 1550). L'autore della nostra tavola mostra una formazione quattrocentesca, ma si misura con una matrice raffaellesca, il che rende l'attribuzione molto difficile. Alessandro Delpriori avvicina l'opera a Girolamo di Matteo da Gualdo (1470-1520 circa), figlio e emulo del celebre pittore-notaio di Gualdo Tadino, pur ritenendo più prudente una attribuzione a maglie larghe («pittore marchigiano del XVI secolo», comunicazione del 21 settembre 2021). In precedenza era stata formulata, da M. Rossetti, una attribuzione a Antonio di Agostino di Ser Giovanni da Fabriano (1410-1490), chiaramente da rigettare per la dipendenza delle figure dal modello raffaellesco.

    Ringraziamo Alessandro Delpriori per il prezioso supporto nella catalogazione dell'opera.

  • Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Senneh
    Lot 46

    Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
    Tappeto Senneh
    Vello in lana su armatura in cotone con nodo simmetrico
    200 x 142 cm

    Elementi distintivi: etichetta della Galeria Martinazzo, Montebelluna

    Provenienza: Galeria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (depositi)

    Il campo presenta il caratteristico motivo herati molto fitto dei tappeti Senneh. Si noti l’inserimento di quattro piccole figurine antropomorfe. Tale impianto geometrico contrasta con la bordura decorata a rose di tipo occidentale, cosiddette gol farang, o rosa francese.

  • Enrico Benetta (1977)
Senza titolo (ex Cimitero di Santa Maria in Colle, Montebelluna)
    Lot 47

    Enrico Benetta (1977)
    Senza titolo (ex Cimitero di Santa Maria in Colle, Montebelluna)
    Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
    155 x 105 cm

    Firma: “EBenetta”, “EB” sul verso

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Nell'opera l'artista ha elaborato l'immagine dell'ex Cimitero di Santa Maria in Colle, a Montebelluna, in particolare l'arco di ingresso.

  • Leonard van der Vinne (1659 - 1713), ambito di
Scrittoio da centro, ultimo quarto del XVII secolo
    Lot 48

    Leonard van der Vinne (1659 - 1713), ambito di
    Scrittoio da centro, ultimo quarto del XVII secolo
    Legno ebanizzato, lastronato in palissandro e intarsiato in legno chiaro pirografato; interni in legno di pino e intelaiatura in pioppo
    93 x 156,6 x 78,2 cm

    Provenienza: Pietro Cantore, Modena, 2010; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (piano con fessurazioni rinforzato nella parte inferiore; fessurazioni lungo le linee di incollaggio delle gambe)
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (fessurazioni e sollevamenti, con piccole carenze, nelle parti intarsiate; piccoli danni da urto, in particolare ai piedi)

    Intarsiatore ed ebanista, il maestro fiammingo Leonard van der Vinne si specializzò nelle tecniche di intarsio, contribuendo a diffondere il gusto per i motivi floreali intarsiati in legno esotico, avorio e madreperla in tutta Europa. Si trasferì in Italia per lavorare nella manifattura dei Medici dal 1659 fino alla sua morte nel 1713. Nell'ultima fase della sua carriera, Van der Vinne collaborò spesso con altri artisti per costruire oggetti intarsiati con pannelli di pietra dura noti come pietre dure.
    Lo scrittorio da centro toscano proposto in asta è assai prossimo alla produzione di Van der Vinne.
    La datazione all'ultimo quarto del XVII secolo è stata proposta in sede d'asta, confermando la precedente datazione proposta da Pietro Cantore nel 2010.

  • Guido Reni (1575 - 1642)
San Francesco
    Lot 49

    Guido Reni (1575 - 1642)
    San Francesco
    Olio su tela
    183,2 x 136 cm

    Elementi distintivi: sul verso, etichetta recente, con riferimento all'opera

    Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna (dal 1993); Veneto Banca SpA in LCA

    Certificati: certificato di Paolo Viancini, s.d.; scheda critica di Daniele Benati, del 26 luglio 2021; scheda critica di Massimo Pulini, del 7 agosto 2021

    Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 75% (abrasioni, spuliture, integrazioni e ritocchi, anche sul viso del santo)

    All’interno di una grotta, San Francesco s’intrattiene in meditazione davanti al Crocifisso legato con una corda al tronco di un arbusto disseccato, al di là di uno sperone roccioso che gli serve da altare e sul quale tiene aperto un libro sacro. A un altro arbusto è appesa la corona del rosario dai grossi grani con appesa una crocetta di legno, mentre a terra stanno abbandonate una rustica ciotola e alcune radici. Quale macabro memento mori, il santo stringe a sé un teschio; ma il suo sguardo non lo incrocia, così come appare disinteressato sia al libro sia al rosario: con la gota appoggiata alla mano destra, fissa gli occhi al Cristo crocifisso, unico oggetto della sua
    attenzione. Fuori dalla grotta si apre un vasto paesaggio boscoso, in cui la figuretta di frate Elia, intento alla lettura, si confonde con la vegetazione che si staglia contro la luce del tramonto.
    Il bellissimo dipinto appartiene senza dubbio a Guido Reni, trovando immediato riscontro con altre sue opere già note non soltanto per il tipo di composizione, ma soprattutto per la suprema raffinatezza della conduzione pittorica, ineguagliata da nessuno dei suoi allievi, per quanto dotati.
    Dal punto di vista compositivo, esso richiama altri celebri quadri con San Francesco in preghiera licenziati da Reni nel corso della sua lunga carriera. L’argomento è del resto tra i più diffusi in ambito seicentesco, e dunque i motivi della grotta, del Crocifisso, del teschio e degli oggetti destinati al frugale pasto del santo sono destinati a ripetersi. Tuttavia, affrontando a più riprese questo soggetto, Guido consegue risultati sempre variati, dimostrando la propria capacità di lavorare “sul tema”, di volta in volta modificandolo e migliorandolo. Lo si nota ponendo a confronto tre versioni di analogo formato, conservate nella quadreria dei padri Girolamini di Napoli (cm 198 x 133), nel Musée du Louvre a Parigi (cm 193 x 128) e nella Galleria Colonna di Roma (cm 196 x 117), che nella propria monografia S.D. Pepper ha datato tutti al 1631, mentre si tratta di risultati da scalare nel tempo.
    Sicuramente precoci, dato il forte accento naturalistico che rimanda ancora alle prerogative che connotano la pittura di Reni entro gli anni Venti, sono da considerare i dipinti dei Girolamini e del Louvre, mentre il solo quadro della Galleria Colonna propone la tipologia adottata per il santo di Assisi nel Pallione della peste del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) ed è dunque da considerarsi ad esso posteriore. È infatti a partire da tale dipinto che, secondo quanto racconta Malvasia, Reni avrebbe tenuto a modello “per le faccie de’ Santi Franceschi” la
    fisionomia “affettuosa, e divota” dell’amico e sostenitore Saulo Guidotti.
    Con gli stessi tratti ascetici – ben riconoscibili nonostante la diversa inclinazione del capo – il santo torna anche nel San Francesco in preghiera qui esaminato, la cui appartenenza agli inoltrati anni Trenta del XVII secolo è peraltro confermata dall’addolcimento della stesura che Guido vi consegue, in ordine a quella progressiva “smaterializzazione” dell’immagine che anima tutta la sua feconda carriera. Rispetto alle versioni note, anche l’atteggiamento con cui il santo è raffigurato punta in direzione di una maggiore introspezione psicologica: il suo muto e addolorato colloquio con il Crocifisso è infatti cosa diversa dall’enfasi con cui, nei quadri dei Girolamini e del Louvre, egli rivolge impetuosamente lo sguardo al cielo portandosi la destra al petto. Da questo punto di vista, la soluzione proposta nel quadro in esame appare più convincente anche rispetto alla versione Colonna, addebitabile in parte agli aiuti, in cui il santo si torce le mani ripetendo alla lettera l’invenzione già utilizzata nel Pallione della peste, dove essa appariva però tanto più necessaria in relazione al tema proposto dal grande dipinto.
    È singolare che un simile capolavoro degli anni tardi di Reni sia finora sfuggito all’attenzione della critica: ne erano altresì note svariate copie, di qualità perlopiù modesta ma tali da lasciar supporre che, alla loro origine, ci fosse un “pensiero” dello stesso Reni in stato di grazia. Preso atto dell’altissima qualità dell’invenzione, non si sarebbe però detto tutto, giacché, oltre a essere l’“inventore” di immagini che l’uso fattone in seguito avrebbe reso fin troppo stereotipate e persino banali – si pensi alla sua fortuna nelle immagini dei cosiddetti “santini” ad uso devozionale –, Guido Reni è poi il pittore più grande del suo secolo, un primato che mi pare potergli contendere il solo Diego Velázquez: in fatto di abilità pittorica non vedo infatti chi altri possa eguagliarlo, e sia pure in base a prerogative del tutto diverse dalle sue.
    Con un’economia di mezzi davvero impressionante, Reni riesce di fatto a condensare una quantità strabiliante di osservazioni naturalistiche e nello stesso tempo a proiettarle in una dimensione di perfezione ultraterrena: dai lucori degli occhi ai peli della barba sfiorata dalla luce che spiove dall’alto, dalla tessitura dell’umile saio alla superficie polita del teschio, dagli oggetti abbandonati in primo piano alla mirabile apertura di paesaggio, che sembra davvero disfarsi nella luce. Nel dipinto non c’è del resto alcuna pennellata “inutile”; e gli stessi “pentimenti”
    nel dorso della mano destra, ad esempio, o nel profilo del teschio – vengono intenzionalmente lasciati a vista, per conferire alla pittura un effetto di maggiore vibrazione. Laddove la luce batte con maggiore insistenza, Guido ricorre poi a una sottile tessitura di pennellate parallele e come ravviate, così da produrre quell’effetto cristallino che gli è proprio e che i copisti cercano invano di imitare.
    Siamo cioè di fronte a un esito in cui Guido esplicita al grado più alto la propria propensione per un vero “ideale”, mirato ad estrarre dal dato di natura, indagato peraltro con indicibile sottigliezza, il suo valore eterno e metafisico. Se “vero” e “ideale” erano i termini entro i quali si giocava la poetica dei Carracci, dei quali Reni fu allievo, è nella sua pittura che la bilancia inclina più vertiginosamente verso il secondo termine, così da porlo tra i più alti
    interpreti del sentire religioso di tutti i tempi.
    Sono molteplici, come si vede, i motivi d’interesse che suscita il dipinto, che vorrei pertanto poter rendere quanto prima noto anche in sede scientifica.

    Daniele Benati

  • Persia nord occidentale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
    Lot 50

    Persia nord occidentale (III quarto del XX secolo)
    Tappeto Goravan
    Vello in lana su cotone, con nodo simmetrico
    327 x 256 cm

    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 80%
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (leggera sbiaditura)

    Riproposizione a fine novecento dei tappeti di Heriz, al tempo molto popolari sul mercato internazionale e prodotti sempre nella stessa area, la Persia nord occidentale.

  • Italia (XIX secolo), (?)
Servizio da colazione, 8 pezzi
    Lot 51

    Italia (XIX secolo), (?)
    Servizio da colazione, 8 pezzi
    Ottone in parte lavorato a mano
    5,2 x 39,7 x 26,7 cm (vassoio)
    10 x 5,2 cm (la campanella)

    Elementi distintivi: etichetta inventariale della Banca Popolare di Intra

    Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Guerrino Guardabassi (1841 - 1893)
Sul Pincio, 1876
    Lot 52

    Guerrino Guardabassi (1841 - 1893)
    Sul Pincio, 1876
    Olio su tela
    44,5 x 63 cm

    Firma: firma al recto

    Elementi distintivi: etichetta e segni di passaggio d'asta Phillips sul telaio e al verso
    Provenienza: Phillips, Londra, 24.3.1998, lotto 169; collezione privata

    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90%

  • Veneto (Metà del XVIII secolo)
Gruppo di otto poltrone con decori floreali
    Lot 53

    Veneto (Metà del XVIII secolo)
    Gruppo di otto poltrone con decori floreali
    Legno di noce, intagliato, laccato e dipinto
    109,5 x 69 x 76 cm (ogni poltrona)

    Provenienza: Girolamo Brandolini d’Adda, Conte di Valmareno (1870); Contessa Vendramina Brandolini d'Adda (1902-1991) e Conte Andrea Marcello del Majno (1897-1979), Venezia; Conte Girolamo Marcello del Majno (1942), Venezia; Mario Dardengo, Monticelli di Monselice; Andreino Giuseppin, Arquà Petrarca; Copercini & Giuseppin srl, Arqua Petrarca, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: titoli di confronto: G. Morazzoni, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1927, p. CCCVII; P. Pinto, "Il mobile italiano dal XV al XIX secolo", Novara, 1962, tav. XIV, p. 160; S. Levj, "Il mobile veneziano del '700", Milano, 1964, tavv. 188 e LVI; A. Gonzales-Palacios, "Il mobile nei secoli, Italia. vol 2", Milano, 1969, pp. 31 e 38; M. Agnellini, a cura di, "Mobili italiani del Settecento", Milano, 1990, p. 39; S. Levj, "Lacche veneziane settecentesche", Venezia, 1999, tomo I, tavv. 116-117, tomo II, tav. 262-263 e 423; C. Alberici, "Il mobile veneto", Milano, 1980, pp. 206-207 e 253

    Certificati: certificato emesso da Copercini & Giuseppin, Arquà Petrarca, il 30 maggio 2011

    Stato di conservazione. Supporto: 85% (tessuti e imbottitura sostituiti; in una poltrona un montante posteriore con diversa lavorazione)
    Stato di conservazione. Superficie: 30% (ampie perdite della laccatura e ridipinture)

    L'insieme, identificato in sede d'asta come produzione veneziana della metà del XVIII secolo, ha una provenienza illustre, i conti Brandolini d'Adda di Valmareno. In occasione del matrimonio tra Vendramina Brandolini d'Adda e Marcello del Majno, l'insieme, che all'epoca includeva anche un cassettone con specchiera, altre quattro poltrone e due mobiletti quale arredo di una intera stanza, venne collocato in Palazzo Marcello in Rio degli Assassini a Venezia. Successivamente, l'erede, conte Girolamo Marcello del Majno, impiegò gli arredi in Villa Marcello a Cison di Valmarino. Essi furono dunque acquistati dall'antiquario Mario Dardengo, che li collocò a Villa Renier a Monticelli di Monselice, e quindi dal celebre collezionista e mercante Andreino Giuseppin, scrittore e mecenate del Museo Bailo di Treviso.
    Alle poltrone è stata tolta la sandracca originale, ed ora si presentano di colore azzurro con decorazioni e rocailles in colore bianco.

  • Francia (XX secolo), (?)
Tappeto Savonnerie
    Lot 54

    Francia (XX secolo), (?)
    Tappeto Savonnerie
    Lana su armatura di lana, con nodo simmetrico
    493 x 403 cm

    Provenienza: Raffaele Verolino, Modena, 2011; Veneto Banca SpA in LCA

    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)

    Tappeto in stile francese, con richiamo alla produzione del tardo Ottocento, ma realizzato dopo il 1950. Motivo centrale a medaglioni concentrici, circondati da ghirlande di fiori su fondo color beige. Bordura a fondo rosso chiaro con nastri intrecciati.

Lots from 25 to 48 of 232
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IL CULTO DELL'ARREDO. II FASE. BASI D'ASTA RIBASSATE

258 lotti per arredare grandi dimore. Dai dipinti di Francesco Guardi, alla cerchia di Canaletto, da Pietro Fragiacomo, Guglielmo Ciardi Giovanni Battista Cimaroli, a Luigi Nono e François Boucher, alle sculture - tra cui "Tobiolo e il pesce", il capolavoro dell'età matura di Arturo Martini - ai mobili, che descrivono l'apice del gusto Veneto, toscano, romano e bolognese, Barocco e Rococò, fino ai tappeti, dai Savonnerie ai famosi Agra, realizzati per la ricca clientela britannica quando l'India era il diamante più prezioso dell'Impero, ai lampadari monumentali della tradizione veneziana del Settecento. Un'asta di straordinaria ricchezza, che contiene, per tutti i tipi di beni, anche oggetti con prezzi di partenza accessibili anche al pubblico che si avvicina per la prima volta all'arredamento di grande qualità. La prossima tornata d'asta si tiene il 16 Aprile 2025 alle ore 17.00 IT.

Sessions

  • 16 April 2025 hours 17:00 SESSIONE UNICA (3 - 258)

Exhibition

L'asta include 258 lotti, collocati quasi tutti a Vicenza (Spazio Bonino, Via Vecchia Ferriera 70), tranne pochi - specificati nel regolamento d'asta - conservati a Villa Gasparini Spineda Loredan (Venegazzù), presso l'ex Centro Direzionale di Veneto Banca (Montebelluna) e la sede Bonino a Roma (Via Filippo Civinini 21-37, 00197).


Per avere una visione completa dell’asta e del suo funzionamento si consultino, oltre al catalogo digitale dei lotti, le Regole della Vendita.

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Il ritiro dei Lotti e le conseguenze del tardivo, o mancato, ritiro. Esportazioni

1. Il Lotto potrà essere ritirato, ad avvenuto saldo e previo appuntamento, ove è conservato, secondo le istruzioni della Casa di Vendite, a cura e spese dell’acquirente.

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3. I lotti non ritirati entro 60 giorni dalla seduta di aggiudicazione saranno trasferiti in deposito presso adeguata struttura di stoccaggio a lungo termine, con oneri di trasporto e stoccaggio a carico del proprietario (d’ora in poi il “Proprietario”). Qualora il costo di trasporto e stoccaggio raggiunga la metà del prezzo di aggiudicazione, la Casa d’aste lo comunicherà via email al Proprietario. Se il Proprietario non provvederà al saldo dei predetti costi e al ritiro del Lotto entro 7 giorni, la Casa di Vendite sarà libera di rimettere in asta il Lotto ad offerta libera, pubblicandolo sul sito www.goforarts.com per 7 giorni: il Lotto sarà aggiudicato alla migliore offerta pervenuta ed il prezzo di aggiudicazione sarà trattenuto dalla Casa di Vendite nella misura corrispondente ai predetti costi; l’eventuale residuo economico sarà messo a disposizione del Proprietario; in caso di incasso inferiore ai citati costi o di assenza di offerte per il Lotto la proprietà del lotto sarà trasferita alla Casa di Vendite, a saldo di quanto dovuto dal Proprietario.

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Chi partecipa all'asta dichiara di aver letto e compreso il Regolamento di vendita, come integrato dagli Aggiornamenti. Conformemente al tariffario in vigore presso la Casa di Vendite, depositato in copia conforme presso la Questura di Roma, alla vendita sono applicate, a carico dell’acquirente, le seguenti commissioni, computate sul prezzo di aggiudicazione di ogni singolo lotto: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 40% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 31,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 28,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 21,80% + IVA. Per i clienti titolari di Bonino Club Card, che seguono le regole della promozione Winter 2024-2025, tutte le commissioni sono ridotte come segue: per tutti i lotti con prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 500, 35% + IVA; per i lotti con prezzo di aggiudicazione superiore a € 500, per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 26,64% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 50.000 fino a € 1.600.000, 23,37% + IVA; per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 16,80% + IVA. In ogni caso è applicata una commissione minima di € 20 + IVA per lotto. Il pagamento deve avvenire tramite bonifico bancario entro 35 giorni naturali dalla seduta d'asta. Le penali per il tardivo pagamento sono pari al 30% dell'importo dovuto. L'importo dovuto per il tardivo ritiro corrisponde a tutte le spese sostenute dalla casa d'aste per ritirare il lotto nei modi posti dalle Regole della Vendita a carico dell'acquirente, per movimentarlo e per stoccarlo adeguatamente, inclusa protezione assicurativa, fino al ritiro da parte dello stesso o alla sua vendita forzata.

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Come ci si registra per l’asta

1. Può proporre offerta qualunque persona maggiorenne, debitamente registrata presso la Casa di Vendite (d’ora in poi “Offerente”).

2. Per registrarsi, l’Offerente dovrà compilare la modulistica relativa ai dati anagrafici ed alla privacy, nonché – se intende offrire per oltre € 10.000 nel corso dell’anno – la modulistica antiriciclaggio. Dovrà inoltre comunicare alla Casa di Vendite:

a) se cittadino italiano privato, copia di un valido documento di identificazione (Passaporto / Carta di Identità) e del codice fiscale;

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c) se cittadino straniero privato, copia di un valido documento di identificazione (Passaporto / ID), rilasciato da autorità straniera riconosciuta dalle Autorità italiane;

d) se professionista o azienda stranieri, copia del certificato di registrazione del professionista o dell’azienda presso archivio pubblico competente e copia fotostatica di un valido documento di identificazione (Passaporto / Carta di Identità) del professionista / dell’amministratore dell’azienda, rilasciati da autorità straniera riconosciuta dalle Autorità italiane.

Bidding increments

  • from0to200increment of10
  • from200to300increment of15
  • from300to400increment of20
  • from400to500increment of25
  • from500to1000increment of50
  • from1000to2000increment of100
  • from2000to3000increment of150
  • from3000to4000increment of200
  • from4000to5000increment of250
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  • from20000to30000increment of1500
  • from30000to40000increment of2000
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  • from100000to200000increment of10000
  • from200000to400000increment of20000
  • from400000to800000increment of40000
  • from800000to1000000increment of50000
  • from1000000to infiniteincrement of50000