Dipinti e Disegni Antichi
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Lot 121 Scuola italiana, secolo XVII - Deposizione dalla Croce
cm 30,7 x 39
olio su alabastro
difetti e mancanze -
Lot 122 Scuola romana, fine secolo XVI - Immacolata
cm 26 x 20
olio su tavola -
Lot 123 Scuola tedesca, secolo XVI - Madonna con Bambino, San Sebastiano e San Rocco
cm 23,5 x 18
dipinto sottovetro
al retro, sulla cornice, antica iscrizione: V. G
sempre al retro, sulla tavola di chiusura, moderna etichetta relativa alla provenienza (Prof. Dr W. Mengelberg)
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Lot 124 Scuola dell'Italia settentrionale, secolo XVI - San Girolamo penitente e Santa domenicana in un paesaggio
cm 67 x 56
olio su tavola, entro cornice centinata -
Lot 125 Scuola italiana, secolo XVIII - Madonna con Bambino e Santi
cm 38,2 x 18,3
olio su tela -
Lot 126 Scuola emiliana, fine secolo XVII - inizio secolo XVIII - Natura morta con teste di vitello e verza; e Natura morta con pesci, en pendant
cm 55 x 65 ciascuno
olio su tela
Questa coppia di dipinti, dal forte impatto visivo, si inserisce pienamente nella cultura emiliana del secondo Seicento, i cui più noti esponenti del genere della natura morta furono Felice Boselli e Bartolomeo Arbotori. Nella produzione artistica di entrambi i pittori si ritrovano più volte motivi figurativi simili, in particolare i pesci aperti, a mostrare le uova, e le testine di vitello, offerte su un tavolo, copiati in modo mimetico da modelli dal vivo ma che nascondono un profondo significato allegorico che rimanda ai temi cristologici di sacrificio, redenzione e rinascita.
Per un confronto si veda: F. Arisi, Natura morta tra Milano e Parma in età barocca. Felice Boselli, rettifiche e aggiunte, Piacenza 1995, n. 75 p. 102, n. 77 p. 103 e n. 711 p. 512.
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Lot 127 Scuola italiana, secolo XVIII - Rose, tulipani e altri fiori in un vaso, frutta su un piano con pappagallo
cm 81 x 102
olio su tela -
Lot 128 Scuola napoletana, secolo XVII - Anguria, melone, melograno e altri frutti con scimmietta en plein air
cm 47 x 131,5
olio su tela -
Lot 129 Seguace di Francesco Londonio - Paesaggio con pastori e armenti a riposo
cm 89 x 156
olio su tela, en grisaille, senza cornice -
Lot 130 Scuola dell'Italia settentrionale, fine secolo XVI - inizi secolo XVII - Paesaggio fluviale con viandanti e rovine classiche
cm 89 x 78,5
olio su tela
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Lot 131 James William Giles (Aberdeen 1801-1870) - Veduta di Ariccia
cm 101 x 147
olio su tela
firmato e datato in basso a sinistra J. Giles 1829
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Lot 132 Scuola romana, inizi secolo XVIII - San Giovanni Nepomuceno
cm 241 x 153
olio su tela, senza cornice
Giovanni Nepomuceno (ovvero di Nepomuk) fu canonico della cattedrale di Praga nel XIV secolo; predicatore alla corte del Re di Boemia Venceslao IV, fu torturato e gettato nella Moldava. La scena del suo martirio è infatti rappresentata sullo sfondo a sinistra. -
Lot 133 Scuola bolognese, secolo XVII - Santa Caterina d'Alessandria
cm 97 x 73
olio su tela
Per il presente dipinto è stata avanzata un'attribuzione a Francesco Gessi (Bologna 1588 - 1649) su basi stilistiche. -
Lot 134 Scuola dell'Italia centrale, metà del secolo XVIII - Pietà con due sante
cm 111,5 x 90
olio su tela originale
Questa Pietà presenta un'iconografia piuttosto insolita, a causa della presenza delle due sante sulla destra, che potrebbero essere identificate una con Maddalena, per l'attributo del vasetto di unguento, e l'altra con la sorella Marta o con Maria di Cleofa.
Le due figure femminili indossano abiti suntuosi e raffinati e i volti, per le sembianze molto peculiari, sembrerebbero dei veri e propri ritratti, probabilmente di due nobildonne omonime delle sante e committenti dell'opera, come farebbe supporre anche il loro sguardo, rivolto verso lo spettatore.
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Lot 135 Francesco Allegrini (Gubbio 1587-Roma 1663) - Predica del Battista
cm 122,5 x 168,5
olio su tela, senza cornice -
Lot 136 Scuola toscana, secolo XVII - Interno di cucina
cm 101,5 x 149,5
olio su tela
Il dipinto offerto nel lotto può essere riferito ad un pittore attivo in Toscana nella prima metà del secolo XVII, vicino per stile e soggetti a Jacopo da Empoli (Firenze 1551 - 1640), Andrea Commodi (Firenze 1560 - 1638) e Astolfo Petrazzi (Siena 1580 - 1653). Nella produzione di questi pittori si ritrovano infatti composizioni simili a quella del dipinto qui presentato, con un interno di cucina in cui la natura morta di carni appese e di frutti esposti sul tavolo viene arricchita della presenza di figure umane, a volte, come in questo caso, rese con realismo quasi caricaturale (cfr. La natura morta in Italia, Milano 1989, tomo II, pp. 532-538 e pp. 541-543). -
Lot 137 Scuola emiliana, secolo XVII - Ritratto di giovinetto probabilmente di casa Farnese con il suo cane
cm 123 x 93,5
olio su tela -
Lot 138 Scuola olandese, secolo XVII - Ritratto di due bambini con cane
cm 114 x 109
olio su tela -
Lot 139 Scuola inglese, secolo XVIII - Ritratto di Lady Frederick con il dipinto del marito, Sir Thomas Frederick
cm 127 x 101
olio su tela
iscritto in alto a destra: LADY FREDERICK WIFE TO SIR THOMAS FREDERICK K.nt / GOVERNOR OF FORT ST DAVID, and dr of / Wth MONCREIFFE, b.n 1690 - d.1767. / AND SIR THOMAS FREDERICK K.nt B.n 1680 - d. 1730.
Nella collezione di provenienza il dipinto è tradizionalmente attribuito a Michael Dahl (1659–1743). L'opera raffigura Mary Moncrieff, moglie di Sir Thomas Frederick (1680-1730), effigiata a figura intera seduta, in un elegante vestito bianco e blu. La donna sorregge il ritratto del marito, scomparso nel 1730, data che viene a porsi come termine post quem per la realizzazione dell'opera. Sir Thomas Frederick era membro della famiglia Frederick di Burwood Park; figlio di Thomas Frederick (1650-1720) e Leonora Maresco, fu governatore della Compagnia delle Indie Orientali a Madras. -
Lot 140 Giovanni Lorenzo Bertolotto (Genova 1640-1621) - Giove e Semele e la nascita di Bacco
cm 149 x 119,5
olio su tela
Referenze fotografiche:
Fototeca Zeri scheda n.54984, come Paolo De' Matteis.
L'opera, raffigurante un raro episodio del mito di Bacco, è confrontabile con quella di medesimo soggetto in collezione genovese (cfr. G. Zanelli, Contributo a Giovanni Lorenzo Bertolotto. Aggiunte al catalogo, in "Paragone", 62, 2011, Ser. 3, pp. 7, 14, nota 24, tav. 9.).
Il dipinto, già attribuito a Paolo De Matteis da Federico Zeri, può essere ascritto alla fase matura dell'artista, quando le influenze del primo naturalismo genovese rappresentato da Assereto, de Ferrari e Grechetto sono oramai un lontano ricordo. La composizione di sicuro effetto scenico mostra evidenti suggestioni da Domenico Piola e citazioni neomanieriste, verosimilmente desunte da Giovanni Andrea Carlone, secondo il sincretismo proprio delle immagini. L'esito mostra un'evoluzione rispetto alla più misurata tela di simile soggetto in collezione privata (cfr. ibidem, p. 7, fig. 9, nota 24), ponendo il dipinto offerto nel lotto fra le migliori creazioni del pittore.
Il dipinto è provvisto di Attestato di Libera Circolazione in corso di validità. -
Lot 141 Scuola genovese, secolo XVII - Infanzia di Bacco
cm 165,5 x 124,5
olio su tela
Ringraziamo il professor Daniele Sanguineti per aver proposto un'attribuzione a Salvatore Castiglione (Genova 1609 - post 1677), figlio di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, per il presente dipinto. -
Lot 142 Scuola genovese, secolo XVII - Santa Rosa da Viterbo e il miracolo delle rose
cm 99 x 124
olio su tela
Il soggetto, raro e di non facile interpretazione, sembra rifarsi alla leggenda di Santa Rosa da Viterbo e il cosiddetto Miracolo delle rose o Miracolo di Soriano. Nei testi agiografici si narra che Rosa, esiliata da Viterbo, si ritirava a Soriano nel Cimino; in pieno inverno, portava ai poveri del pane, tenuto avvolto nel proprio mantello: fermata dai gendarmi, che volevano sapere cosa stesse distribuendo, quando aprì il mantello essi non videro che rose, in particolare bianche. Il dipinto coincide abbastanza fedelmente con la storia agiografica: i due personaggi a sinistra sarebbero i poveri accuditi dalla santa; Rosa viene fermata dall'uomo barbuto sulla destra, che la interpella, e nella piega del mantello appaiono rose, mentre anche la mano che ella porge al povero a sinistra offre delle rose. Si discosta dall'iconografia tradizionale invece la rappresentazione della santa, che solitamente indossa l'abito delle terziarie francescane, mentre in questo caso l'abbigliamento sembra rifarsi a quello delle classiche "gitane" o "zingare" di tanta pittura da Caravaggio in poi. Tuttavia si nota una sottile aureola sulla testa della fanciulla, che la identifica inequivocabilmente come santa. Un interessante confronto iconografico potrebbe essere trovato in un bellissimo dipinto di Murillo la cosiddetta Fanciulla coi fiori conservata a Londra, Dulwich Gallery. In un recente studio (X. Bray, Murillo At Dulwich Picture Gallery, London 2013) l'iconografia del dipinto di Murillo è stata identificata con il ritratto della figlia del pittore, raffigurata con gli attributi di Santa Rosa, ma allo stesso tempo come una giovane e bella popolana con il turbante in testa e il mantello da cui offre le rose. La figlia di Murillo prese i voti in un monastero domenicano proprio con il nome di Suor Francisca Maria de Santa Rosa, in omaggio a Rosa da Lima, da poco canonizzata e molto venerata in Spagna. In questo caso potrebbe esserci una sovrapposizione onomastica tra Santa Rosa da Lima, a cui Murillo e la sua famiglia erano devoti, e Santa Rosa da Viterbo, che ha attributi iconografici molto simili.
Per il presente dipinto è stata proposta un'attribuzione a Gioacchino Assereto (Genova 1600 - 1649) su basi stilistiche.
Si ringrazia il dottor Gabriele Quaranta per l'assistenza fornita nella catalogazione del lotto. -
Lot 143 Giovanni Battista Langetti (Genova 1625-Venezia 1676) - Diogene e Alessandro Magno
cm 98 x 140
olio su tela
Il tema di Diogene e Alessandro è particolarmente caro a Giovanni Battista Langetti che lo ha trattato e rielaborato in numerose opere nel corso della sua attività pittorica.
Diverse sono le fonti letterarie che raccontano l’episodio, tra cui Plutarco, Diogene Laerzio, Cicerone e Valerio Massimo. Secondo l’aneddoto, il grande Alessandro si recò di persona in visita a Diogene; lo trovò disteso al sole e gli chiese cosa potesse fare per lui. Il filosofo rispose chiedendogli di spostarsi per non coprirgli il sole con la sua ombra. L’episodio contrappone, da un lato, il desiderio di grandezza, l’ambizione e la volontà di essere riconosciuto (anche da Diogene) di Alessandro e, dall’altro, l’essenzialità e la superiorità interiore del filosofo cinico che, non necessitando di beni e passioni terrene, si dimostra più grande del re.
Langetti, in tutte le sue versioni, tratta il tema in modo personale, decontestualizzando la scena dalla realtà e ponendola in una dimensione onirica e tenebrosa. Così avviene anche nel dipinto in esame, in cui il filosofo, disteso davanti alla sua botte e illuminato dalla luce del sole, emerge seminudo dalle tenebre, brillando in tutta la sua grandezza che, pur essendo di carattere interiore e spirituale, si riflette anche in un corpo solido, possente e fiero che domina il primo piano; sul lato sinistro si avvicina, quasi timidamente, Alessandro che è vestito con un ricca e scintillante armatura, in contrapposizione al semplice drappo di Diogene; nonostante questo, il re rimane in ombra, come se l’artista volesse sottolinearne l’inferiorità morale. L’interesse di Langetti per questo tema si spiega con la sua appartenenza al gruppo dei Tenebrosi, sviluppatosi a Venezia intorno al quarto decennio del XVII secolo, i cui membri aderivano a una spiritualità di matrice stoica. Tipica dei tenebrosi è anche la materia densa e pastosa, quasi tormentata, e resa vibrante da un contrasto violento ed esasperato tra luci e ombre.
Il dipinto si può confrontare con il Diogene e Alessandro in collezione Melnik Lobkowicz, Repubblica Ceca (M. Stefani Mantovanelli, Giovanni Battista Langetti. Il principe dei Tenebrosi, Soncino, 2011, cat. 97) e con un altro dipinto con il medesimo soggetto in collezione privata mantovana (M. Stefani Mantovanelli, ibidem, cat. 102). -
Lot 144 Pittore caravaggesco fiammingo, secolo XVII - Democrito ed Eraclito
cm 80 x 99
olio su tela
L'invenzione compositiva risale al pittore olandese Johannes Moreelse (Zundert 1603 - 1634), il cui prototipo è conservato presso la Schorr Collection, Regno Unito.
Il tema iconografico dei due filosofi fu molto amato e più volte riprodotto dai pittori della scuola di Utrecht, tra cui anche Gerrit van Hontorst e Hendrick Ter Brugghen.
Democrito è raffigurato mentre ride sul mondo: secondo la sua filosofia infatti tutto il reale è solo una danza di atomi nel vuoto, pertanto ogni vicenda umana è risibile ed inutile appare lo sforzo di trovare un senso all'esistenza. Al riso del filosofo cui la ragione insegna a prendere distanza dalle passioni del mondo, fa da contrappunto il pianto di Eraclito, il filosofo del divenire, che non può distogliere gli occhi dalla caducità degli eventi, e che nel tempo che travolge tutto avverte la tragicità del destino umano.