500 anni di autografi

500 anni di autografi

Thursday 14 September 2023 hours 18:00 (UTC +01:00)
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  • Carlo Emanuele III di Savoia (Torino 1701 - Ivi  1773), Concessioni per ambulanti nel Regno di Sardegna
    Lot 49

    Carlo Emanuele III di Savoia (Torino 1701 - Ivi 1773)
    Concessioni per ambulanti nel Regno di Sardegna
    Documento manoscritto firmato
    Una pagina in-4
    Firma/data: Dal campo sotto Pizzighettone il 27 novembre 1733
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Documento manoscritto firmato del Re di Sardegna Carlo Emanuele III di Savoia, detto il 'Laborioso' e soprannominato dai piemontesi 'Carlin', il quale salì al trono in conflitto con il padre e si circondò di militari a cui conferì le più alte cariche dello Stato. Sotto il suo regno, che durò quasi 43 anni, lo Stato sabaudo continuò a militare al fianco delle grandi potenze nelle guerre di successione polacca e austriaca, ottenendo considerevoli acquisizioni territoriali, che ne spostarono il confine al Ticino. Carlo Emanuele era il secondo dei tre maschi e pertanto alla nascita non era l'erede al trono; suo fratello maggiore Vittorio Amedeo, che era il principe ereditario, morì nel 1715 e da quella data Carlo Emanuele divenne principe di Piemonte. Carlo Emanuele viveva in una Torino profondamente cambiata dagli ultimi avvenimenti politici. Il Piemonte, dopo alterne vicende, era uscito vittorioso dalla guerra di successione spagnola, sconfiggendo l'esercito francese di Luigi XIV, e suo padre, Vittorio Amedeo II, aveva acquistato il titolo di re di Sicilia, che fu costretto a scambiare con quello di Sardegna. Il re ripudiava sempre più i fasti della corte, la mondanità e il lusso: vestiva di semplice panno e le sue camicie erano di tela grezza. Torino si era pertanto trasformata radicalmente: per volere regio, le feste erano bandite, l'ostentazione di ricchezza era reato. Vittorio Amedeo II, dopo i trionfi politici e militari, si era sempre più chiuso in sé stesso, diventando schivo e solitario. Dopo il 1728, le stranezze del Re iniziarono a degenerare sempre di più, probabilmente per una malattia mentale. La moglie Anna, madre di Carlo Emanuele, era morta e anche il primogenito, molto amato da Vittorio Amedeo, si era spento: il vecchio Re decise di abdicare e di lasciare il trono al figlio Carlo Emanuele III. Carlo Emanuele non era amato dal padre: gracile e quasi gobbo, si era incupito negli anni passati all'austera corte torinese e sembra che parlasse poco, solo l'indispensabile. La sua istruzione era stata sommaria, poiché tutte le attenzioni erano andate al fratello maggiore. Nel 1722 Vittorio Amedeo II fece sposare il figlio con la principessa palatina Anna Cristina Luisa del Palatinato-Sulzbach, che morì dopo appena un anno dando a Carlo Emanuele un erede, che morì in età infantile. La seconda moglie, scelta sempre dal padre, fu Polissena d'Assia-Rheinfels-Rotenburg, che diede al marito la maggior parte dei figli. Fu molto amata da Carlo Emanuele e venne mal vista da Vittorio Amedeo che, ritenendo che ella distogliesse le attenzioni del figlio dalla politica, giunse ad imporre agli sposi di dormire in due appartamenti separati. Premesso che la storia della sua abdicazione presenta ancora dei lati non chiari, quel che si sa è che nell'estate del 1730 Vittorio Amedeo decise di lasciare al figlio la sovranità sul Piemonte e il 3 settembre ne diede l'annuncio a tutti i suoi ministri. Dopo poco tempo passato a Chambéry, Vittorio Amedeo riprese a dare ordini e consigli al figlio, che tuttavia ripristinò balli, feste e lussi presso la corte torinese. Nell'estate del 1731, mentre Carlo Emanuele III si trovava a Chambéry, lo coprì d'ingiurie davanti al Consiglio dei Ministri, tacciandolo di inettitudine. Vittorio Amedeo decise, quindi, di riprendersi il trono. Tornò in Piemonte e confermò i ministri. Carlo Emanuele, informato delle mosse del padre, convocò in seduta straordinaria il Consiglio dei Ministri, che decretò che Vittorio Amedeo II andava arrestato ed imprigionato. Una scorta di soldati venne dunque spedita ad arrestare il vecchio re, che fu chiuso nel castello di Moncalieri, dove restò fino alla morte. Al termine delle lunghe vicende belliche che videro il regno di Sardegna coinvolto durante il regno di Carlo Emanuele III, il sovrano predispose l'ostensione della 'Sindone' nel 1750 come ringraziamento per le conquiste ottenute e la sorte favorevole ai piemontesi. Carlo Emanuele dedicò molta cura alla fortificazione dei passi alpini e delle frontiere. Introdusse la meritocrazia nelle gerarchie militari, favorendo anche coloro di non nobile nascita. Finanziò la storiografia nel regno, proteggendo storici quali Ludovico Antonio Muratori. Si servì di Jean-Jacques Rousseau per realizzare il primo catasto piemontese "Mappe sarde" che venne pubblicato nel 1770. Diploma pergamena datato 'Dal campo sotto Pizzighettone il 27 novembre 1733', nel quale si concede a Carlo Francesco Santi di Pojrino una "..delle piazze da venditore di robbe vive perpetua ed ereditaria stabilita sovra il medesimo luogo mediante la finanza di L. 750..'. Una pagina in-4 obl., controfirmata da funzionari. Il documento si colloca nell'ampia legislazione voluta da Carlo Emanuele III intorno alle concessioni per gli ambulanti del Regno.

  • Eugenio di Savoia - Carignano (Parigi 1816 - Torino 1888), Ringraziamenti, Angelo Carlevaris, Vittorio Grimaldi, Pubblica sicurezza, Fondo per il culto
    Lot 50

    Eugenio di Savoia - Carignano (Parigi 1816 - Torino 1888)
    Ringraziamenti, Angelo Carlevaris, Vittorio Grimaldi, Pubblica sicurezza, Fondo per il culto
    Insieme di tre documenti manoscritti (due dei quali recanti firma autografa)
    Una pagina in-4
    Firma/data: Torino 13 gennaio 1859; Torino, addi 8 dicembre 1860; Firenze 21 Luglio 1866
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 3

    Carteggio di tre documenti in parte manoscritti, due dei quali recanti firma autografa di Eugenio di Savoia - Carignano, personaggio di spicco nella corte sabauda e nel Risorgimento, nominato da Carlo Alberto luogotenente nella guerra contro l’Austria del 1848 e successivamente uomo di riferimento di Vittorio Emanuele II. Militare e membro della famiglia reale nel 1825 Carlo Alberto lo chiamò a Torino per farlo educare nel collegio dei gesuiti, e più tardi lo integrò nei diritti di principe del sangue. Il 29 marzo 1849 ebbe il titolo di altezza reale. Destinato alla marina da guerra, ne divenne comandante generale nel 1844. Fu luogotenente del Regno durante le Guerre di Indipendenza (1848-1849, 1859 e 1866), reggente in Toscana (marzo 1860) e luogotenente a Napoli (gennaio 1861). Negli ultimi anni della sua vita presiedette la Commissione generale di difesa dello Stato e il Consorzio nazionale. Il lotto si compone di tre documenti: una bella lettera a carattere personale firmata da Eugenio di Savoia-Carignano, datata 'Torino li 13 gennaio 1859'; una lettera patente datata 'Torino, addì, 8 dicembre 1860' con cui Eugenio di Savoia-Carignano, in qualità di luogotenente generale di Vittorio Emanuele II, nomina tale Angelo Carlevaris delegato di circondario di II classe (documento privo di autografi). Infine chiude il lotto una seconda lettera patente redatta a 'Firenze il 21 luglio 1866', durante il breve periodo in cui Firenze divenne capitale d'Italia, in cui Eugenio di Savoia-Carignano, sempre in qualità di luogotenente generale di Vittorio Emanuele II, nomina Vittorio Grimaldi direttore capo di divisione nel Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti, la patente riporta la firma di Eugenio di Savoia-Carignano e del Ministro di Grazia, Giustizia e dei Culti Francesco Borgatti.

  • Jolanda Margherita di Savoia (Roma 1901 - ivi 1966), Felicitazioni e saluti, una firma dovuta all'amore
    Lot 51

    Jolanda Margherita di Savoia (Roma 1901 - ivi 1966)
    Felicitazioni e saluti, una firma dovuta all'amore
    Lettera autografa firmata, su cartolina postale
    Una pagina
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera autografa, senza data, nella quale la Principessa si firma con il cognome di suo marito 'Calvi'. Principessa di Savoia, d'Etiopia e Albania, per matrimonio con il conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo divenne contessa di Bergolo. La principessa respinse la pressione della nonna, la Regina madre Margherita di Savoia che voleva spingerla verso un matrimonio ambizioso con il principe ereditario d'Inghilterra, futuro Edoardo VIII, al quale il Re Vittorio Emanuele III d'Italia e la Regina Elena del Montenegro avrebbero acconsentito solo se la Principessa fosse stata d'accordo. Iolanda sposò, invece, secondo i suoi desideri il conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, ufficiale di cavalleria. La Principessa seguì i genitori con il marito ed i figli nell'esilio del 1946 ad Alessandria d'Egitto e vi rimase fino alla morte del padre Vittorio Emanuele III, trasferendosi nuovamente a Roma. Durante l'esilio ad Alessandria d'Egitto la principessa fu l'istitutrice di Bob Krieger, fotografo e scultore italiano. La missiva è diretta ad un ingegnere: "Un monte di rallegramenti per la laurea anche da mio marito...".

  • Maria Pia di Savoia (Napoli 1934), Principessa di Jugoslavia e Principessa di Borbone-Parma
    Lot 52

    Maria Pia di Savoia (Napoli 1934)
    Principessa di Jugoslavia e Principessa di Borbone-Parma
    Firma autografa su cartolina fotografica
    Una pagina
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Firma autografa, su fotografia scattata da Elisabetta Petri, della Principessa Maria Pia di Savoia figlia maggiore dell'ultimo re d'Italia Umberto II e della regina Maria José. Sorella maggiore di Vittorio Emanuele di Savoia, Principe di Napoli, della principessa Maria Gabriella di Savoia e della principessa Maria Beatrice di Savoia, con il primo matrimonio assunse il titolo di "Principessa di Jugoslavia" e con il secondo matrimonio, dopo il divorzio dal primo marito, assunse il titolo di "Principessa di Borbone-Parma". La Principessa trascorse l'infanzia in Italia, fino a quando nel 1946 seguì il padre in Portogallo in esilio, insieme alle due sorelle, mentre il fratello Vittorio Emanuele andò a vivere in Svizzera con la madre.

  • Margherita di Savoia (Torino 1851 - Bordighera 1926), Regina d'Italia
    Lot 53

    Margherita di Savoia (Torino 1851 - Bordighera 1926)
    Regina d'Italia
    Note bibliografiche
    Due pagine in-8
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Note bibliografiche, senza firma, della Regina d'Italia, in tedesco e francese a testimonianza della sua vasta cultura. Due pagine in-8. "Japon geselrichlich...", "Série des grandes hommes d’Etat...". Altre annotazioni autografe similari. Margherita di Savoia fu consorte di Re Umberto I e la prima Regina consorte d'Italia. Negli anni in cui fu al fianco di Umberto esercitò una notevole influenza sulle scelte del marito e un grande fascino sulla popolazione. Cattolica, fieramente attaccata a Casa Savoia e profondamente reazionaria, fu una nazionalista convinta e sostenne la politica imperialista di Francesco Crispi. A corte gestì un circolo culturale settimanale e i balli che celavano spesso un piano diplomatico per assicurare una mediazione con l'aristocrazia "nera", rimasta fedele allo Stato della Chiesa e al pontefice dopo la presa di Roma. Ci furono molti omaggi popolari e poetici tributati a Margherita: dalla pizza Margherita alla celebre ode di Carducci 'Alla regina d'Italia'. Figlia di Ferdinando di Savoia-Genova, primo duca di Genova, e di Elisabetta di Sassonia, rimase orfana di padre all'età di quattro anni; con la madre e il fratello minore Tommaso, duca di Genova passò l'infanzia e l'adolescenza nel Palazzo Chiablese. La madre fu confinata da Vittorio Emanuele II nella villa di Stresa, come punizione per avere sposato clandestinamente un borghese, Nicola Rapallo. L'intercessione di Giovanni di Sassonia e di Aleksandra Fëdorovna, zarina madre, portò alla riabilitazione di Elisabetta e all'accettazione del matrimonio. Il rapporto con la madre fu piuttosto difficile, dal momento che la bambina non sopportava le sue confidenze con il nuovo marito. L'educazione di Margherita fu affidata all'istitutrice Rosa Arbesser, la quale occupò un posto di primo piano nella vita della Regina d'Italia. Rosa instaurò con lei un legame strettissimo. Sviluppò un amore sincero per la poesia e per l'arte e, quindicenne, scrisse un poemetto d'argomento medievale intitolato 'Le Gantelet'. C'erano poi le settimanali lezioni di ballo, cui prendeva parte anche il duca d'Aosta Amedeo, fratello del futuro sposo di Margherita. Molto si è discusso circa un amore adolescenziale maturato in queste occasioni tra i due e gli studiosi hanno sostanzialmente avallato l'ipotesi, pur nell'assenza di prove concrete. Nel 1868 Margherita e Umberto si unirono in matrimonio. Il viaggio di nozze prevedeva di scendere lungo tutta la penisola per far conoscere a tutta l'Italia i futuri sovrani. Nel 1869 nacque Vittorio Emanuele III, primo parto della monarchia sabauda dopo l'Unità d'Italia. Se la popolazione aveva manifestato il proprio calore per l'evento, assecondata dalle autorità civili, i rapporti con la Chiesa erano tesi al punto che l'arcivescovo di Napoli Sisto Riario Sforza si rifiutò di benedire il neonato. Nel 1878 Margherita ascese al trono come Principessa di Piemonte, diventando la prima Regina d'Italia. Era nota soltanto a una strettissima cerchia di corte la realtà del fallimento del matrimonio tra Umberto e Margherita. Umberto infatti era legato dal 1864 alla duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta che amerà tutta la vita. All'inizio del matrimonio Margherita avrebbe voluto separarsi, ma poi decise di resistere alimentando la finzione di un matrimonio felice. Da Regina promosse le arti e la cultura, introdusse la musica da camera in Italia, fondò il quintetto d'archi di Roma. Fu grazie a una borsa di studio da lei concessa che, dal 1880 al 1883, poté studiare al Conservatorio di Milano Giacomo Puccini. Nel 1900 i sovrani erano in visita a Monza ma dei colpi di pistola posero fine alla vita del secondo sovrano d'Italia. Secondo una leggenda popolare, il giorno dell'attentato, Margherita avrebbe avvertito un tragico presentimento e tentato di dissuadere il consorte dal prendere parte all'impegno serale. L'11 agosto del 1900 divenne Re Vittorio Emanuele III. In veste di Regina madre, Margherita si dedicò a opere di beneficenza e all'incremento delle arti e della cultura. Nel 1904 il vivaio belga 'Soppelt & Notting' dedicò alla regina una rosa molto rara. Durante la Prima Guerra Mondiale Margherita trasformò in ospedale la sua residenza romana e fu tra le prime utilizzatrici delle automobili e convinta sostenitrice del nuovo mezzo di locomozione, fu promotrice dell'industria automobilistica italiana, nel primo decennio del XX secolo.

  • Luigi Montabone (.... - 1877), Umberto I di Savoia (Torino 1844 - Monza 1900)
    Lot 54

    Luigi Montabone (.... - 1877)
    Umberto I di Savoia (Torino 1844 - Monza 1900)
    Ritratto fotografico, cm 14x10
    Stato di conservazione: buono (lievi abrasioni)
    Numero componenti del lotto: 1

    Ritratto fotografico di Umberto I di Savoia, Re d'Italia dal 1878 al 1900, immortalato in divisa militare. 'Fotografia Montabone - Firenze'. Luigi Montabone (... – 1877) è stato un fotografo pioniere della fotografia in Italia. Ricordato per il suo album "Ricordi del viaggio in Persia della missione italiana del 1862", la sua carriera è culminata con l'apertura di diversi studi fotografici a Roma, Firenze, Torino e Milano. L'album "Ricordo del viaggio in Persia della Missione italiana, 1862", conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, è composto da settantadue fotografie, con ritratti di personaggi della Corte, di una ventina di personaggi georgiani, paesaggi dell'Armenia e del Caucaso e vedute persiane. Lo stabilimento fotografico Montabone fu premiato all'Esposizione Universale di Parigi del 1867 e fu presente all'Esposizione Nazionale di Torino del 1868 e del 1872. Il primo successore dello studio torinese è il fotografo Bertelli che gestirà lo stabilimento fino al 1888; dal 1889 subentra Rovere (con sede in piazza Castello, 25). Lo studio fotografico Montabone a Firenze si trovava in via de' Banchi 3. Lo studio fotografico Montabone era il fornitore di Re Umberto I.

  • Umberto II di Savoia (Racconigi 1904 - Ginevra 1983), Esilio, saluti
    Lot 55

    Umberto II di Savoia (Racconigi 1904 - Ginevra 1983)
    Esilio, saluti
    Rigo e firma autografi su biglietto a stampa
    Una pagina
    Firma/data: Cascais 1 Gennaio 1967
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Rigo e firma autografi di Umberto II di Savoia, scritti durante l'esilio a Cascais. Dopo il risultato del referendum istituzionale del 2 giugno, il 13 giugno il Consiglio dei ministri trasferì, con un atto definito dal Re, le funzioni accessorie di capo provvisorio dello Stato al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. In quello stesso giorno, Umberto si recò in volontario esilio in Portogallo, non facendo mai più ritorno in Italia. Figlio di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, la sua nascita sollevava i genitori dal timore che la dinastia si estinguesse, lasciando il trono al ramo collaterale dei Savoia-Aosta. Nel 1925 si stabilì nel Palazzo Reale a Torino, dove fino al matrimonio condusse una vita spensierata. Nel 1930 si sposò con Maria José, principessa del Belgio. Secondo la leggenda sarebbe stato un matrimonio d'amore, ma la storia sarà comunque contrastata a causa dei diversi interessi culturali, politici e sociali e soprattutto dal divario fra le due educazioni ricevute. Nel 1934 a Palazzo Reale a Napoli, nacque la primogenita Maria Pia. Nel 1937 nacque l'erede maschio, cui venne imposto il nome del nonno.
    Il principe ereditario non ha mai nascosto la sua opposizione al fascismo. Il 5 giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nominò il figlio luogotenente generale del Regno. Nel 1944 Umberto firmò anche il decreto che abolì la pena di morte, tranne per alcuni reati in tempo di guerra; sarà abolita definitivamente solo dalla Costituzione repubblicana del 1948. Il 9 maggio 1946, un mese prima dello svolgimento del referendum istituzionale, Vittorio Emanuele III a Napoli abdicò a favore del figlio Umberto. La speranza di casa Savoia era di far recuperare consensi all'istituto monarchico con l'uscita definitiva di scena del vecchio Re. La maggioranza in favore della soluzione repubblicana fu di circa due milioni dei voti validi. Umberto decise di lasciare l'Italia. La partenza del Re dava via libera all'istituzione della forma repubblicana. Come meta per l'esilio, Umberto II scelse il Portogallo, risiedendo dapprima a Colares e, in seguito, a Cascais in cui si trasferì nel 1961. E' unita una busta viaggiata.

  • Vittorio Emanuele II di Savoia (Torino 1820 - Roma 1878), Primo Re d'Italia
    Lot 56

    Vittorio Emanuele II di Savoia (Torino 1820 - Roma 1878)
    Primo Re d'Italia
    Firma autografa su frammento
    (cm 26x13,5)
    Firma/data: Torino addì 18 Ottobre 1863
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 2

    Firma autografa di Vittorio Emanuele II su frammento di un documento con sigillo a secco. Sono presenti firme di alcuni funzionari. Vittorio Emanuele II di Savoia primo Re d'Italia (dal 1861 al 1878) è ricordato anche con l'appellativo di Re galantuomo, perché dopo la sua ascesa al trono non ritirò lo Statuto Albertino promulgato da suo padre Carlo Alberto. Grazie al ruolo svolto per realizzare l'Unità d'Italia, viene indicato come Padre della Patria. Nel 1822 Vittorio Emanuele sopravvisse a un incendio scoppiato nella casa fiorentina del nonno materno, in cui morì la sua nutrice. Questo evento, insieme alla scarsa somiglianza fisica e caratteriale tra Vittorio Emanuele e i genitori, contribuì alla nascita e alla fortuna della diceria secondo la quale il vero Vittorio Emanuele sarebbe morto bambino durante l'incendio e quindi sostituito con il figlio di un macellaio fiorentino. Nel 1831 il padre Carlo Alberto ritornò a Torino per succedere a Carlo Felice di Savoia. Vittorio Emanuele lo seguì a Torino e fu affidato al conte Cesare Saluzzo di Monesiglio. Gli sforzi dei precettori ebbero scarso effetto sulla refrattarietà agli studi di Vittorio Emanuele che di gran lunga preferiva dedicarsi ai cavalli e alla caccia. Nel 1842 sposò la cugina Maria Adelaide d'Austria. Nonostante l'amore che legava Maria Adelaide a suo marito e il sincero affetto che questi nutriva per lei, Vittorio Emanuele ebbe varie relazioni extraconiugali. Nel 1847, incontrò per la prima volta Rosa Vercellana che sarà la sua compagna per tutta la vita.
    Carlo Alberto, concesso lo Statuto Albertino il 4 marzo 1848 e dichiarata guerra all'Austria, apriva il lungo periodo del Risorgimento. Carlo Alberto firmò la sua abdicazione. Ottenuta un'attenuazione delle condizioni contenute nell'armistizio, Vittorio Emanuele II diede assicurazione di voler agire con la massima determinazione contro il partito democratico, al quale il padre aveva consentito notevole libertà e che l'aveva condotto verso la guerra contro l'Austria. Tuttavia, Vittorio Emanuele, malgrado le pressioni dell'Austria, si rifiutò di revocare lo Statuto, unico sovrano in tutta la Penisola a conservarla. Cavour divenne il 4 novembre 1852 Presidente del Consiglio del Regno. Fra i due non corse mai grande simpatia, anzi Vittorio Emanuele più volte ne limitò le azioni. Nel luglio del 1858 Cavour si diresse a Plombières, in Francia, dove incontrò segretamente Napoleone III. Gli accordi verbali che ne seguirono e la loro ufficializzazione nell'alleanza sardo-francese del gennaio 1859, prevedevano la cessione alla Francia della Savoia e di Nizza in cambio dell'aiuto militare francese, cosa che sarebbe avvenuta solo in caso di attacco austriaco. Napoleone concedeva la creazione di un Regno dell'Alta Italia, mentre voleva sotto la sua influenza l'Italia centrale e meridionale. A Plombières Cavour e Napoleone decisero anche il matrimonio tra il cugino di quest'ultimo, Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte, e Maria Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele. Alla volontà di Garibaldi di partire con volontari alla volta della Sicilia, il governo pareva molto scettico, per non dire ostile. C'erano, è vero, apparenti segni di amicizia tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che sembravano stimarsi a vicenda. Nonostante l'appoggio del Re, ebbe la meglio Cavour, che privò in questo modo la campagna garibaldina dei mezzi necessari. Che il Re avesse, infine, approvato la spedizione, non si può sapere. Certo è che Garibaldi trovò a Talamone, quindi ancora nel Regno di Sardegna, i rifornimenti di cartucce. L'incontro con Garibaldi, passato alla storia come incontro di Teano, avvenne il 26 ottobre 1860: veniva riconosciuta la sovranità di Vittorio Emanuele II su tutti i territori dell'ex Regno delle Due Sicilie. Il Re Vittorio Emanuele assume il titolo di Re d'Italia - 17 marzo 1861. "Viva Verdi": questo era stato il motto delle insurrezioni anti-austriache nel Nord Italia quando i patrioti non intendevano tanto esaltare la figura del grande musicista quanto propagandare il progetto unitario nazionale nella persona di Vittorio Emanuele II (Viva V.E.R.D.I. = Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia). Il 17 marzo 1861 il parlamento proclamò la nascita del Regno d'Italia.

  • Vittorio Emanuele III di Savoia (Napoli 1869 - Alessandria d'Egitto 1947), Saluti dal Principe a un graduato
    Lot 57

    Vittorio Emanuele III di Savoia (Napoli 1869 - Alessandria d'Egitto 1947)
    Saluti dal Principe a un graduato
    Dedica autografa firmata su ritratto fotografico
    (cm 19x12)
    Firma/data: Torino, 28/7 1889
    Stato di conservazione: buono (lievi tracce di foxing)
    Numero componenti del lotto: 1

    Dedica autografa, su ritratto fotografico, firmata dal Principe di Napoli e di Piemonte, immortalato in divisa militare. Datata 'Torino, 28/7 1889'. Fotografia Schemboche - Torino. Vittorio Emanuele III di Savoia è stato Re d'Italia (dal 1900 al 1946), Imperatore d'Etiopia (dal 1936 al 1943), Primo Maresciallo dell'Impero (dal 4 aprile 1938) e Re d'Albania (dal 1939 al 1943). Il suo lungo regno (46 anni) vide, oltre alle due guerre mondiali, l'introduzione del suffragio universale maschile (1912) e femminile (1945), delle prime importanti forme di protezione sociale, il declino e il crollo dello Stato liberale (1900-1922), la nascita e il crollo dello Stato fascista (1925-1943), la composizione della questione romana (1929), il raggiungimento dei massimi confini territoriali dell'Italia unita e le maggiori conquiste in ambito coloniale (Libia ed Etiopia). Vittorio Emanuele non ebbe un'infanzia molto felice, perché l'educazione di Casa Savoia, severa e di stampo militaresco, non favoriva l’espansività e gli slanci affettivi e perché nessuno dei suoi genitori si occupò mai di lui. Come suo precettore fu scelto il colonnello di Stato Maggiore Egidio Osio, che era stato militare all'ambasciata italiana a Berlino. Alcuni dicono che la severità di Osio ebbe effetti deleteri sul carattere del futuro sovrano, rendendolo ancora più insicuro e introverso; tuttavia questo fatto viene smentito anche dal rapporto di amicizia che il principe continuò a serbare con il suo precettore, intrattenendo una corrispondenza quasi giornaliera e difendendolo dalle accuse rivoltegli. Elevato al rango regio, frequentò le sedute d'inaugurazione dell'Accademia Nazionale dei Lincei, così come di altre associazioni di stampo scientifico, alle quali si avvicinava per i suoi interessi. Tra tutte le sue passioni, in ambito culturale, svettavano forse la numismatica, la storia e la geografia. Estimatore di William Shakespeare, parlava quattro lingue, tra cui il piemontese e il napoletano, ma non amava né il teatro, né i concerti. Al compimento dei vent'anni, Vittorio Emanuele essendo ormai diventato maggiorenne, fu assegnato al 1º Reggimento fanteria "Re" a Napoli, dove rimase per ben cinque anni. A Napoli strinse amicizia con il principe Nicola Brancaccio, instradandolo alla vita notturna napoletana. Per il giovane Principe il periodo napoletano fu forse il più felice della sua vita: imparò a parlare fluentemente il napoletano ed ebbe anche diverse amanti, tra cui la baronessa Maria Barracco. Un fatto poco noto è che durante il suo periodo a Napoli entrò in conflitto con il colonnello Luigi Cadorna e tra i due nacque una feroce antipatia che durò tutta la vita e che ebbe evidenti conseguenze vent'anni dopo, durante la Grande Guerra. La questione del matrimonio del giovane principe divenne oggetto di estrema preoccupazione per Umberto I di Savoia e Margherita, venne, dunque, combinato il matrimonio tra il Principe di Napoli e una Principessa montenegrina, Elena. Il fidanzamento tra Vittorio ed Elena fu una vera e propria "congiura", alla quale parteciparono praticamente tutte le case regnanti europee, e l'unico a esserne all'oscuro fu proprio il Principe. Il primo incontro tra i due avvenne a Venezia nel 1895: per sicurezza Elena era stata fatta accompagnare dalla sorella Anna, nell'eventualità che Vittorio preferisse l'una all'altra. Tuttavia la preferenza del Principe andò proprio a Elena, che era riuscita a colpirlo con la sua bellezza. Morì ad Alessandria il 28 dicembre 1947, il giorno dopo la firma della Costituzione italiana.

  • Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours (Parigi 1644 - Torino 1724), Il vollto femminile del potere in Piemonte; esenzioni militari, Cuneo, Marchese di S. Giorgio, Bottaro
    Lot 58

    Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours (Parigi 1644 - Torino 1724)
    Il vollto femminile del potere in Piemonte; esenzioni militari, Cuneo, Marchese di S. Giorgio, Bottaro
    Lettera firmata
    Una pagina in-8 su bifolio
    Firma/data: Moncalieri 20 ottobre 1681
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera firmata, datata 'Moncalieri 20 ottobre 1681', di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, l'ultima discendente dei conti del Genevese, erede dei duchi di Nemours, e delle baronie di Fossigny e di Beaufort. Maria Giovanna Battista divenne duchessa nel 1665, quando Carlo Emanuele II decise di risposarsi dopo la morte della prima moglie, Francesca Maddalena d'Orléans. La madre del duca, Maria Cristina di Borbone-Francia, aveva già progettato un possibile matrimonio tra il figlio e la lontana cugina Giovanna, ma all'ultimo la scelta della futura duchessa ricadde sulla francese. Quando sia Francesca che Maria Cristina si spensero, a poca distanza l'una dall'altra, Carlo Emanuele II scelse di risposarsi con la lontana cugina. Descritta da molti come una donna dal carattere freddo, autoritario ed animata da grandi ambizioni, quando anche il duca, ancora giovane, si spense a Torino, Maria Giovanna Battista, assunse la reggenza del Ducato di Savoia fino alla maggiore età del figlio Vittorio Amedeo II. Il suo desiderio di potere non si fermò al compimento da parte del figlio dell'età stabilita affinché quest'ultimo potesse salire al trono: ella cercò di far sposare al giovane Vittorio Amedeo la cugina Isabella Luisa di Braganza, figlia del re del Portogallo Pietro II e di sua sorella Maria Francesca di Savoia-Nemours, con la speranza di farlo diventare re a Lisbona. Se il figlio si fosse trasferito in terra portoghese, Giovanna Battista avrebbe potuto governare ancora a lungo in Piemonte.
    Vittorio Amedeo II, intuendo il piano della madre e spinto dai suoi ministri, inscenò un colpo di Stato dichiarandola decaduta e priva di ogni autorità politica e Giovanna dovette piegarsi alla volontà del figlio. Lasciata in disparte dalla politica, Maria Giovanna Battista decise di dedicarsi all'arte: per suo esplicito ordine molte vie di Torino vennero ampliate, furono costruite chiese e, in particolare, fu ammodernato il Palazzo Madama, per opera dello Juvarra. Interessante documento che testimonia il ruolo della principessa come Reggente di Savoia, carica acquisita in seguito alla repentina scomparsa di Carlo Emanuele II (1675). La missiva è indirizzata al 'Marchese di San Giorgio', probabilmente Guido Francesco Biandrate Aldobrandino, conte di San Giorgio, governatore di Asti, Nizza e Vercelli: "Gentiluomo della Camera di Sua Altezza Reale, marescial di campo e governatore del Castello di Nizza" nella quale ordina di far cancellare tale "Bottaro di Cuneo" dal registro di guerra "e non venga più molestato per detto fatto". Una pagina in-8, su bifolio. Indirizzo manoscritto alla quarta.

  • Tommaso Francesco di Savoia (Torino 1596 - ivi 1656), Ordine di sostegno all'esercito, Monsignor di Besse, Guerra dell’Interdetto (1605-1607)
    Lot 59

    Tommaso Francesco di Savoia (Torino 1596 - ivi 1656)
    Ordine di sostegno all'esercito, Monsignor di Besse, Guerra dell’Interdetto (1605-1607)
    Lettera manoscritta
    Una pagina in-4, controfirmata, su bifolio
    Firma/data: li 15 novembre 1617
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Interessante lettera manoscritta intestata "Il Prencipe Thomaso generale della Cavaleria di Sua Altezza" a firma "Thomaso" datata 'li 15 novembre 1617'. Tommaso Francesco di Savoia, più spesso citato semplicemente come Tomaso di Savoia era figlio di Carlo Emanuele I e di Caterina Michela d'Asburgo ed è stato il capostipite del ramo Savoia-Carignano. Nel 1620 divenne infatti, per disposizione del padre, Principe di Carignano dando origine alla linea dei Savoia-Carignano, dalla quale discenderanno i futuri Re d'Italia di Casa Savoia. Nella missiva: "Comandano... communità di San Peire sua valle et Rossana et altre dove allogiarà la compagnia di Monsignor di Besse" di pagare il tributo dovuto per sostentare l'esercito. L'episodio si colloca nella fase finale della prima guerra del Monferrato, durata dal 1613 a 1617, scoppiata a causa di una crisi nella successione del Monferrato, che vede scontrarsi gli opposti interessi del Piemonte, della Francia, degli Asburgo e di Venezia. Nel settembre del 1616, nell'ultima fase di guerra, Carlo Emanuele I mandò un nuovo esercito supportato da forze francesi. Le forze sabaude sconfissero inizialmente gli Spagnoli e presero Alba. Le truppe di don Pedro però attaccarono Vercelli, conquistandola dopo 2 mesi d'assedio. A questo punto, la situazione politica si era ribaltata: Francia e Spagna volevano ristabilire gli equilibri internazionali, mentre i Veneziani non volevano un eccessivo potenziamento sabaudo. Fu quindi stabilito un capitolato di pace a Parigi il 6 settembre 1617, e poi di nuovo a Madrid il 26 settembre, in base al quale i Savoia dovevano accettare che il Monferrato andasse a Ferdinando Gonzaga (1587 –1626), VI duca di Mantova e dunque Duca del Monferrato. Soluzione che fu ratificata con la pace di Pavia del 9 ottobre 1617.
    Una pagina in-4, controfirmata, su bifolio.

  • Vittorio Amedeo II di Savoia (Torino 1666 - Moncalieri 1732), Saluzzo, carceri di Cuneo
    Lot 60

    Vittorio Amedeo II di Savoia (Torino 1666 - Moncalieri 1732)
    Saluzzo, carceri di Cuneo
    Lettera patente firmata
    Una pagina in-4
    Stato di conservazione: buono (lievi fioriture)
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera patente firmata, datata 'Torino li' senza anno, del Re di Sardegna Vittorio Amedeo II, detto "la volpe savoiarda". Vittorio Amedeo Francesco di Savoia è stato duca di Savoia, marchese di Saluzzo e duca del Monferrato, principe di Piemonte e conte d'Aosta, Moriana e Nizza dal 1675 al 1720. Quando Carlo Emanuele II di Savoia morì improvvisamente, Vittorio Amedeo II si trovò ad esser duca ed erede al trono ad appena nove anni. La reggenza venne affidata alla madre, donna ambiziosa e intrigante ma non energica, la quale aveva tutto l'interesse a mantenere lo Stato sabaudo nell'orbita francese, in cui già si trovava, e possibilmente a conservare il potere. Per questo motivo "Madama Reale" (titolo che le spettava in quanto il suo defunto marito si era insignito del titolo di Re di Cipro, perché erede dei Lusignano) sorella di Maria Francesca di Savoia Nemours, regina del Portogallo cercò di indurre il figlio a un matrimonio con la cugina Isabella Luisa di Braganza, figlia di Pietro II del Portogallo. All'epoca, Vittorio Amedeo aveva soltanto tredici anni, per cui fu facile giungere all'accordo matrimoniale, che l'avrebbe visto divenire Re del Portogallo e che l'avrebbe obbligato al soggiorno a Lisbona dal momento della celebrazione del matrimonio. L'atto venne rogato il 15 maggio 1679. Ma il giovane principe non aveva intenzione di partire: quando il delegato lusitano, il Duca di Cadaval, arrivò a Torino, Vittorio Amedeo si dichiarò colto da un attacco di febbre finché non riuscì ad evitare le nozze. Per i suoi cittadini piemontesi, che avevano visto con terrore la possibilità che il loro Duca diventasse Re di Portogallo, temendo che il Piemonte si trovasse nella stessa condizione della Lombardia nei confronti della Spagna, fu momento di gran festa. Il documento è indirizzato contro coloro i quali "...s’introducono ne' paesi posseduti da nemici grani e vettovaglie"; per tale motivo, "...volendo che s’invigili all’arresto loro...", Vittorio Amedeo II ordina "di prestare al maggiore della città di Saluzzo Reynero l’assistenza, aiuto e manforte che dal medemo gli verrà nelle occorrenze per tal effetto richiesta...". Il documento accenna anche alle carceri di Cuneo quale destinazione degli arrestati. Una pagina in-4, carta intestata, controfirmata. Sigillo in cera sotto carta.

  • Vittoria, Regina del Regno Unito e Imperatrice dell'Impero britannico (Londra 1819 - Isola di Wight 1901), Carl Krause (XIX secolo)
    Lot 61

    Vittoria, Regina del Regno Unito e Imperatrice dell'Impero britannico (Londra 1819 - Isola di Wight 1901)
    Carl Krause (XIX secolo)
    Ritratto fotografico originale, cm 9 x 5,5
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Ritratto fotografico originale della Regina, a mezza figura. Fotografia di Carl Krause.

  • Lettera di Ferrante d’Aragona Napoli, 16 maggio 1484, Papa Sisto IV della Rovere
    Lot 62

    Lettera di Ferrante d’Aragona Napoli, 16 maggio 1484
    Papa Sisto IV della Rovere
    Lettera
    Una pagina
    Firma/data: 16 maggio 1484
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    La lettera si colloca in una delle fasi più delicate del conflitto tra Ferrante d’Aragona (1423-1494) e la Repubblica Veneziana. Come noto infatti sin dal 1482 Ferrante era sceso al fianco del genero, il Duca di Ferrara, minacciato dalle armate della Serenissima; il conflitto sarebbe terminato due anni dopo ma, a pochi mesi dalla conclusione, Venezia era tornata ad attaccare il Regno di Napoli invadendo la costa pugliese ed assediando Gallipoli. Un clima complicato ed instabile che, unito alle riforme fiscali attuate dal Re di Napoli, aveva causato un drastico impoverimento del Tesoro napoletano causando, da lì a pochi mesi, la congiura dei baroni (1485-1487); congiura in cui fu coinvolto anche Antonello Petrucci († 1487), segretario di Re Ferrante di cui troviamo la sottoscrizione in calce a questo documento. La lettera – datata '16 maggio 1484' – costituisce dunque una vivida testimonianza della complessa ed articolata politica di Ferrante d’Aragona sia all’interno che all’esterno del proprio regno, con particolare attenzione ai rapporti con Papa Sisto IV della Rovere (1414-1484), vero protagonista della missiva. La lettera, indirizzata sul verso «ad Comitem Buverelli», muove infatti da alcune accuse che il Pontefice avrebbe espresso di fronte a due oratori circa la politica militare di Re Ferrante («de’ tardità ad fornire de’ dare le prestanze a le gente d’arme [che] divimo tenere per la nostra rata in questa impresa, et che fora del bisogno domandamo dali nostri confederati la distributione in lo armamento de le dete nave») e più in generale sull’operato della Lega Santa; accuse successivamente circostanziate in un breve pontificio inviato a Jacopo Arrivabeni. Il contenuto della lettera è dunque una decisa autodifesa del re aragonese. L’importanza della lettera è per altro sottolineata dal fatto che – come si esplicita nella missiva – volendo chiarire la propria posizione di fronte al Pontefice ed ai membri della Lega, «in quisto dì per altre nostre lettere havimo facto offerire volere mectere in potere de’ nostri colligati tucte le intrate del nostro Regno per la prosecutione di questa guerra», facendo così circolare in tutte le corti italiane un messaggio affine, per contenuto ed intenzioni politiche, a quello qui trascritto. La lettera offre dunque un vivido spaccato della vita politica italiana all’apice del sistema delle signorie, in uno dei suoi momenti più complessi ma anche più vivaci. Ma non solo; la missiva infatti precede di appena un giorno un evento assai significativo per il regno aragonese: l’assedio mosso dai veneziani contro la città di Gallipoli (17-19 maggio 1484), un evento destinato ad imprimere un’ulteriore svolta nelle complesse vicende delle guerre d’Italia. Il documento è redatto in cancelleresca corsiva, vergata in modo chiaro ed accurato, su un bifolio che, in tempi non noti ma verosimilmente molto antichi, è stato raccolto in un volume da cui è stato successivamente spiccata. All’operazione di raccolta si deve la rifilatura del documento, particolarmente evidente nel margine superiore della carta dove è leggibile solo la parte conclusiva dell’intestazione che, originariamente, avrà riportato entrambi i principali titoli di Ferrante d’Aragona «Neapolitani Rex, Rex Siciliae». A questa fase di raccolta si deve la cartulazione (cc. 31 e 32) che è stata qui riportata. Si deve notare come questa missiva facesse parte di un più ampio plico diplomatico a cui erano allegati una lettera del Capitano de’ Sei «de la quale con questa ve mandamo copia» insieme a «li altri avisi [che] ve havimo mandati». Come anticipato il documento è chiuso dalla sottoscrizione di Re Ferrante seguita da quella del segretario Antonello Petrucci; a margine, di altra mano, l’indicazione del destinatario: «ad Comitem Buverelli». Coperta, grafia del XIX sec.: «Ferdinando d’Aragona Re di Napoli e Sicilia. Lettera lunghissima e importantissima sulle cose d’Italia dell’anno 1484» [c.31r] […] Rex Siciliae. Conte, nulla cosa ne haveria possuta dare maiore molestia che la lettera comune de’ viri altri oratori de la nostra Santissima et Serenissima Lega de’ X del presente [mese di maggio] et lo breve de la Santità de’ nostro Signore [Sisto IV] directo ad messer Joanpetro Arrivabene suo oratore, non tanto per intendere parte contenute in quelle penitus aliene da omne nostro merito, ma per comprehendere lo dispiacere et affanno con lo quale dicta Santità parlò ad dui 2 adicti oratori, et indicando cosa aliena dal honore et bene de dicta Santissima Lega: che li potentati de quella steano in alcuna contesa o differentia. Responderrimo solamente a le parte principale et ob [ill.] quanto in questa resposta potessemo dire che in alcuno modo havesse de offendere lo aiuto de’ alcuno de’ nostri Signori colligati. Per dicte lettere et breve simo imputati da nostro Signore de’ due pricipue cose: de’ tardità ad fornire de’ dare le prestanze a le gente d’arme [che] divimo tenere per la nostra rata in questa impresa, et che fora del bisogno domandamo da li nostri confederati la distributione in lo armamento de le dete nave. Quanto alla prima parte, de la tardità, se dice usarse per nui a lo dare de le prestanze dicimo essere mal contenti che per alcuno modo se ne dave tale imputatione, possendo veramente affirmare nullo più de’ nui desiderare che questa impresa se prosegua et debia ultimare gloriosamente, et per ciò da nui più desiderarse satisfare ad omne cosa necessaria per la ultimatione de’ dicta impresa non [g]ià per alcuna privata nostra utilità ma solum per lo honore et bene comune et particulare de li Illustrissimi signor Duca di Milano et Duca de’ Ferrara et altri de’ li nostri Signori colligati, a li quali, ultra lo comune, ce corre lo interesse particulare. Et benché in qualunca impresa siamo intervenuti, mai habiamo procurato o sperato haverne da conseguire alcuna particulare nostra utilità, ma solum satisfare al honore, desiderio et necessità de li nostri colligati, del che ne p[u]ò esser testimonio nostro Signore et tucti li nostri confederati. Confessamo però in nulla de le altre imprese essere stati tanto voluntari quanto in la presente. [c.31v] In la quale va la libertà de tucta Italia, et però in nostra particularità ce havimo lo interesse de’ generi, figlioli et nepoti et perciò chi se persuadesse [che] nui devere mancare in alcuna parte quanto le nostre facultà se extenderebbero, seria in grandissima heresia. Vero è che, come per altre havemo scripto, per avere voluto obtemperare in omne cosa, come è nostro debito a li comandamenti de nostro Signore et requeste de’ nostri confederati, in fare guerra per mare ad Venetiani et prohibirli lo comertio del nostro Regno, el che per li altri non è stato facto, ultra lo danno grandissimo ne hanno patito li nostri subditi a le intrate nostre è stato tanto detrimento che per questa sola cosa non haviamo possuto così celermente, come haveriamo voluto, satisfare ad tucto quello [che] seria il desiderio nostro, però questo se ne deveria imputare ad altro che quello che è, né perciò era conveniente se ne devessero fare tale ambasciate o comminatione, le quali, ut eamque, pigliamo in bona parte per lo ardentissimo desiderio che have nostro Signore che le cose succedano prosperamente et con gloria de la Santità sua et de tucta la Santissima Lega. Et piacesse a nostro Signore Dio che con qualsevoglia nostro interesse havessemo possuto trovar modo ad supplire de presente per mare et per terra, come lo bisogno et periculo imminente requede che nullo più de’ nui ne seria contento. Quanto tocca a la parte de le dete nave dicimo che per lettera del Capitano de’ Sei del presente, de la quale con questa ve mandamo copia ultra li altri avisi [che] ve havimo mandati, intenderete si è expediente et necessario de armare le dicte nave, et essere potentissimo in mare et niente de meno, come havimo scripto, nui non volimo stare più in queste contese et deliberamo omnino armare dece grosse nave in [ill.] de le XX galee de bona voglia, qual volimo ob [c.32r] [ill.] de armare per lo bisogno se have de le nave, considerato che li nostri inimici haveno ultra le galee armate nave 2 galeazze contra nui et con le XXX galee non possiamo prohibire la offensione [che] se ne faria con le nave et galeaze, ma con le X nave grosse et XI galee de bona voglia armate in Puglia et XV de forza attenderemo ad fare quel che serà posibile. Licet in dicte dece nave se spenda molto più che in le XX galee de bona voglia, et speramo [che] la Santità de nostro Signore et li altri signori nostri colligati non voleranno consentire [che] se stia ad discretione de’ dui potentati inimici comuni preparati in tal forma contra nui per havere voluto obedire et satisfare a nostro Signore et a li altri signori nostri colligati non ce mancaranno de quello [che] sarà necessario, tanto per lo respecto nostro, come comune. Et piacesse ad nostro Signore se potesse trovare mezzo conto qual potesseno essere securi de non essere offesi per mare, sì per essere liberi de’ tale suspecto et spesa et liberarne li Signori nostri confederati, come per possere attendere a la prosecutione de la guerra de terra _ lo comune desiderio. Havimo facto spatiare de la prestanza del servito et de le paghe per tucto maio, lo Signore de’ Arimine, quello de’ Pesaro de la prestanza et messer Lorenzo de’ Castello de la prestanza et quanto tucto lo servito, lo signor Duca de Urbino de la metà della prestanza et de presente farimo dare lo complimento, et così lo facevimo dare al Illustrissimo Prefecto et al Signore de’ Faenza et ultra questo lo sforzarimo satisfare a li bisogni de Illustrissimo Duca de’ Calabria nostro primogenito, adeo che nullo ne pozza imputare non havere facta la rata nostra et con lo Illustrissimo Duca de Ferrara restavimo ben de acordio et seguano le cose come se voglia non ce pozzimo mai dolere che per ambitione nostra o per alcuno nostro mancamento nullo de li potentati de la nostra Santissima et Serenissima Lega pozza dire havere havuta una minima lesione, et possimo con verità affirmare ad nullo mai per nui essere stato mancato de’ cosa [che] ne fosse requesta, purché le facultate nostre lo habiano comportato, et ad questo fine, et perché tutti potessero videre per effecto lo nostro bono aiuto, in quisto dì per altre nostre lettere havimo facto offerire volere [c.32v] mectere in potere de’ nostri colligati tucte le intrate del nostro Regno per la prosecutione di questa guerra, acciò che fossero certi che non solamente sino contenti fare quanto tocca a la parte nostra, ma quanto le facultà nostre comportassero. Data in Castello novo Napoli, die XVI maii MCCCCLXXXIII. Seguono le sottoscrizioni di Re Ferrante seguita da quella «A Secret.» identificabile con la sigla di Antonello Petrucci.

  • Maurizio di Savoia (Torino 1593- Torino 1657) e Don Felice di Savoia (1604-1643). Ringraziamenti e raccomandazioni
    Lot 63

    Maurizio di Savoia (Torino 1593- Torino 1657) e Don Felice di Savoia (1604-1643), ringraziamenti e raccomandazioni
    Due lettere autografe firmate
    Una pagina, una pagina
    Firma/data: 13 giugno 1639; 4 novembre 1633
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 2

    Due lettere autografe firmate da Maurizio di Savoia, figlio cadetto del duca di Savoia Carlo Emanuele I e di Caterina Michela d'Asburgo e da Don Felice di Savoia, ecclesiastico e figlio illegittimo di Carlo Emanuele I. La prima lettera, datata Roma 13 giugno 1639, contiene ringraziamenti ad un certo Monsignor Mattei. 1 pagina. La seconda lettera, datata 4 novembre 1633, indirizzata a Vostra Altezza “V.A.” è una raccomandazione per un maresciallo di Don Felice di Savoia.

  • Robert Abbott (Aleppo 1772 - 1853), Venezia - Napoleonica - Siria
    Lot 64

    Robert Abbott (Aleppo 1772 - 1853)
    Venezia - Napoleonica - Siria
    Lettera autografa firmata
    Due pagine in-8
    Firma/data: Aleppo 9 agosto 1798
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera autografa firmata, Aleppo 9 agosto 1798 del mercante della Compagnia delle Indie ed Agente Generale in Aleppo per S.M. il Re della Gran Bretagna, nella quale viene riportato il testo di una missiva dell'Internunzio Cesareo alla Porta alla Porta Ottomana "riguardante la persona dell'ex veneto Console"" nella città siriana di Aleppo, per la stravagante condotta" di quest'ultimo (il console Morana) "per voler continuare a sostenersi Console d'una Repubblica che più non esiste, con aver ancora mancato alli riguardi dovuti alla Consolare Imperiale Rappresentanza sostenuta dal Sig.re Picciotto...". Due pagine in-8. Macchia di umidità non compromette la lettura del testo. La Repubblica di Venezia era scomparsa l'anno precedente, con il celebre Trattato di Campoformio del 18 ottobre 1797.

  • Cesare Bianchetti (Bologna 1775 - ivi 1849), Napoleonica
    Lot 65

    Cesare Bianchetti (Bologna 1775 - ivi 1849)
    Napoleonica
    Lettera autografa firmata
    Tre pagine in-8 su bifolio
    Firma/data: Lucca Luglio 1845
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Nominato podestà di Bologna da Napoleone Bonaparte (incarico che ricoprì dal 1811 al 1814), fu tra i più autorevoli esponenti della massoneria della città felsinea. Amante delle arti, fu intimo di molti intellettuali ed artisti, tra cui Ugo Foscolo, Giuseppe Bossi ed Antonio Canova. Lettera autografa firmata, datata Lucca Luglio 1845, indirizzata al giurista e patriota Antonio Silvani (1783-1847), professore di diritto civile all'università di Bologna e ministro di Grazia e Giustizia nel governo delle Province Unite (1831). Nella prima parte prega il Silvani di fornirgli alcuni ragguagli circa la compravendita di alcune proprietà immobiliari. "Esisterà, mi figuro, presso gli Eredi Mazzoni, una scrittura privata che metterà in chiaro tutto questo: e siccome io feci la vendita di quelle due casette, per valutarne l'importo convenuto...". In seguito commenta alcune questioni politiche relative ai rapporti diplomatici tra Stato della Chiesa a Ducato di Lucca. "Qui vi è gran scompiglio per tutti quelli che sono contemplati o per un titolo, o per l'altro nelle nuove convenzioni fra i due Governi di Roma, e di Lucca...". Tre pagine. in-8, su bifolio. Indicante autografi e timbri postali alla quarta.

  • Maria Letizia Bonaparte di Savoia (Parigi 1866 - Moncalieri 1926), Savoia
    Lot 66

    Maria Letizia Bonaparte di Savoia (Parigi 1866 - Moncalieri 1926)
    Savoia
    Lettera autografa firmata
    Due pagine in-8
    Firma/data: 2 luglio 1914
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera autografa firmata datata 2 luglio 1914 della Duchessa d'Aosta che durante la prima guerra mondiale trasformò il castello di Moncalieri in ospedale per mutilati di guerra. In qualità di Presidente del comitato per la crociata contro la tubercolosi ringrazia la corrispondente per il "valido contributo ch'Ella ebbe a portare nella Festa del fiore...". Due pagine in-8, carta intestata 'Crociata contro la tubercolosi'.

  • Vittorio Colli di Felizzano (Alessandria 1787 - Torino 1856), Napoleonica - scambio di inviti
    Lot 67

    Vittorio Colli di Felizzano (Alessandria 1787 - Torino 1856)
    Napoleonica - scambio di inviti
    Lettera autografa firmata
    Una pagina in-8
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Figlio del marchese Luigi Colli di Felizzano, già generale di divisione dell'esercito francese, e della nobildonna sarda Maria Cristina Canalis, egli era pronipote di Vittorio Alfieri. Nato l'11 agosto 1787 ebbe per padrino il re Vittorio Amedeo III di Savoia. Giovanissimo intraprese la carriera militare sull'esempio del padre nelle schiere dell'esercito napoleonico francese, divenendo sottotenente nella "Legione del Mezzogiorno". Viceprefetto di Alessandria e poi di Pistoia, prese poi parte sul campo alle guerre della quarta e della quinta coalizione antinapoleonica al fianco del generale Andrea Massena che lo portò con lui a Napoli e poi all'assedio di Gaeta. Egli prese parte alla Battaglia di Eylau ed alla Battaglia di Friedland, venendo poi aggregato alle truppe del maresciallo Jean-Baptiste Jules Bernadotte e prendendo parte alla Battaglia di Essling, ove ottenne la croce della legion d'onore. Alla caduta del regime napoleonico e con la restaurazione della monarchia sabauda, la sua perizia in materia di amministrazione pubblica venne ampiamente ripagata dai Savoia con la nomina a Consigliere e poi a Sindaco di Torino, incarico già detenuto da suo suocero Giacomo Asinari di Bernezzo, di cui egli aveva sposato la figlia Felicita.
    Lettera autografa firmata, senza data, del militare e uomo politico, ministro degli affari esteri del Regno di Sardegna nel 1849 e senatore dal 1848 al 1854, nella quale prega il corrispondente di "changer l'invitation destiné au marquis Spinola, contre une autre en faveur de M. le Chevalier Ferrari, Colonel du Regiment d'Aoste Cavallerie...". Una pagina in-8.

  • Hyacinthe De la Tour (Saluzzo 1747 - Torino 1814), Napoleonica - Valli di Lanzo
    Lot 68

    Hyacinthe De la Tour (Saluzzo 1747 - Torino 1814)
    Napoleonica - Valli di Lanzo
    Lettera autografa firmata
    Una pagina in-8
    Firma/data: Turin le 20 Avril 1812
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera autografa firmata datata "Turin le 20 Avril 1812" dell’ecclesiastico agostiniano - arcivescovo di Sassari, e in seguito di Torino, nominato Conte dell’Impero da Napoleone nel 1808 - diretta a 'Les Fabriciens de la Paroisse de Usseglio' ai quali comunica di non potere soddisfare alcune loro richieste di tipo economico per alcuni lavori agli edifici della chiesa. "C’est impossible que vous puissiez obtenir, Messieurs, ce que vous demandez, parce que les interêts des particuliers sont mélés avec ceux de l’eglise et du Presbytère...". Una pagina in-8. Indirizzo autografo e traccia di sigillo alla quarta.

  • Gioacchino Napoleone Pepoli (Bologna 1825 - ivi 1881), Mancate elezioni del Marchese Costabilli
    Lot 69

    Gioacchino Napoleone Pepoli (Bologna 1825 - ivi 1881)
    Mancate elezioni del Marchese Costabilli
    Carteggio costituito da quattro lettere autografe firmate
    Quattro pagine in-8
    Firma/data: Li 1 Ottobre 1874
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 4

    Carteggio costituito da quattro lettere autografe firmate da Gioacchino Napoleone Pepoli, politico, Senatore del Regno d'Italia e Sindaco di Bologna. Figlio del marchese Guido Taddeo Pepoli e della principessa Letizia Murat, figlia di Gioacchino Murat quindi nipote di Napoleone Bonaparte. Nel 1844 Pepoli sposò la principessa Federica Guglielmina di Hohenzollern-Sigmaringen, figlia di Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen e cugina di Federico Guglielmo IV di Prussia. Attivo nelle rivolte del 1848, fu comandante della Guarda Civica di Bologna e contrastò l'occupazione austriaca della città. In esilio in Toscana dal 1849 al 1852, partecipò all'insurrezione nella Legazione delle Romagne del 1859 che portò all'annessione della regione al Regno d'Italia.
    Dal 1860 fu Commissario Generale dell'Umbria nella fase dell'annessione di tale regione nel neonato Regno d'Italia. Pepoli ebbe un ruolo importante per l'area di Terni in quanto si impegnò per l'edificazione della "Fabbrica d'Armi" nel 1875 e per la creazione nella città umbra dell'attuale Istituto Tecnico Industriale. Fu poi parlamentare dalla VII alla X legislatura, ricoprendo gli incarichi di ministro dell'agricoltura, industria e commercio nel Governo Rattazzi I (1862) e ministro plenipotenziario a Pietroburgo (1863). Dal 1866 al 1868 fu sindaco di Bologna. Il 12 marzo 1868 venne nominato Senatore del Regno. Il suo archivio personale è oggi conservato all'Archivio di Stato di Bologna.
    Le quattro lettere, risalenti all'arco cronologico 1857-1874, vertono su questioni politiche: "Non ebbi nessuna comunicazione delle elezioni di cui ella mi parla. Credevo anzi a quanto mi si disse ieri che il Marchese Costabilli fosse stato eletto...", "...comunicazione delle elezioni a Ferrara". Probabilmente Pepoli fa riferimento alle elezioni del Consiglio provinciale di Bologna e di Ferrara, in cui Pepoli fu più volte eletto. Quattro pagine in-8.

  • Pier Luigi Mabil (Parigi 1752 - Noventa di Piave 1836), Caffé Pedrocchi - ossi di balena - napoleonica
    Lot 70

    Pier Luigi Mabil (Parigi 1752 - Noventa di Piave 1836)
    Caffé Pedrocchi - ossi di balena - napoleonica
    Lettera autografa firmata
    Una pagina in-8
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Lettera autografa firmata, senza indicazione di data, del letterato, traduttore e uomo politico (ricoprì cariche a Milano durante il periodo del Regno Italico): "Ricompiego una delle due carte, ma non intendo di ledere la vostra paternità, pigliate ciò che vi aggrada, rigettate il resto, quanto all’altra carta, la rivedremo insieme alla prima vostra venuta. Vi ringrazio…e ne sono contentissimo…". Mabil richiede inoltre l'invio di "ossi di balena" e cita Pedrocchi "che va dritto alla immortalità per un strada che non avrei potuto immaginare". Destinatario della missiva è forse lo stampatore Antonelli, oppure l'archietto Giuseppe Iappelli cui A ntonio Pedrocchi affidò al realizzazione del celebre caffè di Padova. Mabil fu anche accademico patavino. Una pagina in-8.

  • Antonio Paravia (n. Corfù 1754), Repubblica di Venezia - Occupazione francese - Governo democratico - Paghe ai soldati
    Lot 71

    Antonio Paravia (n. Corfù 1754)
    Repubblica di Venezia - Occupazione francese - Governo democratico - Paghe ai soldati
    Documento autografo
    Una pagina
    Stato di conservazione: buono
    Numero componenti del lotto: 1

    Documento autografo (senza data) dell'ufficiale della Repubblica di Venezia Antonio Paravia, nel quale si impegna all'elargizione di lire trecento alla sua compagnia di soldati, coinvolgendo il Comitato Militare istituito nella Repubblica di Venezia durante l'occupazione francese (12 mag.-18 ott. 1797) e governi democratici (1797-1798). Si noti il bel richiamo alle parole chiave della rivoluzione francese, "Libertà" e "Eguaglianza". Le difficoltà finanziarie avevano infatti ridotto la cassa destinata alle paghe dei soldati, facendo divampare le diserzioni. Analoghi documenti sono stati nominati da altri comandanti veneziani. "Allorché questa nazione per mezzo del suo Comitato mi autorizzò a produrre la nota de' danni sofferti...". "Io m'offro, dico, di distribuirla ai creditori soldati, ritenendo già da qualcuni di voi bastantemente giusti e ragionevole per appagarsi di questa aspettazione, il nome di persona sicura a Verona per farglieli pervenire...". Il capitano Antonio Paravia fu ufficiale di fanteria della Serenissima iniziando la sua carriera militare come cadetto alla scuola militare di Corfù. Fu imbarcato su vascelli della marina da guerra veneta e per tale motivo visitò gran parte del Mediterraneo orientale e centrale partecipando successivamente alla spedizione del Capitano da Mar Angelo Emo contro il Sultanato di Tunisi (1785/6). Negli anni che vanno dal suo arruolamento del 1754 fino al 1797 compliò un monumentale "Mio portafogli di viaggi, osservazioni e memorie e frammenti historici del mio tempo", ora custodito nella Biblioteca del Museo Correr di Venezia. In centinaia di pagine divise in sei corposi volumi si trovano testi, immagini e curiosità: storia antica, commerci, oggetti, usi e costumi, arte, zoologia e geografia. Le sue immagini a china e acquerello rappresentano luoghi, avvenimenti e cartografie, urbane e militari.

  • Gioacchino Napoleone Pepoli (Bologna 1825 - ivi 1881), Emigrati politici - Padova - riparto tasse in Veneto
    Lot 72

    Gioacchino Napoleone Pepoli (Bologna 1825 - ivi 1881)
    Emigrati politici - Padova - riparto tasse in Veneto
    Lettera firmata
    Tre pagine in-4, su bifolio
    Firma/data: Padova, li 18 settembre 1866
    Stato di conservazione: buono (strappo in corrispondenza del sigillo, non lede il testo)
    Numero componenti del lotto: 1

    Interessante lettera firmata da Gioacchino Napoleone Pepoli, datata 'Padova 18 settembre 1866', diretta a Cesare Loria. Pepoli fu Commissario del Re Vittorio Emanuele II, dal 8 luglio al 9 dicembre 1866 in Veneto, a Padova, durante l'annessione della regione al Regno d'Italia, avvenuta nelle giornate di domenica 21 e lunedì 22 ottobre dello stesso anno. Nella missiva, Pepoli, in veste di Commissario del Re, nomina Cesare Loira a far parte della Commissione locale che valuti il diritto degli emigrati politici ad un sussidio governativo: "onde addolcire che non vanno mai disgiunte dall'abbandono dei propri focolari..." inoltre "... avvisando alla necessità di ricorrere all'opera di onorevoli cittadini che animati da sentimenti patriottici e generosi...determinava con Regio Decreto 14 Agosto 1864...". Il Regio Decreto del 14 agosto 1864 con cui è approvato il "riparto fra le Provincie del Regno del contingente d'imposta sui redditi della ricchezza mobile pel 2.° semestre 1864", entra in vigore il 7 settembre 1864, undici giorni prima della missiva di Pepoli. Tre pagine in-4, su bifolio. Indirizzo manoscritto alla quarta. Traccia di sigillo in ceralacca rossa.

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500 anni di autografi

Una selezione di oltre trecento autografi, con rilevanti nuclei risorgimentale e del novecento italiano. Tra gli altri, documenti emessi dalla corte aragonese e dalla cancelleria papale, su guerre, privilegi e Inquisizione.

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  • 14 September 2023 hours 18:00 Sessione unica (1 - 333)

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