Dipinti Antichi
-
Lot 98 Scuola emiliana, sec. XVII
CRISTO SORRETTO DA UN ANGELO
olio su tela, cm 53x72,5
probabile trasporto da tavola con vaste ridipinture di epoca posteriore sul fondo
-
Lot 99 Giovanni Domenico Ferretti
(Firenze 1692-1768)
CRISTO E LA CANANEA
olio su tela, grisaille cm 63x50
Provenienza: già collezione Lancelotti, Bologna
Bibliografia: F. Baldassari, Giovanni Domenico Ferretti, Milano 2002, p.151 n.64 ill. (con bibliografia precedente Thiem 1990, pp. 14-15, fig. 3; Benati 2001, p. 27, nota 15)
L’opera, come indicato da Francesca Baldassari, deriva da un bozzetto di analogo soggetto di Giovan Gioseffo Dal Sole, Metropolitan Museum, New York e resa nota, su segnalazione di Angelo Mazza da Christel Thiem (1990) che la riferiva a Felice Torelli. L’attribuzione al giovane Ferretti espressa dalla Baldassari è condivisa da Daniele Benati in un suo contributo del 2001.
-
Lot 100 Cerchia di Francesco Solimena, sec. XVIII
SANT’ANTONIO
olio su tela ovale, cm 100,5x75,5 senza cornice
alcuni danni e margini ridotti
-
Lot 101 Camillo Ciai
(attivo a Lucca nella seconda metà del Seicento)
SANT’ANTONIO CON BAMBINO
olio su tela, cm 53x39
Corredato da parere scritto di Paola Betti, 28 gennaio 2011, Lucca
Il pittore, di origini fiorentine si trasferì attorno alla metà del Seicento a Lucca dove fu in contatto con altri artisti anch’essi fiorentini come Gaspare Mannucci e Giovan Domenico Ferrucci. Per il dipinto, accostabile al Riposo durante la Fuga in Egitto, chiesa di San Romano, Lucca (1664) la studiosa propone una datazione agli anni sessanta del Seicento.
-
Lot 102 Scuola bolognese, secc. XVII-XVIII
MADDALENA
olio su tela cm 57x44
sul retro nella tela di rintelo varie iscrizioni e numero d’inventario
-
Lot 103 Scuola veneta, sec. XVII
VERGINE CON BAMBINO TRA I SANTI FRANCESCO E ANTONIO DA PADOVA
olio su tela, cm 79,5x70 senza cornice
-
Lot 104 Elisabetta Sirani
(Bologna 1638-1665)
SACRA FAMIGLIA
olio su tela, cm 62x49 entro cornice coeva riccamente intagliata e dorata
firmato e datato “ELISA.TA SIRANI F. 166[..]”
Il soggetto altre volte ripetuto e la data imperfettamente leggibile di questo inedito dipinto, prezioso oggetto di devozione privata, non consentono un riscontro certo con le opere elencate nella Nota delle pitture fatte… dal 1655 compilata da Elisabetta Sirani e pubblicata da Carlo Cesare Malvasia in appendice alla biografia della celebre pittrice bolognese (Felsina Pittrice, II, Bologna 1678, pp.467-476).
Numerosi confronti di ordine stilistico e compositivo suggeriscono tuttavia di collocare la tela nella prima metà degli anni Sessanta quando l’artista, ormai così celebre da essere riconosciuta tra le principali attrazioni della vita culturale bolognese, registrava le opere eseguite per i committenti più importanti ma non quelle donate per amicizia o vendute al di fuori dell’attività organizzata dello studio. Numerose tra queste ultime le opere di devozione privata, talvolta rielaborazioni in piccolo di composizioni documentate. Il nostro dipinto propone ad esempio, con l’aggiunta della figura di San Giuseppe, il tema della Madonna della colomba, noto in un esemplare del 1663 (Isola Bella, collezione Borromeo) di documentata provenienza bolognese, registrato nella Nota come eseguito “per M. Agostino merciaio alle Scuole” e probabilmente replicato in un esemplare diverso oggi non rintracciato che nel 1713 è documentato a Roma nella collezione di Giovan Battista Rospigliosi.
Altri motivi di confronto, ancor più stringenti sotto il profilo stilistico, sono invece da istituirsi con la cosiddetta Madonna della pera, del 1664 (Faenza, Pinacoteca Comunale) e con la tela compagna raffigurante San Giuseppe col Bambino, ove il santo ripete in controparte il modello del nostro (entrambi riprodotti da Adelina Modestini, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna 2004, pp. 58-59, figg. 24-25).
Entrambe le tele citate offrono infatti, oltre a precisi confronti tipologici e compositivi, l’accentuazione delle ombre e la saturazione dei colori che ritroviamo nel nostro dipinto e che nei primi anni Sessanta caratterizza lo stile della Sirani, poi indotta dal padre a recuperare la gamma chiara e smaltata della sua prima attività.
-
Lot 105 Scuola francese, sec. XVIII
MINERVA E L’INVIDIA
olio su tela, cm 35x27
sul retro etichette relative al soggetto e ad un vecchio riferimento di attribuzione a Pierre Mignard (Troyes 1612-Parigi 1695)
-
Lot 106 Scuola veneto-emiliana, fine sec. XVII
MADONNA CON BAMBINO TRA SAN FRANCESCO, SAN GIOVANNI BATTISTA E DUE ANGELI
olio su tela, cm 107x130
restauri
-
Lot 107 Scuola emiliana, sec. XVII
LA MADONNA APPARE A SAN GAETANO
olio su tela, cm 131,5x99,5
-
Lot 108 Elisabetta Sirani
(Bologna 1638-1665)
CRISTO BENEDICENTE
olio su tela, cm 98x77
firmato e datato “ELISABETA/ SIRANI. F. 1658" a sinistra
sul retro del telaio vecchia etichetta relativa alla provenienza
Provenienza: collezione privata, Roma
“Una mezza figura d’un Salvatore per donare al mio maestro da Sonare”. Così Elisabetta registra il soggetto tra i quadri compiuti nel 1658 (Nota dei quadri…, in C.C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1678, p.468). Inedito e non replicato, unico per soggetto e composizione, il nostro dipinto potrebbe essere senz’altro l’opera qui menzionata, donata da Elisabetta al suo maestro, forse in cambio di quelle lezioni che la resero musicista provetta oltre che splendida pittrice. Sotto la stessa dicitura compaiono, negli anni successivi, la Musica (1659; collezione privata) e la Poesia (1660), entrambe replicate a differenza della nostra composizione, fin qui considerata perduta. Si veda, per le opere citate, Elisabetta Sirani “pittrice eroina” 1638-1665. Catalogo della mostra a cura di Jadranka Bentini e Vera Fortunati, Bologna 2004, pp. 229-30, n. 83.
-
Lot 109 Stefano Maria Legnani detto il Legnanino
(Milano 1661-1713)
CRISTO NELL’ORTO DEL GETSEMANI
olio su tela, cm 172x93,5
Il dipinto è corredato da parere scritto di Alessandro Agresti, Roma 14 novembre 2012
Come indicato nel contributo dello studioso il dipinto qui presentato viene collocato cronologicamente nell'ultima parte della carriera del Legnanino (tra il 1703 e il 1713), ovvero subito dopo gli affreschi torinesi. L'artista, di formazione lombarda e considerato protagonista del tardo-barocco milanese, effettuò un soggiorno a Bologna (1683-1685) durante il quale entrò a far parte della bottega di Marcantonio Franceschini, sviluppando un interesse per il classicismo emiliano e mostrando altresì influssi della cultura artistica romana. La parte più importante della sua carriera si svolse a Torino dove eseguì le opere di maggiore impegno e respiro come gli affreschi a soggetto mitologico di Palazzo Carignano (1697-1703) ritenuti il suo capolavoro.
Questo Cristo nell'orto del Getsemani "nella calcolata impaginazione per diagonali delle figure, nell'atmosfera quieta e raccolta che le circonda […] chiama lo spettatore al raccoglimento, al silenzio. Puntuali confronti, non che la qualità elevatissima di alcuni brani, accertano l'autografia del dipinto. Il volto dell'angelo dal contorno curvilineo, dalle proporzioni leggermente allungate, idealizzato al limite dell'astrazione, con le labbra affusolate e le palpebre socchiuse, è un leitmotiv della produzione del nostro artista, anche nella tipologia adottata per le figure femminili". Lo studioso mette in evidenza affinità stilistiche e fisionomiche con numerose opere dell'artista tra le quali citiamo una Maddalena di collezione privata, similare sia nell'uso della luce sia nel modo di eseguire le chiome, soffici e vaporose, e le Tre Marie al sepolcro di collezione privata (entrambe eseguite attorno al 1700) confrontabile per l'esecuzione delle ali cangianti e del panneggio dell'angelo.
Bibliografia di riferimento: M. Dell'Omo, Il Legnanino, Bologna 1998
-
Lot 110 Pittore olandese, sec. XVII
RE DAVID SUONA L’ARPA A SAUL
olio su rame, cm 38,5x24 montato su base in plexiglas
al recto iscrizione in basso a sinistra in parte perduta; sul retro lettere a pennello “C. J. W.”
Il dipinto riprende da esempi pittorici di Rembrandt
-
Lot 111 Scuola Italia settentrionale, sec. XVII
ADORAZIONE DEI MAGI
olio su tela, cm 114x93,5 senza cornice
-
Lot 112 Pittore lombardo, sec. XVII
ESTASI DI SAN CARLO BORROMEO
olio su tela, cm 77x59
-
Lot 113 Scuola emiliana, sec. XVII
ADORAZIONE DEI PASTORI
olio su tela, cm 109,5x82,5
-
Lot 114 Scuola romana, sec. XVII
INCREDULITÀ DI SAN TOMMASO
olio su tela, cm 185x118
-
Lot 115 Mattia Bolognini
(Montevarchi, Arezzo 1605-Siena 1667)
GIUSEPPE VENDUTO DAI FRATELLI
olio su tela, cm 109x130
Provenienza: collezione privata, Trequanda (Siena)
Bibliografia: M. Ciampolini, Pittori senesi del Seicento, vol. 1, pp. 32-33, 37 tav. 31
L’opera qui proposta, proveniente da una collezione storica senese e pubblicata nel recente repertorio dei pittori senesi del Seicento di Marco Ciampolini, è da riferirsi a Mattia Bolognini, pittore originario di Montevarchi probabilmente formatosi a Firenze presso Giovanni Mannozzi detto Giovanni da San Giovanni. Documentato a Siena dal 1636, Bolognini dimostra nella sua produzione un continuo confronto con le opere di Bernardino Mei, dal quale riprende la fluidità formale e talune citazioni di cruda realtà, senza dimenticare gli insegnamenti ricevuti durante la sua formazione. Tale cultura si ritrova nel nostro dipinto raffigurante Giuseppe venduto dai fratelli “dello stesso gusto tra Giovanni da San Giovanni, Tornioli e Mei con figure che rammentano il giovane Livio Mehus”. Si tratta di un'opera stilisticamente affine al Sant’Antonio da Padova attacca la gamba tagliata di San Clemente a Pelago, firmata e datata 1647. In tale capacità di riuscire a dialogare con la scuola fiorentina e nel perpetuare gli insegnamenti di Bernardino Mei va quindi rintracciata l’importanza del pittore.
-
Lot 116 Pittore caravaggesco, sec. XVII
IL TEMPO TAGLIA LE ALI AD AMORE
olio su tela, cm 97x131,5
in prima tela entro cornice coeva a foglia d’oro
Provenienza: già collezione Adriano Sani, Siena;
collezione privata, Trequanda (Siena)
Il dipinto, proveniente dalla collezione Sani, risulta citato nell’inventario settecentesco come “Un quadro col Tempo che leva le penne dalle ali d’Amore di Raffael Vanni” (ASS, Curia del Placito 313, inv. per l’eredità di Adriano Sani, 24 marzo 1729, c.66, n.18; l’inventario è inoltre pubblicato online sul Getty Provenance Index, Archivial document, I-1818). La collezione Sani era una delle più cospicue nella Siena settecentesca, come si può ricavare dal sopracitato inventario. Si ricorda l’offerta nel 1778 di settanta quadri della collezione al granduca Pietro Leopoldo (ASS, Governatore 867, ins. 57), la cui notizia fu pubblicata da Narciso Mengozzi, Il Monte dei Paschi di Siena e le aziende in esso riunite, VI. I due Monti durante il Granducato di Piero Leopoldo, Siena 1900, p. 441). Alcuni dipinti provenienti dalla collezione senese sono attualmente conservati presso i musei fiorentini, come la Natività della Vergine di Giovan Battista Ramacciotti, Galleria degli Uffizi (cfr: M. Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena 2010, p. 644).
Sebbene il dipinto nell'inventario settecentesco sia stato riferito a Raffaello Vanni è da escludere un'attribuzione al pittore senese. L'opera, non di facile attribuzione, mostra elementi caravaggeschi in particolare nell'uso della luce e nella resa di dettagli dal vero e per taluni aspetti stilistici e formali sembra riconducibile all'ambiente artistico tra Roma e Napoli. Il particolare soggetto raffigurato, non particolarmente frequente, è denso di significati relativi alla caducità della vita e alla precarietà dell'amore. Tale rappresentazione si ispira al motto virgiliano "Omnia vincit Amor, vincit mox tempus Amorem", riportato a margine di una incisione di François Perrier raffigurante Il Tempo taglia le ali a Cupido (di cui è nota una stampa conservata presso il British Museum di Londra). Del medesimo soggetto sono inoltre noti i dipinti di Antoon van Dyck (Museo Jacquemart-Andrè, Parigi), di Pierre Mignard e di Angelica Kauffmann (Sotheby's Londra, 10 luglio 1996, lotto 93) che tuttavia seguono piuttosto la diversa composizione dell'incisione che si sviluppa in verticale e in cui il Tempo, raffigurato seduto come un uomo barbuto e muscoloso, trattiene Amore sulle ginocchia nel momento in cui si appresta a tagliargli le ali. Diversamente il nostro dipinto ha uno sviluppo orizzontale e il giovane Amore viene sovrastato dal Tempo.
-
Lot 117 Pittore veneto, sec. XVII
SALOMÈ CON LA TESTA DEL BATTISTA
olio su tela, cm 132x98, senza cornice
sul retro del telaio reca iscrizione “Da Paolo Veronese”
-
Lot 118 Attribuito a Giandomenico Cignaroli
(Verona 1722-1793)
MADDALENA PENITENTE
olio su tela, cm 56,5x92
firmato “CIGNAROLI. F.”
Provenienza: collezione privata, Cremona
Bibliografia: A. Puerari, Mostra di antiche pitture dal XIV al XIX secolo, catalogo della mostra di Cremona, Museo Civico, Cremona 1948, p. 80, fig. 51; F. R. Pesenti, Giambettino Cignaroli, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXV, Roma 1981, p. 496; S. J. Warma, The paintings of Giambettino Cignaroli (1706-1770), Athens, University of Georgia 1988, p. 244
L'attribuzione è stata espressa con parere orale da Andrea Tomezzoli.
Il dipinto fu esposto nella mostra di Cremona curata da Alfredo Puerari nel 1948 con un riferimento di attribuzione a Giambettino Cignaroli, insieme al pendant raffigurante San Gerolamo entrambi provenienti da una collezione privata cremonese. Tale attribuzione non viene tuttavia accolta nella più recente monografia del pittore a cura di Susanne J. Warma, in cui viene citata tra i dipinti espunti dal catalogo dell'artista. La proposta attributiva di Tomezzoli a favore del fratello Giandomenico trova significative conferme nei confronti stilistici tra il presente dipinto e le opere documentate del pittore.
-
Lot 119 Pittore caravaggesco, sec. XVII
SANT’ANDREA
olio su tela, cm 67,5x50,5
-
Lot 120 Attribuito a Girolamo Forabosco
(Venezia 1605-Padova 1679)
IL SACRIFICIO D'ISACCO
olio su tela, cm 173x122
Provenienza: probabilmente già collezione Orsetti, Lucca;
collezione privata Cittadella, Lucca
L’opera compare nell’inventario per successione ereditaria della famiglia Cittadella, insieme ad opere d’importanti artisti fra le quali alcune tele di Pietro Paolini, redatto ai primi dell’Ottocento dai pittori lucchesi Pietro Nocchi, Raffaele Giovanetti e Michele Ridolfi con la seguente descrizione: “Il Sacrificio di Abramo Del Palma vecchio 25/ 50 zecchini”
Il dipinto è corredato da parere scritto di Patrizia Giusti Maccari, Lucca, 3 giugno 2007
“L'attribuzione a Girolamo Forabosco di questo Sacrificio di Isacco, formulata nella prima metà dell'Ottocento da Pietro Nocchi, Raffaele Giovannetti e Michele Ridolfi, per quanto poi rivelatasi imprecisa in riferimento all'identità del suo autore e alla cronologia d'esecuzione, non risulta del tutto fuorviante, costituendo, anzi, un punto di riferimento importante per la definizione della sua corretta paternità. […]
Il dipinto è da intendersi come significativa e qualificante espressione di quella corrente pittorica che a Venezia, nella prima metà del Seicento, riscopre e ripropone formule, cifre compositive e tonalità cromatiche cinquecentesche, ponendosi in alternativa a quella cosiddetta ‘tenebrosa’, frutto dell’ondata naturalistica, postcaravaggesca irradiatasi da Roma. Uno dei più qualificati interpreti di tale corrente, volutamente arcaizzante, risulta essere Girolamo Forabosco (Venezia 1605-Padova 1679), cui deve essere assegnato il dipinto qui in esame. […] -
Lot 121 Scuola bolognese, sec. XVII
GIAELE E SISARA
olio su tela, cm 119x100