ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE
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Lot 73 Giovanni Andrea de Ferrari (Genova 1598 – circa 1669) attribuito
"San Francesco in meditazione"
Olio su tela
"Saint Francis in meditation"
Oil on canvas
118 x 87 cm
Giovanni Andrea de Ferrari è allievo di Bernardo Castello e di Strozzi, di cui, in seguito, è strettissimo collaboratore. Riconosciuto sin da giovane quale valente pittore, riceve importanti commissioni fin da giovane, quali: la "Giustizia", commissionata dal governo della Repubblica, oggi a Palazzo Bianco, la "Predica di s. Tommaso davanti al re delle Indie", realizzata nel 1624, per l'oratorio di San Tommaso, il "Martirio di Sant'Andrea", ora in Santa Maria dei Servi e la "Vergine che intercede per le anime purganti" nella chiesa del Carmine. Oltre alle commissioni pubbliche ed ecclesiastiche, numerose sono le opere destinate alle nobili famiglie genovesi e della provincia. Collabora con Giovanni Andrea Ansaldo, e ha tra i suoi allievi alcuni tra i più noti pittori della scuola genovese del Seicento: Valerio Castello, Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, Giovanni Bernardo Carbone, Sebastiano Cervetto e Giovanni Andrea Podestà. L'opera esprime pienamente la pittura di Giovanni Andrea, con la pittura "sfatta" e le sue cupe tinte, e soprattutto la sua abilità "espressionista" di tradurre nell' opera l'intimo rapporto psicologico del Santo meditabondo grazie al sapiente impianto chiaroscurale di matrice caravaggesca -
Lot 74 Scuola Emiliana del XVIII secolo
"Ritratto di nobile"
Olio su tela
Emilian School of the 18th century
"Portrait of a noble"
Oil on canvas
98 x 80 cm -
Lot 75 Gianantonio o Giovanni Antonio Guardi (Vienna 1699 - Venezia 1760)
"Capriccio architettonico"
Olio su tela
"Architectural capriccio"
Oil on canvas
93 x 129 cm
La grande tela giunge da un’importante raccolta privata di un colto collezionista, egli la riconduceva a Francesco Guardi e derivata dagli esempi di Marco Ricci. L’ipotesi seppur intelligentemente indirizzata è errata e l’opera va ricondotta al fratello maggiore Gianantonio, come dimostrano gli studi dell’insuperato esperto in materia, Antonio Morassi. Lo studioso pubblica nella sua poderosa opera dedicata ai Guardi un dipinto identico al presente, con una variante che vede l’assenza dei due personaggi a sinistra. Egli inserisce questa opera nel momento di collaborazione tra Gianantonio e Michele Marieschi. In effetti esiste un’opera di Michele Marieschi quasi identica e proveniente dalla collezione del Lord Chelsea, passata nel mercato italiano, oggi in ubicazione ignota (vedi “Michele Marieschi” opera completa di Succi pag. 373; “Michele Marieschi” opera completa di Ralph Toledano pag. 133). Ralph Toledano, in questa occasione, ribadisce la tesi di Morassi, accenna ad una collaborazione tra Michele e Gianantonio. In effetti e del tutto evidente, osservando la nostra tela, come essa sia la trascrizione guardesca dell’invenzione di Michele. Partendo dall’ampio cielo esso è eseguito a larghe pennellate leggere zizzaganti, il colore tende al verde come nelle più intense opere protoromantiche di Francesco Guardi. In primo piano riprendendo la descrizione di Morassi “A destra, sotto un portico diroccato, due soldati seduti conversano accanto ad alcune botti. Nel porticciolo sono ormeggiate alcune imbarcazioni e sulla riva stanno ritte due figurette di turchi, sullo sfondo architetture fantastiche e rovine romane”; Il terreno è realizzato, come nella produzione guardesca, per grandi macchie e pennellate convulse ove al prevalere dell’ocra s’alternano brevi brani di verde. Ad osservare le rovine e gli edifici, essi sono dipinti con la caratteristica pennellata compendiaria dei Guardi che alla descrizione particolareggiata preferivano la pennellata sciolta e sfatta in grado di dare la grave aria decadente che contraddistingue i loro capricci. Infine l’acqua, ferma e perfettamente piatta, nella sua essenza plumbea è l’ennesima riprova della tesi espressa -
Lot 76 Pittore veneziano dell’inizio del XV secolo
(Jacopo Bellini?)
"Madonna col Bambino"
Tempera e oro su tavola
Venetian painter of the early 15th century
(Jacopo Bellini?)
"Madonna and Child"
Tempera and gold on panel
55,1 x 37,2 cm
L'opera giunge corredata da uno studio redatto dal Professore Alessandro Delpriori dell'Università di Firenze, disponibile su richiesta. -
Lot 77 Liberale da Verona (Verona 1441 - 1526)
"Crocifissione"
Olio su tavola
"Crucifixion"
Oil on panel
45,5 x 161 cm
L'opera è accompagnata da uno studio del Professor Alessandro Delpriori dell'Università di Firenze, disponibile su richiesta
The work is accompanied with a study by Professor Alessandro Delpriori of the University of Florence, available on request
Liberale da Verona nasce a Verona 1455, il pittore ha la sua prima formazione nella bottega di Domenico Morone e presenta altresì influenze ferraresi. E' sicuramente, tra 1466 e il 1467, in Toscana, dove lavora per Monteoliveto e poi per il Duomo di Siena come miniatore. Dopo aver frequentato Francesco di Giorgio e Sano di Pietro, verso gli anni Settanta, torna a Verona dove apre una valente bottega. Oltre alle miniature e ai capilettera, tra i più fini dell'intero panorama nazionale del tempo, va ricordato i suoi capolavori pittorici, quali: il "Salvator Mundi" d el Duomo di Viterbo e il perduto "San Sebastiano" già a Berlino presso il Kaiser Friedrich Museum.
La tavola è stata conservata da decenni presso un raffinato collezionista che la pensava opera ferrarese, visti i forti accenni nordici. Essa è stata in seguito studiata e esattamente riconosciuta quale opera di Liberale da Verona dal Professor Alessandro Delpriori dell'Università di Firenze. L'ampio ed esaustivo studio è consultabile su richiesta e sarà rimesso al compratore -
Lot 78 Girolamo Negri detto il Boccia (Bologna 1648 (?) - post 1718)
"San Matteo"
Olio su tela
"Saint Matteo"
Oil on canvas
75 x 65,3 cm
Pittore bolognese, Girolamo Negri detto il Boccia inizia la sua formazione presso Domenico Maria Canuti e Lorenzo Pasinelli. Oltre che nella sua città natale, l'artista ha lasciato le sue opere anche a Modena, Mirandola, Faenza e nei dintorni di Cesena in Romagna.
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Lot 79 Scuola Romana della fine del XVIII secolo
"San Pietro da Verona, San Pietro Martire"
Olio su tela
Roman School of the late 18th century
"Saint Peter of Verona, Saint Peter Martyr"
Oil on canvas
63 x 49,5 cm
La tela mostra consonanza stilistica con la Scuola Romana della seconda metà del Settecento: in particolare è influenzata dalla pittura cristallina di Anton Raphael Meng. Un confronto utile lo ritroviamo con l'opera del sopraccitato maestro, “Immacolata”, conservata in Collezione Lemme -
Lot 80 Scuola Toscana del XVII secolo
"Ritratto del condottiero Niccolò Piccinino"
Olio su tela
Tuscan School of the 17th century
"Portrait of the warlord Niccolò Piccinino"
Oil on canvas
64 x 51 cm -
Lot 81 Scuola Romana del XVI/XVII secolo
"Adorazione dei pastori" e "Adorazione dei Magi"
Due dipinti a olio su marmo
Roman School of the 16th/17th century
"Adoration of the Shepherds" and "Adoration of the Magi"
Two oil paintings on marble
23,5 x 45 cm cm
L'eccezionale coppia di opere presentate mostra i canoni stilistici di una stagione ancora poco esplorata della pittura italiana, il tardo manierismo romano; periodo pittorico e culturale che si esprime tra lo splendore del pontificato di Paolo III Farnese e i rigori della Controriforma.
Gli artisti coinvolti sono più o meno celebri e di varia estrazione geografica: Francesco Salviati, Leonardo Grazia da Pistoia, Jacopino del Conte, Giulio Mazzoni, Girolamo Siciolante da Sermoneta, Pompeo Cesura, Lorenzo Sabatini, Girolamo Muziano, Taddeo e Federico Zuccari, Antonio Tempesta e Cristoforo Roncalli. Questi artisti hanno svolto il compito di tramandare alla seconda metà del secolo l'intreccio tra la persistente tradizione raffaellesca e il mondo creativo del vecchio Michelangelo, spingendo le risorse formali della cultura manierista fino alle estreme conseguenze e creando così le premesse per l'avvento del naturalismo e del Barocco
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Lot 82 Maestro della Scuola Fiamminga del XVII secolo
"Cristo e l'adultera"
Olio su tela
Master of Flemish School of the 17th century
"Christ and the adulteress"
Oil on canvas
137,5 x 195,5 cm
L'eccezionale opera è da riferire alla scuola fiamminga del XVII secolo. Per una puntuale ricostruzione storico artistica dell'opera, crediamo fondamentale citare l'esistenza di un acquerello su carta, oggi in collezione privata italiana, quasi identico ed appartenuto a Sir Joshua Reynolds. Egli riteneva l'opera quale autentica di Antoon van Dyck (vedi foto allegata) e come tale passa, dopo la sua morte, nelle mani della nipote, che la esita in asta da Phillips nel marzo del 1798. La tanto svelta quanto precisa pennellata, dosata sapientemente anche negli spessori, da motivo fondato di credere che ci troviamo di fronte ad un capolavoro di un importante maestro, purtroppo ancora anonimo -
Lot 83 Scuola Veneziana di fine XVIII secolo
"Piazza San Marco"
Olio su tela
Venetian School of the late 18th century
"Saint Mark square"
Oil on canvas
27 x 41 cm
L’opera mostra una raffinata e cristallina stesura pittorica. I monumenti di Piazza san Marco sono resi con estrema precisione e mostrano l’antica disposizione con la chiesa di San Geminiano, demolita nel 1807. Il tocco pittorico è svelto soprattutto nella definizione dei personaggi presenti in piazza, le loro vesti, infatti, ci paiono vivide grazie a brillanti e zizzaganti colpi di luce. Il cielo è solcato da innocue nubi mattutine anch’esse rese vivide grazie a colpi di bianco. L’opera va ascritta ad anonimo artista seguace di Bernardo Bellotto detto il Canaletto -
Lot 84 Giuseppe Romani (Como? 1654/57 - Modena 1727)
"Filatrice"
Olio su tela
"The spinner"
Oil on canvas
108,5 x 89,5 cm
Nato probabilmente a Como, Giuseppe Romani si forma seguendo la corrente naturalistica lombarda. In un secondo tempo si trasferisce in Emilia e trova a Modena ospitalità, lavorando sia per la corte estense sia per il clero locale, anche se tele della collezione Zambeccari, conservate presso la Pinacoteca di Bologna, inducono a pensare che il suo raggio di commissioni e successo fosse piuttosto ampio in regione. Le opere che sanciscono il suo successo sono caratterizzate dai soggetti popolareschi, i pitocchi, dove emerge la sua bravura per la trascrizione dei soggetti di vita quotidiana, colti con candido naturalismo. Tra le molte opere paragonabili, si nota la stretta attinenza con l’anziana donna seduta a destra nel dipinto “Giocatori di carte”, conservato presso la collezione d’arte della Cassa di Risparmio di Cesena -
Lot 85 Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666)
"San Francesco di Paola"
Olio su tela
"Saint Francis of Paola"
Oil on canvas
126,6 x 99,5 cm
L'opera giunge corredata dall'expertise della dottoressa Alessandra Artale, rimesso all'acquirente.
Scrive la studiosa:
A mio giudizio, il dipinto è interamente autografo per il filo di colore, per la materia sabbiosa, per l’immediatezza di una pennellata di straordinaria sicurezza sia nel disegno
che nel colorire. Quindi daterei questo dipinto intorno al 1660, cioè nella piena maturità dell’artista di Cento. Peraltro, la qualità del dipinto in questione è di una raffinatezza assoluta, con una esecuzione perfetta, come altre opere della piena maturità di Guercino, e basterebbe questo per dirimere la questione. I brani fenomenali sono tanti: il volto e le mani del santo, il paesaggio quasi argenteo che appare dietro il muretto con il cielo solcato da nuvole che paiono muoversi e far ondeggiare l’esile albero. La figura del santo emerge dal fondo con una forza interiore che arriva dal cielo, a cui il santo guarda con un’espressione di assoluta intensità che si ripercuote sull’intera figura, dalla posizione delle mani al suo incedere lento ma inesorabile. E’ questa un’immagine levigata, risolta con un uso sapiente del chiaroscuro, ma nitida e dall’aura di perfetto e nobile classicismo, dove evidente è lo stacco delle zone di luce da quelle in ombra.
Dott.ssa Alessandra Artale -
Lot 86 Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 - 1677)
"Natura morta con uccelli"
Olio su tela
"Still life with birds"
Oil on canvas
69 x 82 cm
Evaristo Baschenis nasce a Bergamo il 4 dicembre del 1617. In gioventù si dedica agli studi per diventare sacerdote, al disegno e alla pittura. Lo troviamo operativo verso la metà del secolo, quando dipinge composizioni di natura morta di diversi soggetti: tappetti, cuscini ricamati, vasi istoriati, vasellame di cucina, funghi, polli, lumache; altri ancora con pesci, uccelli, verdure, cofanetti, conchiglie. Più tardi nasce l'attrazione per la composizione di strumenti musicali, soggetto che gli ha consentito di raggiungere la sua più alta espressione artistica. La nostra opera rappresenta vari uccelli appesi su fondo scuro, tema ricorrente per Baschenis, che grazie a questo fondale fa risaltare, con pennellata sicura e cromaticamente vibrante, il piumaggio delle bestiole. Se da una parte colpisce la naturalezza e precisione “nordica” nella descrizione accurata degli uccelli, dall’altra si evidenzia il realismo, tanto che i suoi uccelli spennati impattano con l’osservatore per la loro impietosa crudezza -
Lot 87 Gianandrea Sirani (Bologna 1610 - 1670)
"Giuditta e Oloferne"
Olio su Tela
"Giuditta and Holofernes"
Oil on canvas
115,3 x 90,7 cm
L'opera in questione evidenzia la sua origine reniana. Precisamente si riferisce ad una creazione già attribuita a Guido Reni (olio su tela, 120 X 99 cm), pubblicata da Stephen Pepper ("Guido Reni. L'opera completa", 1988). L’elemento determinante per la nostra attribuzione è un’analoga tela che, a nostro giudizio, mostra indiscutibili analogie stilistiche, e che il professor Massimo Pulini pubblica nel suo saggio “Gianandrea Sirani, una storia da riscrivere: la pittura da camera e d’altare; novità e aggiornamenti”, 1 febbraio 2020, pubblicato da AboutArtonline. Circa la produzione di Sirani, di questo soggetto riportiamo le parole scritte dall’esimio Professore: “Una delle iconografie più fortunate di Gianandrea è di certo la Giuditta con la testa di Oloferne alla presenza della fantesca. L’abitudine alla duplicazione, acquisita nelle stanze di Guido, portò Gianandrea a divenire copista di sé stesso: lo dimostrano proprio invenzioni riuscite come questa, della quale si conosce una traduzione incisoria e varianti anche scalate in periodi distanti tra loro, fino a un esemplare dai toni accalorati che va al passo con le ultime opere del Sirani (malgrado sia transitato come opera di Cerrini)”. Lo studioso si riferisce esattamente all’opera a cui facciamo riferimento, passata da Sotheby’s Milano, lotto 63, il 17 novembre del 2008. Le due opere, la nostra e questa pubblicata, a nostro giudizio mostrano elementi stilistici coincidenti, che vanno dal “tono accalorato” fatto notare dal Professore, alle evidenti analogie nel trattamento dei panneggi e nella realizzazione dei gioielli. Rimarchevole è la calda luce che rischiara la scena, più dorata e mistica di quella presente nell’opera pubblicata: una luce aurea che leviga tessuti e incarnati, donando una lettura più omogenea, intima e profonda -
Lot 88 Scuola Lombarda o Emiliana della fine del XVI secolo
"Vecchia contadina con due galline"
Olio su Tela
Lombard or Emilian School of the late 16th century
"Old farmer with two chickens"
Oil on canvas
63,2 x 51,2 cm -
Lot 89 Scuola Lombarda del XVII/XVIII secolo
"Santa Maria Maddalena penitente"
Olio su tela
"Lombard School of the 17th/18th century"
Saint Mary Magdalene penitent
Oil on canvas
182 x 252 cm
Proveniente da nobile famiglia lombarda, la notevole tela va registrata come espressione superlativa del secondo Seicento milanese. L'opera gelosamente custodita non è mai stata studiata e mostra a nostro giudizio due marcate influenze. La prima ci porta verso Filippo Abbiati, pittore dall'ampio bagaglio formativo che vedeva associate la scuola veneta e genovese. Di queste ritroviamo la vivacità del chiaroscuro e l'estro dinamico compositivo che ricorda da una parte Antonio Zanchi dall'altra Valerio Castello. Il secondo filone d'indagine ci porta verso Giovanni Stefano Danedi detto Il Montalto, elegante e compito pittore che al dinamismo compositivo preferiva dare forme di plastica monumentalità alle sue figure, talvolta accompagnate da quinte paesaggistiche dai toni cupi e serali -
Lot 90 Scuola Emiliana del XVII/XVIII secolo
"Santa Caterina da Siena"
Olio su tela
Emilian School of the 17th/18th century
"Saint Catherine of Siena"
Oil on canvas
90 x 72 cm -
Lot 91 Guido Reni (Bologna 1575 - 1642) bottega-workshop
"Vergine con Gesù bambino e San Giovannino"
Olio su rame
"The Virgin and Child with Saint John"
Oil on copper
26 x 19 cm
Il dipinto è una fedele copia dell’ opera su rame di Guido Reni conservata al Louvre. Originariamente faceva pendant con "Vergine che cuce accompagnata da tre angeli", dipinto perduto ma noto in molte copie. L’ottima qualità con cui il nostro dipinto è eseguito ci permette di giudicare questo piccolo rame come espressione della bottega, ovvero sotto la direzione di Guido. Il Gesù bambino indubbiamente è l’elemento che emerge per qualità, la sua immagine denota una ricerca e una resa naturalista di alto spessore; la tenda rossa a sinistra è realizzata con superba capacità realizzativa ed essa riverbera dell’aurea luce che permea la scena; infine, pregevoli sono l’accentuato chiaroscuro del San Giovannino nonché il brillante blu di lapislazzuli dell’abito della Vergine -
Lot 92 Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (Cremona 1550 circa - 1617)
"Trionfo dell’Eucarestia"
Olio su tela
"Triumph of the Eucharist"
Oil on canvas
153 x 112 cm
Provenienza: lotto 406
Asta di Arredi e dipinti antichi - Oggetti d'arte - Disegni - Incisioni
19/03/2007, Finarte, Milano
Figlio di Sepolcro Mainardi, sconosciute sono le generalità della madre. Andrea nasce a Cremona intorno al 1550, probabilmente nella parrocchia dei SS. Siro e Sepolcro. Il soprannome curioso con cui viene chiamato sia lui che tutti i membri della sua famiglia favorisce l'ipotesi che vivessero tutti presso il piccolo canale cittadino, chiamato Chiavega. Sono discordi le fonti sul suo alunnato: secondo Orlandi è allievo di Giulio Campi, secondo Lamo è invece scolaro di Bernardino Campi, e non è scorretto pensare che lo sia stato di entrambi.
La sua prima opera certa è l’affresco firmato e datato 1577 che raffigura la Madonna in trono fra i SS. Agostino e Nicola da Tolentino per la chiesa cremonese di S. Agostino; in origine nel coro, poi strappato e trasferito nella cappella del Ss. Sacramento.
Le sue prime esperienze dimostrano uno stretto legame con Bernardino e Giulio Campi, suoi maestri ed ispiratori, mentre col passar degli anni, formandosi un’espressione pittorica personale, in Mainardi si riscontra un avvicinamento alla pittura lombardo-emiliana e a G.B. Trotti detto il Malosso. Le opere della prima maturità mostrano un’impostazione bilanciata e simmetrica, un uso di colori contrastanti, vividi e laccati che ricordano certi esempi bresciani e bergamaschi. In seguito il Mainardi risente della pittura del pavese Benardino Gatti detto Sojaro, attivo a Cremona nel settimo decennio e ivi morto nel 1576. Di questi anni è uno dei massimi capolavori del Mainardi, Il “Cristo sotto il torchio”, realizzato nel 1594 per la chiesa cremonese di S. Agostino: godibile tela dal caldo colorito, ricolma di personaggi dai ricchi vestiti e ben bilanciati sebbene l’insieme goda di complesso dinamismo scenico.
All’ultimo periodo, invece va riportata la deliziosa tela in esame che gode dell’equilibrio geometrico del primo Chiaveghino, che dispone in perfetta simmetria i due angeli e li colora di tinte tanto vive quanto delicate, probabilmente apprese dal massimo pittore cremonese del periodo, ovvero Giovanni Battista Trotti detto il Malosso. La designazione della tela alla fase estrema dell’attività del Mainardi è testimoniata dal disegno (penna su carta; pennello; inchiostro bruno; acquerello di 245 mm x 330 mm), di cui l’opera è l’esatta trascrizione pittorica, conservato al Museo Civico Ala Ponzone, datato dagli studiosi intorno al 1605-1607. L’estrema qualità dell’opera, che risalta all’interno del corpus mainardesco, ci permette di catalogarla tra i suoi migliori lavori in assoluto. Di rimarchevole fattura e bellezza è la splendida cornice, con stemmi nobiliari, probabilmente della famiglia committente, che tutt’oggi veste la nostra tela -
Lot 93 Francesco Tironi (Venezia 1745 - 1797) attribuito-attributed
"Canal Grande a Rialto"
Olio su tela
"Grand Canal at Rialto"
Oil on canvas
71 x 94 cm
Riscoperto e valorizzato da Dario Succi, Francesco Tironi può essere considerato l’ultimo vedutista del Settecento veneziano. Luca Carlevarijs, Antonio Canal detto il Canaletto, Francesco Guardi, Michele Marieschi e Bernardo Bellotto sono le massime espressioni del celebre vedutismo veneziano, al loro fianco operavano molti artisti cosiddetti “minori” come: G.B. Cimaroli, A.Stom, F. Albotto, A. Domenichini alias Maestro della Fondazione Langmatt, Gabriel Bella, A. Joli, F. Battaglioli e gli stranieri J. Richter, H.F. Van Lint, William James. Uno di questi è Francesco Tironi di cui abbiamo scarne notizie biografiche, arrivate a noi grazie al Moschini. Egli è debitore verso Canaletto e Guardi, del primo spesso utilizza le incisioni per strutturare le sue vedute, mentre del secondo coglie le tinte scure, le figure astratte e malinconiche, il tutto eseguito con guizzo e sveltezza. Le sue vedute veneziane non brillano di luce semmai sembrano istantanee di una città immobile e stanca, il presagio dell’imminente fine del millenario splendore della Serenissima. La nostra opera presenta elementi chiaramente riferibili al Tironi, come la grande nuvola ad uncino, l’attenzione geometrica nella realizzazione dei palazzi, le ondine realizzate con segmenti di bianco, le caratteristiche figurine, longilinee e stilizzate rialzate con tratti di biacca -
Lot 94 Lodovico Antonio David (Lugano 1648 - Roma (?) post 1709)
"Natività"
Olio su tela
"Nativity"
Oil on canvas
197 x 295 cm
Riferendoci all’ Orlandi di David, abbiamo le seguenti notizie: "Uscito dagli studi umani [...] si è applicato alla pittura in Milano sotto la disciplina del Cav. Francesco del Cairo l'anno 1666, e morto questo maestro, passò sotto la direzione d'Ercole Procaccini. Un anno dopo si portò a Venezia, trattenendosi a copiare le opere di Tiziano, Paolo Veronese, Tintoretto, ecc. Di là passò a Bologna, invitatovi dal Colonnello Bati Rospigliosi, e vi si trattenne tutta la sede vacante, finché fu creato papa Clemente X [il conclave durò dal 20 dic. 1669 al 29 apr. 1670], nel qual tempo disegnò tutta la sala Magnani de' Carracci, parte del claustro di S. Michele in Bosco, e le tavole d'altare principali de' medesimi e d'altri loro famosi discepoli, con documenti benignissimi del sig. Carlo Cignani, di cui si Pregia di essere il minimo de' suoi discepoli. Ritornò poi a Venezia e un anno dopo andò a Mantova, ove disegnò tutte le opere di Giulio Romano, gli arazzi di Raffaello e altre cose; poi ritornò a Venezia, e vi si è trattenuto sino al giugno 1684 [...]".
Dell’operato di David restano pochi dipinti a Venezia e Roma: in essi si nota la sua complessa e profonda sua cultura: egli infatti non era solo pittore, ma un vero e proprio intellettuale atto alla storia e alla matematica. In effetti la sua pittura rispecchia il suo vorticoso girovagare, mostrando una vena pittorica votata al plasticismo e al luminismo di origine lombarda, un’influenza emiliana soprattutto correggesca, rinvigorita dai contatti con il tenebrismo veneziano. Le due opere che contribuiscono alla nostra tesi attributiva sono “L’adorazione dei pastori” e “L’adorazione dei Magi”, tutt’oggi conservate presso la cappella dei Santi Fondatori, chiesa di sant’Andrea al Quirinale, a Roma -
Lot 95 Ludovico Carracci (Bologna 1555 - 1619) cerchia – circle of
"Cristo portacroce"
Olio su tela
"Christ carrying the cross"
Oil on canvas
66,3 x 53,5 cm
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Lot 96 Scuola Toscana del XVI secolo
"Ritratto di donna"
Olio su tavola
Tuscan School of the 16th century
"Portrait of a woman"
Oil on panel
72 x 55 cm