ARGENTI, DIPINTI, ARTE ORIENTALE ED OGGETTI D'ARTE
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Lot 49 Scuola Genovese del XVIII secolo
Putti
Coppia di dipinti su vetro
Genoese school of the eighteenth century
Putti
Pair of paintings on glass
25x33 cm -
Lot 50 Scuola Veneziana del XVIII secolo
Veduta del Canal Grande
Olio su tela
Venetian School of the 18th century
View of the Grand Canal
Oil on canvas
37 x 29 cm
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Lot 51 Scuola Italiana del XVIII secolo
San Giovanni
San Luca
Due oli su tela
Italian School of the 18th century
Saint John
San Luca
Two oil paintings on canvas
86,5 x 68 cm -
Lot 52 Maestro Veneto Cretese del XVI secolo
Ecce Homo
Tempera su tavola a fondo oro
Venetian Cretan master of the sixteenth century
Ecce Homo
Tempera on panel with gold background
37 x 27,5 cm
La scuola cretese Post-Bizantina si distingue dalla sua matrice costantinopolitana d’origine, gli artisti si organizzano nella corporazione locale di San Luca, stabilisce i propri criteri artistici e ne organizza la loro produzione con l'istituzione di vere e proprie scuole di insegnamento, apprendistato e avviamento alla professione. Questa nuova organizzazione permette un ricambio generazionale garantito e costante nonché, indirettamente, fa in modo che l’iconografia post-bizantina, liberata dai severi codici artistici, fiorisca, si rinnovi e si propaghi nei secoli successivi.
La richiesta di icone è molto viva, soprattutto dovuta al fatto che sia a oriente e sia a occidente persiste la convinzione che l'immagine sacra dell’icona greca sia fedele all'immagine divina. La folla di committenti eterogenea, va dai mercanti d’arte dell’area mediterranea, ai conventi del Sinai o dei Balcani, dalle istituzioni ecclesiastiche italiane, ai nobili greci e veneziani; a soddisfare la grande mole di richieste, tra XVI e XVI secolo l’isola conta oltre centoventi pittori riconosciuti come maestri, uno stuolo cospicuo di artisti minori e di collaboratori di bottega. La bravura dei pittori cretesi è di saper distinguere e soddisfare le diverse esigenze dei richiedenti e lo fanno grazie ad una notevole abilità eclettica di dipingere in diverse maniere e stili. Il primo grande interprete è Andreas Ritzos che ha lasciato opere con un impianto rigorosamente bizantino, talvolta non disdegnava mescolare l’arcaico stile greco con inserti tipicamente veneziani. L’espressione ortodossa di Andreas mescolati con timidi inserimenti veneziani è continuata dal figlio Nicolas Ritzos, essi furono per molti versi gli iniziatori della nuova scuola cretese post-bizantina. Contemporaneo a Nicola sono Andreas Pavias e i suoi allievi tra cui spicca Angelos Bizzamanos. Il loro stile è arcaico e segue gli antichi dettami ma sicuramente segna l’influsso del gotico occidentale con il suo pathos realista. Fine miniaturista e molto incline alle suggestioni belliniane e al nuovo corso dettato dal Donatello a Padova, si mostra Nicola Tzafuris; egli risulta essere il primo artista realmente convinto dei modi occidentali-veneziani. I pittori greci, nella prima metà del XVI secolo, uscirono dall’isola e portarono la loro arte in terre lontane come nel caso del monaco pittore chiamato Bathas, al secolo Theophanes Strelitzas, che si prodigò nel nord della Grecia. Michele Damaskinos, invece, lavora a Creta spedendo opere in Grecia, nel Sinai e in Italia presso le comunità greche di Puglia. Il dato più significativo, comunque, è il suo trasferimento a Venezia ove opera per la folta comunità greca. Il suo enorme successo è, come di prassi per questi artisti, dovuto all'abilità sensazionale di adattare il suo stile, passando dall’osservanza greca ortodossa a inserire elementi copiati fedelmente da Jacopo Bassano. Con il suo essere eclettico riusciva egregiamente a soddisfare i desideri dei committenti sparsi ovunque in area mediterranea. Con Giorgio Klotzas arriviamo a toccare il XVII secolo visto che egli muore nel 1608. Noto quanto Damaskinos, egli lo superava per raffinatezza culturale e tecnica, oltre a dipingere icone era un abilissimo miniaturista nonché decoratore di codici. Con questi due ultimi esponenti oramai l’icona greca si volge all’arte veneziana e travalica la sua originale forma di rappresentazione simbolica per passare al metodo illustrativo-narrativo occidentale. I modi di questi due artisti imperversano per tutto il XVII secolo a Creta, a Venezia e ovunque vi fosse un iconografo aggiornato alla scuola post-bizantina -
Lot 53 Giuseppe Molteni ( Affori 1800 - Milano 1857)
Ritratto di nobiluomo
Olio su tela
Portrait of a nobleman
Oil on canvas
40x45 cm -
Lot 54 Francesco Mancini (Sant'Angelo in Vado 1679 - Roma 1758)
Flora
Olio su avorio
Oil on ivory
Diametro 5,5 cm
Si ringrazia il Professore Alessandro Delpriori che conferma l’autografia dell’opera.
La miniatura si caratterizza per l’altissima qualità esecutiva. Interessante notare come l’autore ponga delle eleganti variazioni in rapporto alla celeberrima opera su tela.
Notiamo qualche leggera differenza nell’esecuzione del manto, mentre risulta di eccezione finezza la variante esecutiva nei capelli. L’autore, infatti, semplifica il cerchio fermacapelli e acconcia con una sottile treccia il biondo capo, incoronandolo dalla fronte sino allo chignon. -
Lot 55 Moritz Michael Daffinger (1790 -1849)
Ritratto di giovane donna
Olio su avorio
Young woman portrait
Oil on ivory
85x65 mm -
Lot 56 Seguace di Cesare da Sesto (1447 - 1523)
San Girolamo penitente nel deserto
Olio su tela
Follower of Cesare da Sesto (1447 - 1523)
St. Jerome Penitent in the Desert
Oil on canvas
120x107 cm
L'opera è una replica fedele della nota tela di Cesare da Sesto conservata al Museo di Stoccolma. La raffinatezza espressiva e l'attenta realizzazione del corpo dell'eremita fanno pensare ad un artista di assoluto livello che ha riprodotto il capolavoro del pittore di Sesto Calende. -
Lot 57 Apollonio Facchinetti, detto Apollonio Domenichini alias Maestro della Fondazione Langmatt (Venezia 1715 - 1770 c.)
Piazza San Marco
Olio su tela
Oil on canvas
35 x 55 cm
La serie di tredici vedute veneziane della Fondazione Langmatt di Baden, in Svizzera, sono state per decenni fonte di ricerca e discussione per gli studiosi. Le opere si caratterizzano per le impaginazioni canalettiane e per le colorate figurine trattate alla Ricther. Inoltre, la serie mostra stingenti affinità con Marieschi, come dimostra la profonda fuga prospettica, e la sua feconda bottega come si evince dalla trama cromatica fredda cara all’Albotto. Il linguaggio dotto e complesso dell’artista nasce dunque dall’attento esame dei vedutisti veneziani del XVIII secolo, ed è merito di Dario Succi e al suo indefesso impegno se da qualche decennio l’enigmatico e virtuoso maestro ha un nome: Apollonio Facchinetti detto Domenichini.
La nostra opera mostra Piazza San Marco vista dal bacino antistante il molo cogliendo la massima espansione prospettica verso la Torre dell’Orologio. La una luce calda del tramonto pervade con un aureo manto gli edifici e rende brillanti le vesti dei personaggi che compostamente passeggiano.
L’opera, in patina, grazie alla sua squisita qualità pittorica esalta sia l’esattezza del tratto con cui è precisamente raffigurato ogni elemento architettonico, sia la felice verve realizzativa delle figurine, creando un insieme di estasiata quiete serale. -
Lot 58 Giuseppe Zais (1709 - 1784)
Paesaggio con Antica torre
Tempera/gouache su carta
Provenienza:
W. Appolloni
Landscape with Ancient tower
Tempera / gouache on paper
Provenance:
W. Appolloni
27 x 37 cm
Giuseppe Zais è uno dei paesaggisti principali del panorama veneziano del Settecento. Giunto dalle valli bellunesi in laguna inizia a dipingere seguendo gli esempi del conterraneo Marco Ricci. In un secondo tempo addolcisce le sue scene campestri seguendo la moda di gusto francese imposta con l’arrivo di Zuccarelli a Venezia. Con la dipartita di quest’ultimo per l’Inghilterra per qualche anno Zais assume il palco d’onore in seno al paesaggismo veneto d’arcadia. La nostra opera, perfettamente conservata rappresentativa dei massimi livelli espressivi raggiunti da Giuseppe, va datata intorno agli anni ’40 del Settecento. In questo periodo il nostro pittore è all’apice della sua carriera, dipinge mantenendo i capisaldi del paesaggismo barocco desunto da Marco Ricci, quali l’antica torre diruta e la scoscesa roccia da cui sgorga la casata e al contempo inserendo elementi che riflettono la poesia arcadica quali il placido scorrere del fiume, il dolce paesaggio pedemontano e l’umile famiglia che serenamente si riposa ai margini del corso d’acqua -
Lot 59 Giuseppe Bernardino Bison (1762 - 1844)
Paesaggio con tre figure
Olio su tela
Landscape with three figures
Oil on canvas
48,5x61,5 cm.
Bison inizia la sua formazione presso il pittore bresciano Gerolamo Romani, poi a Venezia con Costantino Cedini, ma entrambi i maestri lasciano poca impronta sul giovane artista. Dopo aver soggiornato a Ferrara opera sovente nell’entroterra veneto, mentre allo scadere del secolo lo troviamo operare a Trieste. Nel 1831 si trasferisce a Milano città dove muore nel 1844. La splendida opera, completamente inedita e da aggiungere al patrimonio pittorico di Bison, è caratterizzata dal colorismo smagliante e da una composizione sapientemente equilibrata. Questa tela è da ritenersi un documento molto interessante della sua fase più tarda, ovvero del periodo milanese che va dal 1831 al 1844. In essa non sfugge il richiamo alla pittura del Settecento veneto e all’amato Zuccarelli. -
Lot 60 Scuola veronese del XVII secolo
Apparizione della Madonna e Gesù bambino a Sant'Antonio da Padova
Olio su lavagna
Importante cornice originale con cimasa in argento sbalzato ad effige di Sant'Antonio.
Veronese school of the seventeenth century
Apparition of the Madonna and Child to Sant'Antonio da Padova
Oil on blackboard
Important original frame with embossed silver fret with the effigy of Sant'Antonio
41,5 x 30,5 cm
I pittori veronesi dell'ultima generazione del Cinquecento sono accomunati da due due fattori completamente differenti. Il primo, puramente tecnico, di aver dipinto su lavagna, di ardesia detta anche pietra di paragone, la seconda di essere quasi tutti deceduti durante il contagio di peste del 1630. Muoiono Pasquale Ottino, Pietro Bernardi, Sante Creara e Marcantonio Bassetti, mentre sopravvivono perchè fuori città Claudio Ridolfi, Alessandro Turchi detto l'Orbetto e Fra Semplice da Verona. A Questi va aggiunto il maestro principale del tardo manierismo veronese ovvero Felice Brusasorzi o Brusasorci, più anziano della generazione sopraccitata il loro maestro di riferimento, almeno nei primi rudimenti pittorici. L'opera, giunta sana nel suo supporto e in ottimo stato di conservazione pittorica, vanta una importante cornice con cimasa in argento sbalzato, raffigurante Sant'Antonio, che ci dimostra l'importanza avuta sin dal suo concepimento. L'opera oltre ai canoni espressivi tardo manieristi della scuola veneta e veronese nella fattispecie, mostra una forte componente di espressività drammatica che inducono a pensare che l'autore fosse edotto della contemporanea scuola pittorica milanese. -
Lot 61 Scuola italiana del XVIII secolo da Raffaello
Madonna del Velo
Olio su tavola
Italian school of the 18th century from Raphael
Madonna of the Veil
Oil on panel
114 x 94 cm -
Lot 62 Scuola Toscana del XVII secolo
Lot e le figlie fuggono da Sodoma in fiamme
Olio su vetro
Tuscan school of the 17th century
Lot and his daughters flee from burning Sodom
Oil on glass
35 x 37 cm
Secondo la narrazione del Libro della Genesi, Lot diede ospitalità nelle propria casa a due angeli di aspetto maschile, offrì le proprie figlie vergini alla folla di Sodoma, per salvare i due angeli. Di contro, gli angeli ostacolarono la folla per dare alla famiglia di Lot il tempo di allontanarsi dalla città, prima della distruzione divina con fuoco e zolfo. Lot fugge con la moglie e due delle quattro figlie, la sposa di Lot rivolse lo sguardo indietro e rimase pietrificata in una statua di sale, mentre Lot e le figlie giunsero a Zoar, rifugiandosi in una grotta di montagna.
L'opera racconta esattamente l'allontanamento della famiglia da Sodoma in fiamme e tra la città e le tre figure in primo piano si scorge la sagoma bianca della moglie pietrificata. Il dipinto realizzato su vetro e conservato in una cornice di assoluto rilievo, è da iscrivere alla scuola toscana del XVII/XVIII secolo. -
Lot 63 Girolamo da Santacroce (San Pellegrino Terme 1490 - Venezia 1556)
Sacra Famiglia
Olio su tavola
The Holy Family
Oil on panel
82 x 64,5 cm
L'opera è saldamente riferita ai canoni espressivi di Giovanni Bellini e della sua bottega come dimostrano le opere "Madonna con il Bambino benedicente tra santi" opera firmata del maestro e conservata nella chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia, oppure il dipinto di Bottega belliniana "Madonna con Gesù bambino benedicente tra santi", conservato all'Accademia Carrara di Bergamo. In queste due opere il Bimbo è ripreso nella medesima movenza e postura della nostra opera.
Ad una analisi attenta la pregevole tavola, nel folto panorama dei "pittori belliniani", trova perfetta aderenza esecutiva e stilistica con le opere del maestro lombardo e veneziano d'adozione Girolamo da Santacroce.
La pennellata fluida e sottile, il panneggio spigoloso, l'aspetto serafico e monumentale dei personaggi nonché il San Giuseppe con copricapo orientale sono elementi inconfondibili della sua espressione artistica -
Lot 64 Bottega o allievo di Tiziano (1488 o 1490 - 1576) XVI-XVII secolo
Ecce Homo
Olio su tela
Workshop or follower of Titian (1488 or 1490 - 1576) 16th-17th century
Ecce Homo
Oil on canvas
65x50 cm
Copia dal prototipo tizianesco conservato al Prado, che nel tempo ha avuto tanta fortuna, l'opera in esame si distingue per l'estrema qualità e la pennellata materica con cui è stata realizzata. La forte capacità espressiva, che cristallizza il solitario dolore di Gesù, lascia intendere che sia stata eseguita da un artista perfettamente e profondamente a conoscenza dell'arte e della tecnica tizianesca e non un di semplice copista. Quindi, in via del tutto prudenziale viste le sopraccitate qualità, l'opera è da assegnare alla produzione della stretta cerchia del Tiziano; probabilmente realizzata nella sua bottega sotto il suo diretto controllo oppure, qualche anno dopo, da uno dei suoi migliori allievi. Di conforto alla tesi esposta va segnalata un'opera identica per qualità e finezza realizzativa, tanto da ipotizzare che si tratti della stessa mano, conservata al Museo di Chiari, Galleria Repossi, presentata come eccelsa replica di bottega. -
Lot 65 Andrija Medulic, Andrea Meldolla detto Andrea Schiavone o lo Schiavone (1510/15 - 1563)
Il giudizio di Paride
Olio su tavola
The judgment of Paris
Oil on panel
43x136 cm
Nato a Zara intorno agli anni 1510-15 in Dalmazia, motivo per cui, trasferitosi a Venezia, viene soprannominato “Schiavone”, nomignolo che definiva i dalmati. In realtà era un italiano nato in Dalmazia, essendo i genitori, originari della cittadina romagnola di Meldola, vicino a Forlì. Il padre Simone, infatti, ricopre in quegli anni la carica di conestabile della Serenissima nella città di Zara. Le scarne notizie biografiche sullo Schiavone rendono piuttosto oscura la ricostruzione della sua formazione artistica anche se da note stilistiche è plausibile un apprendistato in terra emiliana e in particolare presso il Parmigianino. Grazie a Giorgio Vasari conosciamo la sua prima opera di pittura documentata dalle fonti, e oggi perduta. Come si deduce dalle Vite fu commissionata da Giorgio Vasari stesso nel 1540 per farne omaggio a Ottaviano de’ Medici. In questi anni, comunque, lo Schiavone piuttosto che dedicarsi alla pittura affina l’arte incisoria e probabilmente questo lunga attività grafica gli conferisce” una linea fluida e guizzante, elegantemente decorativa, che sintetizza liberamente le forme schizzando i profili delle figure con un incedere rapido e nervoso, senza peraltro che il virtuosismo disegnativo si risolva in composizioni soverchiamente elaborate” come annota acutamente Luca Bortolotti. Databili al principio degli anni Quaranta sono una serie di dipinti I dipinti ove salda l’elegante lezione parmigianinesca con la pittura veneziana e di Giorgione in particolare. Esemplificativi di questo periodo sono pure la serie di quattro tavolette del Kunst¬historisches Museum di Vienna con due Storie di Apollo e due Storie di Giove (con ogni probabilità formelle che decoravano un cassone o un armadio). Del 1547 è l’unico lavoro datato e firmato («Andrea Meldolla inventor»), ovvero l’acquaforte “Ratto di Elena”, in cui traspare chiaramente come l’artista fosse a conoscenza dell’operato del Raffaello e della “Battaglia di Costantino” delle Stanze vaticane in particolare. Gli anni Cinquanta vedono la piena maturazione dell’artista, produce autentici capolavori come “Le nozze di Cupido e Psiche” oggi al Metropolitan Museum di New York. Dipinge in maniera rapida e abbozzata, la sua pittura fa scuola, ma anche scalpore, tanto che alcuni stigmatizzano l’eccessiva sommarietà nell’esecuzione. Negli anni successivi, la sua irruenza si placa e si nota un ordine pittorico e una ritmica più classicamente veneziana e tizianesca nella fattispecie, come nel grande “Giudizio di Mida” oggi nelle Royal Collections di Hampton Court a Londra, oppure nella “Sacra Famiglia con s. Caterina del Kunst¬historisches Museum di Vienna. La notorietà e l’apprezzamento ufficiale per lo Schiavone si registra nel 1557, quando lavora al soffitto della Biblioteca Marciana di Venezia congiuntamente alle migliori personalità pittoriche del momento. Nell’ultima fase della sua vita si susseguono le commissioni pubbliche e opere realizzate per il raffinato collezionismo privato. Sono gli anni in cui realizza pannelli per il decoro di armadi, cassoni e spalliere, nonché piccoli dipinti di dal soggetto mitologico dando prova dei suoi più alti vertici qualitativi ed espressivi.
La nostra opera è indiscutibilmente un capolavoro dell’artista in quanto rappresenta la sintesi perfetta dell’apice raggiunto dall’arte Meldolla: le splendide figure femminili rappresentano la testimonianza del suo amore per il Parmigianino e per la sua innata propensione per la pittura immediata e sciolta, mentre il fiabesco paesaggio di quinta, da prova della sua profonda comprensione del magistero di Tiziano. A nostro giudizio, siamo di fronte ad un’opera eseguita alla fine degli anni Cinquanta del XVI secolo, ovvero al momento di massima creatività e qualità dello Schiavone. -
Lot 66 Hendrick van Somer (Lokeren 1607- Napoli 1656)
San Girolamo
Olio su tavola ovale
Oil on oval panel
42 x 32 cm
L’ottima tavola rappresenta san Gerolamo nell’atto di scrivere, la scena si svolge nella penombra di una grotta e dietro il santo si scorge un piccolo brano paesaggistico.
Tra le molte presenze straniere van Somer è da annoverare tra le più significative personalità presenti a Napoli nel corso del primo Seicento. Giunto nel 1624 lo ritroviamo nella bottega del Ribera al quale si rifà sovente nei modelli grafici, anche se è evidente che oltre al maestro spagnolo osserva con attenzione anche Caravaggio. Nei decenni successivi van Somer medita sul panorama pittorico che lo circonda ammorbidendo le tensioni tenebrose e naturalistiche di Ribera e Caravaggio per una pittura neo-veneta basata sulla forza espressiva del colore.
La nostra opera mostra il complesso linguaggio di Somer con la radice riberesca evidente nella scelta del soggetto, l’espressività drammatica del vecchio braccio posto in netta evidenza, il tutto orchestrato con una tavolozza scarna che mette in risalto la forza simbolica del manto rosso che copre l’anziano santo meditabondo.
Precisi punti di convergenza realizzativa li troviamo nel teschio del nostro dipinto che ricalca esattamente quello presente nel capolavoro del Somer “San Girolamo” conservato a Roma presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini. Inoltre, da considerare è la congruenza di come l’artista tratti il cielo, tingendolo rosa e solcato le leggere striature nuvolose riscontrabili nel “San Girolamo” di collezione privata pubblicato a pag. 252 da Giuseppe Porzio in “La scuola di Ribera” (Arte’m, Napoli 2014), del quale pare condivida anche la datazione alla fase tarda dell’artista. -
Lot 67 Federico Bencovich (1677 - 1753) attribuito
Transito di San Francesco
Olio su tela
Passage of San Francesco
Oil on canvas
48 x 28 cm
L'opera con tutta probabilità è lo studio preparatorio per qualche dipinto di più ampie dimensioni. Nel suo piccolo formato, comunque, impressiona per la capacità di esecuzione tanto svelta quanto decisa, sicuramente in grado di far percepire il momento di patetica drammaticità. Artista di origine dalmata opera, dopo un apprendistato presso Cignani, tra Venezia, la Germania e Austria divenendo una delle più importanti personalità pittoriche del tempo e lasciando dietro a sé un' influenza di cui risentono molti pittori austriaci, tirolesi e tedeschi. Tra i maggiori eredi della sua arte vanno ricordati Franz Anton Maulpertsch e Paul Troger. Come in tutte le sue opere una importanza fondamentale è data dalla gelida luce che pervade l'opera, essa fa traslare l'episodio in una dimensione sospesa e patetica. Forte della sua pennellata scattante e convulsa egli si distingue nel panorama del primo settecento veneziano prendendo le distanze sia dal naturalismo del Piazzetta sia dalle dalle altisonanti composizioni dei maestri rococò, Ricci, Pellegrini, Diziani, preferendo un percorso solitario e improntato in un ritrovato manierismo oscuro e drammatico. -
Lot 68 Sinibaldo Scorza (1589 - 1631)
Passaggio del Mar Rosso
Olio su tela
Passage of the Red Sea
Oil on canvas
46 x 67 cm
L'opera, conservata in collezione privata come autografa dello Scorza, presenta un tema caro al pittore di Voltaggio e una tecnica pittorica che induce a confermare la paternità a Sinibaldo. Giunto ragazzetto a Genova, si applica nella bottega di Giovan Battista Paggi, dopo varie vicissitudini dovute alla guerra tra i Savoia e Genova, nel 1627 fa ritorno definitivo a Genova. Oltre a paesaggista e miniaturista egli, al pari di Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto e Anton Maria Vassallo, è ricordato per la produzione di pittura di animali. I suoi dipinti su tela si caratterizzano per la pittura meno meticolosa, più sciolta e spontanea se paragonata alla sua produzione su rame o alle sue miniature; sul supporto tessile egli alla realtà oggettiva preferisce e una dimensione soffusa e pervasa di grazia fiabesca. -
Lot 69 Scuola Italiana del XVII secolo
Assunta
Olio su tela
Italian School of the 17th century
Assunta
Oil on canvas
93x81 cm -
Lot 70 Giuseppe Bernardino Bison (1762 - 1844) Anfratto roccioso con pescatore e viandanti
Tempera/guache su carta
Rocky ravine with fisherman and wayfarers
Tempera / guache on paper
48,5 x 61,5 cm
Bison inizia la sua formazione a Brescia presso il pittore Gerolamo Romani, poi a Venezia con Costantino Cedini. Dopo aver soggiornato a Ferrara opera sovente tra il territorio padovano e trevigiano, mentre allo scadere del secolo lo troviamo operare a Trieste. Nel 1831 si trasferisce a Milano città dove muore nel 1844. Bison è da considerare l'anello di congiunzione, non solo biograficamente, tra il paesaggio veneto del Settecento, l'arcadia di Francesco Zuccarelli in primis, e l'espressione paesaggistica romantica. Il nostro paesaggio va ricondotto alla produzione eseguita tra la fine del Settecento e il primo decennio dell'Ottocento, quando emergono chiare le suggestioni protoromantiche rosiane, mediate tramite le incisioni di Marco Ricci. -
Lot 71 Bottega di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (1591 - 1666)
Ecce Homo
Olio su tela
Workshop of Giovanni Francesco Barbieri known as Guercino (1591 - 1666)
Ecce Homo
Oil on canvas
62,5x49,5 cm.
La splendida opera è replica di bottega del celebre “Ecce Homo” dipinto dal Guercino nel 1644 e oggi conservato alla Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Corsini a Roma. Dipinto dall’artista dopo il suo ritorno a Bologna, come riporta il Libro dei Conti del Barbieri, esso fa chiaro riferimento all’omonima opera realizzata da Guido Reni. La nostra opera dimostra una fedeltà assoluta al modello originale e una finezza pittorica che induce ad attribuirla alla bottega ovvero al nucleo di pittori che lavoravano a stretto contatto del maestro centese. La bottega bolognese di Guercino contava nel sodalizio famigliare fatto dal fratello Paolo Antonio e il cognato Ercole Gennari con l’aggiunta del fratello di quest’ultimo, Bartolomeo. Per l’impresa familiare legata al Guercino furono anni di intensa produzione, oltre alle opere del maestro sortirono dalla bottega molte copie che andavano a sodisfare l’ampia richiesta di mercato. Al nucleo primitivo con glia anni si sono aggiunti figli di Ercole Gennari, Cesare e Benedetto. Grazie a loro la bottega del Guercino vive ben mezzo secolo dopo la sua morte, spegnendosi, nel 1715, con la dipartita del talentuoso Benedetto. -
Lot 72 Scuola Lombarda del XVII/XVIII secolo
Santa Maria Maddalena penitente
Olio su tela
Lombard school of the 17th/18th century
Saint Mary Magdalene penitent
Oil on canvas
182x252 cm
Proveniente da nobile famiglia lombarda, la notevole tela va registrata come espressione superlativa del secondo Seicento milanese. L'opera gelosamente custodita non è mai stata studiata e mostra a nostro giudizio due marcate influenze. La prima ci porta verso Filippo Abbiati, pittore dall'ampio bagaglio formativo che vedeva associate la scuola veneta e genovese. Di queste ritroviamo la vivacità del chiaroscuro e l'estro dinamico compositivo che ricorda da una parte Antonio Zanchi dall'altra Valerio Castello. Il secondo filone d'indagine ci porta verso Giovanni Stefano Danedi detto Il Montalto, elegante e compito pittore che al dinamismo compositivo preferiva dare forme di plastica monumentalità alle sue figure, talvolta accompagnate da quinte paesaggistiche dai toni cupi e serali.