ARGENTI, DIPINTI, ARTE ORIENTALE ED OGGETTI D'ARTE
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Lot 49 Scuola Genovese del XVIII secolo
Putti
Coppia di dipinti su vetro
Genoese school of the eighteenth century
Putti
Pair of paintings on glass
25x33 cm -
Lot 50 Scuola Veneziana del XVIII secolo
Veduta del Canal Grande
Olio su tela
Venetian School of the 18th century
View of the Grand Canal
Oil on canvas
37 x 29 cm
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Lot 51 Scuola Italiana del XVIII secolo
San Giovanni
San Luca
Due oli su tela
Italian School of the 18th century
Saint John
San Luca
Two oil paintings on canvas
86,5 x 68 cm -
Lot 52 Maestro Veneto Cretese del XVI secolo
Ecce Homo
Tempera su tavola a fondo oro
Venetian Cretan master of the sixteenth century
Ecce Homo
Tempera on panel with gold background
37 x 27,5 cm
La scuola cretese Post-Bizantina si distingue dalla sua matrice costantinopolitana d’origine, gli artisti si organizzano nella corporazione locale di San Luca, stabilisce i propri criteri artistici e ne organizza la loro produzione con l'istituzione di vere e proprie scuole di insegnamento, apprendistato e avviamento alla professione. Questa nuova organizzazione permette un ricambio generazionale garantito e costante nonché, indirettamente, fa in modo che l’iconografia post-bizantina, liberata dai severi codici artistici, fiorisca, si rinnovi e si propaghi nei secoli successivi.
La richiesta di icone è molto viva, soprattutto dovuta al fatto che sia a oriente e sia a occidente persiste la convinzione che l'immagine sacra dell’icona greca sia fedele all'immagine divina. La folla di committenti eterogenea, va dai mercanti d’arte dell’area mediterranea, ai conventi del Sinai o dei Balcani, dalle istituzioni ecclesiastiche italiane, ai nobili greci e veneziani; a soddisfare la grande mole di richieste, tra XVI e XVI secolo l’isola conta oltre centoventi pittori riconosciuti come maestri, uno stuolo cospicuo di artisti minori e di collaboratori di bottega. La bravura dei pittori cretesi è di saper distinguere e soddisfare le diverse esigenze dei richiedenti e lo fanno grazie ad una notevole abilità eclettica di dipingere in diverse maniere e stili. Il primo grande interprete è Andreas Ritzos che ha lasciato opere con un impianto rigorosamente bizantino, talvolta non disdegnava mescolare l’arcaico stile greco con inserti tipicamente veneziani. L’espressione ortodossa di Andreas mescolati con timidi inserimenti veneziani è continuata dal figlio Nicolas Ritzos, essi furono per molti versi gli iniziatori della nuova scuola cretese post-bizantina. Contemporaneo a Nicola sono Andreas Pavias e i suoi allievi tra cui spicca Angelos Bizzamanos. Il loro stile è arcaico e segue gli antichi dettami ma sicuramente segna l’influsso del gotico occidentale con il suo pathos realista. Fine miniaturista e molto incline alle suggestioni belliniane e al nuovo corso dettato dal Donatello a Padova, si mostra Nicola Tzafuris; egli risulta essere il primo artista realmente convinto dei modi occidentali-veneziani. I pittori greci, nella prima metà del XVI secolo, uscirono dall’isola e portarono la loro arte in terre lontane come nel caso del monaco pittore chiamato Bathas, al secolo Theophanes Strelitzas, che si prodigò nel nord della Grecia. Michele Damaskinos, invece, lavora a Creta spedendo opere in Grecia, nel Sinai e in Italia presso le comunità greche di Puglia. Il dato più significativo, comunque, è il suo trasferimento a Venezia ove opera per la folta comunità greca. Il suo enorme successo è, come di prassi per questi artisti, dovuto all'abilità sensazionale di adattare il suo stile, passando dall’osservanza greca ortodossa a inserire elementi copiati fedelmente da Jacopo Bassano. Con il suo essere eclettico riusciva egregiamente a soddisfare i desideri dei committenti sparsi ovunque in area mediterranea. Con Giorgio Klotzas arriviamo a toccare il XVII secolo visto che egli muore nel 1608. Noto quanto Damaskinos, egli lo superava per raffinatezza culturale e tecnica, oltre a dipingere icone era un abilissimo miniaturista nonché decoratore di codici. Con questi due ultimi esponenti oramai l’icona greca si volge all’arte veneziana e travalica la sua originale forma di rappresentazione simbolica per passare al metodo illustrativo-narrativo occidentale. I modi di questi due artisti imperversano per tutto il XVII secolo a Creta, a Venezia e ovunque vi fosse un iconografo aggiornato alla scuola post-bizantina -
Lot 53 Giuseppe Molteni ( Affori 1800 - Milano 1857)
Ritratto di nobiluomo
Olio su tela
Portrait of a nobleman
Oil on canvas
40x45 cm -
Lot 54 Francesco Mancini (Sant'Angelo in Vado 1679 - Roma 1758)
Flora
Olio su avorio
Oil on ivory
Diametro 5,5 cm
Si ringrazia il Professore Alessandro Delpriori che conferma l’autografia dell’opera.
La miniatura si caratterizza per l’altissima qualità esecutiva. Interessante notare come l’autore ponga delle eleganti variazioni in rapporto alla celeberrima opera su tela.
Notiamo qualche leggera differenza nell’esecuzione del manto, mentre risulta di eccezione finezza la variante esecutiva nei capelli. L’autore, infatti, semplifica il cerchio fermacapelli e acconcia con una sottile treccia il biondo capo, incoronandolo dalla fronte sino allo chignon. -
Lot 55 Moritz Michael Daffinger (1790 -1849)
Ritratto di giovane donna
Olio su avorio
Young woman portrait
Oil on ivory
85x65 mm -
Lot 56 Seguace di Cesare da Sesto (1447 - 1523)
San Girolamo penitente nel deserto
Olio su tela
Follower of Cesare da Sesto (1447 - 1523)
St. Jerome Penitent in the Desert
Oil on canvas
120x107 cm
L'opera è una replica fedele della nota tela di Cesare da Sesto conservata al Museo di Stoccolma. La raffinatezza espressiva e l'attenta realizzazione del corpo dell'eremita fanno pensare ad un artista di assoluto livello che ha riprodotto il capolavoro del pittore di Sesto Calende. -
Lot 57 Apollonio Facchinetti, detto Apollonio Domenichini alias Maestro della Fondazione Langmatt (Venezia 1715 - 1770 c.)
Piazza San Marco
Olio su tela
Oil on canvas
35 x 55 cm
La serie di tredici vedute veneziane della Fondazione Langmatt di Baden, in Svizzera, sono state per decenni fonte di ricerca e discussione per gli studiosi. Le opere si caratterizzano per le impaginazioni canalettiane e per le colorate figurine trattate alla Ricther. Inoltre, la serie mostra stingenti affinità con Marieschi, come dimostra la profonda fuga prospettica, e la sua feconda bottega come si evince dalla trama cromatica fredda cara all’Albotto. Il linguaggio dotto e complesso dell’artista nasce dunque dall’attento esame dei vedutisti veneziani del XVIII secolo, ed è merito di Dario Succi e al suo indefesso impegno se da qualche decennio l’enigmatico e virtuoso maestro ha un nome: Apollonio Facchinetti detto Domenichini.
La nostra opera mostra Piazza San Marco vista dal bacino antistante il molo cogliendo la massima espansione prospettica verso la Torre dell’Orologio. La una luce calda del tramonto pervade con un aureo manto gli edifici e rende brillanti le vesti dei personaggi che compostamente passeggiano.
L’opera, in patina, grazie alla sua squisita qualità pittorica esalta sia l’esattezza del tratto con cui è precisamente raffigurato ogni elemento architettonico, sia la felice verve realizzativa delle figurine, creando un insieme di estasiata quiete serale. -
Lot 58 Giuseppe Zais (1709 - 1784)
Paesaggio con Antica torre
Tempera/gouache su carta
Provenienza:
W. Appolloni
Landscape with Ancient tower
Tempera / gouache on paper
Provenance:
W. Appolloni
27 x 37 cm
Giuseppe Zais è uno dei paesaggisti principali del panorama veneziano del Settecento. Giunto dalle valli bellunesi in laguna inizia a dipingere seguendo gli esempi del conterraneo Marco Ricci. In un secondo tempo addolcisce le sue scene campestri seguendo la moda di gusto francese imposta con l’arrivo di Zuccarelli a Venezia. Con la dipartita di quest’ultimo per l’Inghilterra per qualche anno Zais assume il palco d’onore in seno al paesaggismo veneto d’arcadia. La nostra opera, perfettamente conservata rappresentativa dei massimi livelli espressivi raggiunti da Giuseppe, va datata intorno agli anni ’40 del Settecento. In questo periodo il nostro pittore è all’apice della sua carriera, dipinge mantenendo i capisaldi del paesaggismo barocco desunto da Marco Ricci, quali l’antica torre diruta e la scoscesa roccia da cui sgorga la casata e al contempo inserendo elementi che riflettono la poesia arcadica quali il placido scorrere del fiume, il dolce paesaggio pedemontano e l’umile famiglia che serenamente si riposa ai margini del corso d’acqua -
Lot 59 Giuseppe Bernardino Bison (1762 - 1844)
Paesaggio con tre figure
Olio su tela
Landscape with three figures
Oil on canvas
48,5x61,5 cm.
Bison inizia la sua formazione presso il pittore bresciano Gerolamo Romani, poi a Venezia con Costantino Cedini, ma entrambi i maestri lasciano poca impronta sul giovane artista. Dopo aver soggiornato a Ferrara opera sovente nell’entroterra veneto, mentre allo scadere del secolo lo troviamo operare a Trieste. Nel 1831 si trasferisce a Milano città dove muore nel 1844. La splendida opera, completamente inedita e da aggiungere al patrimonio pittorico di Bison, è caratterizzata dal colorismo smagliante e da una composizione sapientemente equilibrata. Questa tela è da ritenersi un documento molto interessante della sua fase più tarda, ovvero del periodo milanese che va dal 1831 al 1844. In essa non sfugge il richiamo alla pittura del Settecento veneto e all’amato Zuccarelli. -
Lot 60 Scuola veronese del XVII secolo
Apparizione della Madonna e Gesù bambino a Sant'Antonio da Padova
Olio su lavagna
Importante cornice originale con cimasa in argento sbalzato ad effige di Sant'Antonio.
Veronese school of the seventeenth century
Apparition of the Madonna and Child to Sant'Antonio da Padova
Oil on blackboard
Important original frame with embossed silver fret with the effigy of Sant'Antonio
41,5 x 30,5 cm
I pittori veronesi dell'ultima generazione del Cinquecento sono accomunati da due due fattori completamente differenti. Il primo, puramente tecnico, di aver dipinto su lavagna, di ardesia detta anche pietra di paragone, la seconda di essere quasi tutti deceduti durante il contagio di peste del 1630. Muoiono Pasquale Ottino, Pietro Bernardi, Sante Creara e Marcantonio Bassetti, mentre sopravvivono perchè fuori città Claudio Ridolfi, Alessandro Turchi detto l'Orbetto e Fra Semplice da Verona. A Questi va aggiunto il maestro principale del tardo manierismo veronese ovvero Felice Brusasorzi o Brusasorci, più anziano della generazione sopraccitata il loro maestro di riferimento, almeno nei primi rudimenti pittorici. L'opera, giunta sana nel suo supporto e in ottimo stato di conservazione pittorica, vanta una importante cornice con cimasa in argento sbalzato, raffigurante Sant'Antonio, che ci dimostra l'importanza avuta sin dal suo concepimento. L'opera oltre ai canoni espressivi tardo manieristi della scuola veneta e veronese nella fattispecie, mostra una forte componente di espressività drammatica che inducono a pensare che l'autore fosse edotto della contemporanea scuola pittorica milanese.