Asta N. 428 - Arredi, Dipinti Antichi, Argenti, Historica, Tappeti e Tessuti, Strumenti Musicali
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Lot 418 Giovanni Battista Langetti (Genova 1625 - Venezia 1676)
Giuseppe interpreta i sogni
Olio su tela cm 144,5x196
(difetti e restauri)
Giovanni Battista Langetti trattò il tema di Giuseppe che interpreta i sogni ai due funzionari del Faraone in varie occasioni (1). Egli come è noto appartenne alla setta dei Tenebrosi che si sviluppò a Venezia negli anni appena successivi al grande trauma della peste del 1629-30 ed era caratterizzata dall'adesione a una spiritualità mistica e a una morale di tipo stoico-cinico. Nei pittori che appartenevano a questa setta l'uso dei colori materici e soprattutto della luce che emerge dalle ombre (le tenebre appunto) non è casuale. Anche la scelta e l'interpretazione delle Scritture sono soggette a questo tipo di elaborazione. Nel caso di Langetti, e di Giuseppe che interpreta (o spiega) i sogniin particolare: ''due esistenze fino a ieri parallele sono sospese ad un momento nel quale si annunciano due opposti destini profeticamente enunciati''(2). Infatti la storia narrata è quella di Giuseppe, incarcerato a causa delle vicende con Putifarre, che ispirato da Dio che lo aveva dotato di un talento raro, predice con un sogno i destini dei suoi compagni di cella. Siamo nell'attimo esatto nel quale Giuseppe, illuminato dalla fonte luminosa annuncia ai due cosa li aspetterà: un destino fausto per il coppiere, a sua volta avvolto dal fascio luminoso, e infausto per il panettiere in ombra con le braccia levate in atto di costernazione. Lo spiccato interesse di Langetti per la sofferenza umana causata dalla consapevolezza della morte è qui interpretata in senso estremamente drammatico (così come in numerosi soggetti più volte ripresi come Apollo e Marzia, Tizioecc…) e rimanda alla precarietà delle esistenze che è un tema eternamente moderno. Nelle varie versioni identificate la nostra si avvicina all'impianto spaziale della versione di Sibiu (Museo Brukental) ma è più estesa in senso orizzontale, non a caso è una delle opere più grandi come dimensioni fra tutte le versioni esistenti. Le dimensioni sono, inoltre, quasi identiche a quelle di un altro lotto presente in questa vendita, il lotto n. 365, dove è rappresentato Giuseppe venduto dai fratellima che è opera di un altro pittore.
1. In ibidem sono reperibili le varie versioni: Greenville Bob Jones University in n. 62, p. 175-176, tav. XXIII; Budapest Museo di Belle Arti n. 63, p. 176-177, tavo XXIV; Isola Bella Collezione Borromeo, n. 64, pp. 177-178, fig. 45; Genova Palazzo Durazzo Pallavicini Giustiniani n. 119, pp. 212-213 tav. LII; Sibiu in Romania, Museo Brukenthal (inv. 425) n. 120, pp. 213-214, tav. LIII,; Roma già Galleria Lampronti n. 157, p. 237, fig. 96.
2. M. Stefani Mantovelli, Giovanni Battista Langetti, Il principe dei tenebrosi, Soncino (CR) 2011 p. 46.
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Joseph interpreting dreams
Oil on canvas 144.5x196 cm.
(defects and restorations)
Giovanni Battista Langetti trattò il tema di Giuseppe che interpreta i sogni ai due funzionari del Faraone in varie occasioni. Egli come è noto appartenne alla setta dei Tenebrosi che si sviluppò a Venezia negli anni appena successivi al grande trauma della peste del 1629-30 ed era caratterizzata dall'adesione a una spiritualità mistica e a una morale di tipo stoico-cinico. Nei pittori che appartenevano a questa setta l'uso dei colori materici e soprattutto della luce che emerge dalle ombre (le tenebre appunto) non è casuale. Anche la scelta e l'interpretazione delle Scritture sono soggette a questo tipo di elaborazione. -
Lot 419 Giovanni Bordone (1582 - 1613)
Ecce Homo
Olio su tela cm 129x159
Firmato in basso a destra: "IOANES BORDON F.e"
In cornice (difetti e restauri)
Il presente dipinto costituisce un importante ritrovato per gli studi storici artistici perché risulta essere la prima opera firmata dal figlio di Paris Bordon, Giovanni. Come "Zuanne quondam Paris Bordon 1582-1612" appare iscritto nella Fraglia pittorica di Venezia (in E. Favaro, L'arte dei Pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 154). "Zuanne" ovvero "Ioannes Bordon", morì nella casa del padre il 16 giugno 1613. Ne ereditò la bottega e l'unica sua opera certa, documentata da Boschini (M. Boschini, Le miniere della pittura Veneziana, Venezia 1664, p. 185), è una pala con "Daniele tra i leoni, e l'angelo che conduce il profeta (Habacuc) per i capelli" un tempo conservata a Venezia presso la chiesa di Santa Maria Formosa (L. Moretti in Paris Bordon e il suo tempo. Atti del convegno internazionale di studi, Treviso, 28-30 ottobre 1985, pp. 160-162). Varie sono le versioni conosciute derivate dal prototipo del padre che è conservato a Monaco (Monaco, Montecarlo, Maison d'Arts). Questa nostra si avvicina a quella di Padova presso la cappella dei Canonici nella Cattedrale di Santa Maria Assunta ed è stilisticamente vicinissima a quella della collezione Koelliker (Milano) che secondo il relatore del catalogo ragionato di Paris Bordon è opera di bottega (in A. Donati, Paris Bordon: catalogo ragionato, Soncino 2014, pp. 267-269), mentre Pulini nello schedare la collezione la ritiene opera di Paris (in Luce e ombra nella pittura italiana tra Rinascimento e Barocco. Da Tiziano a Bernini, a cura di V. Sgarbi, Milano 2006, n. 10, p. 28-29 e p. 100). Quest'ultima in particolare ha forti corrispondenze con la nostra versione, nella balaustra marmorea che corre lungo il lato inferiore e nell'aureola della figura di Cristo. Differiscono nella risoluzione della mano di Pilato che nel nostro dipinto sfiora delicatamente la mano di Cristo mentre nell'altra appoggia sulla balaustra e per i due sgherri sullo sfondo, assenti nel nostro dipinto. Ad una osservazione diretta dell'opera oggetto della vendita, si è poi notata la presenza di alcuni punti (probabilmente lo spolvero) che riportano il cartone preparatorio dal quale deriverebbero le varie versioni.
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Ecce Homo
Oil on canvas 129x159 cm.
Signed lower right: "IOANES BORDON F. e"
Framed (defects and restorations)
Il presente dipinto costituisce un importante ritrovato per gli studi storici artistici perché risulta essere la prima opera firmata dal figlio di Paris Bordon, Giovanni. Come "Zuanne quondam Paris Bordon 1582-1612" appare iscritto nella Fraglia pittorica di Venezia (in E. Favaro, L'arte dei Pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 154). "Zuanne" ovvero "Ioannes Bordon", morì nella casa del padre il 16 giugno 1613. Ne ereditò la bottega e l'unica sua opera certa, documentata da Boschini (M. Boschini, Le miniere della pittura Veneziana, Venezia 1664, p. 185), è una pala con "Daniele tra i leoni, e l'angelo che conduce il profeta (Habacuc) per i capelli" un tempo conservata a Venezia presso la chiesa di Santa Maria Formosa (L. Moretti in Paris Bordon e il suo tempo. Atti del convegno internazionale di studi, Treviso, 28-30 ottobre 1985, pp. 160-162). Varie sono le versioni conosciute derivate dal prototipo del padre che è conservato a Monaco (Monaco, Montecarlo, Maison d'Arts). -
Lot 420 Giuseppe Nuvolone (San Gimignano 1619 - Milano 1703)
Madonna del rosario con Bambino e San Domenico
Olio su tela cm 160x120
In cornice laccata e dorata (difetti e restauri)
Bibliografia
Filippo Maria Ferro, Nuvolone. Una famiglia di pittori nella Milano del ‘600, Edizioni dei Soncino, Soncino 2003, pp. 258-259, fig. 128b
L’opera è già stata pubblicata da Filippo Maria Ferro nella sua importante monografia sui Nuvolone. Lo studioso la riferisce a Giuseppe, figlio di Panfilo e fratello di Carlo Francesco, membri di una famiglia di artisti attivi prevalentemente a Milano nel corso del Seicento, la cui produzione si pone come tassello imprescindibile nella storia della pittura lombarda di questo secolo.
La composizione si ritrova in una celebre tela dello stesso Giuseppe, La Madonna del Rosario adorata dai santi Domenico e Caterina da Siena, conservata a Milano nella chiesa di Santa Maria della Passione dove adorna la quinta cappella della navata di destra insieme a un’altra tela dello stesso autore raffigurante Ester e Assuero; le due tele sono databili al 1671 (C. Torre, Il ritratto di Milano, seconda edizione, Milano 1714).
La nostra opera presenta qualche variazione rispetto alla versione della chiesa milanese; più piccola nel formato, mostra il solo San Domenico inginocchiato di fronte alla Vergine, la quale cinge dolcemente con la mano il Bambino che tiene in grembo; ad assistere alla scena un solo angelo mascherato dalle nuvole che densamente riempiono la rappresentazione.
Data la stretta connessione con il quadro della chiesa di Santa Maria della Passione, il dipinto non si può che collocare attorno all’ottavo decennio del secolo XVII e, nonostante il non perfetto stato di conservazione dovuto ad abrasioni e consunzioni, la tela offre il tocco pittorico tipico dell’autore che emerge nella resa leggiadra del volto della protagonista, nell’intensità dell’atteggiamento adorante del santo e nello sfondo dorato che aumenta la dimensione sacra della scena.
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The Virgin of the Rosary with the Child and Saint Dominic
Oil on canvas 160x120 cm.
In a lacquered and gilt wood frame (defects and restorations)
Bibliography
Filippo Maria Ferro, “Nuvolone. Una famiglia di pittori nella Milano del ‘600”, Soncino 2003, pp. 258-259, fig. 128b -
Lot 421 Ambito di Antonello da Messina, fine secolo XV
Cristo portacroce
Olio su tavola cm 39x31
In cornice (difetti e restauri)
Bibliografia
inedito
L'opera proposta rimanda molto probabilmente a un prototipo di Antonello da Messina oggi disperso. L'episodio dell'Andata al Calvario è isolato in un'immagine a scopo devozionale con la figura di Cristo portacroce in primo piano. Il medesimo soggetto è stato ripreso in più occasioni dai nipoti di Antonello: i fratelli Antonello de Saliba (1466/67-1535) e Pietro da Messina (fine secolo XV, inizi XVI), e direttamente da suo figlio Jacobello da Messina (Messina ? 1455 circa - post 1480 ante 1488), eredi della sua bottega.
Nell'opera più nota della serie conservata nella collezione Cagnola, Varese, Cristo sorregge sulla spalla destra la Croce e sullo sfondo appare un paesaggio con due alberelli, il motivo dei due alberi si ripete tra la Croce e la manica del Cristo (fig. 1). Quest'opera è stata attribuita da Ciardi, e Boskovits-Fossaluzza a Pietro da Messina, mentre appare nella fototeca Zeri con l'attribuzione ad Antonello de Saliba (R.P. Ciardi, La Raccolta Cagnola. Dipinti e sculture, 1965, n. 21; Fototeca Zeri 21333, busta 0253; M. Boskovits - G. Fossaluzza, La collezione Cagnola. I dipinti dal XIII al XIX secolo, 1998, pp. 146-147). Un'altra versione, oggi dispersa, (fig. 2) ma con alcune varianti nello sfondo, nei capelli e nelle pieghe della veste di Cristo era appartenuta al mercante Paolo Paolini (1935), fu attribuita da Berenson a Jacobello da Messina (B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, 1957, vol. I, p. 8.). Anche Previtali evidenziandone la qualità ribadiva l'attribuzione a Jacobello ma con l'intervento di Antonello da Messina (G. Previtali, Da Antonello da Messina a Jacopo di Antonello. Il 'Cristo deposto' del Museo del Prado, in ''Prospettiva'', n. 21 (Aprile 1980), pp. 55-56). Di recente, Teresa Pugliatti ha ascritto interamente l'opera alla mano di Jacobello (Ancora su Jacobello di Antonio, fiulius non humani pictori, in Palazzo Ciampoli tra arte e storia (a cura di) G. Musolino, 2016, p. 177). L'opera già della collezione Delaroff, apparsa sul mercato parigino nel 1914 che è invece di qualità alquanto modesta, è priva di sfondo paesistico e Cristo sostiene una Croce dal taglio piuttosto improbabile (fig. 3). La difficile lettura della fotografia in bianco e nero dell'opera della collezione Delaroff, non permette un confronto del tutto esaustivo tra le due tavole. L'opera in oggetto, inedita, risulta molto vicina a quest'ultima versione e potrebbe esserne addirittura il prototipo (purtroppo tra i fascicoli di Antonello da Messina e del suo ambito nella fototeca del Kunsthistorisches di Firenze al n. 23997 non è stato più possibile reperire un'ulteriore versione segnalata da Boskovitz in ibidem, 1998). Lo sfondo è del tutto scuro mentre le ciocche dei capelli di Cristo spiccano con le bellissime lumeggiature in giallo di Napoli e l'espressione del volto è dolce e intensa. Tali riferimenti all'opera pittorica del maestro dovrebbero essere sufficienti per datare l'opera agli anni appena successivi alla sua morte avvenuta nel 1479 quando la bottega continuava a riproporre schemi consolidati e quindi richiesti dalla committenza dell'epoca.
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Circle of Antonello da Messina, late 15th Century
Christ Carrying the Cross
Oil on panel 39x31 cm.
Framed (defects and restorations)
Literature
inedito
L'opera proposta rimanda molto probabilmente a un prototipo di Antonello da Messina oggi disperso. -
Lot 422 Bottega di Zanino di Pietro (attivo tra il 1389 e il 1437)
Madonna dell'Umiltà e due angeli
Tempera e oro su tavola cm 64,5x47
(difetti e restauri)
Etichetta sul retro: "A. Moretti Antichità" e altre due con i numeri: "253" e "52"
Expertise
Professor Aldo Galli, attribuzione alla bottega di Zanino di Pietro
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Workshop of Zanino di Pietro (active between 1389 and 1437)
Madonna of Humility with two angels
Tempera and gold on panel 64.5x47 cm.
(defects and restorations)
On the back label "A. Moretti Antichità" and other two with the numbers: "253" e "52"
Expertise
Professor Aldo Galli, attribuzione alla bottega di Zanino di Pietro -
Lot 423 Antonio Calza (Verona 1658 - 1725)
Adunata di cavalieri con trombettieri a cavallo e battaglia ai piedi di una torre
Olio su tela cm 96x130
In cornice (lievi difetti)
Battaglia tra Cristiani e Turchi ai piedi di un castello con cavalli bianchi riversi
Olio su tela cm 96x130
In cornice (lievi difetti)
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Gathering of knights with trumpeters on horseback and battle near a tower
Oil on canvas 96x130 cm.
Framed (minor defects)
Battle between Christian and Turkish near a castle with white horses
Oil on canvas 96x130 cm.
Framed (minor defects) -
Lot 424 Francesco Londonio (Milano 1723 - 1783)
Presepe con pastori
Olio su tela cm 107x150
Firmato in basso al centro "F. Londonio"
In cornice del secolo XVIII in legno intagliato a foglie, frutti e tralci di vite, laccata e dorata (lievi difetti)
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The nativity with the shepards
Oil on canvas 107x150 cm
Signed at the bottom "F. Londonio"
In an 18th century carved, lacquered and gilt wooden frame with foliate motif (minor defects) -
Lot 425 Giuseppe Nuvolone (San Gimignano 1619 - Milano 1703)
San Girolamo e l'angelo
Olio su tela cm 130x100
In cornice in legno intagliato e dorato (difetti)
Si ringraziano Filippo Maria Ferro, Alessandro Morandotti e Maria Silvia Proni per aver confermato individualmente l’attribuzione a Giuseppe Nuvolone.
Il dipinto rappresenta San Girolamo, seminudo, con un drappo rosso nella parte inferiore del corpo mentre si percuote il petto con la pietra, affiancato dal leone (al quale tolse la spina) e volge lo sguardo a destra, verso l’Angelo del Giudizio. Questi apparve al Santo suonando il corno mentre egli stava traducendo la Bibbia dall’ebraico al latino ovvero la Vulgata che è rappresentata alla sua sinistra, considerato l’unico testo riconosciuto dalla Chiesa Cattolica in epoca Controriformistica. Girolamo è appunto il patrono dei traduttori (ma anche dei Bibliotecari, degli Archeologi e degli studiosi in genere). Il tema è tratto da una lettera di Gerolamo nella quale il santo racconta delle frequenti apparizioni in tebaide dell’angelo che lo ammonisce a essere più ‘cristiano’. La rappresentazione di questo episodio particolare rimanda quindi alla lotta, perenne tra umano e divino, forma e contenuto.
I prototipi iconografici sono reperibili in Jusepe de Ribera, Guercino, ma è comunque un tema largamente trattato nel corso del Seicento. Il padre di Giuseppe, Panfilo Nuvolone eseguì un San Girolamo e l’Angelo per la chiesa di San Nazaro in Brolo a Milano. Così come Giuseppe lo realizzò per San Sisto a Piacenza e lo studio preparatorio del Santo è conservato a Milano (Milano, Pinacoteca Ambrosiana F 235, N. 1121).
Giuseppe come è noto collaborò con Carlo Francesco dal 1646 (con la sua prima opera firmata) fino alla morte del fratello maggiore avvenuta nel 1661. L’opera in oggetto dovrebbe proprio essere di mano prevalente di Giuseppe. Infatti la figura principale, dallo sguardo intenso e languido (1) dal volto fortemente realistico (2), è modellata in saldi volumi scultorei. L’angelo ripropone un modello fisionomico già riscontrato in altre opere di Giuseppe come nell’angelo di destra nell’opera S. Virgilio martire in gloria e due angeli, (Londrino, S. Virgilio) (3) o in uno dei bimbi della Carità, (Milano ubicazione ignota) (4). Pur rifacendosi all’insegnamento di artisti del primo Seicento come Francesco Cairo, l’opera sembra rappresentare quella pienezza formale e quel tono solenne della piena maturità di Giuseppe ed è databile agli anni Settanta del Seicento quando il pittore nella sua maturità artistica, aderì pienamente agli stilemi barocchi (5).
1. I confronti sono con il San Giovanni Evangelista di collezione privata pubblicato da F. M. Ferro, Postille a Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone, fig. 14 p. 37 in: “Piacenza terra di frontiera: pittori lombardi e liguri del Seicento”, Piacenza 2010.
2. Realtà secondo le parole di Mina Gregori in Giuseppe Nuvolone pittore della realtà, in “Paragone”, 56, 2005, Ser. 3, 59, pp. 78-79.
3. Si veda F. M. Ferro, Nuvolone una famiglia di pittori nella Milano del ‘600, Soncino 2003, p. 459, fig. 141d.
4. In ibidem p. 373, fig. 55.
5. Si veda l’articolo di M. C. Terzaghi, Per Giuseppe Nuvolone, pittore convinto e accademico reticente in “Arte Lombarda del secondo millennio”, Milano 2000, pp. 187-194.
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Saint Jerome and the Angel
Oil on canvas 130x100 cm.
In a carved and giltwood frame (defects) -
Lot 426 Donatello (Firenze 1386 - 1466) o Luca della Robbia (Firenze 1399/1400 - 1482) e bottega
"Madonna col Bambino, del tipo detto Madonna Massimo" 1425/30 ca. Bassorilievo centinato in stucco dipinto (cm 62,5x45) Tabernacolo architettonico in legno dipinto (cm 90x73,5x12,5) (lievi difetti)
Provenienza: Collezione Van Marle, Perugia
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Donatello (Florence 1386 - 1466) or Luca della Robbia (Florence 1399/1400 - 1482) and workshop.
"The Virgin and Child" polychrome-painted stucco bas-relief (cm 62,5x45) Tabernacle (cm 90x73,5x12,5) (minor defects)
Provenance: Van Marle Collection, Perugia -
Lot 427 VITTORE GHISLANDI, DETTO FRA GALGARIO
( Bergamo 1655 - 1743)
Ritratto di uomo a mezzo busto
Olio su tela cm 62x53,5
In cornice in legno parzialmente dorato (difetti)
L'abituale malinconia che avvolge i ritratti di Fra Galgario si ritrova qui, nel delicato sorriso di un giovane gentiluomo. Dalla marsina spunta la candida sciarpa a illuminare il volto dell'effigiato, particolare che, pur in osservanza alla moda del tempo, diventa espediente cromatico di sicura resa. Il ritratto dell'uomo è nobilitato da un prezioso copricapo di pelliccia.
Fin dai suoi due lunghi soggiorni a Venezia, che lo videro allievo di Sebastiano Bombelli, il pittore bergamasco coltivò una forte predilezione per la ritrattistica, fino a diventare uno dei principali esponenti di questo genere non solo nella Lombardia del Settecento ma in tutta Europa, raggiungendo esiti pittorici unici.
Il ritratto in oggetto ben si inserisce nel repertorio di questo maestro. Inoltre il volto del gentiluomo sembra essere già noto all'interno del catalogo di Fra Galgario. Non è da escludere, infatti, che possa trattarsi del conte Gian Battista Vailetti, ritratto dal pittore nel celebre dipinto conservato alle Galleria dell'Accademia di Venezia, molto simile, per caratteristiche somatiche, all'effigiato dell'opera in oggetto. Il Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti di Venezia è chiaramente un'opera più aulica con l'effigiato colto in un’ambientazione sfarzosa a rendere lo stato sociale del personaggio, del quale si sa solamente che è citato come "Deputato alla Cappella" nella stipula del contratto con Giovanni Battista Tiepolo per le Storie di Giovanni Battista nella Cappella Colleoni a Bergamo.
Il ritratto qui presentato si può datare nel terzo decennio del secolo XVIII, non lontano dal Ritratto del Dottor Bernardi di collezione privata, firmato e datato 1727, e già citato dal Tassi (F. M. Tassi, Vite dei Pittori, Scultori e Architetti bergamaschi, volume II, Bergamo 1793, p. 62).
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Half-length portrait of a man
Oil on canvas 62x53,5 cm.
In a parcel-guilt frame (defects) -
Lot 428 Maestro lombardo del secolo XVII
Maddalena
Olio su tela cm 78x63
In cornice (restauri)
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Lombard Master, 17th Century
Mary Magdalene
Oil on canvas 78x63 cm.
Framed (restorations) -
Lot 429 Scuola lombarda del secolo XVIII
Agar e l'Angelo
Olio su tela cm 79x61.5
In cornice
Cristo incontra i discepoli sulla via di Emmaus
Olio su tela cm 79x62
In cornice
Giaele e Sisara
Olio su tela cm 79x61
In cornice
L'Angelo appare ad Elia
Olio su tela cm 79x61.5
In cornice
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Lombard School, 18th Century
Agar and the Angel
Oil on canvas 79x61,5
framed
Christ meet two disciples on the way to Emmaus
Oil on canvas 79x62
Framed
Jael and Sisera
Oil on canvas 79x61
Framed
The Angel visits Elijah
Oil on canvas 79x61,5
Framed -
Lot 430 Piccola alzatina di forma circolare in argento dorato decorata a motivi fogliati e stilizzati (d. cm 12,5x7,5) (g 195 ca.) (lievi difetti)
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A circular golden silver stand (d. cm 12,5x7,5) (g 195 ca.) (minor defects) -
Lot 431 Coppia di fioriere in toile peinte decorate a chinoiserie (h. cm 13) (difetti)
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A pair of toile peinte flower pots (h. cm 13) (defects) -
Lot 432 Manifattura del secolo XVIII "Putto" scultura in porcellana policroma (h. cm 12) (difetti e mancanze)
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18th-century manufacture "Putto" polychrome porcelain sculpture (h. cm 12) (defects and losses) -
Lot 433 Coppia di doppieri in argento decorati in stile barocchetto a volute mosse, con base circolare mistilinea.
Manifattura europea, secolo XX (h. max 26 cm) (g tot. 1750 ca.)
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A pair of silver candelabras . European manufacture, 20th Century. (max h. 26 cm) (tot. g. 1750 ca.) -
Lot 434 Scatola a finto libro in pelle impressa in oro con ghiere in argento. Secolo XIX (difetti)
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A 19th-century leather-covered fake book box with silver mounts (defects) -
Lot 435 Vaso biansato in argento con corpo a balaustro fesonato, decorato a fasce di foglie, motivi floreali
applicati e cabochons in pietra dura. Italia, inizi secolo XX (h. cm 18 ca.) (g 690 ca.) (lievi difetti)
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A double-handled silver vase. Italy, early 20th Century (h. cm 18 ca.) (g 690 ca.) (minor defects) -
Lot 436 Manifattura veneto-emiliana, fine secolo XVIII. Due gruppi plastici in terraglia raffiguranti personaggi popolari (h. cm 16 e cm 15) (mancanze e restauri)
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Manufacture of Veneto-Emilia, late 18th century. Two terraglia groups with figures (h. cm 16 and h. cm 15) (losses and restorations) -
Lot 437 Vaso portafiori in argento con corpo a balaustro sagomato a fasce verticali baccellate, con superficie liscia e zigrinata alternata, e decorato da applicazioni e bordure a motivo floreale. Italia, metà secolo XX (h. cm 24,5 ca.) (g 710 ca.) (lievi difetti)
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A silver vase. Italy, mid-20th Century (h. cm 24,5 ca.) (g 710 ca.) (minor defects) -
Lot 438 Scatola in argento di forma ovale polilobata con superficie decorata a motivi floreali su fondo zigrinato e
pietra dura incastonata a giorno sul coperchio. Italia, anni '30/'40, marchio del Fascio (cm 16x14x14,5 ca.)
(g 465 ca.) (difetti)
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A silver box. Italy, 1930s - 1940s. Fascio Hallmark (cm 16x14x14,5 ca.) (g 465 ca.) (defects) -
Lot 439 Manifattura francese, seconda metà del secolo XVIII. Rinfrescatoio biansato in maiolica decorato a motivi vegetali stilizzati in rosso, blu e oro (h. cm 18) (difetti)
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French manufacture, second half of the 18th century. A polychrome majoilica cooler (h. cm 18) (defects) -
Lot 440 Eugenio Bellosio (Milano 1847 - Magreglio 1927)
"Dante" scultura in argento (h. cm 10) Poggiante su base in marmo Verde Alpi di forma sagomata. Firmata e locata "Milano" al retro
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"Dante" silver sculpture (h. cm 10) On marble Verde Alpi. Signed and located -
Lot 441 Antica scultura in bronzo raffigurante Venere (h. cm 18) Poggiante su base in alabastro (difetti)
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An antique bronze sculpture representing Venus (h. cm 18) On alabaster base (defects)