500 ANNI DI AUTOGRAFI - PARTE PRIMA Sessione unica
giovedì 21 marzo 2024 ore 18:00 (UTC +01:00)
Santa Giacinta Marescotti (Vignanello 1585 - Viterbo 1640), Reliquia e certificazione sulla licenziosa santa
Santa Giacinta Marescotti (Vignanello 1585 - Viterbo 1640)
Reliquia e certificazione sulla licenziosa santa
Legno e documento a stampa
Una pagina in-8
Firma/data: Viterbo 28 Agosto 1843
Stato di conservazione: buono
Numero componenti del lotto: 1
Documento a stampa (in parte manoscritto) datato Viterbo 28 Agosto 1843 firmato dal Presidente del Monastero di San Bernardino della città di Viterbo nel quale si attesta "che la qui sigillata crocetta è del legno della cassa in cui per più anni è stato il Corpo di S. Giacinta Marescotti, Religiosa dello stesso Venerabile Monastero". Una pagina in-8 obl. Su carta filigranata con sigillo in ceralacca rossa sotto carta.
Figlia del conte Marcantonio Marescotti e di Ottavia Orsini, Contessa di Vignanello (il cui padre aveva realizzato il Parco dei Mostri di Bomarzo), studiò, assieme alle sue due sorelle Ginevra e Ortensia, al convento di San Bernardino a Viterbo. Al termine degli studi Ginevra rimase in convento e prese il nome di Suor Immacolata. Membri di una famiglia assai potente ed illustre (che amava far risalire la propria origine ad un certo Mario Scoto, leggendario scozzese alleato di Carlo Magno nella guerra contro i Saraceni), Clarice e Ortensia furono introdotte nelle migliori case. Clarice era molto attratta dal giovane Paolo Capizucchi, ma egli chiese la mano della sorella minore Ortensia. Clarice ne rimase sconvolta e dopo qualche settimana decise di raggiungere la sorella Suor Immacolata a San Bernardino. Lì prese i voti, adottando il nome di Suor Giacinta. Fu una vocazione soltanto esteriore: in convento suor Giacinta tenne atteggamenti contrari alla disciplina della devozione. Anziché vivere in una cella, si fece arredare un intero appartamento nello stile delle sue stanze a Vignanello ed era servita da due giovani novizie. Condusse vita mondana e licenziosa fino al 1615, quando, in seguito ad una malattia, entrò in una crisi spirituale: si ritrovò sola e gridò forte: "O Dio ti supplico, dai un senso alla mia vita, dammi la speranza, dammi la salvezza!". Era profondamente sincera e Dio la ascoltò. Il giorno dopo venne a trovarla il Padre confessore, che però le negò l'assoluzione; la notte seguente Suor Giacinta trascorse l'intera notte pregando e provò una serenità ultraterrena. Si convertì e si diede ad esercizi di penitenza e di perfezione cristiana. Dedicò il resto della sua vita ad aiutare il prossimo. Dall'interno della clausura, moveva le fila di una fitta rete di aiuti ai poveri di Viterbo e, aiutata dal cittadino Francesco Pacini, fece nascere una confraternita laicale, detta dei Sacconi, col fine di raccogliere elemosine e soccorsi per i poveri.