LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI Sessione unica
giovedì 29 febbraio 2024 ore 18:00 (UTC +01:00)
Fiorenzo Tomea (1910 - 1960) Lago d'Iseo, 1947
Fiorenzo Tomea (1910 - 1960)
Lago d'Iseo, 1947
Olio su tela
70 x 90 cm
Firma: “Tomea” al recto
Altre iscrizioni: "Beatrice d'Este 17" al verso della cornice, con riferimento all'indirizzo dove Tomea vive, a Milano, dal 1935
Provenienza: lo studio dell'artista; Veneto Banca SpA in LCA
Esposizioni: Premio Iseo, estate 1947 (?)
Stato di conservazione. Supporto: 85% (macchie)
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Originario di un piccolo borgo del Cadore, dopo aver lavorato giovanissimo come venditore ambulante Fiorenzo Tomea frequenta a Verona tra il 1926 e il 1928 i corsi di disegno e pittura dell'Accademia Cignaroli, dove stringe amicizia con Giacomo Manzù e Renato Birolli. Trasferitosi a Milano nel 1928, attraverso Manzù e Birolli entra in contatto con la cerchia dei giovani artisti più aperti verso le esperienze dell'arte europea (Francesco Messina, Aligi Sassu, Bruno Cassinari, Domenico Cantatore) e l'anno seguente conosce il critico Edoardo Persico, che nel 1931 lo invita a esporre in una collettiva da lui organizzata alla Galleria Il Milione, seguita poi da una mostra personale nel 1934. L'incontro con Persico è determinante nel rafforzare l'indirizzo anticlassicista e antinovecentista dell'artista, orientandolo verso la pittura impressionista e postimpressionista. Proprio nell'urgenza di approfondire la conoscenza dei maestri dell'arte francese e delle più recenti tendenze artistiche, nell'autunno del 1934 Tomea con l'amico Sassu si reca a Parigi, dove vi rimane per sei mesi frequentando la comunità degli artisti italiani lì residenti (Giorgio De Chirico, Gino Severini, Filippo De Pisis, Massimo Campigli). Rientrato a Milano, l'artista definisce i caratteri fondamentali della sua pittura in cui una serie di temi di ispirazione metafisica e surreale (candele, maschere, scheletri, scelti come inquiete metafore della condizione umana) si alternano a paesaggi e nature morte in cui la semplificazione formale di ispirazione primitivista (da Giotto a Carrà) si associa a un uso libero del colore di chiara matrice francese.
Tali aspetti, a cui Tomea rimarrà sostanzialmente fedele lungo il corso della sua vicenda artistica, che si intreccerà in seguito anche con il movimento di "Corrente", sono ben evidenti in questo dipinto, la cui autenticità è stata confermata dal figlio dell'artista, il prof. Paolo Tomea (comunicazione scritta del 2 giugno 2021 ). Si tratta di una veduta del lago di Iseo, realizzata con molta probabilità in occasione della sua partecipazione fuori concorso al Premio Iseo nell'estate del 1947 (ipotesi confermata da Paolo Tomea, comunicazione scritta del 12 giugno 2021). L'opera, insieme a quella molto simile ma di dimensioni minori esposta nella retrospettiva del 2002 (Rossana Bossaglia, Antonella Alban, "Fiorenzo Tomea opere 1934-1959", Mel, Palazzo delle Contesse, 14 dicembre 2002-9 febbraio 2003, p. 136), rappresenta una parentesi nella produzione paesistica di Tomea, per lo più centrata a ritrarre la natia Zoppè di Cadore e i suoi dintorni dolomitici. Non dissimile è tuttavia il linguaggio pittorico: la cittadina di Iseo, affacciata sul lago e affiancata dal Monte Isola, è infatti restituita nei suoi tratti essenziali, con pennellata larga e sommaria che rende mobili i profili degli edifici e degli alberi e vibrante la luce perlacea che dal cielo striato di nubi si riflette sull'acqua. Una maniera lirica in grado di conferire al paesaggio un tocco di incantata spiritualità che l'artista, nel corso degli anni Cinquanta volgerà, nel segno della massima purezza primitiva, verso un registro meno atmosferico e più essenziale e geometrizzante.
Il dipinto è conservato nella cornice originale, scelta dall'artista, come si rileva da un appunto al verso: "Via Beatrice d'Este, 17", a Milano, dove l'artista si era trasferito nel 1935.
Sabrina Spinazzé
Ringraziamo il Prof. Paolo Tomea per il prezioso supporto nella catalogazione dell'opera.