Lotto 275 | ELISABETTA SIRANI (Bologna, 1638 - 1665) E GIOVANNI ANDREA SIRANI (Bologna, 1610 - 1670)

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ASTA 98 - DIPINTI, DISEGNI E SCULTURE DAL XIV AL XIX SECOLO ASTA 98 - DIPINTI, DISEGNI E SCULTURE DAL XIV AL XIX SECOLO
venerdì 26 novembre 2021 ore 14:30 (UTC +01:00)

ELISABETTA SIRANI (Bologna, 1638 - 1665) E GIOVANNI ANDREA SIRANI (Bologna, 1610 - 1670)

ELISABETTA SIRANI (Bologna, 1638 - 1665) E GIOVANNI ANDREA SIRANI (Bologna, 1610 - 1670)

Berenice

Olio su tela, cm. 109x149,5. Con cornice

Il dipinto è accompagnato da un' del Prof. Massimo Pulini.
L'opera è presentata in temporanea Importazione.
Cornice bolognese originale in legno dorato.
Questa tela di superba qualità rappresenta Berenice, figlia di Magas re di Cirene, nell’atto di tagliare con un paio di piccole forbici la sua lunga chioma bionda, aiutandosi con uno specchio di cui lo spettatore vede esclusivamente una piccola porzione del retro. La sovrana porta così a compimento un voto fatto ad Arsinoe, regina d’Egitto divinizzata in Afrodite Zefiritide, affinché suo marito Tolomeo III Evergete, futuro re d’Egitto, tornasse in salvo dalla guerra in Siria contro Antioco II. Un giovane paggio assiste Berenice in questo gesto simbolico di rinuncia a quello che tradizionalmente è uno dei connotati più caratteristici della femminilità, porgendole per contrasto i più tipici attributi bellici, l’elmo e la spada. Come narra l’astronomo di corte Conone, al felice ritorno in patria di Tolomeo il voto fu sciolto e la chioma di Berenice si trasformò miracolosamente in una costellazione di stelle, nota ancora oggi come Chioma di Berenice.
Quando fu rinvenuto, il dipinto venne presentato e pubblicato come autografo di Elisabetta Sirani nel catalogo della mostra "Guercino. Poesia e sentimento nella pittura del 600" (Roma 2003-2004, pp. 234-235). Fu Adelina Modesti (Bologna 2004, pp. 252-253) a ipotizzare per la prima volta che la tela potesse essere il frutto della collaborazione fra Elisabetta Sirani e il padre Giovanni Andrea. Tale opinione fu in seguito rivista dalla stessa studiosa in favore del solo Giovanni Andrea (Modesti 2014, n. 22, pp. 151-152) a seguito dell’interpretazione da lei data a un’indicazione contenuta in un inventario del 1671 della collezione di Simone Tassi a Bologna. La studiosa propone così di riconoscere la nostra tela con quella sommariamente descritta nell’inventario come una Semiramide di mano di Giovanni Andrea Sirani che faceva coppia con la Porzia di Elisabetta oggi presso la Miles & Ross Foundation di Houston (le cui misure, peraltro, sono cm. 101 x 138 rispetto ai cm. 108 x 150 dell’opera qui in oggetto). Se tale identificazione appare chiaramente problematica, viste le incongruenze di dimensioni e soprattutto di iconografia, va sottolineato come il nostro mirabile dipinto mostri un linguaggio pittorico a metà strada tra lo stile del padre e quello della figlia. Tipici di Giovanni Andrea, infatti, sono il trattamento delle vesti e l'impostazione teatrale della scena, mentre appaiono ben riconducibili ai modi di Elisabetta l'espressione energica dell'eroina, la figura abbreviata del giovane servitore e l’intonazione cromatica giocata sui rossi squillanti.
Dopo il 1660, del resto, era del tutto naturale che Elisabetta collaborasse alle commissioni paterne, e tanto l'atmosfera appassionata, quanto il piglio energico che traspaiono nella nostra opera rivelano pienamente il suo apporto decisivo alla tela impostata da Giovanni Andrea. Al di là delle questioni filologiche resta l'elevatissima qualità del dipinto, in cui viene eloquentemente celebrata la moralità della bellezza e la nobiltà del comportamento dall’eroina che, seppur pagana, poteva costituire un efficace modello di virtù per la nobiltà cattolica del Seicento.
Massimo Pulini suggerisce persuasivamente che l'opera sia stata eseguita intorno al 1664, negli ultimi tempi di vita di Elisabetta, poco prima della sua morte dovuta al perforamento dell’appendicite. Un evento tragico, che troncò brutalmente la carriera già luminosa della giovane artista e avrebbe condizionato per sempre anche la produzione di Giovanni Andrea, che non sarebbe più riuscito in seguito a raggiungere la qualità pittorica e il grado di espressività attestate da questa opera.
BIBLIOGRAFIA:
Guercino. Poesia e sentimento nella pittura del '600, catalogo della mostra, a cura di D. Mahon, M. Pulini, V. Sgarbi, Roma, 2003-2004, Novara 2003, pp. 234-235;
A. Modesti, Elisabetta Sirani: una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna 2004, pp. 252-253;
B. Bohn, The construction of artistic reputation in Seicento Bologna: Guido Reni and the Sirani, in Renaissance studies, 2011, n. 25, 4, pp. 511-537;
M. Pulini, Le terre della pittura tra Marche e Romagna: Cesena, Galleria Comunale d’Arte, 25 giugno - 28 agosto 2011, Santa Lucia (Cesena), 2011, p. 25;
A. Modesti, Elisabbetta Sirani 'Virtuos’. Woman's Cultural Production in Early Modern Bologna, in Late medieval and Early Modern Bologna, Brepols 2014, n. 22, pp. 151-152 e p. 390;
D. Dotti, Donne nell’arte da Tiziano a Boldini, Milano 2020, pp. 54-55.