Lotto 92 | Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (Cremona 1550 circa - 1617)

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lunedì 19 aprile 2021 ore 15:00 (UTC +01:00)

Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (Cremona 1550 circa - 1617)

Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (Cremona 1550 circa - 1617)
"Trionfo dell’Eucarestia"
Olio su tela
"Triumph of the Eucharist"
Oil on canvas
153 x 112 cm

Provenienza: lotto 406
Asta di Arredi e dipinti antichi - Oggetti d'arte - Disegni - Incisioni
19/03/2007, Finarte, Milano

Figlio di Sepolcro Mainardi, sconosciute sono le generalità della madre. Andrea nasce a Cremona intorno al 1550, probabilmente nella parrocchia dei SS. Siro e Sepolcro. Il soprannome curioso con cui viene chiamato sia lui che tutti i membri della sua famiglia favorisce l'ipotesi che vivessero tutti presso il piccolo canale cittadino, chiamato Chiavega. Sono discordi le fonti sul suo alunnato: secondo Orlandi è allievo di Giulio Campi, secondo Lamo è invece scolaro di Bernardino Campi, e non è scorretto pensare che lo sia stato di entrambi.
La sua prima opera certa è l’affresco firmato e datato 1577 che raffigura la Madonna in trono fra i SS. Agostino e Nicola da Tolentino per la chiesa cremonese di S. Agostino; in origine nel coro, poi strappato e trasferito nella cappella del Ss. Sacramento.
Le sue prime esperienze dimostrano uno stretto legame con Bernardino e Giulio Campi, suoi maestri ed ispiratori, mentre col passar degli anni, formandosi un’espressione pittorica personale, in Mainardi si riscontra un avvicinamento alla pittura lombardo-emiliana e a G.B. Trotti detto il Malosso. Le opere della prima maturità mostrano un’impostazione bilanciata e simmetrica, un uso di colori contrastanti, vividi e laccati che ricordano certi esempi bresciani e bergamaschi. In seguito il Mainardi risente della pittura del pavese Benardino Gatti detto Sojaro, attivo a Cremona nel settimo decennio e ivi morto nel 1576. Di questi anni è uno dei massimi capolavori del Mainardi, Il “Cristo sotto il torchio”, realizzato nel 1594 per la chiesa cremonese di S. Agostino: godibile tela dal caldo colorito, ricolma di personaggi dai ricchi vestiti e ben bilanciati sebbene l’insieme goda di complesso dinamismo scenico.
All’ultimo periodo, invece va riportata la deliziosa tela in esame che gode dell’equilibrio geometrico del primo Chiaveghino, che dispone in perfetta simmetria i due angeli e li colora di tinte tanto vive quanto delicate, probabilmente apprese dal massimo pittore cremonese del periodo, ovvero Giovanni Battista Trotti detto il Malosso. La designazione della tela alla fase estrema dell’attività del Mainardi è testimoniata dal disegno (penna su carta; pennello; inchiostro bruno; acquerello di 245 mm x 330 mm), di cui l’opera è l’esatta trascrizione pittorica, conservato al Museo Civico Ala Ponzone, datato dagli studiosi intorno al 1605-1607. L’estrema qualità dell’opera, che risalta all’interno del corpus mainardesco, ci permette di catalogarla tra i suoi migliori lavori in assoluto. Di rimarchevole fattura e bellezza è la splendida cornice, con stemmi nobiliari, probabilmente della famiglia committente, che tutt’oggi veste la nostra tela