Asta di Antiquariato, Arredi, Dipinti Antichi e del XIX Secolo, Arte Orientale, Gioielli ed Orologi Prima Sessione - dal lotto 1 al lotto 243 - Arredi, Antiquariato e Dipinti Antichi
lunedì 8 maggio 2017 ore 15:00 (UTC +01:00)
Coppia di candelieri a due fiamme in bronzo dorato e dipinto raffiguranti...
Coppia di candelieri a due fiamme in bronzo dorato e dipinto raffiguranti moretti datati sulla base 1788, supporto a plinto in marmo bianco e grigio, altezza cm 56 IL MITO DEL “BUON SELVAGGIO” Negli anni tra il 1795 e il 1815 furono realizzati oggetti d'arte denominati “au bon sauvage”, il buon selvaggio. L'osservatore contemporaneo generalmente reagisce di fronte a queste rappresentazioni con un duplice sentimento: fascino e irritazione. Impressionato dall’indubbia qualità dei raffinati bronzi e dal fascino dell'esotico, ma anche distaccato dal loro implicito potenziale discriminatorio. Questa dualità ci’invita ad osservare con maggiore attenzione l'ambiente sociale di questi particolari candelieri. A partire dalla spedizione di Cristoforo Colombo il soggetto dei “selvaggi” è stato ricorrente nella filosofia Europea. Il mito del buon selvaggio è fondato principalmente sul concetto di “stato di natura” nella quale non esistono differenze tra gli uomini: la disuguaglianza e l'oppressione sono il risultato di un'organizzazione della società che è contraria alla natura e alla ragione umana. Il mito di un uomo primitivo, fondamentalmente buono perché semplice e naturale, non contaminato dai vizi della civiltà moderna. L'uomo nasce buono ed è soltanto la civiltà, che con il suo insieme di convenienze e di leggi (tra i quali anche la proprietà privata), lo rende schiavo di bisogni ed’obblighi artificiali, e perciò egoisti, malvagi, inquieti ed infelici. Con il termine “selvaggio” s'intendono gli uomini appartenenti a civiltà, così diverse dalle nostre da meritare l'appellativo di “uomini delle selve”, esseri privi di qualsiasi civiltà. Il mito del buon selvaggio, diffuso all'inizio specialmente dai missionari cattolici, che polemizzano contro i costumi corrotti degli europei, ben presto diviene patrimonio della cultura laica, nel senso che il selvaggio era cresciuto "buono" al di fuori della rivelazione e nonostante il peccato originale. Nel 1774 fu portato in Europa, creando grande eccitazione a Londra e Parigi, un indigeno dei mari del sud, Omai. Egli fu mostrato in pubblico ed esaminato da scienziati. Omai fu ricevuto in udienza dal re Giorgio III e ritratto nel 1776 dal più famoso ritrattista del tempo, Sir Joshua Reynolds (1723-1792) in un dipinto oggi conservato ad Howard Castle (Gran Bretagna). Neanche i più realistici reportage e i racconti di’esperienze personali di viaggio poterono impedire agli europei di idealizzare gli abitanti di questi luoghi esotici. Ciò si riflesse anche nelle varie interpretazioni artistiche sul tema. I selvaggi erano buoni di cuore, vivevano in luoghi paradisiaci, e grazie alla loro prossimità alla natura e alla loro libertà innata, essi erano anche più vicini al loro Creatore. Nella tradizione europea tale creatura era anche dotata di una bellezza superiore. Riccioli, labbra carnose e occhi completamente bianchi erano i caratteri distintivi di una razza diversa. Alcuni aggiunsero altri attributi quali una corona di piume, braccialetti e sandali, che erano sufficienti a creare un'apparenza esotica e mostrare l'immagine del selvaggio.