Lotto 12 | Francia. Manifattura Reale di Aubusson (1730 - 1750) Flora e Zefiro o la Primavera, 1730 circa

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IL CULTO DELL'ARREDO SESSIONE UNICA
mercoledì 19 marzo 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)

Francia. Manifattura Reale di Aubusson (1730 - 1750) Flora e Zefiro o la Primavera, 1730 circa

Francia. Manifattura Reale di Aubusson (1730 - 1750)
Flora e Zefiro o la Primavera, 1730 circa
Arazzo in lana e seta
294 x 469 cm

Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: Scheda di Raffaele Verolino, non datata; expertise di Nello Forti Grazzini, in copia

Stato di conservazione. Supporto: 70%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (cornice esterna in gran parte rifatta, integrazioni, colori sbiaditi e ripresi in particolare nel registro superiore)

Come segnala Nello Forti Grazzini, in una approfondita scheda critica del 2004 che viene di seguito ampiamente citata, il soggetto dell'arazzo in asta è liberamente ispirato a Ovidio, Fasti, V, 193-214, dove è descritto Zefiro che insegue la ninfa Clori e la ghermisce; ed ella si trasforma in Flora, divenendo sposa del dio e signora dei fiori e della primavera.
La scena intessuta rappresenta il tempo successivo di Clori, quando è ormai insediata nel suo regno naturale. Flora, infatti, compare al centro dell'arazzo, in atto di confezionare una lunga ghirlanda di fiori, mentre lo sposo Zefiro, con ali di farfalla, le porge un cesto. Intorno alla coppia, molti amorini, a rafforzare il tratto galante della composizione. Tra essi, forse Cupido, con arco e frecce, si allontana verso destra, dopo aver «felicemente svolto la "missione" di suscitare l'amore». L'ambientazione è ricca di piani, «segnati dagli obliqui profili delle balze che si succedono in profondità e dalle quali si sviluppano cespugli e alberi di diversa specie, con un ruscello sul proscenio e, nello sfondo a destra, con un edificio». La composizione è serrata da un bordura, che simula una cornice lungo la quale «si avvolge a spirale una ghirlanda di fiori; in ciascun angolo un tondo a intaglio con una piccola margherita». La cimosa, blu, «pur autentica», non presenta alcuna marca o firma di arazziere, né l'arazzo risulta menzionato nella bibliografia specialistica sulle antiche tappezzerie.
Secondo Forti Grazzini, il panno è stato tessuto a Aubusson, probabilmente non lontano dal 1730: «Oltre alla fine tessitura, un'inequivocabile "spia" della provenienza e della datazione del panno è costituita anzitutto dalla gamma cromatica, poi dal modo in cui sono raffigurate le piante sul proscenio, ciascuna isolata e con le foglie e i fiori sbiancati da intesi colpi di luce. Allo stesso modo sono definiti e illuminati gli elementi vegetali dei prosceni e, sui secondi piani, i riempitivi vegetali delle serie dette delle 'Verdure esotiche' (o 'Panorami cinesi'), eseguite e frequentemente replicate a Aubusson nel secondo quarto del XVIII secolo (cfr. gli arazzi riprodotti da D. Chevalier, P. Chevalier, P.F. Bertrand in "Les tapisseries d'Aubusson et de Felletin 1457-1791, Parigi, 1988, pp. 128-131). Anche nelle 'Verdure esotiche' si ritrovano poi uccelli fissati in volo con le ali aperte, inclinati verso l'alto, col muso e con becco girato all'insù, come quello che, nel nostro arazzo, attraversa il cielo sopra la testa di Cupido. La bordura a modanatura tubolare a cui si attorciglia a spirale una ghirlanda è un altro elemento tipico, data la frequenza con cui ricorre negli Arazzi di Aubusson; e particolarmente significativo appare il confronto con due tappezzerie raffiguranti 'Giochi di bimbi' (la 'Cavallina' e la 'Danza') nel Musée du Petit Palais a Parigi, nn. AO 14-15 (cfr. "Jeux et divertissements. Tapisseries du XVIe au XVIIIe siècle", cat. mostra, Arras-Aubusson 1988, nn. 24-25), datate verso il 1720-1730, con iscrizioni relative a Aubusson e firme degli arazzieri (Michel Vallenet e Mangonat), nelle quali non soltanto compaiono bordure uguali, ma anche rifinite con identici "intagli" decorativi angolari».
La composizione è messa in relazione da Forti Grazzini con i nuovi modelli figurativi introdotti a Aubusson da Jean-Joseph Dumons (1687-1779), nominato il 20 marzo 1731 alla Tapisserie «pour y former des dessinateurs, y corriger les anciens dessins, et enseigner aux ouvriers les secrets de la composition et du coloris». Tra il 1731 e il 1755, Dumons dipinse venti cartoni per la manifattura di Aubusson e due per quella di Felletin. Questa nuova fioritura, ulteriormente rafforzata dai fondi di cartoni giunti a Aubusson dopo la dismissione da parte dei Gobelins e da Beauvais, coinvolge molti pittori rimasti anonimi. Lo specialista data la produzione dell'arazzo intorno al 1730, collegandola ad un anonimo cartonista minore, che doveva però conoscere una serie di arazzi prodotti dalla manifattura parigina dei Gobelins, tra il 1700 e il 1730, oggi conservati presso il Cleveland Museum of Art e il Musée des Arts Décoratifs di Lione, appartenenti a serie dedicate al tema degli 'Amori degli dei' o delle 'Metamorfosi di Ovidio' (cfr. E.A. Standen, "Ovid's 'Metamorphoses': A. Gobelins Tapestry Series", in "Metropolitan Museum Journal", 23, 1988, pp. 149-191, in particolare p. 171, figg. 30, 31, 33). Tra gli arazzi dei Gobelins di tema analogo, in uno conservato al Mobilier National: cfr. Standen 1988, fig. 34), Zefiro, anziché incoronare Flora seduta, le porge un fiore da una cesta, simile a quella che lo stesso personaggio reca nell'arazzo qui esaminato. Ad altri arazzi della stessa serie si ispirano, infine, sia l'amorino inginocchiato a sinistra che coglie rose (cfr. "Vertumno e Pomona" in Standen 1988, fig. 40) sia la figura di «Flora con il volto sollevato e con una gamba che, sotto l'ampia gonna, copre l'altra, appoggia un tallone sull'altro piede (da "Bacco e Arianna" disegnato da Louis de Boullogne, cfr. Standen 1988, figg. 43, 44)».
Forti Grazzini ritiene l'arazzo «originariamente inserito in una più ampia serie di panni accomunati dal soggetto, dallo stile, dalle uguali bordure», anche se oggi appare «come un pezzo isolato». «È difficile dire se la serie originaria rappresentasse, come quelle tessute ai Gobelins, gli 'Amori degli dei' ispirati alla poesia ovidiana, o un ciclo delle stagioni, dove Flora avrebbe rappresentato la Primavera. A Aubusson, all'inizio del XVIII secolo, le serie raffiguranti 'antologie' mitologiche furono molto rare; esiste comunque un arazzo di Aubusson del primo Settecento, ma con diversa bordura, raffigurante il 'Ratto di Europa', che potrebbe essere stato disegnato dallo stesso cartonista e che dunque potrebbe essere stato parte del medesimo ciclo in una serie replicata. Quanto ad arazzi delle 'Stagioni' tessuti ad Aubusson all'inizio del XVIII secolo, ne sopravvivono vari, appartenenti a più cicli figurativi di ispirazione mitologica, nei quali significativamente la Primavera è illustrata da scene di cui sono protagonisti Flora e Zefiro, o Flora da sola: le due figure compaiono in un arazzo della Primavera che è parte di un ciclo delle 'Stagioni' che sopravvive completo presso il Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo (cfr. Birioukova, "Les tapisseries francaises de la fin du XVe siècle dans les collections de l'Ermitage", Leningrado, 1976, nn. 76-79). In un differente ma coevo ciclo delle 'Stagioni' nel quale le personificazioni stagionali sono rappresentate da figure in piedi entro paesaggi, più volte replicato e i cui soggetti sono transitati più volte sul mercato antiquario, la Primavera mostra Flora in una ambientazione verdeggiante, con putti e fanciulle che le recano fiori. Perciò, sul piano "statistico" se non altro, è più probabile che l'arazzo qui esaminato fosse originariamente parte di un ciclo delle 'Stagioni', i cui altri soggetti potrebbero prima o poi tornare alla luce».
A dimostrazione della diffusione dell'invenzione con Flora corteggiata da Zefiro, si può citare una composizione di Louis de Boullogne II (1654-1733), con "Zefiro che incorona Flora", commissione della corte francese per la decorazione della galleria di Francesco I a Fontainebleau, e un dipinto con "Zefiro e Flora", di Antoine Coypel (1661-1722), conservato a Versailles.
Per un excursus sulla ampia iconografia di Flora, si veda J. Held, "Flora Goddess and Courtesan", in "De Artibus. Opuscola XL. Essays in honor of Erwin Panofsky, a cura di M. Meiss, I, New York, 1961, pp. 201-2018).

L'arazzo è stato fotografato in condizioni di luce diversa, con i risultati cromatici leggermente diversi che si vedono nelle foto di corredo.

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