IL CULTO DELL'ARREDO SESSIONE UNICA
mercoledì 19 marzo 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)
Pietro Fragiacomo (1856 - 1922) Pescatori sulla riva, 1890 circa
Pietro Fragiacomo (1856 - 1922)
Pescatori sulla riva, 1890 circa
Olio su tela
106,1 x 246 cm
Firma: “P. Fragiacomo” al recto
Altre iscrizioni: Altre iscrizioni: “proprieta Vigo Enrica anno 1971” sul verso
Provenienza: collezione privata, Montecatini Terme; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Giuseppe Luigi Marini, a cura di, "Il valore dei dipinti dell'Ottocento italiano", V edizione, Torino, 1987, pp. 142-143 (ill.) ("Partenza per la pesca”)
Certificati: Fotocertificato di Paolo Campiano
Stato di conservazione. Supporto: 70% (rintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (cadute di colore e integrazioni)
Trasferitosi nel 1864 a Venezia dalla natia Trieste, dopo aver lavorato per un periodo a Treviso come fabbro e tornitore, a ventidue anni Pietro Fragiacomo si iscrive all'Accademia di Belle Arti seguendo i corsi di prospettiva con Tommaso Viola e di paesaggio con Domenico Bresolin, che lo introduce alla pittura dal vero. Insofferente alle regole accademiche, dopo un anno abbandona gli studi, continuando tuttavia a dipingere grazie all'incoraggiamento degli amici Giacomo Favretto ed Ettore Tito. Se il suo esordio, nel 1880 alla IV Esposizione di Belle Arti di Torino, avviene sotto il segno della pittura di genere di impronta favrettiana, ben presto Fragiacomo inizia a dedicarsi in maniera esclusiva al paesaggio, privilegiando i vasti orizzonti della laguna e la vita dei pescatori e affermandosi in breve tempo come uno dei maggiori paesisti italiani. Da una prima produzione che, per schemi compositivi e tavolozza tersa e luminosa, si mostra vicina ai modi di Giuseppe Ciardi, Fragiacomo approderà alla fine degli anni Ottanta a un suo personale linguaggio in cui i temi lagunari sono interpretati con accenti lirici e crepuscolari attraverso una pennellata sciolta e sintetica, memore della lezione del naturalismo lombardo, capace di distillare con grande maestria la mutevolezza e il trascolorare delle luci nonché le impalpabili variazioni atmosferiche. A questo momento che, nel malinconico imbrunirsi della tavolozza, rivela la chiara influenza dei marinisti olandesi e scandinavi, va ricondotta l'opera in oggetto, non presente nel catalogo generale dell'artista a cura di Andrea Baboni (Andrea Baboni, Pietro Fragiacomo, Trieste, 2016) ma la cui autenticità è stata confermata dallo studioso (comunicazione scritta del 21 maggio 2021). Si tratta certamente di un quadro da esposizione, come si evince dalle dimensioni impegnative, presentato a una delle numerose rassegne a cui l'artista prese parte con successo in Italia e all'estero. Raffigura due pescatori che spingono una barca nelle prime luci dell'alba, mentre una donna in primo piano è chinata su un cesto e altri popolani sono indaffarati sullo sfondo. L'impianto compositivo, con la barca a destra lungo la diagonale della costa e il fondersi del mare e del cielo sulla sinistra, è il medesimo di opere datate al 1890 circa (Baboni 2016, p. 340 nn. 175 e 176), sebbene in questo caso l'artista adotti quel registro orizzontale che era stato tipico della pittura di Ciardi e che sarà da lui sfruttato in moltissimi altri dipinti. Le figure appaiono sinteticamente definite, i volti appena abbozzati. Vera protagonista della tela non è infatti la vicenda umana, bensì la luce perlacea dell'alba, che dal cielo si riflette sull'acqua del mare e sulla riva bagnata in un'infinita e raffinata quantità di modulazioni tonali, mentre sulla destra le figure si confondono con il paesaggio, reso in una ricca gamma di tonalità brune. Un'interpretazione lirica e intimista che, come osserva Ugo Ojetti, non è lontana dagli esiti raggiunti a suo tempo dalla grande tradizione del paesaggio romantico inglese: «Ormai la figura era diventata per lui solo un commento al paesaggio, ormai egli si riuniva deliberatamente ai grandi paesisti moderni che da Constable a Turner avevano riconosciuto un solo “personaggio” espressivo delle loro passioni, la luce, e con una loro istintiva e grandiosa filosofia avevano ricondotto l’uomo ad essere con le piante, con le bestie, con le acque e con le pietre, un semplice oggetto di colore e di riflesso, simile alle cose, cosa minima e passeggera egli stesso, avvolto con le pietre e con le piante dal medesimo sole» (U. Ojetti, "Pietro Fragiacomo, in Ritratti d’artisti italiani", Milano, 1911, p. 154). Una maniera che sempre più, con l'entrare nel nuovo secolo, Fragiacomo andrà caricando di umori simbolisti, con una sintesi di linguaggio aperta ad accogliere stilizzazioni e stilemi propri dell'Art Nouveau.
Il dipinto ha avuto due accurati interventi di restauro, nel 2009 (Lareco) e nel 2011 (Paolo Fabris).
Sabrina Spinazzè
Ringraziamo Andrea Baboni per il supporto dato alla catalogazione dell'opera.