Meraviglie Atto II. La Gioia a colori. II
-
Lotto 354 Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
Laguna, 1880
Olio su tela
35 x 64 cm
Firma: in basso a destra, "Ciardi"
Data: "1880", sulla vela avorio di una imbarcazione a sinistra
Elementi distintivi: etichetta con numero di inventario "CE 09/22"; "CIARDI" a pennarello al verso della cornice
Provenienza: Leslie Hindman, Chicago (1993); collezione privata, Venezia
Bibliografia: Maurizio Agnellini, “Ottocento italiano. Pittori e scultori. Opere e Mercato”, Milano, 1994, tav. XX; Volker e Erwin Silbernagl, a cura di, “Pittori a confronto”, catalogo della mostra, Daverio, 1995, p. 35; Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale dei dipinti”, Crocetta del Montello, 2007, p. 221, n. 128
Esposizioni: “Pittori a confronto”, Milano, Galleria Sibernagl, 1995
Stato di conservazione. Supporto: 90% (rintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (cadute di colore e ridipinture)
A partire dal 1873 Guglielmo Ciardi si afferma come cantore della laguna veneta, erede predestinato di Canaletto, Guardi e Bellotto (Stefano Bosi, “Il cantore della laguna veneta: I cicli delle ‘basse maree’ e dei ‘pescatori in laguna’”, in Enzo Savoia, Francesco Luigi Maspes, a cura di, "Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell'Ottocento", Crocetta del Montello, 2013, pp. 92-95). Allievo della scuola di paesaggio istituita da Domenico Bresolin presso l’Accademia di belle arti di Venezia, l’artista aveva saputo creare un felice connubio tra la tradizione veneta, di cui riprende atmosfere e tavolozza, con le ricerche più innovative del suo tempo tra “macchia” e “vero”. Il peculiare punto di vista della terra vista dal mare o da uno degli isolotti della laguna gli aveva permesso di operare tale sintesi e di lavorare sul motivo cogliendo le infinite variazioni degli effetti di luce sulla superficie dell’acqua. Il mare è sempre calmo e le rare figure umane sono operose, in un’armoniosa compenetrazione tra uomo e natura, che si trasfigura una dimensione serena e atemporale. Si tratta di veri e propri cicli, in cui viene nel corso degli anni preso nota di ogni dettaglio atmosferico e di ogni attività umana attraverso dipinti tutti diversi l’uno dall’altro. Dopo un soggiorno a Parigi per visitare l’Esposizione universale del 1878 la pittura di Ciardi si fa matura e internazionale, come attestato dall’opera in esame proveniente dal mercato americano e datata 1880 sulla vela color avorio della sesta imbarcazione da sinistra. La pennellata diviene più liscia e il contrasto cromatico tra le zolle di terreno e l’acqua più evidente. Una donna con due bambini osserva da un piccolo molo, che chiude la composizione, le vele delle barche da pesca che si dispiegano sulla laguna. Il cielo appena corrusco di nubi si riflette placido sulla superficie del mare, che segna tutto il contorno del dipinto. L’artista orchestra con sapienza le variazioni cromatiche, passando in basso dal marrone all’azzurro, lungo la linea dell’orizzonte dall’azzurro all’avorio degli edifici, tratteggiati con fare miniaturistico, e a destra dall’azzurro al cobalto dei colli in lontananza.
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 356 Maurizio D'Agostini (1946)
Mercurio (il messaggero alato), 2008
Terracotta semire dipinta
64,2 x 52 x 51,5 cm
Firma: “M D” inciso sulla base
Data: “08” inciso sulla base
Altre iscrizioni: titolo “MERCURIO” e “OMAGGIO A G. HOLST” incisi sulla base
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: F. Girardello, I Pianeti, l'invenzione cosmica di Maurizio D'Agostini, in Catalogo della mostra alla Fondazione G. B. Cima da Conegliano, 2009
G. Grossato, D'Agostini sulle tracce di Holst, e i pianeti diventano sculture, in Il Giornale di Vicenza, 9 luglio 2009
M. Valediano, Un argonauta lungo rotte enigmatiche, in Il Giornale di Vicenza, 18 novembre 2009
C. Franchetti, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Sondrio, 2011, pp, 32-33 (ill.)
G. Grossato, I pianeti di Maurizio D'Agostini, in Artantis, Palermo, luglio-agosto 2011
G. Grossato, I pianeti di Maurizio D'Agostini a casa dell'astronomo Piazzi, in Il Giornale di Vicenza", 11 maggio 2011
Aa. Vv., Enciclopedia Artisti contemporanei, Roma, 2013, pp. 128-129
B. Buscaroli e P. Levi, testi di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Costa di Mezzate, 2016, pp. 9, 11, 24-25 (ill.)
D. Radini Tedeschi e S. Pieralice, "Atlante dell'Arte", Novara, 2020, sub vocem
G. Maritati, L'Atlante dell'arte 2020, in TG1, 11.06.2020
A. Keran, I pianeti di Maurizio D'Agostini. La chiave metafisica della Materia, in Amedit, autunno 2020
Esposizioni: F. Girardello, a cura di, I Pianeti. L'invenzione cosmica di Maurizio D'Agostini, Fondazione Giovanni Battista Cima, Conegliano, 1 maggio - 14 giugno 2009
C. Franchetti, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Teatro Comunale Giuseppe Piazzi, Sondrio, 24 aprile - 15 maggio 2011
Aa. Vv., "I sette pianeti. Omaggio a Gustav Holst", mostra itinerante nelle sedi di Veneto Banca di Bari (Palazzo Barone Ferrara), Fabriano, Verona, Verbania, 2014
B. Buscaroli e P. Levi, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Veneto Banca, 2016
Stato di conservazione. Supporto: 60% (ali fratturate e ricomposte ma instabili; danni da urto e frizione soprattutto alla base)
Stato di conservazione. Superficie: 90%
L'opera fa parte di una serie realizzata da D'Agostini nei primi anni 2000 sui pianeti, dedicata a Gustav Holst (1874-1934), che ebbe successo mondiale con la suite "The Planets". «Mi appassionai - racconta l'artista, che già nel 1999 aveva tratteggiato a pastello l'Uomo degli astri (Buscaroli e Levi 2016, p. 11) - alla suite musicale de "I sette pianeti" di Gustav Holst a casa di amici, i coniugi Borgato. Paola e Luigi Borgato sono costruttori di pianoforti. Quella sera mi invitarono a cena. Con noi c'era anche il pianista Igor Roma. Era una bellissima serata d'Autunno del 2001 e dopo cena, per concludere quel caloroso e gioviale incontro, Igor si accomodò al pianoforte (un pianoforte Borgato a coda, naturalmente!), un eccezionale strumento nero come la notte e lucido come uno specchio. E lì, con le sue dita che correvano furiosamente sulla tastiera, Igor mi fece conoscere Marte portatore di guerra di Gustav Holst. L'impatto fu immediato, rimasi letteralmente catturato da quei suoni potenti, che in parte già conoscevo per averli sentiti in alcune colonne sonore di film d'azione. Confesso che non conoscevo Holst, il compositore, ma la sua musica, un po', sì! Stavo trascorrendo un periodo di crisi creativa, come mi è sempre accaduto, a fasi alterne. Mi trovavo in una situazione in cui avevo grande necessità, assoluto bisogno di una scintilla che accendesse la miccia della mia fantasia creativa e Marte portatore di guerra fu vera dinamite! Quella famosa sera, rincasando, la mia anima stava meravigliosamente bene. Mi venne in mente un progetto ambizioso, superbo: avrei realizzato i miei sette pianeti sulla base delle musiche di Gustav Holst. Ascoltando il divino Holst nacquero nell'arco di sette anni i miei personaggi. Ero inebriato da quelle musiche. Il mio scopo consisteva nel materializzare quei suoni secondo le mie visioni, riuscire a creare delle sculture che fossero in grado di rappresentare le musiche che ascoltavo. Fu una impresa di cui vado molto fiero, una ricerca e una sperimentazione che mi ha portato molto lontano, nel mondo esaltante del mistero e dell'inconscio. E così nacquero in ordine temporale Giove, Saturno, Marte, Venere, Nettuno, Mercurio e Urano.» (M. D'Agostini, estratto dal Carnet de voyage, in Buscaroli e Levi 2016, p. 11). La portata allegorica di ogni pianeta è ben sintetizzata da Beatrice Buscaroli nella introduzione alla mostra del 2016 (p. 9): «la seduzione di Venere, la regalità musicale di Giove, l'assolutezza imperativa di Marte, la fluidità turbinosa di Saturno, la dimensione proteiforme e vibratile di Mercurio, la gravità mistica di Nettuno, la struttura labirintica di Urano».
Il ciclo - nel suo svolgersi negli anni - consente a D'Agostini di richiamare la memoria del proprio apprendistato nell'incisione, nello sbalzo e nel disegno presso la Scuola d'Arte e Mestieri di Vicenza, unendoli all'esperienza della scultura monumentale, ed all'approfondimento della ceramica, che dal 2004 inizia a dipingere con oli e acrilici al modo degli antichi (Buscaroli e Levi 2016, p. 37). Nasce così un modo di fare scultura che dichiara il proprio legame con la musica, ma che è prima di tutto di impronta teatrale, con il definirsi di personaggi che sono in realtà maschere e abiti almeno quanto idee.
Di ogni scultura della serie esistono diversi disegni preparatori, che ne rivelano la genesi: Mercurio è costruito sul tema delle ali e della rotazione, nonché della duplicità (Franchetti 2011, p. 32; Buscaroli e Levi 2016, p. 24).
Del ciclo D'Agostini ha realizzato, a richiesta, esemplari in bronzo. -
Lotto 357 Beppe Ciardi (1875 - 1932)
Spiaggia marina, 1923-1925 circa
Olio su tela
60,5 x 104,5 cm
Firma: In basso a sinistra al recto "Beppe Ciardi"; sul retro, Beppe Ciardi
Altre iscrizioni: sul telaio, "Spiaggia marina” a pennello
Elementi distintivi: al verso del telaio, a gessetto bianco "8"; a gessetto azzurro "370"; a matita le dimensioni ("105x60") ed etichetta della esposizione "Dolomiti d'acqua, Belluno, Palazzo Crepadona" del 2016
Bibliografia: Giovanni Granzotto, a cura di, “Dolomiti d'acqua. Il viaggio della pittura dai monti verso Venezia e la laguna”, catalogo della mostra, Belluno, 2016, p. 35; Stefano Bosi, scheda in Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 14-17, 160; Stefano Zampieri, scheda in Luisa Turchi, Stefano Cecchetto, a cura di, “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, catalogo della mostra, Venezia, 2018, pp. 134, 224, n. 48; Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo generale delle opere”, Torino, 2019, p. 243, n. 818
Esposizioni: Dolomiti d'acqua. Il viaggio della pittura dai monti verso Venezia e la laguna”, San Vito di Cadore, Scuole Elementari, 2016; “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell’800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017; “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, Venezia, Palazzo Querini, 2018
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (ridotte riprese pittoriche)
Il tema della partenza e del rientro di marinai e pescatori ricorre negli anni Venti del Novecento nella produzione di Beppe Ciardi (Venezia 1875 – Quinto di Treviso 1932), che tornato a Venezia dopo la pausa della Grande Guerra, indugia su visioni dall’afflato lirico. Figlio del notissimo Guglielmo e fratello di Emma, l’artista dopo una prima formazione sotto la guida paterna per il paesaggio e di Ettore Tito per la figura, attraverso l’amicizia con Vittore Grubicy si era accostato alle innovazioni del luminismo divisionista. In sintonia con le ricerche segantiniane, la natura era divenuta protagonista delle sue opere. Il dipinto, intitolato sul telaio “Spiaggia marina”, fa parte di una serie di opere con pescatori e donne sulla spiaggia (Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo generale”, cit., p. 243 nn. 817-821). In un reciproco rapporto in quest’opera lo stato d’animo di attesa delle donne e dei bambini e l’atmosfera tempestosa del paesaggio costituiscono una sorta di unità emotiva. Mentre ancora non compaiono le prime imbarcazioni all’orizzonte, il cielo si fa cupo, le nuvole si gonfiano di pioggia e il mare è scosso da raffiche di vento. Con la consueta perizia l’artista rende attraverso diversi toni di grigio l’incedere del temporale con il cielo scuro in primo piano e la pioggia che si scarica sulla linea dell’orizzonte. Le figure in attesa costituisco un gruppo compatto, appena ravvivato da pochi toni di rosso e azzurro, da cui si staccano i personaggi isolati sulla destra e quelli seduti sull’asse di legno, che chiude obliquamente lo spazio all’estrema sinistra. Segno del rientro sono alcune barche già tirate a riva, circondate da figure tanto piccole e tanto distanti da confondersi con la sabbia. Spettatore esterno e nel contempo partecipe della scena, l’artista sceglie un punto di vista leggermente rialzato che permette di inquadrare con taglio fotografico quanto più persone e quanto più scenario naturale possibile.
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 359 Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
Ottobre, 1907 circa
Olio su tela
80,5 x 129 cm
Firma: in basso a sinistra, "G. Ciardi"
Elementi distintivi: etichetta con numero di inventario "1889" (?) sul telaio
Provenienza: collezione privata, Venezia
Bibliografia: “Catalogo della IV Esposizione di Arte Italiana”, Bergamo, 1907, pp. 27, 54, n. 12; Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale dei dipinti, Crocetta del Montello, 2007, p. 328, n. 494
Esposizioni: IV Esposizione di Arte Italiana”, Buenos Aires, 1907
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e riprese pittoriche)
Pittore sempre aggiornato e attento alle sollecitazioni che gli giungono dagli artisti internazionali presenti alle Biennali di Venezia, Guglielmo Ciardi alla fine dell’Ottocento sperimenta in parallelo con il figlio Beppe una pennellata più larga sulla scorta delle sperimentazioni divisioniste e nuove gamme cromatiche di matrice impressionista. Si tratta, tuttavia, di innovazioni accolte esclusivamente dal punto di vista tecnico e formale, come strumenti attraverso cui continuare a descrivere con occhio distaccato l’ambiente naturale, come nel caso dei paesaggi e vedute fluviali del ciclo del Sile, in cui le rare figure umane costituiscono un elemento marginale. In una serie di opere dai caratteri impressionistici la vegetazione si riflette in specchi d’acqua in stagioni diverse (“Riflessi immobili – Preludio d’autunno”, collezione privata; “Ottobre d’oro”, Palermo, Galleria d’Arte Moderna).
Appartiene alla serie delle vedute ottobrine l’opera in esame, una veduta fluviale orchestrata sui toni del verde. Asse portante del dipinto è il sentiero campestre che bipartisce lo spazio. La sinistra è occupata dallo specchio d’acqua su cui si riflettono cielo e alberi dalle foglie ingiallite; la destra dalla vegetazione le cui ombre colorate si allungano sul prato. Il cielo chiaro, che tende quasi al bianco, annuncia la fine della stagione calda e prelude all’arrivo dei primi freddi. Unica presenza, in uno spazio privo di alcuna figura umana, è il gruppo di oche che stazionano tra acqua e terra.
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 360 Dosso Dossi (1489 - 1542) , seguace di
Testa virile
Olio su tela
49 x 38 cm
Altre iscrizioni: al verso del telaio, a matita, "N. 132"
Stato di conservazione. Supporto: 85% (rintelo e rintelaiatura)
Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute e integrazioni)
Il dipinto, per la stretta similitudine delle fisionomie, appare in relazione con il "Ritratto di Guerriero" di Dosso Dossi (olio su tela, 85x70 cm), datato intorno al 1517 e conservato agli Uffizi (inv. 1890 no. 889), dove giunse nel 1798 dal Guardaroba del Granduca di Toscana Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena (1768-1835). Attribuito in passato a Sebastiano del Piombo, la critica tardo ottocentesca e poi moderna ipotizza con una certa costanza – seppur non all’unanimità – la paternità del "Ritratto di guerriero" a Dosso Dossi, come venne presentato alla Esposizione della Pittura Ferrarese del Rinascimento dal critico d’arte Nino Barbantini in occasione del IV centenario della morte di Lodovico Ariosto del 1933, riconfermata anche negli studi più recenti (N. Barbantini, "Ritratto di guerriero", in "Esposizione della Pittura Ferrarese del Rinascimento", catalogo della mostra, Ferrara, maggio – ottobre 1933, a cura di Nino Barbantini, Venezia 1933, p. 156; A. Ballarin, "Dosso Dossi. La Pittura a Ferrara negli anni del Ducato di Alfonso I", V. 1, Cittadella (PD) 1995, cat. 362, pp. 307-308; J. Bridgeman, K. Watts, "Armour, weapons and dress in four paintings by Dosso Dossi", in “Apollo”, CLI, February 2000, pp. 20-27; A. Pattanaro, "Allegoria di Ercole", in "Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio", catalogo della mostra, Trento, Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, 12 luglio – 2 novembre 2014, a cura di V. Farinella, L. Camerlengo, F. De Gramatica, Milano 2014, pp. 120-122).
Rispetto al ritratto in studio, concentrato sul viso, in cui la figura appare in analoga posizione, ma sprofondata nel fondo scurissimo e semplificata nella veste, il dipinto fiorentino mostra una grande attenzione alla resa luministica della corazza lavorata "a damaschina" ed una cura meticolosa dei particolari delle mani, della barba, della fronte, dei capelli, così come, delle vesti e dei ricami. Il personaggio ritratto non è oggi noto, ma il pettorale dell’armatura “all’italiana”, richiama, nella forma e nei motivi decorativi, esemplari in uso nel secondo decennio del secolo, il che collima con la datazione stilistica dell'opera intorno al 1517, un tempo in cui la pittura di Dosso è particolarmente vicina al senso di inquietudine che permea Giorgione.
Per l'opera in scheda è stata suggerita una affinità con i dipinti di Girolamo da Carpi della metà del Cinquecento, per esempio il "Ritratto virile" (olio su tela, 76x95,5 cm), datato 1545-1549, proveniente dalla collezione Sacchetti e conservato presso la Pinacoteca capitolina (Galleria Cini, inv. PC 206).
La datazione dell'opera resta comunque incerta.
Per le informazioni relative al dipinto degli Uffizi la scheda è debitrice in larga misura della nota di catalogo stesa per gli Uffizi da Guicciardo Sassoli de' Bianchi Strozzi. -
Lotto 361 Beppe Ciardi (1875 - 1932)
Il ritorno delle barche da pesca, 1920 circa
Olio su tela
124 x 104 cm
Firma: al recto, in basso a destra, "Beppe Ciardi", e, al retro sulla tela, "Beppe Ciardi"
Altre iscrizioni: al retro sul telaio, "Venezia"
Elementi distintivi: al retro della cornice, una etichetta antica, con titolo ("14, Sotto l'arco", con una firma non leggibile) ed una seconda, etichetta, rotonda, rossa, con riferimenti inventariali
Bibliografia: “Mostra personale del maestro veneziano Beppe Ciardi”, catalogo della mostra, Napoli, 1924, n. 6 [?]; “Mostra d'Arte Italiana pittori contemporanei”, catalogo della mostra, Genova, 1925, n. 26; Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “Volti & Luoghi nella pittura dell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2016, n. 13; Stefano Bosi, scheda in, Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 18-19, 160, n. 3; Luisa Turchi, scheda in Luisa Turchi, Stefano Cecchetto, “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, catalogo della mostra, Venezia, 2018, p. 144, n. 57; Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo ragionato dei dipinti”, Torino, 2019, p. 75, tav. 52, p. 244, n. 823; Giandomenico Romanelli, a cura di, “I Ciardi. Paesaggi e giardini”, catalogo della mostra, Venezia, 2019, pp. 76-77, 85, n. 43
Esposizioni: “Mostra personale del maestro veneziano Beppe Ciardi”, Napoli, Galleria Corona, 1924; “Mostra d'Arte Italiana pittori contemporanei”, Genova, Galleria Permanente A. Vitielli, 1925; “Volti & Luoghi nella pittura dell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2016; “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017; “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, Venezia, Palazzo Querini, 2018; “I Ciardi. Paesaggi e giardini”, Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 2019
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (riprese pittoriche ridotte e piccoli distacchi di colore)
Avviato alla pittura dal padre Guglielmo, innovatore del paesaggismo veneto dell’Ottocento, Beppe Ciardi, si confronta giovanissimo con la luce della laguna, per poi aggiornare la lezione paterna sulle innovazioni del divisionismo attraverso l’amicizia con Vittore Grubicy e perfezionarsi nella figura umana sotto la guida di Ettore Tito. In sintonia con la lezione segantiniana l’artista mostra, infatti, un forte rapporto con la natura tanto nelle vedute lagunari quanto in quelle alpine. Le Biennali di Venezia e numerosi viaggi costituiscono, inoltre, nel corso del tempo un costante aggiornamento della sua pittura sulle più recenti tendenze dell’arte internazionale. All’inizio del Novecento le pennellate divengono veloci e la tavolozza sempre più vivace e luminosa. Nel contempo Ciardi approfondisce lo studio della figura, popolando le calli e i campi di Venezia di maschere, artisti circensi e bambini. Dopo la pausa della Grande Guerra, trascorsa tra la villa di famiglia a Quinto di Treviso e Lugo di Romagna, dove è costretto a emigrare fortunosamente all’avanzare della linea del fronte, l’artista celebra il ritorno a Venezia con opere realizzate con un impasto cromatico denso e vibrante, che riproduce il variare degli effetti di luce con una personale interpretazione della tecnica divisionista.
È di questo periodo il ciclo degli archi, una serie di sei dipinti di diverso formato probabilmente ambientati nel Sotoportego de le colone non lontano dai Giardini di Castello, in cui donne e bambini attendono il rientro delle barche dei pescatori. Il sole basso del pomeriggio attraversa l’arco, illuminando le figure controluce, tratteggiate con una pennellata corposa. Il contrasto tra le parti del muro in ombra e quelle colpite dalla luce permette all’artista di orchestrare un’ampia tavolozza di rossi, gialli e marroni. L’architettura e le figure costituiscono una cornice dai toni caldi entro cui è contenuto l’azzurro del mare reso con rapidi tocchi paralleli e del cielo increspato dal bianco delle nuvole. Partecipe della vita del popolo della laguna, Ciardi spia il mare in una di quelle giornate luminose, dai colori vibranti, che lui stesso affermava di amare: «dipingo più volentieri nei giorni limpidi e puri, quando maggiormente si sente il fremito della vita universale. I bei tramonti delle marine […] le pietre della mia Venezia, quando il sole le fa gemme, e le calli popolose sotto fantastici sbattimenti di luci» (Giorgio Nicodemi, Beppe Ciardi, Milano 1942, p. 38).
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 362 Mattia Moreni (1920 - 1999)
Esempio n. 1 di aspetto dipinto da un caso patologico: una idea è una idea solo se ha pensato a tutto il resto; la penombra è la pena dell'ombra che lotta contro la luce, 1983
Olio su tela
135,4 x 105,5 cm
Firma: "Moreni" al recto
Data: "6-5-1983" al recto
Provenienza: Adria Gialdini Santunione, Pianoro, Bologna (fino al 2014)
Bibliografia: Enrico Crispolti, “Mattia Moreni. Catalogo ragionato delle opere. Catalogue raisonnée of the works. Dipinti / Paintings 1934-1999”, Cinisello Balsamo 2016, p. 498, n. 6/1983/5
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90%
Il dipinto proviene dalla raccolta di Adria Gialdini Santunione, celebre restauratrice bolognese, attiva anche in favore di Mattia Moreni. -
Lotto 363 Ettore Tito (1859 - 1941)
La gomena, 1910-1915 ca.
Olio su tela
70 x 150 cm
Firma: "E. Tito" in basso a destra
Elementi distintivi: sul retro etichetta di esposizione Galleria Pesaro n. 76
Bibliografia: “Mostra Individuale del Pittore Ettore Tito”, catalogo della mostra, Milano, 1928, n. 76; Stefano Bosi, scheda in, Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 144-147, 169; Angelo Enrico, Francesco Luigi Maspes, a cura di, “Ettore Tito. Catalogo ragionato delle opere”, Crocetta del Montello, 2020, p. 307, n. 227
Esposizioni: Mostra Individuale del Pittore Ettore Tito”, Galleria Pesaro, Milano, 1929; Milano, Galleria Bottegantica, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Galleria Bottegantica, Milano, 2017
Stato di conservazione. Supporto: 85% (rifodero)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (consunzione del colore e riprese pittoriche)
Narratore della vita quotidiana veneziana, abile ritrattista, raffinato pittore di idee, illustratore, artefice di robuste scene di lavoro agreste e marittimo, è difficile definire Ettore Tito, poliedrico artista di prodigioso talento. Le vivaci scene veneziane della sua prima produzione, tra cui la celebre “Pescheria Vecchia” premiata a Parigi nel 1891, cedono il passo alla metà degli anni Novanta ai temi simbolisti, immagini classiche di centauri, ninfe, Parche, antichi dei, sempre connotate da un vitalismo estremo. Una pittura di corpi in movimento che sprigionano energia, creando un rapporto di panica continuità con la natura. La stessa forza, lo stesso vitalismo caratterizza anche le scene di genere (processioni, contadini e pescatori al lavoro, attimi di vita veneziana, bagnanti in laguna) realizzate a partire dai primi anni del Novecento, costruite con una peculiare visione dal sotto in su attraverso cui le figure giganteggiano baldanzosamente in direzione dello spettatore con le vesti mosse dal vento. «Insieme alla ricerca del movimento, l’aria trionfa sovrana nei dipinti di Tito» asseriva nel 1905 Margherita Sarfatti (M. Grassini Sarfatti, “Artisti contemporanei. Ettore Tito”, in “Emporium”, XXI, 1905, 124, pp. 251-264, p. 259). La Biennale di Venezia del 1909 segna a parere di Ettore Corazzini «la seconda primavera» dell’artista (E. Corazzini, “La seconda primavera di Ettore Tito”, in “Vita d’Arte”, III, 1909, 16, pp. 208-216). Un fremito di vita attraversa tre capolavori acquistati da altrettante pubbliche istituzioni: l’opera simbolista “Le Parche” (Palermo, Galleria d’Arte Moderna) e i dipinti di genere “La partenza della pesca” (Venezia, Amministrazione Provinciale) e la prima versione di “La Gomena” (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).
Due uomini, una donna, un ragazzo e un cavallo tirano sulla spiaggia una imbarcazione da pesca a vela, mentre il cielo si fa scuro di nubi e un vento di terra rende difficoltosi i loro sforzi. Si tratta di figure grandiose, dai muscoli tesi per la fatica, disposte su una linea orizzontale che richiama quella dei coevi fregi decorativi realizzati da Giulio Aristide Sartorio. Le figure, soprattutto quella dell’uomo a sinistra, della donna, il cui abito ricorda nel panneggio un peplo classico, e del cavallo assumono un valore universale ed epico nello sforzo compiuto in maniera quieta e decisa. Opera di grande successo “La Gomena”, viene replicata negli anni successivi in tre versioni con varianti, tra cui quella in esame che, seppur di dimensioni inferiori rispetto al prototipo, risulta più dettagliata nelle due estremità laterali. Nella prima versione erano visibili solo la spalla e la testa della figura maschile sulla destra e metà dell’imbarcazione sulla sinistra.
Teresa Sacchi Lodispoto -
Lotto 364 Giuseppe Uncini (1929 - 2008)
Composizioni astratte (recto verso), 1978-1980
Acquerello su carta
56 x 76,2 cm
Firma: “Uncini” a matita, al recto
Data: “1980” a matita al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Il lavoro del 1978 fa parte della serie “Interspazi” e il lavoro del 1980 fa parte della serie “Dimora delle cose”. Entrambi i lavori sono Senza titolo: infatti, tutte le carte e disegni di Uncini non avevano titolo, a differenza delle opere scultoree. Il titolo sull’etichetta “Composizione astratta" è probabilmente posticcio. Rare, nella produzione di Uncini, le opere disegnate recto verso.
Ringraziamo l’Archivio Opera Giuseppe Uncini per il supporto nella redazione della scheda di catalogo, cortesemente concessoci in base all’esame delle immagini digitali e con riserva di verificare l’opera dal vero in sede di archiviazione. -
Lotto 365 Pittore marchigiano del I quarto del XVI secolo
Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
Olio su tavola
39,4 x 29,8 cm
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Luigi Vittorio Roncoroni, Parma; Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: expertise di Stefano Trojani del 1985 (come anonimo allievo di Antonio da Fabriano, in copia)
Stato di conservazione. Supporto: 60% (parchettatura)
Stato di conservazione. Superficie: 50% (cadute di colore circoscritte, per esempio nella regione del libro; due ampie fessurazioni verticali risarcite; danni da urto; ridipinture)
Il dipinto deriva dalla Madonna Solly, dipinta da Raffaello verso la fine del 1504, e si deve quindi datare a non prima del 1505. Il modello raffaellesco era assai famoso e fu plagiato molte volte da importanti pittori, come per esempio il perugino Eusebio di San Giorgio (1470 ca. - post 1550). L'autore della nostra tavola mostra una formazione quattrocentesca, ma si misura con una matrice raffaellesca, il che rende l'attribuzione molto difficile. Alessandro Delpriori avvicina l'opera a Girolamo di Matteo da Gualdo (1470-1520 circa), figlio e emulo del celebre pittore-notaio di Gualdo Tadino, pur ritenendo più prudente una attribuzione a maglie larghe («pittore marchigiano del XVI secolo», comunicazione del 21 settembre 2021). In precedenza era stata formulata, da M. Rossetti, una attribuzione a Antonio di Agostino di Ser Giovanni da Fabriano (1410-1490), chiaramente da rigettare per la dipendenza delle figure dal modello raffaellesco.
Ringraziamo Alessandro Delpriori per il prezioso supporto nella catalogazione dell'opera. -
Lotto 366 Eugenio Gignous (1850 - 1906)
Riviera ligure
Olio su tela
34 x 58 cm
Firma: “E Gignous” al recto
Elementi distintivi: sul telaio etichette con numeri "87" e "23" e iscrizioni illeggibili. Sul retro della cornice etichetta Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (craquelures visibili in trasparenza nella tela)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (instabilità del colore; lievi cadute di colore alle estremità) -
Lotto 367 Giovanni Battista Torriglia (1857 - 1937)
Cadetto dell’Andrea Doria
Olio su tela
69,6 x 98,2 cm
Firma: "G. B. Torriglia" al recto
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 85% (piccole cadute di colore e ridipinture anche in rafforzo)
Giovanni Battista Torriglia studiò con Nicolò Barbino presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti dal 1875 al 1882 a Genova, con altri discepoli che in seguito sarebbero stati collettivamente definiti la "Scuola Barabiniana". Molti dei suoi dipinti raffigurano scene di vita domestica con famiglie che lavorano e giocano insieme in ambienti chiusi.
Il dipinto in asta si distacca dalle composizioni di genere in interni che rappresentano grande parte della sua produzione, per misurarsi con il tema del mare, così caro alla cultura ligure, forse a partire da un ritratto realistico. -
Lotto 368 Enrico Benetta (1977 circa)
In alto a sinistra si affacciano le stelle, 2005
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
60 x 180 x 5,5 cm
Firma: “Enrico Benetta”’ “EB” sul verso
Data: “Dicembre 2005” sul verso
Altre iscrizioni: “In alto a sinistra si affacciano le stelle… un cielo dipinto di viola intenso…: Silenzio! Si gioca la partita dell’amore! Né vinti, né vincitori… ho fatto la mia mossa… ora tocca te!” sul verso
Provenienza: Galleria d’Arte Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di originalità della Galleria d’Arte Martinazzo di Montebelluna
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 370 Enrico Benetta (1977 circa)
Ho respirato il profumo del vento, 2004
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
100 x 180 cm
Firma: “E Benetta” al recto; “EB” ed “Enrico Benetta” sul verso
Data: “aprile 2004” al verso
Altre iscrizioni: “Ho respirato il profumo del vento/ ne ho rubato il colore / giallo… blu… verde… (impressione di luce vibrante di emozioni) / LA TOSCANA”, “per autentica “ sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 372 Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518 - 1594) , seguace di
Testa di vecchio
Olio su carta applicata su tela
34 x 23,5 cm
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (integrazioni)
Il piccolo olio su carta, riprende una modalità figurativa cara a Jacopo Tintoretto e avvicina le fisionomie di alcuni suoi celebri modelli. Pensiamo soprattutto al Doge Girolamo Priuli (1486-1567), che Jacopo ritrae parecchie volte e da cui riceve tra il 1564 e il 1565, la commissione dei soffitti dell'atrio quadrato di Palazzo Ducale.
Tuttavia, il foglio in esame si distanzia dallo stile pittorico di Jacopo e sembra piuttosto appartenere ad un seguace, della generazione del figlio Domenico (1560-1635) o successivo.
Non è noto un modello tintorettesco da cui la nostra carta possa derivare direttamente, ma la sagoma curvilinea della parte superiore della testa, leggibile sotto superficie e forse traccia dell'impiego di un cartone di trasferimento, lascia aperta l'ipotesi che essa proceda da un ritratto, forse oggi ignoto, del Priuli, qui raffigurato senza i parametri dogali, apparentemente più anziano, ma con l'occhio vivace colto dalla abile mano dell'artista.
Presupponendo una datazione ancora cinquecentesca, per la nostra testa è anche ipotizzata una collocazione lombarda, nella cerchia della famiglia Campi. -
Lotto 373 Virgilio Guidi (1891 - 1984)
Paesaggio veneto, 1927 circa (recto); Paesaggio, 1928 circa (verso)
Olio su tavola
59,5 x 70 cm
Firma: “V Guidi” e “Virgilio Guidi” al recto
Elementi distintivi: sul telaio, etichetta stampata con nome, titolo “Paesaggio veneto”, tecnica, misure e anno 1932; sul verso della cornice, etichetta con numero 28540
Provenienza: collezione A. Giovanardi, Milano; Rigato Arte, Conegliano; collezione privata, Veneto, (fino al 2011); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: 300 Dipinti e disegni di Maestri contemporanei, Milano, 1962, ripr. n. 21; Giovanni Granzotto, Alessandro Rosa, De Chirico - Guidi. Due idee della metafisica, Sacile, Studio D'Arte G.R., 14 marzo - 18 aprile 1992, ripr. p. 55 n. 33; Franca Bizzotto, Dino Marangon, Toni Toniato, Virgilio Guidi. Catalogo generale dei dipinti. Volume primo, Milano, 1998, p. 83 n. 1918 4, p. 142 n. 1927 67
Esposizioni: 300 Dipinti e disegni di Maestri contemporanei, Milano, Galleria Brera, 19-30 maggio 1962; De Chirico - Guidi. Due idee della metafisica, Sacile, Studio d'arte G.R., 14 marzo - 18 aprile 1992
Stato di conservazione. Supporto: 95% (segni di chiodi lungo il bordo)
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Il 25 aprile 1927 Virgilio Guidi si trasferisce da Roma a Venezia, dove viene chiamato per chiara fama a ricoprire la cattedra di pittura che era stata di Ettore Tito. Nella città lagunare, in cui non aveva mai dipinto fino a quel momento, l'artista approfondisce le sue ricerche sulla luce, centrali sin dai suoi esordi. Già nei paesaggi realizzati negli anni romani Guidi era stato mosso dall'esigenza di cogliere, nell'osservazione en plein air, una luce zenitale, unitaria e totalizzante, capace di dare unità a tutti gli elementi della composizione. Si trattava di una ricerca che, partita dalla riflessione sull'unità di forma-colore presente in maniere diverse in Cézanne e Matisse, si era andata poi nutrendo di stimoli quattrocenteschi e segnatamente pierfrancescani.
L'opera appartiene al nutrito gruppo di paesaggi realizzati lungo la strada verso Stra datati nel catalogo generale al 1927 (Bizzotto, Marangon, Toniato, 1988, pp. 137-142, nn. 1927 53 – 1927 68). Proprio nella cittadina di Stra l'artista nel 1929 darà vita, in polemica con l'Accademia, con la quale i rapporti furono spesso critici, a una scuola del paesaggio occupando con i suoi allievi per un breve periodo la villa Pisani.
Rispetto ai paesaggi romani, caratterizzati da una volumetria semplice e solida, i paesaggi veneti – sia quelli lagunari, sia quelli dell'entroterra – complice certamente il contatto con la luce locale, rarefatta e trasparente, sono caratterizzati da una pennellata più mossa che tende a sfaldare la consistenza formale per far emergere la vibrazione luminosa. Una luce che, come in quest'opera, appare tutta intrinseca alla materia pittorica, alleggerendo i semplici volumi delle case e conferendo una consistenza soffice al cielo e alle fronde degli alberi. Un'esperienza, quella della luce veneta, che condurrà Guidi negli anni verso una progressiva sintesi astrattiva in cui il paesaggio tenderà sempre più a divenire lirica apparizione.
Sul verso il dipinto mostra un abbozzo di paesaggio con fiume e case e, sul telaio, un’etichetta stampata che reca il titolo “Paesaggio veneto” e la data 1932; si tratta in realtà di una pittura ascrivibile con molta probabilità al 1928, anno in cui Guidi realizza simili vedute lungo la riva del Brenta (Bizzotto, Marangon, Toniato, 1988, p. 161 n. 1928 29 – p. 166 n. 1928 41).
Sabrina Spinazzè
Ringraziamo Toni Toniato per il supporto dato alla catalogazione dell'opera. -
Lotto 374 Onorio Marinari (1627 - 1715)
Maddalena
Olio su tela
65 x 49 cm
Provenienza: Corsini, Firenze; Ricasoli, Firenze
Stato di conservazione. Supporto: 80% (rintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 85% (riprese pittoriche)
Figlio del pittore Sigismondo Marinari, cugino e allievo di Carlo Dolci, insieme ad Agnese Dolci, Onorio Marinari raccolse l'eredità del maestro e ne portò avanti la scuola, accentuandone l'effetto di patetismo e dolcezza, attraverso una fortunata serie di moduli figurativi, tra cui quello della ragazza con il capo reclinato, leggermente rivolto verso l'osservatore, impiegato anche nella nostra tela e base di molte sue interpretazioni di personaggi femminili: tra i molti, "Salomè con la testa di San Giovanni Battista", databile intorno al 1680, conservato presso il Minneapolis Institute of Art, nonché rappresentazioni di sante, madonne e allegorie.
Marinari lavorò soprattutto a Firenze per committenti fiorentini e toscani, ma non si dedicò solo alla pittura: nel 1674, pubblicò un saggio di astronomia dal titolo "Fabbrica et uso dell'annulo astronomico instrumento universale per delineare orivoli solari". -
Lotto 375 Anton Zoran Mušič (1909 - 2005)
Ecran naturel, 1960
Acquerelli e gessetti colorati su carta
49,7 x 64,8 cm
Firma: “Music”
Data: “60”
Elementi distintivi: due timbri del corniciaio “La Cornice” di Villorba (Treviso).
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 85% (ondulature da umidità)
Stato di conservazione. Superficie: 90% (carta leggermente ingiallita)
L’opera appartiene alla serie "Ecran naturel" sul paesaggio istriano, a cui l’artista lavora tra il 1959 e il 1963. -
Lotto 376 Michele Tosini, detto anche Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (1503 - 1577) , ambito di
Ritratto di nobildonna
Olio su carta applicata su tavola
44,5 x 33,5 cm
Elementi distintivi: due sigilli in ceralacca al verso con stemmi Medici - Toledo; una etichetta recente al verso con riferimento a "ritratto di Eleonora di Toledo", Bronzino
Stato di conservazione. Supporto: 70% (consunzione, tarli, fessurazioni)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (cadute di colore, ritocchi, soprattutto lungo le fessurazioni del legno, trasposte nella carta)
Come ci segnala Carlo Falciani (comunicazione del 2 aprile 2023), il dipinto appartiene alla ritrattistica borghese abbastanza diffusa a Firenze nella metà del Cinquecento. Lo stile appare legato alla grande bottega di Michele Tosini, meglio noto come Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, il che suggerisce che l'opera sia nata nel suo ambito. Il soggetto - pur presentando alcune similitudini con l'immagine tarda di Eleonora da Toledo ( 1522-1562), dipinta da Allori verso il 1560, in cui la duchessa di Toscana ha ormai il volto smagrito per l'età - va ricercato in una committenza meno prestigiosa, non necessariamente legata ai signori di Firenze, rimanendo forse spiegabile la presenza dei sigilli ducali con il riuso successivo, per controfondare la carta, di una contemporanea tavola toscana.
Ringraziamo il Prof. Carlo Falciani per il supporto nella catalogazione dell'opera. -
Lotto 377 Franz Alt (1821 - 1914)
Vicolo dei Miracoli, Verona
Acquarello su carta
29 x 19 cm
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lotto 378 Domenico Morelli (1823 - 1901)
Il volto nel velo, 1880 circa
Olio su tela
53,4 x 39,7 cm
Elementi distintivi: sul telaio, due etichette con indicazioni inventariali manoscritte "M.R.127" e "N. 83" manoscritto sul legno in colore rosso. Residui di un timbro in ceralacca
Stato di conservazione. Supporto: 85% (gore d'acqua)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (distacchi della superficie pittorica; alcune cadute nella fascia inferiore in particolare a destra)
Domenico Morelli è figura centrale nella pittura italiana del secondo Ottocento e nella formazione della generazione di artisti che sarà protagonista nello stato neo-unitario. Formatosi alla Accademia di Belle Arti di Napoli, nel 1848 si trova a Roma dove viene incarcerato per un breve periodo per aver partecipato ai moti. La sua produzione si caratterizza fin da principio per un accentuato interesse per la figura e la storia umana, interpretate con un piglio romantico che si accentuata dopo la partecipazione, nel 1855, insieme a Francesco Saverio Altamura e Serafino De Tivoli, all'Esposizione Universale di Parigi e ai dibattiti dei macchiaioli, di ritorno a Firenze, sul realismo pittorico. Negli anni sessanta, ormai tra i pittori italiani più conosciuti, viene nominato consulente del museo nazionale di Capodimonte (relativamente alle nuove acquisizioni di opere) e nel 1868 ottiene la cattedra di Belle Arti di Napoli alla Accademia partenopea: tra i suoi allievi, Giuseppe Costa, Francesco Coppola Castaldo, Giuseppe De Nigris, Raffaele Ragione e Achille Talarico. Negli anni successivi, si interessa ai soggetti orientali, unendo la raffinata comprensione dei sentimenti umani al gusto per l'esotico.
Il dipinto in esame mostra una donna serena, ancorché in vesti da vedova: la bocca rosea pare aprirsi in una parola o in un sospiro, gli occhi sono velati solo dall'ombra, il velo si perde contro il fondo poco variato di tono, che non riduce tuttavia la volumetria della figura, anzi la accentua in un gioco di chiaro e scuro e pieno e vuoto, secondo un modo tipico di comporre di Morelli, che gli deriva dalla pittura del Seicento napoletano, in particolare Ribera e Battistello Caracciolo. Magistrale la resa pittorica del foulard, che rende evidente la classe elevata della giovane donna ritratta.
L'equilibrio tra la condizione di lutto e l'attitudine dolce e aperta della figura, tra realismo, introspezione e scelta compositiva, rappresenta un risultato particolarmente fortunato nella pur celebre e vasta produzione ritrattistica di Morelli.
L'autografia dell'opera è stata confermata, su base fotografica, da Cinzia Virno (comunicazione del 9 agosto 2023) e da Luisa Martorelli (comunicazione del 5 dicembre 2023).
Ringraziamo Luisa Martorelli e Cinzia Virno per il prezioso supporto dato alla schedatura dell'opera.