90 ANNI DI ASTE: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

90 ANNI DI ASTE: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

martedì 28 ottobre 2014 ore 19:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 25 al 35 di 35
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  • Libero Andreotti(Pescia 1875 - Firenze 1934)DONNA CHE SI FA LA TRECCIAbronzo...
    Lotto 25

    Libero Andreotti
    (Pescia 1875 - Firenze 1934)
    DONNA CHE SI FA LA TRECCIA
    bronzo a patina marrone con tracce di doratura, 1920, altezza cm 84
    firmata "L. Andreotti" sulla base
    L’opera è corredata da certificato di libera circolazione
     
    bronze with brown patina and traces of gilt, 1920, height cm 84
    signed "L. Andreotti" on the base
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    Provenienza
    Collezione Salata, Roma
    Collezione privata, Milano
     
    Bibliografia
    U. Ojetti, Lo scultore Libero Andreotti, "Dedalo", I, 6, novembre 1920, pp. 395-417: 415 (La donna che si pettina).
    Mostra individuale di Libero Andreotti, catalogo della mostra con presentazione di U. Ojetti, Milano, Galleria Pesaro, 1921, n. 31 (Donna che si attreccia i capelli, 3 esemplari).
    L. Andreotti, Libero Andreotti, "Arte Moderna Italiana", n. 3, serie B, Scultori, n. 1, Milano, Scheiwiller, 1926, p.s.n. (La donna che si pettina).
    Mostra di Libero Andreotti, catalogo mostra cura di R. Monti, Pescia, Comune di Pescia, 1976, n. 46
    O. Casazza, Gipsoteca Libero Andreotti, Firenze, Grafiche Il Fiorino, 1992, pp. 110-111
    Libero Andreotti. Sculture e disegni, catalogo della mostra a cura di S. Lucchesi (Firenze, Galleria Lapiccirella), Firenze – Siena, Maschietto & Musolino, 1994, pp. 36-37
    Libero Andreotti, catalogo della mostra a cura di G. Appella, S. Lucchesi, R. Monti, C. Pizzorusso (Matera, chiese rupestri) Matera, La Bautta, 1998, n. 31
     
    L'opera appartiene ad una cospicua serie di sculture in bronzo e in pietra che Andreotti, tra la fine della Prima Guerra e i primi anni Venti, eseguì assumendo temi semplici, spesso legati ad una quotidiana intimità femminile. Queste figure, solo apparentemente appartenenti ad una vita ordinaria, con la loro gestualità senza tempo erano specchio di un profondo senso etico e di una alta disciplina formale, entrambi fondati su antichi valori di cui Andreotti, e più in generale la cultura italiana, sentivano l'urgente bisogno come risposta alla drammatica contingenza del clima bellico. Con ciò Andreotti destò il caloroso consenso di Ugo Ojetti, il quale vide in questo nuovo corso post-parigino dello scultore una adeguata opportunità per dar corpo ai propri programmi di restaurazione di una classicità tutta italiana, fondata su una fedeltà alla tradizione scultorea dai Pisano a Canova. Così nel suo celebre saggio monografico apparso su "Dedalo" nel novembre del 1920, il critico esaltò questo gruppo di bronzi andreottiani: "tutte le opere sue, dopo il ritorno in Italia, prima a Lucca poi a Firenze, muovono da un sentimento nuovo. Una secchezza tutta toscana [...] definisce adesso il suo modellare, e i piani si succedono e si rispondono netti e decisi come parole ben scelte e ben pronunciate. Non una figura in movimento, [...] ma tutte statue che stanno salde sulle gambe ritte o ben sedute o accosciate, sicure sempre del loro equilibrio [...]. Quasi tutte donne. E le pieghe abbondanti delle loro gonne distribuite per gravi masse con buon giudizio, [...] mostrano questa ricerca del peso e del contrappeso che è l’essenza della scultura".
    Ma oltre al suo influente appoggio di critico militante, Ojetti offrì ad Andreotti un sostanzioso sostegno economico, diventandone il maggiore e privilegiato cliente. Perciò la maggior parte delle opere in bronzo prodotte in questo arco di tempo (soprattutto nell’immediato dopoguerra) ebbe una sorta di fusione "princeps" riservata alla collezione Ojetti: la Donna che si fa la treccia ne è un esempio. Dal gesso, oggi conservato nella Gipsoteca Libero Andreotti di Pescia, furono tratte tre fusioni documentate, eseguite dalla Fonderia Vignali di Firenze: una, esplicitamente dedicata ad Ojetti (iscrizione incisa nella base), si trova oggi in collezione privata fiorentina; una, esposta alla mostra di arte decorativa italian

  • Pellegrino Tibaldi (Puria di Valsolda 1527 – Milano 1596)STUDIO PER DUE...
    Lotto 26

    Pellegrino Tibaldi
    (Puria di Valsolda 1527 – Milano 1596)
    STUDIO PER DUE FIGURE FEMMINILI ANNUNCIATE
    Matita rossa su carta vergellata con filigrana “Cinque stelle a sei punte e losanga entro cerchio singolo” (Woodward, 151. Briquet, 6098). mm 411x282
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Red chalk on laid paper. Watermark “Six pointed stars in lozengue inside single circle”. (Woodward, 151. Briquet, 6098). inch. 16.18x11.1
     
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    € 40.000/60.000 - $ 52.000/78.000 - £ 32.000/48.000
     
    Provenienza:
    Collezione privata, Bologna
     
    Bibliografia:
    R. Roli, Due disegni di Pellegrino Tibaldi, in: “Paragone” 1987, n° 443, pagg. 34-36
     
    Studio preparatorio per le figure di Santa Elisabetta e di un’ancella nell’affresco L’annunciazione della nascita di San Giovanni Battista della Cappella Poggi in San Giacomo Maggiore a Bologna.
    L’opera è parte della commissione che Pellegrino Tibaldi e Prospero Fontana ricevettero da Giovanni Poggi (poi Cardinale nel 1551) nei primi anni Cinquanta del XVI secolo per decorare la cappella di famiglia. I lavori della decorazione (che comprendeva anche il secondo affresco Il battesimo delle turbe) proseguirono anche dopo la morte del committente, avvenuta nel febbraio 1556, fino al 1561, anno in cui Fontana porta a compimento la
    pala d’altare con il Battesimo di Cristo.
    La datazione dei lavori per la Cappella Poggi è questione ancora dibattuta; Briganti ritiene che gli affreschi siano stati eseguiti fra il 1554 ed 1556.
     
    Il disegno, la cui filigrana data esattamente agli anni dell’affresco, fu già individuato e attributo da Roli nel 1987.
    Numerosi i confronti utili; il disegno stilisticamente più affine è lo Studio per una Sibilla (Pierpont Morgan Library. Inv. IV.27), riferibile, almeno nella parte alta della figura, all’episodio di Ulisse e Ino nella volta della Sala di Ulisse in Palazzo Poggi. Poi, ancora per la volta principale del palazzo bolognese, lo Studio di Nudo seduto (Statens Museum for Kunst di Copenhagen. Inv. KKS11160). Infine lo Studio di Eolo presentato nel 2008 nella collezione del Metropolitan (Inv. 2007.127).
    La strutturazione monumentale e statuaria della figura (che nei nudi si traduce in potente muscolarità), il segno finemente tratteggiato e raramente incrociato, il movimento quasi accartocciato dei panneggi, delineano un solido corpus di disegni del periodo bolognese degli anni Cinquanta accumunati da un’idea riformatrice della forma michelangiolesca.
     
    E’ noto un altro disegno preparatorio conservato nelle collezioni Reali di Windsor (Inv. 905965) eseguito a penna e inchiostro e matita rossa, per lungo tempo considerato l’unico in relazione all’affresco dell’Annunciazione del Battista; in esso è raffigurato l’intero registro compositivo della grande opera seppur in una versione nella quale la figura di Elisabetta perde la sua monumentalità e l’impianto stesso la sua solennità e, per dirla con Roli, ove ancor preme il ricordo vistoso di Perino.
     
    Formatosi alla scuola di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, Pellegrino Tibaldi fu pittore ed architetto, fra i
    massimi interpreti del manierismo emiliano. Figlio d’arte, nacque nel 1527 da Tebaldo Tibaldi architetto; entrò ventenne nella cerchia romana di Perin del Vaga collaborando alla decorazione degli appartamenti di Paolo III in Castel Sant’Angelo. Da allora la scuola di Perino si accompagna, in una sorta di dualismo, mai completamente abbandonato, a quella michelangiolesca mutuata dalla vicinanza di Daniele da Volterra con il quale collaborerà per la decorazione della Cappella della Rovere a Trinità dei Monti. Nel 1555 fu richiamato a Bologna dal cardinal Poggi committente del ciclo omerico delle decorazioni del palazzo di famiglia e poi per le decorazioni della Cappella in San Gi

  • Alberto Burri(Città di Castello 1915 - Nizza 1995)BIANCO NEROolio,...
    Lotto 27

    Alberto Burri
    (Città di Castello 1915 - Nizza 1995)
    BIANCO NERO
    olio, acrilico e vinavil su tela, cm 50x80
     
    eseguito nel 1952
     
    L’ opera è accompagnata da attestato di libera circolazione
     
    BIANCO NERO
    oil, acrilyc, vinavil on canvas, 50x80 cm
     
    executed in 1952
     
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    Provenienza:
    Collezione Riccardo e Magda Jucker, Milano
    Galleria Blu, Milano
    Collezione Luisella d’Alessandro, Torino
    Collezione privata, Arezzo
     
    Esposizioni:
    a cura di Marco Vallora, I neri di Burri, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 20 luglio – 14 settembre 2003; ivi ripr. p. 69
     
    Bibliografia:
    a cura della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Burri. Contributi al catalogo sistematico, Città di Castello, 1990, p. 34, n. 107 (illustrato a p. 35)
     
     
     
    L’étude du beau est un duel où l’artiste crie de frayeur avant d’être vaincu.
     
    Protagonista indiscusso dell’arte contemporanea internazionale, Alberto Burri ha saputo coniugare le istanze recepite durante la duplice ambivalente esperienza negli Stati Uniti, dal campo di prigionia texano al Guggenheim di New York, con la millenaria tradizione artistica italiana, senza con ciò ridursi ad adepto delle prime, o costringersi a rinnegare quest’ultima. Sotto questo profilo il percorso artistico di Burri è una delle più efficaci esemplificazioni di quel prezioso processo di secolarizzazione dell’arte contemporanea italiana e di emancipazione dalle sterili contrapposizioni scolastiche in cui si erano spesso dissolte, complice l’egemonia del dualismo ideologico, le pur fertili avanguardie artistiche del primo Novecento.
    Nella poetica di Burri, le componenti autobiografiche e intimistiche, o perfino solipsistiche, come quelle socio-antropologiche, descrittive o rappresentative non si configurano come categorie contrapponibili, potendo quindi confluire e coesistere, senza confliggere, in buona parte delle sue opere, tanto da rendere accettabile l’affermazione che il suo ultimo dipinto fosse identico al primo. Questo apparente paradosso si risolve nel momento stesso in cui ci si rende conto che per Burri l’opera è parte integrante e non separabile di quella complessa, a tratti anche dolorosa, trama che è il suo stesso vissuto. In questo senso, le parole di Freud quando scrive che “La natura benigna ha concesso all’artista di esprimere i moti più segreti del suo animo, a lui stesso celati, attraverso creazioni che scuotono potentemente gli altri, gli estranei all’artista, senza che quest’ultimi sappiano indicare donde provenga la loro commozione.” , ben si attagliano all’esperienza artistica di Burri.
    L’impellente necessità di ricercare nuovi equilibri estetici nella definizione del rapporto tra l’essere, la materia e la realtà, non assumono in Burri il ruolo di principi fondanti di una nuova corrente artistica o di una liturgica weltanschauung, perciò non necessitano di essere enunciati e verbalizzati, piuttosto divengono la prova evidente dell’indissolubile nesso d’identità che sussiste tra l’artista e la sua opera, quest’ultima intesa come esclusivo e non declinabile strumento di comunicazione. È lo stesso Burri che, in una delle sue, rare, esternazioni pubbliche, ci fornisce una chiara ed esaustiva indicazione del modo più proficuo di approcciarsi alla sua opera: “Le parole non mi sono d’aiuto quando provo a parlare della mia pittura. Questa è u

  • Galileo Chini(Firenze 1873-1956)CACHE-POTManifattura Arte della Ceramica,...
    Lotto 28

    Galileo Chini
    (Firenze 1873-1956)
    CACHE-POT
    Manifattura Arte della Ceramica, Firenze
    1898 - 1900
    ceramica decorata a lustro metallico
    alt.cm 28, diam. cm 44
    Reca marchio della melagrana con le lettere ADCF
     
    Ceramics with metallic luster, alt. cm 28, diam. cm 44. On the base the mark ADCF with pomegranate
     
    € 6.000/8.000 - $ 7.800/10.400 - £ 4.800/6.400
     
     
    Bibliografia:
    L’Arte decorativa moderna, rivista mensile illustrata di architettura e decorazione della casa e della via, Anno I. N. 8-Agosto 1902, p. 235
     
    “…..spinta propulsiva determinante per il rinnovamento, ma anche per una ridefinizione dei vari settori delle arti applicate…” è questa la definizione che la monografia sulla manifattura Chini a cura di Raffaele Monti dà di Galileo Chini. Negli anni di torpore in cui si trovavano le arti decorative alla fine del secolo XIX emerge in maniera vigorosa ,a livello europeo, la necessità di rinnovare il settore e di riscoprire le attività artigianali prendendo spunti sia dalle “belle arti” , la scultura e la pittura, sia dalle culture asiatiche. Anche in Italia questa necessità di rinnovamento prende piede e uno dei maggiori portavoce in queste nuove direzioni fu Galileo Chini grazie alla produzione di ceramiche.
    Nel 1896 crea in Via Arnolfo a Firenze insieme a Giovanni Vannuzzi, Giovanni Montelatici e Vittorio Giunti la piccola manifattura L’Arte della Ceramica e simbolo della manifattura divenne la melagrana con all’interno le lettere ACF iscritte accompagnate, fino al 1898, da due mani intrecciate sottostanti.
    Questa idea nacque non solo per la volontà di mutamento delle arti decorative, di cui si è parlato sopra, ma anche per un senso di delusione dovuto alla cessione della fabbrica Ginori di Doccia all’industriale Augusto Richard di Milano. Dal 1897 entra a lavorare nella fabbrica il cugino di Galileo Chino Chini ed è di questo anno la corrispondenza in cui si ha notizia delle difficoltà finanziare in cui versa la fabbrica, nonostante la notevole ammirazione che destano i prodotti della manifattura sin dall’inizio. Alle Esposizioni Universali di Torino e di Londra del 1898 viene infatti insignita della medaglia d’oro.
    Le opere prodotte in questi anni sotto la direzione artistica di Galileo sono caratterizzate dai nuovi dettami internazionali in cui forma, decoro e funzione si uniscono in un solo prodotto finale. Sono gli anni in cui soggetti naturalistici, come i pavoni del cache-pot qui presentato, non sono solo elementi decorativi ma si fondono a pieno con l’andamento formale dell’oggetto.
    Nel repertorio di questi anni molti sono i soggetti animali usati, fra i preferiti i cigni, i pavoni ed i pesci rappresentati con elegante finezza ed anche i soggetti floreali in cui si risente dell’influenza dell’Art Nouveau.
    Nei primi anni del 900 la fabbrica comincia a produrre oggetti in grès lasciando spesso il materiale a vista ed ad utilizzare , per le decorazioni, le colature di smalto. Sono di questi anni la partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi e a quella di San Pietroburgo in cui l’Arte della ceramica vince il grand prix e sempre in questi anni entra nella società il Conte ferrarese Vincenzo Giustiniani. In questo momento la fabbrica Arte della Ceramica diviene il riferimento per la rinascita delle arti decorative italiane e la sua cospicua produzione richiede la necessità di trasferire la fabbrica da Firenze a Fontebuoni.
     
     
     
     
     

  • Osvaldo Borsani(Varedo 1911 - Milano 1985)e Lucio Fontana(Rosario de Santa Fè...
    Lotto 29

    Osvaldo Borsani
    (Varedo 1911 - Milano 1985)
    e Lucio Fontana
    (Rosario de Santa Fè 1899 - Comabbio 1968)
     
    MOBILE BAR, 1950
    Struttura in mogano con interno dipinto a foglia d'oro e specchio, due ante scorrevoli lateralmente decorate con applicazioni a rilievo in stucco dorato, all'interno quattro cassetti disposti su due colonne e coppia di applique inserite nei fianchi, cm 138x115x52
     
    Autentica dell'Arch. Valeria Borsani
    Structure in mahogany with interior painted in gold leaf and mirror, two side sliding doors decorated with gilded relief applications, within four drawers arranged in two columns and a pair of lights into the sides, cm 138x115x52
     
     
    Proveniente dall’arredamento commissionato da un noto ingegnere milanese a cavallo del 1950, questo mobile bar riassume in sé in maniera esemplare quella “necessità di un’arte di lusso” teorizzata a partire dal 1936 da Carlo Enrico Rava e Ugo Ojetti, e che si manifesta in maniera evidente nei grandi arredamenti usciti in quegli anni dall’Atelier di Varedo. L’alta committenza delle abitazioni cui destinare gli arredi portano Osvaldo Borsani e i suoi progettisti a sperimentare nuove vie e nuove soluzioni per riempire gli spazi interni in modo funzionale, pur senza rinunciare al lato “artistico”, che diventa invece il fulcro del lavoro: chiaro esempio ne è il mobile bar qui presentato, il quale su una struttura “standard” propone delle importanti variazioni sul tema, realizzate grazie all’intervento di Lucio Fontana, uno dei tanti amici artisti che in quegli anni collaborava sistematicamente con l’Atelier, realizzando appunto sportelli di armadi e mobili bar, disegnando maniglie o supporti per tavoli e console, decorando i vetri dei tavolini o gli specchi dei mobili.
    A chiarire questa nuova visione del mobile con funzione decorativa e di rappresentanza al tempo stesso, è utile un passaggio tratto dal Catalogo Ufficiale VI Triennale di Milano del 1936: “Nella mostra dell’abitazione moderna l’arredamento è visto e studiato principalmente in funzione di un’economia rigorosamente sociale, con tendenza alla determinazione tipologica di alcuni pezzi fondamentali dell’arredamento normale; qui, questa branca particolare dell’arte decorativa, è considerata da un punto di vista diverso, con meno interesse per il problema sociale e più attenzione per ciò che riguarda l’espressione estetica e le possibilità rappresentative di un ambiente moderno”.
    La bellezza e ricercatezza di questo mobile apre una finestra importante sulla Milano di quegli anni e sulla sua classe borghese, alla continua ricerca tra le mode del momento della forma più opportuna per trasformare la propria “abitazione” in “sala di rappresentanza”. E proprio in quest’ottica va vista la caratterizzazione di determinati elementi d’arredo: per questo la sagoma rettangolare del mobile serve di supporto per un arricchimento di volta in volta realizzato con placche ornamentali dal disegno geometrico o dalla figurazione fitomorfa e zoomorfa, fino al rivestimento dell’intera superficie con scene in bassorilievo, come nel nostro caso
    Il mobile bar, come ben testimoniano i disegni acquarellati originali dell’epoca conservati presso l’Archivio Borsani (un paio dei quali sono qui riprodotti per loro gentile concessione), si collocava come elemento centrale nel grande salone, punto irresistibile di attrazione per l’ospite fatto accomodare sui divani: l’oro e l’enorme potenza plastica dei rilievi sul fronte delle ante servivano a confermare l’importanza della casa in cui ci si trovava. D’altra parte la decorazione fu affidata ad un’artista del calibro di Lucio Fontana, per il quale, come spiega Enrico Crispolti nel saggio introduttivo al Catalogo Ragion

  • Vaso con coperchio, Cina dinastia Qinggiada bianca translucida alt. cm 32,7,...
    Lotto 30

    Vaso con coperchio, Cina dinastia Qing
    giada bianca translucida alt. cm 32,7, larg. cm 16,
    su base in legno alt. cm 6
     
    A translucent white jade carving of a baluster vase and cover displaying phoenix under a flowering prunus of a peony China Qing Dynasty, H. 32,7 cm, W. 16 cm
     

     
    €15.000/20.000 £12.000/16.000 $ 19.500/26.000
     
    Provenienza
    Collezione Commender R.E. Gore R.N.
    Collezione S. Bulgari, Roma
    Collezione privata, Roma.

    Bibliografia

    Starley Charles Nott, Chinese jade throughout the ages, London (1936) 1977, plate LXXXIV

    Il corpo del contenitore a balaustro schiacciato, poggiante su una roccia stilizzata lavorata al traforo, è avvolto da racemi fioriti e foglie di vite, sul fianco è finemente intagliata un’elegante fenice stante tra i rami di una peonia in piena fioritura, le piume della coda dell’animale ricadono sulla roccia a formare dei riccioli, mentre il lungo collo della fenice è rivolto verso l’alto a incrociare lo sguardo di un’altra fenice appoggiata sul coperchio del vaso, le anse con due piccole prese sono modellate come una nota musicale.
    La giada nefrite è di colore bianco translucido con delle lievi sfumature verde pallido e pur presentando delle leggere inclusioni è di eccellente qualità.
    I volatili compaiono nell’arte cinese sin dalle dinastie Shang e Yin, ma la loro apparizione sulla giada risale al periodo Chou. I motivi decorativi del vaso, sono forse i più significativi e anche i più comuni della simbologia cinese e si adattano perfettamente alla bella qualità di questo vaso in giada.
    La fenice, (Feng-Huang) deriva da Feng: maschio e Huang: femmina, che combinati insieme spiegano l’etimologia e il significato della parola. La fenice è infatti considerata un uccello divino, manifestazione del sole e del principio dello Yang, portatrice di prosperità e armonia, benevola in quanto non mangia gli insetti; ogni parte del suo corpo rappresenta una dote di benevolenza, la testa simboleggia la virtù stessa, le ali il dovere, la coda il possesso, l’addome la sincerità. La mitologia orientale la considera sovrana tra i volatili, come la peonia è ritenuta il re tra i fiori nonché simbolo per rappresentare la ricchezza e l’onore.
    La raffigurazione della fenice si trova in svariati manufatti sin dalle antiche dinastie ed è spesso raffigurata in epoca Han in coppia con un’altra fenice, in genere sono un maschio e una femmina. Nel periodo Ming gli intagliatori, forse influenzati dai decori delle porcellane, la rendono più realistica ma con gusto sempre arcaizzante; è solo durante la dinastia Qing che la fenice viene rappresentata insieme ad altri elementi naturalistici, quali le nuvole e i rami degli alberi; durante l’epoca Qianlong viene anche raffigurata con Guanyin o altre divinità.
     
     
     

  • Vaso Cina dinastia Qing sec. XIX,porcellana policroma a fondo giallo reca...
    Lotto 31

    Vaso Cina dinastia Qing sec. XIX,
    porcellana policroma a fondo giallo reca marchio Qianlong
    alt. cm 75
     
    A “famille-rose twin fish and chime” yellow ground porcelain vase, Qing Dynasty, 19th century, Qianlong mark, H. 75 cm
     
    ‰
     
    € 25.000/35.000 £ 20.000/28.000 $ 32.500/45.500
     
     
    Provenienza
    Collezione Pasini, Milano
    Collezione privata, Milano


    Il vaso, dall’ampio corpo ovoide e dal lungo collo a tromba, è finemente decorato con fiori, ramages, simboli taoisti, buddisti e “gli oggetti preziosi”; si presenta come pezzo di una eccellente qualità pittorica sia per il fondo di un giallo sgargiante con decoro così detto “segreto”, che per gli smalti.
     
    Sul collo del vaso sono disposti lateralmente due pipistrelli capovolti dalle ali spiegate che rappresentano l’arrivo della felicità; la pietra musicale, simbolo di fortuna, sostiene la coppia di pesci, che oltre ad essere uno degli otto simboli buddisti, rappresentano anche la felicità coniugale, la fecondità e l’abbondanza; appesa ai pesci si scorge la bene augurale svastica. Le anse del vaso sono abbellite con due lunghe prese modellate nella forma di un drago stilizzato.
     
    L’ampio corpo del vaso è fittamente decorato sia sul fronte che sul retro con grandi fiori e ramages che collegano e tengono sospesi i vari simboli degli immortali taoisti, quali, il flauto: emblema di Han-Hsian-Tzu, genio e patrono dei musicanti; la spada: emblema di Lu-Tung-Pin, che simboleggia la vittoria del bene sul male; il ventaglio: emblema di Chung-li Chuan, il capo degli otto immortali, che conosce il segreto dell’elisir di lunga vita, e che è sempre raffigurato col ventaglio col quale si crede che faccia rivivere le anime dei morti; la zucca del pellegrino: dalla quale esce la pergamena, emblematica del potere di Li Tieh-Kuai, che riesce a liberare il suo spirito dal corpo; il paio di nacchere: simbolo del protettore delle professioni teatrali; il cesto di fiori: portato da Lan Ts’ai-ho, l’immortale donna ermafrodita protettrice dei fiorai; la capsula di semi del fior di loto: di Ho Hsien-Ku, protettrice dei focolari domestici, l’unica divinità femminile tra gli immortali taoisti; il tubo di bamboo con due aste: una sorta di strumento musicale portato da Chan Kuo Lao, l’immortale, che aveva il dono di rendersi invisibile e di bere veleni senza che questi avessero alcun effetto. Chan Kuo Lao era amante del vino e creava liquori da semplici erbe che gli altri immortali bevevano credendo che avessero proprietà creative, ed è per questo che è considerato il genio protettore degli artisti e dei calligrafi.
     
    Al centro del vaso si dischiude un bellissimo fiore di loto sormontato da tre pesche collegato da racemi fioriti agli otto simboli taoisti, il piede del vaso è costeggiato da lembi verticali multicolore e da motivi geometrici, l’interno e la base sono invetriate con uno smalto turchese chiaro.
     
     
     

  • Grande vaso porta-pesci, Cina sec. XXporcellana bianca e blu diam cm 63,5,...
    Lotto 32

    Grande vaso porta-pesci, Cina sec. XX
    porcellana bianca e blu
    diam cm 63,5, alt. cm 53
     
    A large blue and white squirrel and grape-vine fish bowl, China late Qing dynasty, 20th century, H 53 cm, diam. 63,5 cm
     
    Â‰Ô鱼㝠“ñ\¢纪 ’¼Œ 63.5 cm ‚ 53cm
     
    € 5.000/10.000 - £ 4.000/8.000 - $6.500/13.000

     
    Il vaso di eccezionale dimensione è decorato con il caratteristico motivo dei tralci di vite con grandi grappoli d’uva sui quali sono appoggiati degli scoiattoli intenti a correre tra un ramo e l’altro.
     
    L’uva in Cina è chiamata putao, la sillaba “tao” è omofona con la parola pesca che è un simbolo di longevità; gli scoiattoli sono chiamati anche songshu, sillaba con suono simile alla parola pino, albero che ugualmente indica la longevità. Inoltre la diffusione delle viti con numerosi frutti e corposi grappoli rappresentano anche la continuità, lo sviluppo e l’allargamento della linea familiare con molte progenie.
     
     
     
     

  • Selezione Grandi ViniMagnificent Wines Selection Montrachet Grand Cru Domaine...
    Lotto 33

    Selezione Grandi Vini
    Magnificent Wines Selection
     
    Montrachet Grand Cru Domaine Leflaive 2005 - 1 bt
    Screaming Eagle Screaming Eagle 1997 - 1 bt                                
    Corton Charlemagne Grand Cru Domaine J-F Coche Dury 1996 - 1 bt
    Romanee Conti Grand Cru Domaine de La Romanée Conti 1996 - 1 bt
    Musigny Grand Cru Domaine Leroy 1996 - 1 bt
    Chateau Le Pin 1990 - 1 bt
    Chateau Petrus 1982 - 1 bt
    La Tache Domaine de la Romanée Conti 1978 - 1 bt
    Chateau Lafleur 1961 - 1 bt
    9 bt
    E

  • Gran Selezione FranciaFinest Selection of French Wines Montrachet Grand Cru...
    Lotto 34

    Gran Selezione Francia
    Finest Selection of French Wines
     
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  • James Jacques Joseph Tissot(Nantes 1836 - Chenecey-Buillon 1902)I...
    Lotto 35

    James Jacques Joseph Tissot
    (Nantes 1836 - Chenecey-Buillon 1902)
    I RIVALI
    1878-79
    olio su tela, cm 92x68
    firmato in basso a sinistra "J.J. Tissot"
     
    L'opera è corredata da certificato di libera circolazione
     
    Provenienza
    John Polson, of Tranent and Thornly, Christie's Londra, 21 luglio 1911
    Sir Edward J. Harland, Baroda House, Londra, Christie's Londra, 31 maggio 1912
    Collezione Ingegnoli, Milano, Galleria Pesaro, maggio 1933
    Collezione privata, Milano
     
    Esposizioni
    Londra, Grosvenor Gallery, 1879, numero 95 come Rivals
    Manchester, Royal Manchester Institution, Exhibition of Modern Paintings and Sculpture, 1879, numero 355


    Milano, Palazzo della Permanente, La Mostra Nazionale di Pittura, 'L'Arte e il Convito', 1957, numero 188


     
    Bibliografia
    Athenaeum, 10 maggio 1879, The Grosvenor Gallery Exhibition, pp. 607-608
    Era, 4 maggio 1879, The Grosvenor Gallery, p. 3
    Graphic, 10 maggio 1879, La Royal Academy and the Grosvenor Galleries di Tom Taylor, p. 463
    Manchester Guardian, 3 settembre 1979, 'Royal Institution, First Notice', p. 5
    Spectator, 31 maggio 1879, p. 691
    The Times, 2 maggio 1879, The Grosvenor Gallery, p. 3
    Ugo Ojetti, La Galleria Ingegnoli, Milano [1933], p. 9 e tav. 191 (come Il tè nella serra)
    Willard E. Misfeldt, James Jacques Joseph Tissot: a Bio-Critical Study, PhD dissertation, Washington University, 1971, pp. 162-163, 191
    Willard E. Misfeldt, The Albums of James Tissot, Bowling Green, Ohio, 1982, p. 52
    Michael Wentworth, James Tissot, Oxford, 1984, pp. 88, 119, 141, 145-6, 147, 151, 203 e tavola 159
    Christopher Wood, Tissot: the life and work of Jacques Joseph Tissot, 1836-1902, Boston, 1986, p. 106
    Margaret Flanders Darby, The Conservatory in St John's Wood, in Seductive Surfaces: The Art of Tissot, a cura di Katharine Lochnan, New Haven, 1999, pp. 163, 166, 180-181 e fig. 73
     
    I Rivali è un capolavoro pittorico di precisione calligrafica e caratterizzazione che condensa in sé l'agiatezza e gli ambienti in cui si svolgeva la vita dell'alta società tra la fine dell'800 e i primi del '900 in Europa. In questa bellissima opera, l’anglofilo artista francese James Tissot dipinge non solo la donna che ama, ammirata da altri uomini, ma anche l'impressionante giardino d'inverno affollato di piante esotiche che egli fece costruire adiacente all'elegante studio della sua casa londinese, acquistata grazie allo sfolgorante successo ottenuto producendo e vendendo arte ai collezionisti inglesi nei primi anni Settanta dell'Ottocento.

    Jacques Joseph Tissot nacque a Nantes, nel nord della Francia; appassionato fin dalla gioventù di ogni cosa che provenisse dall'Inghilterra, l'artista si faceva già chiamare James quando si trasferì a Parigi per studiare arte. Da subito riscosse grande successo, aggiudicandosi un'ampia clientela e profitti invidiabili. Particolarmente abile nell'immortalare con rassomiglianza i suoi modelli, era anche innovativo nella scelta dell'ambientazione e della posa dei ritratti dei suoi ricchi clienti; riuscì inoltre a creare una gamma di tematiche diverse per soddisfare gusti ed esigenze delle più disparate, dalle immagini in costume medievale di Margherita – l'eroina di Goethe nel Faust – ai soggetti di gusto troubadour di amanti seicenteschi ostacolati da forze oscure, alle nature morte, ai paesaggi e alle immagini di moderne donne parigine colte nei momenti della loro vita quotidiana. Il successo di Tissot non è dovuto solo alle sue abilità come pittore, ma anche alla sua comprensione del mercato dell'arte

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90 ANNI DI ASTE: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

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  • 28 ottobre 2014 ore 19:00 Sessione Unica - lotti 1 - 35 (1 - 35)