Lotto 212 | GIROLAMO ROMANINO (Brescia, 1484 ca. - 1566 ca.)

Bertolami Fine Art - Piazza Lovatelli 1, 00186 Roma
ASTA 256 - DIPINTI E DISEGNI DAL XIV AL XIX SECOLO Con una selezione di sculture e cornici ASTA 256 - DIPINTI E DISEGNI DAL XIV AL XIX SECOLO CON UNA SELEZIONE DI SCULTURE E CORNICI
giovedì 27 aprile 2023 ore 15:00 (UTC +01:00)

GIROLAMO ROMANINO (Brescia, 1484 ca. - 1566 ca.)

GIROLAMO ROMANINO (Brescia, 1484 ca. - 1566 ca.)

Deposizione di Cristo nel sepolcro

Olio su tela, cm. 102x80. Con importante cornice antica in legno scolpito e dorato.

Il dipinto è accompagnato dall'Attestato di Libera Circolazione.

A seguito dell'analisi diretta il dipinto è stato riconosciuto indipendentemente sia dal Prof. Alessandro Nova, sia dal Prof. Francesco Frangi come un capolavoro inedito di Girolamo Romanino. L'opera sarà oggetto di uno studio da parte del Prof. Frangi.

L’impressionante dipinto inedito che qui si illustra rappresenta una clamorosa aggiunta al corpus di Girolamo Romanino, come hanno rilevato, indipendentemente, il Prof. Alessandro Nova e il prof. Francesco Frangi dopo l'analisi dal vivo della tela.
L’opera si mostra, in effetti, come un apice nell’intera produzione del pittore quanto a intensità emotiva e pathos tragico. La composizione si presenta serrata e sin quasi compressa, dominata dalla figura del Cristo morto che occupa tutto il primissimo piano della scena, con le tre teste appena retrostanti a fargli da dolorosa corona. Le due mani di Maria fanno drammaticamente capolino da tergo, la sinistra sorreggendo la testa abbandonata del Salvatore, la destra poggiata sul costato, poco sopra il taglio della ferita ancora sanguinante. Particolarmente drammatica l’espressione del volto della Vergine, con la fronte corrugata, gli occhi sbarrati e la bocca semi-aperta, a suggerire, più che un urlo, una sorta di sibilo o di rantolo che racchiude tutto lo strazio, la compassione e l’intima, fisica condivisione del destino del figlio, morto come uomo. Le figure di Giovanni Evangelista e Giuseppe d’Arimatea chiudono ai lati la scena, contrappuntando l’esplicita sofferenza di Maria con meste espressioni di muta rassegnazione. Al margine inferiore dell’immagine, il sepolcro di pietra e la corona di spine costituiscono, al di là della loro coerenza narrativa, stimoli visivi che spingono il riguardante verso un’ulteriore stadio di personale partecipazione affettiva.
La piena autografia romaniniana di questa tela superba trova conforto da un gran numero di evidenze stilistiche. La composizione, le soluzioni espressive, la materia pittorica, il magistero coloristico, parlano di un artista di prima grandezza, che guarda con speciale attenzione alla coeva pittura veneta, soprattutto Tiziano e Giorgione, e a quella lombarda, in primis Savoldo, senza trascurare Lorenzo Lotto, sorta di cerniera ideale fra le due scuole, in effetti in quei decenni vicinissime. Pur tuttavia, nonostante questa vasta e aggiornata cultura figurativa, il linguaggio di Romanino presenta caratteri stilistici potentemente peculiari, capaci di far confluire la trama articolata dei suoi riferimenti all’interno di una pittura di realismo scabro, priva di accenti aulici ma non popolaresca: una pittura che trova il suo terreno più idoneo proprio nel registro tragico che ammiriamo nel presente dipinto, diretto, energico, essenziale ed emotivamente catturante.
Anche la composizione, il modo di panneggiare, la paletta cromatica, le posture, in primo luogo di braccia e mani, e le fisionomie dei personaggi trovano stringenti termini di confronti all’interno del corpus di Romanino: i più evidenti, anche per ragioni di contiguità iconografica e di clima espressivo, si riconoscono nel Cristo morto fra la Vergine e San Giovanni Evangelista, già in collezione privata fiorentina e oggi di ubicazione ignota (Nova, pp. 248-250, fig. 78), che presenta chiare analogie nel busto e nel perizoma di Cristo, nella fisionomia della Vergine e nell’accostamento delle loro teste. Non meno limpide le similitudini con il Compianto già nel Kaiser-Friedrich Museum di Berlino, perduto nel 1945 durante i bombardamenti alla fine della seconda guerra mondiale (Nova, pp. 266-267, fig. 116), che riguardano in primo luogo il volto di Cristo, ma anche le altre tre teste protagoniste del nostro dipinto.
La tela presenta un ottimo stato di conservazione.

PROVENIENZA:
Collezione privata, Lombardia.

BIBLIOGRAFIA DI CONFRONTO:
A. Nova, Romanino, Torino 1994.