Importanti Maioliche Rinascimentali

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Importanti Maioliche Rinascimentali

martedì 28 ottobre 2014 ore 17:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 1 al 24 di 62
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  • ALBARELLOMontelupo, 1420-1450 Maiolica decorata in monocromia blu di...
    Lotto 1

    ALBARELLO
    Montelupo, 1420-1450
     
    Maiolica decorata in monocromia blu di cobalto
    alt. cm 25; diam. bocca cm 11,7; diam. piede cm 10,8
    Etichetta “Humphris C. n. 5” che ricopre un’altra etichetta circolare; etichetta stampata “22
     
    Sbeccature di usura all’orlo della bocca e al piede; segni di usura al calice; lievi felature
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, glazed and painted in cobalt blue
    H. 25 cm; mouth diam. 11.7 cm; foot diam. 10.8 cm
    Label ‘Humphris C. n. 5’ over another circular label; printed label ‘22’
     
    Wear chips to rim and foot; wear to body; minor hairline cracks
     
    An export licence is available for this lot
     
    L’albarello ha una larga imboccatura con orlo angolato ed estroflesso tagliato a stecca. Il collo alto e svasato scende alla spalla, obliqua e dal profilo inclinato che si collega al corpo cilindrico. Quest’ultimo è unito al calice, anch’esso con profilo arrotondato, che lo collega con forte strozzatura a un piede piano appena estroflesso.
    Il decoro è delineato secondo le modalità  decorative del gruppo chiamato in “azzurro prevalente”. Sul collo corre un decoro a catenella continua, delimitata da linee parallele. La spalla mostra invece un motivo continuo a spirali inserite a riempimento di una linea sinuosa. Sul corpo, la decorazione è suddivisa in due metope che racchiudono rispettivamente una cicogna inserita in una riserva e circondata da un motivo a rosette e foglie di prezzemolo e una civetta circondata dallo stesso motivo decorativo. Gli animali, fortemente stilizzati, sono avvolti in una fitta tessitura di puntinature, spirali e fogliette. Tra loro è dipinta una fascia verticale con un decoro sinuoso continuo.
    Joseph Chompret, pubblicando l’albarello, lo attribuiva a manifattura fiorentina e lo datava al 1460. Carmen Ravanelli Guidotti, analizzando un esemplare di dimensioni minori della collezione Fanfani e un altro appartenente alla raccolta Cora, sposa l’attribuzione alle manifatture di Montelupo ipotizzata da Cora nella sua monumentale opera.
    La nuova classificazione proposta da Berti inserisce questo tipo di decorazione nel genere 10.1.1, superando la classificazione di Cora per famiglie: in questo caso la famiglia italo-moresca. Nella produzione italo-moresca compresa nell’arco cronologico dal 1410-20 fino al 1490 si incontrano generi di decori ben distinti, che denotano una sempre maggiore standardizzazione indotta dal decollo e dalla commercializzazione della produzione montelupina. Il genere più antico “a figura contornata”, realizzato in monocromia azzurra, è tra i più diffusi. La caratteristica principale è data dal collocare la raffigurazione principale all’interno di uno spazio riquadrato da una linea dal profilo irregolare che segue a distanza quello della figura protagonista. L’uso della foglia di prezzemolo è associata al decoro principale.
    La datazione degli esemplari con decori “a figura contornata” ècompresa tra il 1410-1420 e il 1450 e si distingue per il comparire di scelte cromatiche nuove con il progredire del tempo.
    I confronti con il primo genere è supportato da rassicuranti analogie: la figura dell’animale all’interno della cornice non rimarcata in blu; la catenella lungo il collo e il motivo sulla spalla, riprodotti anche in sottogruppi successivi in modalità  più corrive; infine i petali dei fiori non riempiti di colore. L’assenza nel nostro esemplare di tocchi di bruno di manganese, il cui utilizzo sembra attestarsi verso la metà  

  • ALBARELLO Montelupo, 1440-1450 Maiolica decorata in monocromia blu di...
    Lotto 2

    ALBARELLO


    Montelupo, 1440-1450


    Maiolica decorata in monocromia blu di cobalto
    alt. cm 22; diam. bocca cm 12; diam. base cm 12
    Sul fondo etichetta stampata “Galleria Pesaro/Milano”; manoscritto numero “6


    Intatto; usure all’orlo, alla spalla e al piede


    Corredato da attestato di libera circolazione


    Earthenware, glazed and painted in cobalt blue
    H. 22 cm; mouth diam. 12 cm; foot diam. 12 cm
    Printed label ‘Galleria Pesaro/Milano’; handwritten n. ‘6’


    In very good condition; wear to rim, shoulder, and foot


    An export licence is available for this lot


    Il vaso apotecario ha un’imboccatura larga con orlo piano appena estroflesso e collo cilindrico breve terminante in una spalla carenata. Il corpo è cilindrico e termina in un calice appena accennato, con una strozzatura che finisce nel piede a base piatta con orlo arrotondato. Sotto la base, è visibile un’incisione scalfita dopo la cottura.
    Il decoro, dipinto in blu di cobalto, è incentrato su una distribuzione simmetrica in registri sovrapposti senza soluzione di continuità.
    La morfologia del contenitore è ben nota ed è tipica dei manufatti in maiolica prodotti dalle officine toscane già nel corso del secolo XIV, ma con massima diffusione nel corso del secolo XV.
    L’albarello proviene dalla collezione Ducrot, passata all’asta a Milano presso la “Galleria Pesaro” nel 1934 come opera di area toscana della metà del secolo XV. Chompret già nel 1946 attribuiva questa serie di opere ad area fiorentina, associando a questo alcuni altri pezzi come confronto: fra questi, per esempio, l’albarello del Victoria and Albert Museum, morfologicamente e stilisticamente assai vicino al nostro vaso.
    Molti sono infatti gli esemplari di confronto, conservati nelle principali raccolte museali del settore, ai quali si può fare riferimento. Fra questi, ve n’è uno conservato al Fitzwilliam Museum di Cambridge che presenta una variante nella piccola ansa aggiunta appena sotto il collo; un altro è al Museo di Berlino.
    R

  • ALBARELLOFirenze, 1450-1475  Maiolica rivestita da smalto bianco crema...
    Lotto 3

    ALBARELLO
    Firenze, 1450-1475
     
    Maiolica rivestita da smalto bianco crema decorata a zaffera blu, con tocchi di verde rame e bruno di manganese nei toni del viola
    alt. cm 17,2; diam. bocca cm 10; diam. piede cm 9
    Sul fondo numeri a matita poco leggibili
     
    Corpo interessato da felature causate dall’uso; usure all’orlo, alla spalla e al piede con cadute di smalto; una rottura scende dall’orlo, di fianco allo stemma, fino al piede e si diparte lungo il corpo per risalire poco oltre
     
    Earthenware, covered with a creamy-white tin glaze and painted in zaffera blue (cobalt blue) with touches of copper green and manganese
    H. 17.2 cm; mouth diam. 10 cm; foot diam. 9 cm
    On the bottom, numbers hand-written in pencil (hardly readable)
     
    Hairline wear cracks to body; wear to rim, shoulder, and foot, with some glaze losses; a crack running across the body from the rim – beside the coat-of-arms – to the foot and up the side of the body
     
    L’albarello ha corpo cilindrico, che si restringe scendendo verso il basso, e piede a base piana. La spalla è arrotondata, il collo è basso con imboccatura larga dall’orlo appena aggettante tagliato a stecca.
    Il corpo è interamente ricoperto da smalto bianco, ad eccezione della base e dell’interno. Un motivo decorativo a fasce parallele, una delle quali tratteggiata, corre lungo la spalla. Sul corpo si distingue un decoro a larghe foglie di prezzemolo, disposte a centrare alcune linee a spirale; fogliette minori sono utilizzate a riempimento delle campiture e tocchi di verde ramina completano l’ornato. Al centro della composizione compare uno stemma, a scudo semplice con fasce parallele blu e giallo.
    Lo smalto è grasso, i colori stesi in abbondanza: il blu del decoro fogliato è “a zaffera” corposo, visibilmente in rilievo. Il giallo antimonio dello stemma presenta bolliture e tracce di rosso, quasi fosse stato mischiato con ferro per ottenere un colore più intenso.
    L’attribuzione dell’oggetto oscilla tra il Lazio, l’Umbria la Toscana (l’emblema araldico non è stato per il momento individuato), ma la sua collocazione in area fiorentina, o comunque toscana, per quanto generica ci pare probabile.
    La materia, ancora molto legata alla presenza della zaffera, con l’introduzione di elementi di colore, in particolare bruno di manganese e giallo, e il decoro di transizione tra i motivi ancora legati all’influenza orientale con i primi accenni di un impianto gotico, ci inducono a ipotizzare per questo oggetto una datazione agli ultimi anni del secolo XV.

  • ORCIOLO BIANSATOMontelupo, 1470-1480  Maiolica decorata in policromia...
    Lotto 4

    ORCIOLO BIANSATO
    Montelupo, 1470-1480
     
    Maiolica decorata in policromia con blu, bruno violaceo, verde e giallo ocra su fondo a smalto stannifero bianco crema
    alt. cm 23; diam. bocca cm 10,4; diam. piede cm 10,6
    Sotto le anse è delineata una marca con il segno della “scala”
    Sotto la base etichetta di spedizione da Parigi stampata con dattiloscritto “C. HUMPHRIS n. 3”, che copre un’altra etichetta. Sotto la base numeri rossi di collezione “L.37.30.75” e “L.1660.75
     
    Sbeccature d’uso al piede e alle anse; consunzione all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a creamy-white tin glaze and painted in blue, manganese purple, green, and ochre yellow
    H. 23 cm; diam. 10.4 cm; foot diam. 10.6 cm
    Below each handle, ‘ladder mark’ (painted)
    Shipping paper label from Paris typewritten with ‘C. HUMPHRIS n. 3’, covering another collection label; on the bottom, collection numbers in red: ‘L.37.30.75’ and ‘L.1660.75’
     
    Wear chips to foot and handles; wear to rim
     
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    Il vaso ha corpo ovoidale con larga imboccatura dall’orlo piano ed estroflesso che scende in un collo basso e troncoconico. Il piede è a base piana con un accenno di orlo. Dalla spalla, appena sotto il collo, si distaccano due anse a nastro appena incavato, che scendono fino alla parte più prominente della pancia.
    La decorazione del collo vede un sottile nastro di colore verde, profilato di blu, che orla una fascia con una serie continua di segni blu a virgola alternati a sottilissime puntinature in manganese: un nastro giallo separa il collo dal corpo. Qui la decorazione mostra due ritratti di profilo racchiusi entro medaglioni circolari incorniciati da fasce concentriche di colore verde e giallo, e da una più larga a tratti blu con puntinature in manganese. I profili sono circondati da una riserva che ne segue la forma, le campiture vuote sono riempite da piccoli fiori multipetalo e da decori fitomorfi. Il ritratto maschile indossa un copricapo a punta, mentre quello femminile ha un fazzoletto annodato attorno al capo. La parte restante del corpo del vaso è decorata da larghe girali fitomorfe con foglie alternate a piccoli fiori e a sottili elementi a tratteggio. Sotto l’attacco delle anse compare una marca con il segno della “scala”.
    Numerosi gli esempi di vasi di questa foggia in ambito montelupino a partire dalla metà  del XV fino agli inizi del secolo XVI.
    Le forme sono attestate con decori di derivazione orientale, “a zaffera”, cioè dominati da elementi vegetali realizzati in blu cobalto, “a palmetta persiana” o “in azzurro prevalente”, cui appartiene il decoro qui scelto, definito da Fausto Berti come “floreale a girali”, spesso utilizzato nelle forme aperte, ma testimoniato anche in quelle chiuse.
    I contesti di scavo di Montelupo hanno restituito reperti databili agli anni Sessanta del ’400, anch’essi caratterizzati dal segno della scala.
    Si tratta comunque di esempi relativi alla fase di transizione verso i motivi rinascimentali, durante la quale l’influenza orientale è ancora sentita, ma viene sempre più spesso trasformata e adeguata al gusto dell’epoca, orientandosi verso decori di gusto già gotico, per arrivare all’abbandono della tavolozza fredda.
    Berti, pubblicando un boccale con ritratto femminile assai simile al nostro, afferma che la forte fisicità  del ritratto richiama certe raffigurazioni femminili dell’e

  • ALBARELLOMontelupo, 1480-1490 circa Maiolica ricoperta da uno smalto...
    Lotto 5

    ALBARELLO
    Montelupo, 1480-1490 circa
     
    Maiolica ricoperta da uno smalto spesso, color bianco-crema, dipinto in blu, giallo-arancio e bruno di manganese.
    Sotto la base tracce di cartellino e tracce di numeri scritti a china
    alt. cm 34,3; diam. bocca cm 12,2; diam. piede cm 12,8
     
    Intatto, salvo una felatura passante che interessa il collo e parte del corpo; cadute di smalto ricoperte da restauro lungo la spalla e lungo il calice
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a thick, creamy-white tin glaze and painted in blue, yellowy-orange and manganese
    H. 34.3 cm; mouth diam. 12.9 cm; foot diam. 12.4 cm
    On the bottom, remains of a paper tag and remains of numbers hand-written in black ink
     
    In very good condition, with the exception of a heavy hairline crack running along the neck and part of the body; some glaze losses covered by restoration along the shoulders and body
     
    An export licence is available for this lot
     
    L’albarello ha un’imboccatura larga con orlo appiattito, tagliato a stecca, con accenno di estroflessione. Il collo cilindrico, molto breve, si apre in una spalla appena angolata dal profilo arrotondato; essa scende nel corpo cilindrico lievemente carenato che si richiude in un calice breve, concluso da un piede piano con orlo appena espanso all’esterno.
    Il vaso, di grandi dimensioni, è interamente ricoperto da una decorazione “a foglia di prezzemolo”, costituita da una densa serie di segni blu disposti a stella al centro di una fitta rete di sottili segni tracciati in manganese, collocati simmetricamente e inframmezzati da puntinature arancio. La rete è intervallata da sottili linee verticali con puntinature di colore blu cobalto. La parte frontale del vaso è interessata dalla decorazione principale: un emblema dipinto con ampio uso di manganese che riporta un simbolo, probabilmente farmaceutico, non individuato. Il simbolo è circondato da una corona a petali di colore arancio poggiante su una fascia blu. Al centro del medaglione un fitto motivo puntinato alternato a nuvole riempie la riserva bianca.
    Questo decoro rappresenta uno dei generi principali nella produzione vascolare toscana a smalto dell’ultimo ventennio del secolo XV.
    La documentazione di maggior rilievo è rappresentata da un gruppo di ceramiche custodite nella Farmacia di Santa Fina a San Gimignano.
    Il decoro principale trae la sua ispirazione da motivi “ispano-moreschi”: si tratta del decoro a hoja de pérejil, spesso utilizzato dai ceramisti spagnoli di Manises nel corso del secolo XV. Il motivo decorativo è stato accolto dai ceramisti toscani sostanzialmente con poche varianti. L’uso del decoro è presente in ceramiche di uso domestico, come nel vasellame da mensa, e in forme chiuse di uso farmaceutico dove è testimoniato da alcuni esemplari. Galeazzo Cora nel 1973 trattò con molta attenzione questo gruppo di ceramiche, tanto da darne la definizione di “tipo Santa Fina”. Oggi si è osservato che, nel gruppo di ceramiche della farmacia di San Gimignano da cui deriva il nome, la decorazione è dipinta sull’ingobbio ed è di una qualità  inferiore rispetto a quella di altri esemplari con medesimo ornato.
    Fausto Berti ha nuovamente classificato tali oggetti sulla scia dei nuovi ritrovamenti archeologici di certa provenienza montelupina e comunque del Valdarno.
    Un piatto o vassoio databile al 1489-1492, conservato al Museo Archeologico della Ceramica di Montelupo, E' un chiaro esempio di decoro in cui già  si nota come la sostituzione del lustro spagnolo con i tratti in manganese e lumeggiature arancio, pur r

  • ORCIOLOMontelupo, Lorenzo di Piero di Lorenzo, 1513-1534 Maiolica...
    Lotto 6

    ORCIOLO
    Montelupo, Lorenzo di Piero di Lorenzo, 1513-1534
     
    Maiolica decorata in blu di cobalto in tono intenso e materico, rosso ferraccia e giallo antimonio
    alt. cm 23,5; diam. bocca cm 8,5; diam. base cm 11
    Sul retro, sotto l’ansa, marca incrociata “L. O. P.”
    Sotto la base, numero “988” timbrato in inchiostro blu
     
    Intatto; sbeccature d’uso sull’orlo, sull’ansa e sul piede; lievi cadute di smalto sul corpo; segni di appoggio in cottura
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in an intense and textured cobalt blue, iron red, and antimony yellow
    H. 23.5 cm; mouth diam. 8.5 cm; foot diam. 11 cm
    On the back, below the handle, ‘L. O. P.’ crossed mark
    On the bottom, number ‘988’ stamped in blue ink
     
    In very good condition; wear chips to rim, handle and foot; minor glaze losses to body; kiln-support marks
     
    An export licence is available for this lot
     
    L’orciolo, con orlo tagliato a stecca, ha un versatore a beccuccio che si diparte dal corpo verso l’alto ed è raccordato al collo da un cordolo a sezione cilindrica. Il piede è piano, appena estroflesso. L’ansa, a nastro e con costolatura al centro, parte poco sotto il bordo e si raccorda al corpo nel punto più largo della pancia. La superficie del vaso è interamente smaltata, anche all’interno, fatta eccezione per la base del piede.
    Lungo tutto il corpo si sviluppa un decoro a “palmette”, interrotto solo da uno stemma collocato sotto il beccuccio e da una riserva al di sotto dell’ansa, nella quale si legge la sigla della bottega. L’ansa è decorata con pennellate blu. Il decoro principale è realizzato in blu di cobalto con il ferraccia e il giallo antimonio utilizzati per dar luce alle palmette e poi riutilizzati nella decorazione dello stemma. Il gioco cromatico che alterna il giallo e il ferraccia è utilizzato nelle chiavi di San Pietro, e nelle rosette laterali allo stemma dominato dalla tiara papale. Lo stemma d’oro a sei palle – poste in cinta la prima, in capo d’azzurro caricata in tre gigli, le altre cinque in rosso – si riferisce a un papa della famiglia Medici: Leone X (1513-1521) oppure Clemente XVII (1523-1534).
    Lo stemma è ampiamente rappresentato in opere di maiolica delle manifatture fiorentine e di Montelupo, spesso senza riferimenti attributivi iconografici, e quindi difficilmente assegnabile all’uno o all’altro papa Medici.
    Gli studi più recenti hanno meglio definito gli ambiti produttivi toscani, spostando l’attribuzione di molti esemplari dalle manifatture di Cafaggiolo a quelle di Montelupo Fiorentino. In particolare, sappiamo che le botteghe montelupine furono spesso ingaggiate per i “fornimenti” di maioliche per il patriziato fiorentino.
    Per quanto riguarda l’attribuzione a Montelupo, e con maggiore precisione alla bottega dei Sartori, si deve obbligatoriamente fare riferimento agli studi che negli anni Ottanta del secolo scorso hanno visto le osservazioni tipologiche proposte dagli studiosi suffragate da una vasta e nuovissima indagine archeologica, avviata negli anni Settanta. In particolare Alessandro Alinari, nell’analisi della sigla presente anche nel nostro orciolo, ricorda una delle ipotesi di G. Guasti, che nel 1902 aveva indicato una possibile lettura in un intreccio tra una “L”, una “P” e una “O”, attribuendo la sigla a un “Lorenzo di Philippo orciolaio”. Marco Spallanzani si associa a tale attribuzione, anche alla luce dell’identica provenienza dei reperti recanti

  • VASO DECORATIVO DEL TIPO AD ANFORAFirenze, Giovanni della Robbia, 1515-1520...
    Lotto 7

    VASO DECORATIVO DEL TIPO AD ANFORA
    Firenze, Giovanni della Robbia, 1515-1520 circa
     
    Terracotta invetriata in azzurro ceruleo, con stemma Medici (del ramo detto ‘di Chiarissimo’), riferibile a Paolo di Piero di Orlando, Gonfaloniere della Repubblica;
    alt. cm 28, 5, diam. bocca cm 17,5, diam. piede cm 14,4
     
    Cadute di smalto sul corpo. Restauri al piede, all’orlo della bocca e ad una baccellatura
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a cerulean blue glaze, with Medici coat-of-arms (of the so-called ‘di Chiarissimo’ family branch) that can be referred to Paolo di Piero di Orlando, Gonfaloniere della Repubblica
    H. 28, 5 cm, mouth diam. 17,5 cm, foot diam. 14,4 cm
     
    Restoration to rim, foot and a “baccellatura”; minor glaze losses to body
     
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    Sontuoso nell’elegante profusione ornamentale di gusto archeologico e potente nelle misurate proporzioni questo ricercato vaso decorativo ad anfora di forma composita, smaltato in azzurro ceruleo intenso e screziato a simulare un intaglio nella pregiata pietra di lapislazzuli, si distingue tra le testimonianze piùrappresentative e rare - anche in ragione della singolare presenza di uno stemma che ne sancisce la prestigiosa committenza medicea - di una peculiare produzione particolarmente apprezzata nella pur vasta e varia attività robbiana, che, al pari della più popolare plastica araldica, ne attesta il felice impegno nella scultura aniconica e nell’arredo profano.
    Fu sullo scorcio del Quattrocento Andrea della Robbia (Firenze 1435-1525), intraprendente nipote ed erede nell’arte del grande Luca (Firenze 1399/1400-1482), magistrale, prolifico interprete della sua ‘segreta invenzione’ della scultura invetriata, a tradurre in opere autonome i raffinati vasi all’antica, smaltati ad imitazione di pietre dure, già  da tempo modellati a rilievo nelle cornici di ancone e tabernacoli come sorgivo supporto dei festoni vegetali che contraddistinguono la plastica robbiana. Ma spetta a due dei figli e collaboratori del maestro dotati di una più spiccata vena decorativa, Giovanni (Firenze 1469-1529/30) e Luca ‘il giovane’ (Firenze 1488 - Parigi 1566), la diffusione nei primi decenni del Cinquecento di simili manufatti. Perlopiù provvisti di un coperchio in forma di rigoglioso mazzetto di frutta e fiori, furono utilizzati sia in contesti ecclesiastici, spesso come ornamento apicale di edicole ed altari invetriati allusivo ai doni della grazia divina, sia come festosi e pregiati arredi domestici dei palazzi signorili, dove potevano simboleggiare la prosperità della casa e la fecondità della famiglia, posti, talora in coppie, sopra le cimase di porte, lavabi, camini, come attestano gli inventari del tempo, od anche sopra le testiere dei letti, come si vede in alcuni rilievi dello stesso Giovanni della Robbia raffiguranti la Nascita del Battista (formelle replicate nei fonti battesimali di San Giovanni Battista a Galatrona, 1510-21; di San Leonardo a Cerreto Guidi, 1511; della pieve di San Donato in Poggio, 1513, etc.). Una fortunata produzione, che purtroppo attende ancora un’esauriente, ricognizione sistematica, raggruppabile secondo le forme e gli ornati in quattro principali tipologie - la più diffusa con corpo ovoide ad orciolo, le altre ad anfora, con corpo composito di complessità  crescente -, ciascuna replicata, presumibilmente con l’ausilio di calchi, in diversi esemplari spesso contraddistinti da qualche variante, cui si aggiungono una mezza dozzina di modelli noti in una sola versione.
    L’inedito vaso in esame documenta un modello del tipo ad anfora del quale non si conoscono altri esemplari, e, come suggerisce lo stemma, probabilmente fu così realizzato per soddisfare il gusto del committente, come pezzo unico o al più di una coppia in seguito smembrata. Sul

  • COPPIA DI ALBARELLIMontelupo, 1500 circa Maiolica decorata in policromia con...
    Lotto 8

    COPPIA DI ALBARELLI
    Montelupo, 1500 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con verde, giallo, arancio, blu e bruno di manganese nei toni del nero-violaceo
    a) alt. cm 25,5; diam. bocca cm 11,7; diam. base cm 11
    b) alt. cm 26,8; diam. bocca cm 11,2; diam. base cm 11
    Sotto la base entrambi gli albarelli presentano etichette e numeri di inventario delle collezioni di provenienza:
    a) Etichetta dattiloscritta: “M.M.14.”/ MAIOLICA DRUG VASE (Albarello)/ Painted with leafy scrolls/ and the inscription “Coloquintida” (Colocynth) Faenza (Casa/Pirota) Italian. 15th century/ J.P. Morgan Collection.”;Etichetta Humphris C./ ”n° 8/2.“. Numeri di inventario L.37.30.17, PM 2191, L.1650.17, scritti in rosso sulla terracotta
    b) Etichetta dattiloscritta: "M.M.16”/ MAIOLICA DRUG VASE (Albarello)/ Painted with leafy scrolls &/ the inscription “Dictivio/ Bia(N)cho” Faenza. (Casa/ Pirota) Italian. 15th century./ J.P. Morgan Collection.”; Etichetta “Humphris C. n° 8/2.”. Numeri di inventario L.37.30.18, PM 2199, L.1650.18, scritti in rosso sulla terracotta
     
    Intatti; a) usure all’orlo e alla spalla; b) cadute di smalto
     
    Corredato da doppio attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in green, yellow, orange, blue, and blackish manganese purple
    a) H. 25.5 cm; mouth diam. 11.7 cm; foot diam. 11 cm
    b) H. 26.8 cm; mouth diam. 11.2 cm; foot diam. 11 cm
    On the bottom, old collection labels and inventory numbers:
    a) Label, typewritten with: ‘M.M.14.’/ MAIOLICA DRUG VASE (Albarello)/ Painted with leafy scrolls/ and the inscription ‘Coloquintida’ (Colocynth) Faenza (Casa/ Pirota) Italian. 15th century/ J.P. Morgan Collection.’; label ‘Humphris C./’n. 8/2.‘; inventory numbers ‘L. 37.30.17, PM 2191, L.1650.17’ written in red on earthenware
    b) Label, typewritten with:
    ‘M.M.16’/ MAIOLICA DRUG VASE (Albarello)/ Painted with leafy scrolls &/ the inscription “Dictivio/ Bia(N)cho” Faenza. (Casa/ Pirota) Italian. 15th century./ J.P. Morgan Collection.’; label ‘Humphris C. n° 8/2.’; inventory numbers ‘L. 37.30.18, PM 2199, L.1650.18’ written in red on earthenware
     
    In very good condition; a) wear to rim and shoulder; b) glaze losses
     
    An export licence is available for this lot
     
    Gli albarelli hanno forma cilindrica, con larga imboccatura ad orlo estroflesso e base piana. La superficie è smaltata anche all’interno. La decorazione presenta, al centro del corpo, una corona fogliata che incornicia un emblema, probabilmente quello della farmacia di provenienza, costituito da un garofano su stelo con due foglie stilizzate. Tutt’intorno corre un motivo gotico a larghe foglie accartocciate, tra le quali s’inseriscono sottili spirali e puntini a riempimento delle campiture libere. Nella parte bassa del vaso, entro un nastro orizzontale, corre la scritta apotecaria “COLO qVINTIDA” nel primo albarello, e “DIcTIVIO. BIACHO” nel secondo. Nelle fasce decorative secondarie si scorgono leggere differenze: sulla spalla e nella parte bassa dei vasi è presente un motivo a spina nel primo albarello e a “S“ nell’altro; e, a scendere fino al piede, compaiono un decoro a fioretti e righe parallele nell’albarello a) e uno a nodo ”a groppo” seguito da una riga a spina nell’esemplare b).
    Entrambi gli albarelli conservano ancora il cartellino che ne indica l’appartenenza alla celebre collezione newyorkese Morgan con la tradizionale attribuzione a Faenza.
    Questo tipo di maioliche era considerato opera delle botteghe faentine del secolo XVI: l’attribuzione è riportata da Seymour de Ricci nel 1927, che sposava l’attribuzione proposta da Castellani in occasione del passaggio sul mercato di questi due vasi a Roma nel 1884. La paternità faentina fu confermata da Wallis nella schedatura di un

  • COPPIA DI ALBARELLIMontelupo, 1480-1495 Maiolica decorata in policromia...
    Lotto 9

    COPPIA DI ALBARELLI
    Montelupo, 1480-1495
     
    Maiolica decorata in policromia con rosso, arancio, giallo, verde e blu
    a) alt. cm 22,6; diam. bocca cm 9,8; diam. piede cm 9,9
    b) alt. cm 22,7; diam. bocca cm 10; diam. piede cm 10,4
    Sotto la base numero a china manoscritto: a) 744; b) 741
     
    a) minime sbeccature al piede e usure all’orlo;
    b) minime sbeccature al piede e usure all’orlo
     
    Earthenware, painted in red, orange, yellow, green, and blue
    a) H. 22.6 cm; mouth diam. 9.8 cm; foot diam. 9.9 cm
    b) H. 22.7 cm; mouth diam. 10 cm; foot diam. 10.4 cm
    On the bottom, number hand-written in black ink: a) ‘744’; b) ‘741’
     
    a) minor chips to foot and wear to rim;
    b) minor chips to foot and wear to rim
     
    I vasi presentano corpo cilindrico con base carenata e piede piano. Hanno spalla stretta e alta molto inclinata, bocca ampia con orlo appena estroflesso e orlo a taglio netto.
    La superficie degli albarelli è interamente ricoperta da smalto color crema, su cui è tracciato con ampie pennellate un motivo a “occhio di penna di Paona”.
    Questo decoro, di origine medio-orientale, costituisce insieme al decoro con palmetta persiana uno degli elementi caratterizzanti della fase propriamente rinascimentale della maiolica italiana (1480-1520). Questa tipologia decorativa ebbe un notevole successo nelle botteghe faentine, tanto che spesso molti manufatti di diversa provenienza, sui quali era presente questo motivo, erano attribuiti alla città romagnola. Galeazzo Cora ha poi conferito la classe ceramica qui presentata alle manifatture toscane: in particolare, un piccolo albarello appartenente alla collezione G.C. con caratteristiche stilistiche decorative affini a quelle del nostro esemplare viene ascritto ad area fiorentina. Gli scavi condotti nel territorio di Montelupo hanno permesso di aggiudicare con maggior certezza questo gruppo, anche se i due centri di produzione, Faenza e Montelupo, hanno entrambi utilizzato questo ornato in forme variate e, talvolta, contaminate da altri decori, ma sempre con un diverso equilibrio formale e cromatico. Lo stesso motivo decorativo, che si inserisce nella produzione montelupina come elemento accessorio attorno al 1470, è stato riproposto anche dalle manifatture senesi e derutesi, ma con esiti più contenuti.
    Nell’analisi degli esemplari della raccolta Fanfani Carmen Ravanelli Guidotti propone alcuni esemplari che, per impianto decorativo, si discostano dai nostri albarelli, con un’ornamentazione comunque maggiormente semplificata. Più affine per modalità decorative è il boccale della collezione Cora ora al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza. Esemplari che potremmo definire analoghi sono i due albarelli della collezione Mereghi, anch’essi al museo di Faenza, un altro conservato al Kunstgewerbemuseum di Berlino e un oggetto simile segnalato nella collezione Kahan e venduto in un’asta Sotheby’s negli anni Sessanta del ’900.
    Le campiture tra i decori, nelle quali si possono riconoscere dei rombi riempiti da puntinature e motivi vegetali stilizzati, ci portano a datare i due albarelli tra il 1480 e il 1495.

  • ALBARELLOMontelupo, 1570-1590 Maiolica decorata in policromia con verde,...
    Lotto 10

    ALBARELLO
    Montelupo, 1570-1590
     
    Maiolica decorata in policromia con verde, arancio, giallo, blu e bruno di manganese
    alt. cm 15,4; diam. bocca cm 10,9; diam. piede 10,9
     
    Sbeccature e consunzioni d’uso alla spalla, all’orlo e al piede; restauro e fermatura di una felatura passante che dall’orlo scende fino al piede, passa sotto a questo assottigliandosi e risale sull’altro lato, fermandosi alla spalla
     
    Earthenware, painted in green, orange, yellow, blue, and manganese
    H. 15.4 cm; mouth diam. 10.9 cm; foot diam. 10.9 cm
     
    Chips and wear to shoulder, rim, and foot; a consolidated hairline crack, fixed with a metal clip, running from the rim down to the foot, going up the other side, and extending to the shoulder
     
    Il piccolo vaso apotecario ha corpo di forma cilindrica appena assottigliato al centro; il piede è piano, leggermente svasato all’esterno e con orlo arrotondato. La spalla è arrotondata, il collo breve e stretto con imboccatura larga, svasata con labbro tagliato a stecca.
    La decorazione si ripete in modo continuo sull’intera superficie dell’albarello e vede, sul collo, una seria di linee parallele fino al termine della spalla; il motivo è riproposto, in forma assottigliata, sul piede. Nella fascia centrale, una serie continua di ovali riempiono la superficie, disponendosi verticalmente verso la spalla e verso il piede. Il motivo è a sua volta decorato con linee a scalare, in arancio, blu e giallo, e racchiuso in un ovale blu. Gli spazi vuoti sono interessati da un sottile decoro in manganese che simula un motivo floreale fortemente stilizzato e semplificato.
    Un esemplare molto simile, proveniente dalla donazione Cora, è onservato al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza.
    Fausto Berti nel pubblicare questa tipologia decorativa sottolinea come a partire dalla metà circa del XVI secolo la produzione di maiolica cominci a riproporre i motivi ornamentali con stanchezza e in modo ripetitivo. Questa tendenza è maggiormente evidente proprio nelle maioliche da farmacia destinate a un uso meno prestigioso. L’ornato “ad ovali” del nostro vaso appartiene a questa fase, in cui gli artigiani tendevano a semplificare e a ripetere in modo frettoloso, quasi esasperato, la decorazione commissionata.

  • CRESPINAMontelupo, 1570-1575 Maiolica decorata in policromia con giallo...
    Lotto 11

    CRESPINA
    Montelupo, 1570-1575
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo antimonio, ocra, bruno di manganese nei toni del marrone, blu e verde
    alt. cm 6; diam. cm 32; diam. piede cm 11,7
    Sul retro iscrizione in bruno di manganese “.S. paulo/ Chonverso
     
    Ricomposto da più frammenti; piede mancante (probabilmente tagliato per inserire l’oggetto in una cornice); sbeccature e cadute di smalto
     
    Earthenware, painted in antimony yellow, ochre, brownish manganese, blue, and green
    H. 6 cm; diam. 32 cm; foot diam. 11.7 cm
    On the back, inscription in manganese ‘.S. paulo/ Chonverso’
     
    Recomposed from fragments; missing foot (it has probably been cut away to fit the dish in a frame); chips and glaze losses
     
    La coppa, o crespina, è modellata a stampo nella tipica forma con parete baccellata, orlo mosso con bordo arrotondato e piede svasato, qui mancante. Questa forma ebbe successo presso tutte le manifatture italiane del ’500, con alcune varianti morfologiche. Sul retro cerchi concentrici giallo-verdi, blu e arancio incorniciano la legenda.
    Sul fronte della coppa è raffigurato l’episodio del Nuovo Testamento con la “Conversione di San Paolo”. Paolo, giudeo ormai cittadino romano, cade da cavallo, abbagliato da un raggio luminoso che scende dalla mano di Dio, raffigurato nella parte alta del piatto in un cerchio di nuvole. Intorno a lui alcuni soldati, tra quelli che lo stavano accompagnando a Damasco, fuggono spaventati, altri gli prestano soccorso. Sullo sfondo si apre un paesaggio con una città con torri, cupole e palazzi, probabilmente Damasco, che si specchia in un fiume. Poco lontano, sulla sinistra, nelle vicinanze di alcune grotte arcuate e di una grande erma, due soldati sembrano condurre in catene una terza persona con la barba: forse una prefigurazione dell’arresto di Paolo a Gerusalemme prima del trasferimento a Roma.
    Le caratteristiche stilistiche e pittoriche della crespina ci indirizzano nell’attribuzione alle produzioni delle botteghe di Montelupo in un arco cronologico che va dal 1570 al 1575.
    Infatti la pubblicazione di una crespina molto simile, considerata una pietra miliare nella storia dello studio della maiolica figurata di Montelupo, determina con sicurezza l’attribuzione e costituisce un importante punto di riferimento per facilitare il riconoscimento delle maioliche in stile istoriato prodotte dalle manifatture toscane, in precedenza attribuite a Casteldurante o a Faenza: si tratta infatti di “una delle più straordinarie realizzazioni di ‘figurato canonico’ di Montelupo”. Entrambe le opere presentano sul retro le caratteristiche fasce concentriche, a larghe pennellate, che si alternano nei colori del giallo e del blu, molto diluiti, a sottolinearne la foggia irregolare. Nella tavolozza domina il giallo intenso, ma si osserva anche la caratteristica variante marrone del manganese utilizzata nella definizione dei dettagli e in intere sezioni del decoro, non ultima per la scritta sul retro. In quest’ultima si nota la somiglianza fra il ductus del “Ch” e della “S” e quello riscontrabile in oggetti similari di manifattura montelupina. La scena raffigurata è la medesima, ma lo stile nel nostro esemplare è molto preciso; tuttavia sono molte le variazioni rispetto all’incisione da cui il pittore ha tratto spunto. La figura principale di San Paolo è molto fedele all’incisione in entrambe le crespine; diverso è invece l’uso, nella parte alta del cavetto, della figura del Padreterno al posto del Cristo nel nimbo, come pure il raggio che dà origine alla conversione di Saulo, particolarmente marcato nel nostro esemplare.

  • PIATTOMontelupo, pittore “Istoriatore della Bibbia”,...
    Lotto 12

    PIATTO
    Montelupo, pittore “Istoriatore della Bibbia”, 1575
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo, giallo ocra, bruno di manganese nella tonalità del marrone, verde e blu su smalto stannifero molto povero
    alt. cm 5,8; diam. cm 31; diam. piede cm 11
    Sul retro, al centro del cavetto, iscrizione in bruno di manganese nel tono del marrone “Come sollomon/ trouo di chera/ il fanciullo morto/ el il uiuo Dettolle/ ala madre sua
     
    Piccole felature; cadute di smalto fittamente crettato sul retro
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a very poor white tin glaze and painted in yellow, yellowy ochre, brownish manganese, green, and blue
    H. 5.8 cm; diam. 31 cm; foot diam. 11 cm
    On the back, at the centre of the well, inscription in brownish manganese ‘Come sollomon/ trouo di chera/ il fanciullo morto/ el il uiuo Dettolle/ ala madre sua’
     
    Minor hairline cracks; glaze losses; the glaze on the reverse is extensively crackled
     
    An export licence is available for this lot
     
    Piatto con cavetto poco profondo, ampia tesa appena inclinata e basso piede ad anello poco rilevato. Attorno al disco che ospita l’iscrizione è disegnata una doppia corona di petali.
    Sul fronte, ambientata nell’agorà di un’antica città, è rappresentata la drammatica scena biblica del giudizio di Salomone (Re 3, 16-28), descritta poi anche nella lunga frase apposta sul retro.
    Salomone, re d’Israele (961-922) e figlio di David, fu nominato alla successione per le pressioni della madre Betsabea. Eredità uno stato assai ampio, ma rinunciò alle attività militari e perse alcuni territori, mantenendo buoni rapporti con le popolazioni vicine al punto da sposare una figlia del faraone. Nella capitale costruì il palazzo reale e il tempio per cui è famoso. Rimasero proverbiali le sue doti di giustizia e di sapienza, obiettività  e imparzialità assolute. L’episodio descritto nel piatto è la celebre storia del giudizio di Salomone, che narra di due donne che vivevano insieme e avevano partorito negli stessi giorni un bambino: uno dei due morì nella notte e la madre ne scambiò il corpo con il figlio della compagna, la quale per questo motivo portò in giudizio l’altra donna rivolgendosi al re. Salomone ordinòallora di tagliare il bambino conteso in due e di darne una metà all’una e una metà all’altra. La vera madre allora rifiutò, piuttosto di fare del male al bimbo, e quindi il saggio re salvò il piccolo riconsegnandolo alla vera madre.
    Sul piatto, Salomone è raffigurato mentre, seduto sul trono, collocato sotto un porticato antistante la piazza, indica il bambino tenuto in braccio da un soldato incaricato di ucciderlo; le due madri sono sulla destra del piatto, una in piedi e l’altra inginocchiata in segno di preghiera; dei soldati, alcune donne e un giovane appoggiato a una colonna alle spalle del re assistono curiosi alla scena.
    Il disegno rapido e la tavolozza basata sui toni del giallo ocra aranciato, accompagnato dal blu cobalto acquarellato e dal verde ramina, presenta un carattere stilistico originale. Il piatto trova infatti riscontro nella serie prodotta dall’anonimo pittore attivo a Montelupo negli anni 1570-1575 denominato da Fausto Berti “Istoriatore della Bibbia”, il cui corpus di opere è stato recentemente aumentato e riordinato grazie alla pubblicazione dello studio di Carmen Ravanelli Guidotti. Particolarmente interessante è il confronto con uno di quei piatti: coerente è la distribuzione delle figure intorno a un

  • BOCCALEMontelupo, fine del XVI secolo Maiolica decorata in policromia...
    Lotto 13

    BOCCALE
    Montelupo, fine del XVI secolo
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo, arancio, verde rame, blu di cobalto e bruno di manganese nei toni del nero-marrone
    alt. cm 21,5; bocca cm 11,5 al beccuccio; diam. piede cm 11,8
     
    Lacuna sul collo; cadute di smalto sul corpo; sbeccature d’uso al piede
     
    Earthenware, painted in yellow, orange, copper green, cobalt blue, and brownish-blackish manganese
    H. 21.5 cm; mouth 11.5 cm (width from handle to spout); foot diam. 11.8 cm
     
    Loss to neck; glaze losses to body; wear chips to foot
     
    Il boccale ha corpo globulare, imboccatura trilobata e ansa a nastro verticale contrapposta al beccuccio; poggia su un basso piede piano poco aggettante, e sul fronte presenta un medaglione profilato in bruno di manganese, circondato da una fascia bianca a risparmio e da una giallo-arancio, a sua volta profilata da linee in bruno di manganese. La cornice del medaglione termina sotto il beccuccio con un motivo decorativo, in cui si riconosce la rappresentazione di un anello con pietra incastonata. All’interno del medaglione è raffigurato un profilo femminile con capigliatura folta e crestina di pizzo bianca. Il ritratto, quasi caricaturale, spicca su un fondo giallo. Il resto del corpo presenta una decorazione a palmette attorniate da spiraline e da trattini a riempimento delle campiture. Una fascia attorno e sotto l’ansa è asciata libera ed è occupata solo dal monogramma ”Z”. L’ansa è a sua volta decorata da due linee verdi parallele.
    Il boccale appartiene a una produzione di Valdarno, che vede l’incontro e l’unione di più elementi datanti. Il ritratto femminile richiama stilemi ancora arcaici, d’ispirazione quattrocentesca (si vedano per esempio i ritratti degli albarelli montelupini più antichi con il profilo accentuato, il mento basso, il naso fortemente pronunciato e la capigliatura a masse sovrapposte), tuttavia i tratti somatici sono qui dipinti in modo rapido, corrivo, quasi disgregato. Il decoro a palmetta persiana, realizzato in versione evoluta, è anch’esso tratteggiato in modo rapido, poco accurato, quasi standardizzato. Ma, oltre a questi elementi, è soprattutto la marca a indurci a datare il pezzo attorno agli anni Settanta del ’500: essa infatti, come segnalato da Galeazzo Cora, caratterizza gli esemplari prevalentemente provenienti dal Borgo di Montelupo.

  • VASO APOTECARIO BIANSATOMontelupo, 1620-1640 circa  Maiolica decorata in...
    Lotto 14

    VASO APOTECARIO BIANSATO
    Montelupo, 1620-1640 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con azzurro, blu, verde, giallo, giallo-arancio e bruno di manganese nel tono del marrone
    alt. cm 34; diam. cm 12,2; diam. piede cm 11; ingombro massimo con le anse cm 30
     
    Sbeccature d’uso alle anse e al piede; un’ansa presenta una rottura incollata; qualche caduta di smalto al corpo
     
    Earthenware, painted in light blue, green, yellow, yellowy orange, and brownish manganese
    H. 34 cm; diam. 12.2 cm; foot diam. 11 cm; maximum width with handles 30 cm
     
    Wear chips to handles and foot; one handle repaired; some glaze losses to body
     
    Il vaso presenta corpo ovoidale su base stretta con piede distinto, piano e appena estroflesso; l’imboccatura è larga ed estroflessa; dai fianchi si dipartono due anse plastiche a forma di “drago”, dipinte in verde ramina e poggianti su due mascheroni a volto di satiro foggiati a rilievo e colorati di giallo. L’oggetto è privo di beccuccio per la fuoriuscita dei liquidi.
    Il corpo è interamente decorato con un motivo fitoforme, delineato in blu su fondo smaltato bianco: si tratta del decoro denominato “alla foglia blu”, che prevede l’utilizzo della girali “foliate” qui in una versione atipica, sostanzialmente semplificata con un tratto rapido ma sicuro, che delinea le foglie sul fondo bianco con una prima linea sottile per poi riempire le zone a risparmio dando corpo alle ombreggiature della foglia e del frutto con una pennellata più marcata. Sul fronte, entro un medaglione delimitato da pennellate blu, su un fondo giallo mosso da pennellate brune spicca la figura dell’Assunta seduta su una nuvola e sorretta da Angeli con le mani aperte nel segno dell’orante. Al di sotto del medaglione un cartiglio reca la scritta apotecaria, delineata a caratteri capitali, in bruno di manganese nel tono del marrone “AQVa Di CETACcA”. Il cartiglio è incorniciato da un motivo a volute verde ramina centrato nella parte superiore da un amorino e in quella inferiore da mascherone.
    La decorazione “alla foglia blu” è tipica della produzione degli ultimi fornimenti da farmacia di produzione montelupina, e Fausto Berti fa notare come l’opzione decorativa sia stata scelta anche da due forniture farmaceutiche ancora di rilievo, quella dell’Annunciazione e quella di Tobia accompagnato dall’Angelo, forse addirittura eseguite dalla stessa bottega con datazione intorno agli anni Quaranta del ’600.
    Si tratta comunque di un gruppo omogeneo, caratterizzato da una decorazione uniforme e ripetitiva, che denuncia la decadenza delle botteghe montelupine. Dal gruppo si distinguono alcuni esempi destinati a farmacie fiorentine di una certa importanza, trai quali Berti pubblica due orci probabilmente provenienti dalla stessa farmacia del vaso in esame: il primo esemplare è conservato nelle Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano, il secondo in una raccolta privata fiorentina. Gli orci presentano uno smalto meno ricco, ma la stessa decorazione, limitata però alla sola parte a vista dei contenitori, che per loro morfologia sono dotati di beccucci per la fuoriuscita dei liquidi e non dovevano quindi essere mossi dallo scaffale. Entrambi gli orci mostrano la figura dell’Assunta, priva di amorini ma con nembi che incorniciano interamente il medaglione, e il cartiglio con cornice a volute, dei quali uno anepigrafo.
    I due contenitori di confronto recano sotto l’ansa la marca dell’”amo”, la quale ci riconduce a una nota bottega montelupina che contrassegna le proprie maioliche fino al 1622. Secondo Berti la cronologia di questi vasi non dovrebbe distanziarsi tr

  • ALBARELLO BIANSATODeruta, 1460-1490 Maiolica decorata in policromia con...
    Lotto 15

    ALBARELLO BIANSATO
    Deruta, 1460-1490
     
    Maiolica decorata in policromia con blu a zaffera, verde rame e bruno di manganese nei toni del violaceo
    alt. cm 25,6; diam. bocca cm 12,6; diam. piede cm 10,8
     
    Intatto; sbeccature d’uso all’orlo, alle anse e al piede
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in zaffera blue (cobalt blue), copper green, and manganese purple
    H. 25.6 cm; mouth diam. 12.6 cm; foot diam. 10.8 cm
     
    In very good condition; wear chips to rim, handles, and foot
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il vaso apotecario ha bocca larga con orlo piano molto estroflesso che scende su un collo cilindrico basso, il quale a sua volta si congiunge con una spalla carenata dal profilo rigonfio. Il corpo è ilindrico, appena rastremato al centro; il calice è angolato, con profilo arrotondato, e scende con una forte strozzatura fino al piede piano e con orlo appena estroflesso. Le due anse, larghe e a nastro, sono tripartite con cordonatura centrale piana terminante in un bottone concavo e cordonature laterali dal profilo arrotondato che si dipartono dalla spalla per scendere fino quasi al bordo del calice.
    Il decoro del collo mostra una serie continua di tratti ed èreplicato anche lungo il piede. La spalla è decorata da una serie di palmette e palmette a ventaglio, secondo uno schema di gusto tardo-gotico. Il corpo è ornato da due metope principali con decori a foglie stilizzate, delimitate da due fasce verticali. Tra le metope su un lato si legge una lettera gotica “C” affiancata da motivi fogliati e puntinature e racchiusa in una riserva che ne segue il profilo, segnata in azzurro, sull’altro lato è dipinta una pianta di carciofo con due fiori, anch’essa racchiusa in una riserva profilata di azzurro.
    Le anse sono dipinte con tratti orizzontali in ramina e viola manganese nella cordonatura centrale e con pennellate appena arcuate tutt’intorno. L’attacco inferiore, premuto “a pizzico”, è esso in risalto dal colore verde ramina.
    Gli esemplari di confronto sono numerosi, e tra loro un riscontro morfologicamente puntuale si trova in un vaso della raccolta della Cassa di Risparmio di Perugia datato 1460-1490.
    La tipologia è stata per lungo tempo attribuita variamente alle botteghe faentine o alla Toscana, e in seguito ricondotta alla bottega originaria. La produzione di questi albarelli dovette essere cospicua, con grande varietà di forme e decori: gli scavi a Deruta hanno restituito frammenti relativi a esemplari con anse simili a quelle dell’opera in esame, ma prevalentemente a oggetti con anse a torciglione. I decori hanno trovato riscontro in mattonelle di pavimenti coevi e propongono motivi tardo-gotici con foglia accartocciata, fiamme, corde, lettere gotiche e altro. Molti reperti sono conservati nel museo di Deruta.
    Il vaso è accompagnato dalla documentazione relativa al suo passaggio sul mercato – in occasione della vendita della collezione Bak di New York – nella quale viene attribuito a una manifattura faentina del 1470; a conferma di quanto detto qui sopra, viene fatto riferimento, come provenienza, alle collezioni S. von Auspitz prima e Lanna di Praga poi. L’attribuzione si basava probabilmente sugli studi disponibili all’epoca, come per esempio il repertorio di Jeanne Giacomotti, nel quale erano raccolti diversi esemplari di questo genere.

  • COPPIA DI ALBARELLIDeruta, 1500-1510 circa Maiolica decorata in...
    Lotto 16

    COPPIA DI ALBARELLI
    Deruta, 1500-1510 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con rosso, arancio, giallo scuro, blu, verde ramina e bruno di manganese
    a) alt. cm 22,6; diam. bocca cm 10,5; diam. piede cm 11,7
    b) alt. cm 21,8; diam. bocca cm 9,8; diam. piede cm 11
    Sotto la base segni incisi dopo la cottura; numeri incisi e dipinti di bianco: a) “261”; b) “26”. Tracce di cartellini con numerazione
     
    a) cadute di smalto e sbeccature sul fronte; usure alla spalla; sbeccatura al piede
    b) felatura all’orlo; usure alla spalla
     
    Corredato da doppio attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in red, orange, dark yellow, blue, copper green, and manganese
    a) H. 22.6 cm; mouth diam. 10.5 cm; foot diam. 11.7 cm
    b) H. 21.8 cm; mouth diam. 9.8 cm; foot diam. 11 cm
    On the bottom, some marks have been carved in after firing; numbers incised and painted on in white: a) ‘261’; b) ’26’. Remains of paper tags with numbers
     
    a) on the front, glaze losses and chips; wear to shoulder; chip to foot
    b) hairline crack to rim; wear to shoulder
     
    An export licence is available for this lot
     
    I due contenitori apotecari hanno corpo cilindrico rastremato al centro, imboccatura larga con orlo svasato, un collo breve e spalla molto carenata. Il piede piano non smaltato, diviso dal corpo da una breve strozzatura, ha orlo arrotondato. Il corpo ceramico color camoscio scuro è ben visibile all’interno dei vasi, che non sono rivestiti da smalto, ma solo da invetriatura.
    La decorazione dell’albarello a) mostra un busto maschile di profilo, racchiuso in una ghirlanda di foglie e frutti centrata da due fiori racchiusi in un medaglione azzurrato. Nella parte posteriore, si sviluppa un lungo stelo con foglie dalla forma gotica e fruttini trilobati, circondato da piccole spirali a riempitura dei campi. Lungo la base, si articola un motivo a cordone seguito da una corona stilizzata. Sotto il piede, sono visibili dei segni incisi dopo la cottura.
    L’albarello b), fortemente coerente, è decorato da un profilo muliebre con capelli raccolti in una cuffia, abito con bustino e spalle coperte da uno scialle. Il profilo è circondato da una ghirlanda con foglie di quercia e piccole ghiande; anche in questo caso la ghirlanda è centrata da due fiori racchiusi in un medaglione. Il retro del vaso è occupato da un tralcio fitoforme con arricciature, piccole fogliette trilobate e fiori dalla corolla multipetalo, dipinti in verde e arancio. Il fondo vuoto è riempito da pennellature, cerchietti puntinati e spiraline. Lungo la base, un motivo a cordone, seguito da una corona stilizzata, riprende la decorazione del collo.
    Diversi albarelli appartengono alla stessa celebre serie di vasi sfornati a Deruta: ad esempio una coppia di albarelli con profili assai simili  conservata nella raccolta Gillet del Musée des Arts Décoratifs di Lione. Le differenze, rispetto ai nostri esemplari, sono minime: il coprispalle, le ghiande al posto dei fruttini e la scelta decorativa nei retri. Un albarello coerente, decorato con un profilo di giovane con copricapo, è conservato al Metropolitan Museum of Art di New York e databile 1510.
    Due esemplari simili dichiarati come datati 1507, l’uno decorato dal profilo di un giovane con berretto, l’altro da un profilo di donna, si trovavano nella collezione Adda: ad essi si fa generalmente riferimento per la cronologia di questo corredo farmaceutico. L’attribuzione è stata sostenuta per la prima volta da Rackham, che smentisce l’ipotesi di paternità senese sostenuta da Falke.
    Si è ipotizzato che i nostri due al

  • TONDINODeruta, 1500-1520 circa Maiolica decorata in policromia con...
    Lotto 17

    TONDINO
    Deruta, 1500-1520 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con arancio, blu, verde rame e bruno di manganese nei toni del nero-marrone su smalto bianco crema crettato
    alt. cm 2,8; diam. cm 25; diam. piede cm 8,2
    Sul retro cartellino di collezione molto usurato, numeri di inventario delle raccolte di provenienza in rosso: “L.37.03.92”, “L.1660.92”, “44459”(?)
     
    Nella parte alta della tesa sbeccatura ricoperta, con felatura passante che scende fino al medaglione; piccola caduta di colore integrata sul fronte a destra in alto vicino al medaglione; sbeccature minime al bordo e usure
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a crackled creamy-white glaze and painted in orange, blue, copper green, and blackish-brownish manganese
    H. 2.8 cm; diam. 25 cm; foot diam. 8.2 cm
    On the back, collection paper tag (worn); old collection inventory numbers in red: ‘L.37.03.92’ and ‘L.1660.92’; ‘44459(?)’
     
    On the upper part of the broad rim, a chip repainted and a heavy hairline crack running down to the central decorative panel; on the front, a minor colour loss, repainted; minor chips to rim; slight wear
    Il tondino presenta un cavetto profondo a larga tesa piana con orlo arrotondato.
     
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    Il decoro vede, al centro del cavetto, un ritratto di paggio con lunghi capelli e copricapo: il fanciullo indossa una casacca chiaroscurata in un color verde molto diluito. Lo sfondo alle spalle del personaggio è suggerito, in alto, da alcune righe azzurre, mentre sul davanti il profilo è fortemente risaltato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, ombreggiando lo sfondo. Il tondo che racchiude la figura è delimitato da un motivo decorativo a cordonatura, cui si sovrappone una fascia a punte, nelle quali sono inscritti piccoli triangoli blu, contornata da semisfere arancio disegnate di blu.
    L’attribuzione alla città umbra di Deruta è ormai generalmente accettata.
    Lo studio di un gruppo di piatti “petal back” associati a monogrammi o lettere pubblicati da Bernard Rackham nel 1915 aveva inizialmente comportato l’attribuzione alle botteghe di Deruta piuttosto che a Faenza, Forlì, Pesaro o Cafaggiolo precedentemente citate. In opposizione a Rackham, Otto Von Falke aveva invece sostenuto l’attribuzione di questo gruppo alla bottega di maestro Benedetto di Siena. Chompret aveva sposato quest’ultima ipotesi, nonostante la scoperta a Deruta di alcuni frammenti.
    Riguardo a questo motivo decorativo, è significativo quanto pubblicato dopo gli scavi nelle vicinanze dell’Istituto d’Arte di Deruta, che hanno portato alla luce resti di fornace: infatti attraverso la pubblicazione dei frammenti sono state chiarite le tipologie e la cronologia di questo genere di motivi.
    Un confronto assai prossimo è costituito da un piatto del Fitzwilliam Museum di Cambridge, con ritratto di San Francesco, che presenta caratteristiche decorative molto simili: si veda per esempio l’uso della fascia dentellata a decoro del medaglione centrale e alcuni dettagli nella decorazione della tesa. Il piatto, attribuito all’Umbria e datato tra il 1500 e il 1520, si distingue dall’esemplare in esame per il retro, nel quale il motivo ornamentale è solo accennato.
    I piatti con ritratti, come quello in oggetto, appartengono alla categoria dei “ritratti amatori”, molto in voga tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, e prodotti da tutte le manifatture italiane. I piatti amatori ebbero grande fortuna a Faenza e raggiunsero

  • PIATTO DA POMPADeruta, 1500-1520 Maiolica decorata in blu di cobalto e...
    Lotto 18

    PIATTO DA POMPA
    Deruta, 1500-1520
     
    Maiolica decorata in blu di cobalto e lustro dorato
    alt. cm 9,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,9
    Sul retro etichetta brunita di vecchia collezione con manoscritto a china in corsivo: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.
    Sul retro numero 783 in inchiostro rosso
     
    Intatto; lievi consunzioni all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre
    H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.9 cm
    On the back, old collection label hand-written in black ink: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.
    On the back number 783 in red ink
     
    In very good condition; minor wear to rim
     
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    L’esemplare ha un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura. La foggia è quella tipica delle produzioni derutesi, che ha fatto la fortuna delle manifatture della città umbra: questa forma era destinata ad accogliere i celeberrimi ritratti di belle donne, stemmi nobiliari o soggetti importanti come le immagini di santi ed eroi dipinti con tecnica mista ottenuta in due cotture: la prima a gran fuoco con blu a due toni, la seconda in riduzione per l’ottenimento del lustro.
    Retro con invetriatura appesantita di bistro che ricopre l’intera superficie
    Al centro del cavetto è raffigurata, di profilo, una giovane donna alla vita, che sostiene nella mano sinistra un garofano dallo stelo lungo e sinuoso. Di fronte al ritratto, si svolge un cartiglio che reca la scritta a caratteri capitali “UMBE/ L MoRIR/ ETU/ TALAVITA·ONO/ R/ A” (un bel morir tutta la vita onora), tratta dal Canzoniere di Petrarca. Il profilo è fortemente sottolineato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, andando ad ombreggiare lo sfondo intorno al cartiglio. Una sottile fascia con un motivo decorativo a corona fogliata separa il cavetto dalla tesa, decorata da una ghirlanda di fiori a bocciolo, collegati da una breve rametto con foglie lanceolate disposte simmetricamente.
    Com’è consuetudine in questa tipologia ceramica, la stessa immagine è ripetuta, in modo sostanzialmente simile, anche in altri piatti con analoga impostazione decorativa, direttamente ispirata dalle figure del Pinturicchio che ornano l’appartamento Borgia in Vaticano o dalla Sibilla Eritrea raffigurata negli affreschi del Perugino che decorano la Sala delle Udienze nel Collegio del Cambio a Perugia. Per confronto si vedano l’esemplare con il motto virgiliano “Omnia vincit amor” del Museo delle Arti Decorative di Lione e quello del British Museum con tesa decorata da una bordura molto simile, databile tra il 1500 e il 1520. Un altro piatto molto vicino all’oggetto in esame, pubblicato da Wilson qualche anno fa, presenta solo lievi differenze nei decori minori dell’abito e nella presenza di fiori arrotondati al posto delle fogliette nella tesa, oltre a un tratto pittorico più evanescente, meno incisivo di quello del nostro esemplare.
    Questo gruppo di piatti è databile grazie al confronto con il piatto del British Museum dalla tesa decorata a ghirlanda recante lo stemma di papa Giulio II, che data l’intera serie tra il 1503 e il 1513, gli anni del suo p

  • PIATTO DA POMPADeruta, 1500-1520 Maiolica decorata in blu di cobalto e...
    Lotto 19

    PIATTO DA POMPA
    Deruta, 1500-1520
     
    Maiolica decorata in blu di cobalto e lustro dorato
    alt. cm 8,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,6
     
    Intatto; lievi consunzioni all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre
    H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.6 cm
     
    In very good condition; minor wear to rim
     
    An export licence is available for this lot
     
    L’esemplare ha un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura avvenuta con tecnica mista in due tempi: prima a gran fuoco con blu a due toni, poi in riduzione per l’ottenimento del lustro. Retro con invetriatura color bistro che ricopre l’intera superficie.
    La forma, comunemente destinata ad accogliere i ritratti, è qui utilizzata per un insolito e ricercato ritratto maschile a mezzo busto. Al centro del cavetto spicca il profilo di un uomo barbato con un elmo da parata dalla foggia straordinariamente complessa, riccamente adornato sulla celata con figure di delfino e di sfinge. Il copricapo, che riproduce la lavorazione a sbalzo, è dotato di un vistoso copriorecchie a chiocciola, sul quale si aggrappa un piccolo putto alato vivace. L’uomo indossa un mantello chiuso alla spalla da una fibula. Con la mano destra, non visibile, sostiene un’alabarda decorata da un nastro sinuoso.
    Un motivo a corona di alloro separa il cavetto dalla tesa, decorata da una ghirlanda di fiori a bocciolo collegati da un breve rametto con foglie lanceolate disposte simmetricamente: un ornato del tutto analogo a quello presente sul piatto proposto al lotto 18 di questo stesso catalogo.
    Anche tecnicamente il piatto mostra chiare analogie con quello a figura femminile appena citato. Il decoro è stato realizzato lasciando a risparmio il fondo maiolicato, fortemente distinto dalla parte a lustro grazie a linee di cobalto stese con maggiore o minore densità, così da creare un gradevole effetto di ombreggiatura che dà profonditè all’opera. Un importante esemplare di confronto è il piatto da pompa con busto di guerriero del Museo delle Arti Decorative di Lione: anche in quel caso il decoro e la tecnica sono raffinatissimi. Il giovane protagonista della decorazione è raffigurato di fronte e indossa un elmo alato con una lorica, arricchita da una lavorazione fitta ed elegante, quasi un lavoro di oreficeria. Anche la tesa di quell’esemplare è molto simile alla nostra, per la cui datazione si fa ugualmente riferimento al piatto del British Museum recante lo stemma di papa Giulio II, cioè al decennio che va dal 1503 al 1513.
    Ci piace pensare che la finalità della decorazione sia di celebrazione amorosa, nonostante la serietà del personaggio: ciò s‘intuisce dalla presenza del piccolo Erotino che, chiaramente, non fa parte della decorazione dell’elmo, ma sembra inserirsi nella composizione come se provenisse dall’esterno, quasi fosse latore di un segreto messaggio d’amore.
    La documentazione che accompagna l’oggetto ne testimonia l’acquisto nel 1969 da Humphris di Londra. L’antiquario londinese in essa ricostruisce i passaggi dell’oggetto a partire dalla sua presenza nella raccolta Cook di Londra, dove Rackham alcuni anni dopo afferma che fosse erroneamente catalogato come “maiolica di Gubbio”, e poi nella collezione Adda.

  • PIATTODeruta, 1520 circa Maiolica decorata a policromia in blu, giallo...
    Lotto 20

    PIATTO
    Deruta, 1520 circa
     
    Maiolica decorata a policromia in blu, giallo antimonio, verde ramina e rosso ferro
    alt. cm 4,1; diam. cm 22,2; diam. piede cm 7,9
    Sul retro etichetta stampata “ESPOSTO ALLA MOSTRA NAZ. DELL’ ANTIQUARIATO/ Milano - 19 nov. 11 dic. 1960”; altra etichetta dattiloscritta con “piatto Deruta sec XVI/ (Amatorio)”
     
    Rottura radiale sulla parte alta, restaurata con qualche integrazione alla pittura; piccola lacuna reintegrata sulla tesa; coperture lungo il bordo del cavetto e in prossimità della frattura
     
    Earthenware, painted in blue, antimony yellow, copper green, and iron red
    H. 4.1 cm; diam. 22.2 cm; foot diam. 7.9 cm
    On the back, printed label ‘ESPOSTO ALLA MOSTRA NAZ. DELL’ANTIQUARIATO/ Milano – 19 nov. 11 dic. 1960’; label typewritten with ‘piatto Deruta sec XVI/ (Amatorio)’
     
    On the upper part, a radial crack restored with areas of repaint; a minor loss to broad rim, repainted; some areas of repaint along the edge of the well and close to the crack
     
    Il piatto presenta cavetto profondo, larga tesa piana con orlo arrotondato, piede a fondo leggermente concavo. Il decoro al centro del cavetto raffigura due mani che si stringono sopra una fiamma ardente, sormontate da una corona affiancata dalle iniziali “E.” ed “E.” scritte in blu in caratteri capitali. Il decoro è realizzato in policromia con l’utilizzo del blu di cobalto, del giallo antimonio, del verde ramina e del rosso ferro. Il motivo decorativo centrale è racchiuso da una corniciatura a sottili fasce concentriche decorate da linee parallele, puntinature rosse e tratti decorativi sporgenti sull’ultima linea a simulare dei nodi. La tesa è interessata da un motivo decorativo a tralci incrociati con spine sporgenti, detto a “corona di spine”.
    Il decoro centrale è tipico dei piatti cosiddetti “amatori” e raffigura il motivo della Fede: simboleggia cioè il patto d’amore o la promessa tra i fidanzati. Di origine romana, questo decoro spesso era accompagnato dalla parola “Fides”. Il motivo è frequente anche nella maiolica faentina del ’500. I piatti di questa tipologia erano donati alla persona amata e costituivano talvolta un regalo di fidanzamento. Il decoro ebbe successo e fu poi riprodotto da molte manifatture dell’Italia centro-settentrionale.
    Il motivo della tesa a ”corona di spine”, contemporaneo di altri ornati, è usato dalle manifatture di Deruta dell’epoca. Frequente nei piatti da pompa, è variamente associato a decorazioni principali, che presentano anche figure diverse: al Museo Regionale di Deruta, per esempio, lo troviamo tra gli altri sia con un ritratto amatorio, sia con San Pietro.
    Un piatto, fortemente lacunoso, decorato sulla tesa in maniera molto simile al nostro, databile al periodo tra gli anni Venti e Cinquanta del ’500, è conservato al Fitzwilliam Museum di Cambridge. Il decoro a tralci verdi è utilizzato dalle maestranze derutesi anche in piatti da parata di maggiori dimensioni, talvolta con modalità stilistiche più complesse e con l’aggiunta di rosette: si vedano, per esempio, i piatti di questo tipo, decorati al centro con figure, conservati al Museo del Louvre, datati ai primi anni del secolo XVI. Infine un esemplare da parata con lo stemma di papa Paolo III Farnese (1534-1549) che è considerato datante per le produzioni minori porta sulla tesa la decorazione.
    Il piatto in esame ha uno smalto povero alla derutese, molto crettato e ricco di difetti e bolliture; il decoro sul retro si limita a una serie di archetti appena visibili in prossim

  • BACILE DA ACQUERECCIADeruta, 1530 circa Maiolica decorata in blu di...
    Lotto 21

    BACILE DA ACQUERECCIA
    Deruta, 1530 circa
     
    Maiolica decorata in blu di cobalto, con lumeggiature a lustro dorato
    alt. cm 3,4; diam. cm 33; diam. umbone cm 11
    Sul retro un cartellino cartaceo stampato “ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782
     
    Parte inferiore della tesa interessata da diverse rotture incollate e stuccate con restauro archeologico sul retro e parziale copertura sul fronte
     
    Earthenware, painted in cobalt blue with touches of golden lustre
    H. 3.4 cm; diam. 33 cm; centre diam. 11 cm
    On the back, printed paper tag ‘ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782’
     
    On the lower part of the broad rim, some restored and plastered cracks are visible on the back, with areas of repaint on the front
     
    Il piatto ha un cavetto ampio e concavo centrato da un umbone a fondo piano, circondato da una cornice a rilievo con orlo arrotondato, digradante in una seconda cornice a gola. La tesa è breve e orizzontale, con orlo rilevato. Il retro segue la forma del piatto, con leggere baccellature rilevate e centro concavo.
    La forma è quella del bacile da acquereccia: il piatto doveva cioè sorreggere nel centro un versatoio, a imitazione del vasellame metallico.
    Al centro della composizione decorativa troviamo un ritratto muliebre di profilo, con un cartiglio contenente la scritta “BERRARDINA”. Nella cornice a gola è presente un motivo a nodo delineato in blu su fondo lustrato, mentre nel resto del cavetto si sviluppa un decoro a baccellature arcuate, delimitate da sottili pennellature blu e ombreggiature, anch’esse in blu sul fondo. L’effetto a rilievo è ottenuto grazie all’utilizzo delle ombreggiature e alla riserva lasciata bianca per dar luce. La tesa mostra il caratteristico decoro a piccoli frutti tondeggianti disposti a linea continua.
    Il retro è decorato da linee concentriche gialle con tracce di lustro.
    Questo tipo di bacile fu prodotto a Deruta con alcune varianti nella scelta della decorazione, comunque realizzata a lustro nei modi utilizzati anche nei piatti da parata, in un periodo che oscilla tra il 1500 e il 1530: la gran parte dei bacili da versatore presentano al centro un ritratto femminile di solito accompagnato da un fiore di giglio, con varianti del soggetto raffigurato al centro, in questo caso molto prossimo alla tipologia dei ritratti amatori.
    Un piatto conservato al Victoria and Albert Museum, di produzione derutese e databile al 1520, è morfologicamente affine, con ritratto al centro dell’umbone e decoro intorno alla tesa e sull’orlo, ma mostra una scelta decorativa differente nel motivo a pannelli radiali con decori fitoformi ed embricazioni. Prossimo a quest’ultimo esemplare è anche il bacile con ritratto femminile del Fitzwilliam Museum di Cambridge proveniente dalla collezione Pringsheim, con un ritratto stilisticamente vicino a quello delineato nel nostro oggetto. Da ultimo un bel bacile conservato al British Museum, risalente ai primissimi anni del ‘500, presenta una tesa con decoro a embricazioni e un profilo con caratteristiche molto prossime ai modi del Perugino, dai cui ritratti prendono spunto questi decori.

  • ALBARELLODeruta, ultimo quarto del XVI secolo Maiolica decorata in...
    Lotto 22

    ALBARELLO
    Deruta, ultimo quarto del XVI secolo
     
    Maiolica decorata in policromia con blu di cobalto, verde ramina, giallo antimonio e ocra su smalto stannifero povero
    alt. cm 19,6; diam. bocca cm 9,5; diam. piede cm 9,8
    Sotto la base etichetta stampata “Dott. Serra Milano”; etichetta manoscritta, in corsivo, “6647/ albarello / toscano/ sec XVI”; etichetta stampata, poco leggibile, “... DELLA GHERARDESCA” e, manoscritta, “221
     
    Felature sottili al corpo vicino al piede; sbeccature di usura al piede e all’orlo
     
    Earthenware, covered with a poor tin glaze and painted in cobalt blue, copper green, antimony yellow and ochre
    H. 19.6 cm; mouth diam. 9.5 cm; foot diam. 9.8 cm
    On the bottom, label printed ‘Dott. Serra Milano’; label hand-written ‘6647/ albarello / toscano/ sec XVI’; printed label‘... DELLA GHERARDESCA’ (hardly readable) and, hand-written, ‘221’
     
    Minor hairline cracks to body close to the foot; wear chips to foot and rim
     
    L’albarello ha larga imboccatura con orlo piano appena estroflesso e collo molto breve che scende in una spalla angolata. Il corpo cilindrico è molto rastremato al centro e termina con un calice assai angolato che scende a formare un piede su base piana e aggettante, preceduto da una strozzatura breve.
    Sul fondo del piede è visibile un segno farmaceutico inciso dopo la cottura.
    Il vaso apotecario era stato attribuito a manifattura Toscana, mentre a noi pare, per morfologia e decoro, vicino alle serie prodotte dalle manifatture umbre di Deruta nel corso del secolo XVI.
    Il motivo che incornicia la scritta apotecaria “DIAPRUNIS” riproduce una corona robbiana con modalità pittoriche corrive, quasi di maniera. Lo stesso tipo di corona, ma con stile più fluido, associato al motivo decorativo a girali fiorite caratteristico delle manifatture derutesi, è raffigurato in un albarello della collezione Bayer di Milano.
    Morfologicamente l’opera si avvicina alle produzioni derutesi dei primi anni del ‘500, come per esempio la coppia di albarelli con emblema farmaceutico e decori a trofei conservata nelle raccolte del Castello Sforzesco di Milano. La forma, la scelta cromatica, la qualità dello smalto e la disposizione del decoro con nastri svolazzanti sul retro del vaso hanno poi dei precedenti di qualità nella raccolta Mereghi al Museo Internazionale delle Ceramica di Faenza. L’orciolo da farmacia nella stessa raccolta con decoro “alla porcellana” datato alla seconda metà del XVI secolo costituisce un confronto per il decoro “minore” posto all’interno della fascia: il decoro alla porcellana, steso anch’esso con tratto veloce, richiama l’esemplare del museo faentino e di conseguenza il suo confronto datato e conservato a Sévres.
     

  • VASO OVOIDALEFaenza, 1490-1510 circa Maiolica decorata in policromia con...
    Lotto 23

    VASO OVOIDALE
    Faenza, 1490-1510 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con verde, arancio, blu, turchino su smalto stannifero bianco e spesso
    alt. cm 29; diam. bocca cm 11; diam. piede cm 11
     
    Felatura passante alla base a partire dalla parte inferiore del corpo
     
    Earthenware, covered with a thick white tin glaze and painted in green, orange, blue, and turquoise
    H. 29 cm; mouth diam. 11 cm; foot diam. 11 cm
     
    Heavy hairline crack to base extending from the lower part of the body
     
    Il vaso ha un’imboccatura larga con orlo appena estroflesso e labbro piano tagliato a stecca. Il collo cilindrico si congiunge alla spalla, dalla forma arrotondata, che si apre in un corpo ovoidale; questo si restringe per chiudersi in un piede largo a base piana.
    Lo smalto ricopre l’intera superficie e si presenta spesso, molto bianco e di ottima qualità. La decorazione è disposta a fasce concentriche che, alternando i colori verde, blu e giallo-arancio, interessano il collo e la porzione superiore e inferiore del corpo. La fascia principale del decoro si estende lungo il punto di massima espansione del corpo: qui campeggia un elegante tralcio fogliato sul quale s’innestano dei motivi a “palmetta persiana” che, arricciandosi, corre sopra una fitta ornamentazione a piccole spirali. Sul fronte del vaso compare il simbolo di San Bernardino in lettere gotiche, circondato da un rosario, il tutto racchiuso in un medaglione circolare incorniciato da una cordonatura dipinta in arancio. Sul fondo del vaso, all’altezza della strozzatura che precede la base, si apre nuovamente in una fascia con motivi che possiamo definire a “fiamme bernardiniane”.
    Il decoro a “palmetta persiana” trova riferimento nel pavimento Vaselli in San Petronio a Bologna. Ravanelli Guidotti sottolinea come questo decoro sia in genere poco documentato sulle forme chiuse e presenta come confronti alcuni esemplari con questo tipo di ornamentazione, tra i quali un bel vaso globulare conservato nel Herausgegeben vom Kunstgewerbemuseum di Berlino, in cui l’ornato “a palmetta” più prossimo alle forme vaselliane è associato a motivi decorativi simili a quelli del nostro esemplare, che però mostra una variante fiorita con inusuali tocchi di verde. Anche nell’esemplare di confronto lo smalto risulta impeccabile e il decoro mostra colori accesi. Un altro vaso con caratteristiche morfologiche simili e appartenente alla raccolta della Cassa di Risparmio di Perugia è stato studiato da Wilson: qui il motivo a palmetta è presente in una versione verticale, più vicina a quella del pavimento Vaselli, ed è associato a uno stemma. Wilson sottolinea come questo tipo di decoro fosse diffuso in tutta la Romagna e anche in Toscana, dove perdura in forme attardate per tutto il ’500, associandolo a un altro contenitore, questa volta con decoro a trofei, conservato nella collezione Strozzi Sacrati e datato 1506. Nella stessa raccolta toscana si trova anche un vaso piriforme che mostra un decoro a palmetta persiana su girali molto ben delineato, già definito da Liverani come “un po’ calligrafico”.
    In base alla forma, il vaso si può con miglior approssimazione assegnare a un periodo cronologicamente più avanzato rispetto al manifestarsi del motivo decorativo; possiamo quindi considerare il decoro come un’evoluzione dell’ornato originario. Nel libro dei conti di maestro Gentile Fornarini, pubblicato da Ballardini e analizzato da Ravanelli Guidotti, troviamo un aggancio cronologico assai utile, soprattutto per le forme chiuse: nel 1470 il Fornarini elenca le “bocce da spiciale con brieve in su”, probabilmente bocce con iscrizioni farmaceutiche; quelle s

  • PIATTO CON STEMMA ARALDICOFaenza, 1520-1525 Maiolica decorata in...
    Lotto 24

    PIATTO CON STEMMA ARALDICO
    Faenza, 1520-1525
     
    Maiolica decorata in policromia con blu, bianco, verde, giallo e arancio
    alt. cm 2,5; diam. cm 26; diam. piede cm 8,3
    Sul retro, al centro del piede, delineata in blu di cobalto, la sigla paraffata “SB
     
    Piccola rottura e incollatura sulla tesa a sinistra; due grosse sbeccature sulla tesa in alto a destra e una in alto a sinistra
     
    Earthenware painted in blue, white, green, yellow and orange
    H. 2.5 cm; diam. 26 cm; foot diam. 8.3 cm
    The back is painted with a mark in cobalt blue: ‘S’ crossed by a paraph and ‘B’
     
    Small crack and restoration to broad rim at 9 o’clock; chip to broad rim at 11 o’clock; two big chips to broad rim at 2 o’clock
     
    Il piatto, poggiante su piede ad anello appena accennato, è piano e con cavetto basso. Il cavetto è separato dalla tesa da due sottili bande decorate da nastri sinuosi e da un motivo “a cordonatura” intervallate da una fascia con decoro bianco su bianco a piccoli fioretti. Esso è occupato da uno stemma su fondo verde, formato da uno scudo circondato da piume e sormontato da un elmo con cimiero in forma di grifo alato rampante con corona a cinque punte. Lo scudo, a tacca, non è stato identificato, ma si tratta probabilmente di uno scudo tedesco inquartato, che al primo e al terzo quadrante mostra un leoncino rampante d’argento, al secondo e al quarto un fondo rosso con quattro bande merlate in giallo; lo stemma al centro è caricato di uno scudetto con aquila bicipite.
    La tesa è interamente occupata da un motivo a grottesche con sfingi accucciate, erotini, cornucopie, tralci fogliati e conchiglie. Il decoro è delineato in modo anomalo in blu con tocchi di bianco su fondo bianco a risparmio.
    Il retro mostra un fitto motivo petal back su doppia fila concentrica in arancio e blu. Al centro la sigla paraffata “SB”.
    Pur essendo pochi gli esempi di raffronto, tuttavia il motivo sul retro, variamente interpretato dagli studiosi, è stato attribuito da Rackham alle manifatture faentine – basandosi proprio su questo oggetto e su un esemplare a lui vicino – nel suo studio sulla collezione Adda, dove l’opera fu conservata fino al 1948, anno della vendita della raccolta. Il piatto è stato poi pubblicato da Cyril Humphris nel catalogo della mostra organizzata nel 1967 proprio con alcuni pezzi della collezione Adda, attribuito alla manifattura della “Casa Pirota” con datazione attorno al 1520.
    Le modalità decorative, l’uso del bianco sopra bianco e talune caratteristiche stilistiche della tesa, ci portano ad attribuire il piatto a una manifattura faentina della prima metà del ’500.
    La tesa mostra, seppure con una scelta cromatica differente e assai rara, una declinazione decorativa simile a quella usata in altri piatti di questo catalogo: nel 29 per i volti degli amorini e nel 25 per le arpie con volto infantile di profilo. Riteniamo pertanto che si possa proporre un'attribuzione alla Bottega Bergantini nella sua fase iniziale. L'opera potrebbe quindi essere stata prodotta da un pittore attivo nella bottega faentina sita nella cappella di S. Vitale, vicina alle case dei Pirotti, e ivi impiantata dal Maestro Pietro in unione col fratello Paolo già a partire dal 1508 e che prosegue l'attività per più di un cinquantennio, come dimostrano i documenti pubblicati da Grigioni. Per la presenza della sigla "SB", l'opera in studio costituisce un punto fermo per le ricerche orientate al riconoscimento di più precise personalità attive nelle botteghe della città romagnola.

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Importanti Maioliche Rinascimentali

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  • 28 ottobre 2014 ore 17:00 Sessione Unica - lotti 1 - 62 (1 - 62)